ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 24 febbraio 2015

Il liturgista dalla bocca larga


Da quando è finito il Vaticano II e si sono attuate le “riforme ” da esso derivate, ha incominciato a diffondersi una curiosa patologia, soprattutto in relazione alla cosiddetta “riforma liturgica”. Esperti, storici, periti e liturgisti non riescono a trattenere la piena di parole che scaturisce dalle loro bocche e che veicola idee scomposte, pensieri autoreferenziali, concetti sconclusionati e soprattutto bugie.
È quello che è accaduto ultimamente a Roma, dove il vaticanista Giacomo Galeazzi ha intervistato il dirigente dell’Ufficio Liturgico del Vicariato dell’Urbe: Padre Giuseppe Midili (vedi Vatican Insider).

Ed ecco le perle sciorinate dal 42enne carmelitano a proposito del bilancio di cinquant’anni di Messa moderna.

«Il bilancio è certamente positivo. L’uso della lingua parlata è stato il segno più evidente della riforma conciliare, che voleva restituire ai fedeli la liturgia come fonte della vita spirituale. La possibilità di celebrare nella lingua del luogo ha reso comprensibili la preghiera liturgica e i testi biblici. Tuttavia il cambiamento dei riti e delle forme celebrative, inaugurato da Paolo VI, trovava nell’introduzione della lingua parlata solo un aspetto di una riforma più profonda, preparata dal Movimento liturgico e sostenuta dagli studi di teologia liturgica pubblicati in quei decenni. Mi riferisco alla posizione dell’altare e del sacerdote rispetto all’assemblea, alla riscoperta di un luogo per la proclamazione della parola (ambone), al recupero della preghiera dei fedeli e del ruolo attivo dei fedeli durante la celebrazione

Difficilmente si potrebbe essere così visionari rispetto alla triste realtà che sbatte crudelmente in faccia a chiunque.
Andiamo per gradi.

La “riforma conciliare … voleva restituire ai fedeli la liturgia come fonte della vita spirituale”. E cosa ti escogitano i liturgisti conciliari? Nientemeno che la “lingua parlata”. Anche un bambino si rende conto che la cosa non sta né in cielo né in terra, anche perché in questi 50 anni i fedeli che via via sono rimasti a casa invece di andare a Messa sono diventati un numero spropositato. Cos’è accaduto? Da come parla il nostro liturgista sembrerebbe che, una volta vistisi restituire la liturgia, tantissimi fedeli hanno pensato di poter fare benissimo a meno della Messa.
Ma forse il Nostro non sa che con quella mirabile riforma il numero dei cattolici praticanti si è ridotto a 0, … rispetto a quando si facevano meno chiacchiere e tutte le Domeniche si andava a Messa: dai nonni ai nipotini.
D’altronde, l’ignoranza del Nostro non meraviglierebbe, vista la sua età, intendiamo dire che è ben possibile che non abbia mai sentito parlare di quando in Chiesa ci andavano tutti (molti, ma molti di più di oggi), prima del Vaticano II.

La possibilità di celebrare nella lingua del luogo ha reso comprensibili la preghiera liturgica e i testi biblici”. Neanche un po’ di rispetto per i fedeli, i quali, secondo il Nostro, per 1965 anni avrebbero partecipato ad una Messa incomprensibile.
No, nessuna meraviglia, questi personaggi ci credono alle parole che pronunciano a fiotti, il loro problema è che non sanno quello che dicono.

Tuttavia, dice il Nostro, l’introduzione della lingua parlata è stato solo “un aspetto di una riforma più profonda”… “sostenuta dagli studi di teologia liturgica pubblicati in quei decenni”; come dire che solo appena dopo 1900 anni, a furia di studiare la teologia liturgica “in quei decenni”, si capì che bisognava riformare in profondità la liturgia di duemila anni.
Tutto questo sarà pure interessante per certuni, ma non può impedire che le persone sane di mente si avvedano di tutta la superficialità che muove i pensieri di certi liturgisti: roba da ragazzotti poco preparati.

E per arrivare a quale profondità?
alla posizione dell’altare e del sacerdote rispetto all’assemblea, alla riscoperta di un luogo per la proclamazione della parola (ambone), al recupero della preghiera dei fedeli e del ruolo attivo dei fedeli durante la celebrazione”.

Incominciamo dal “pulpito”.
Una volta, quando i liturgisti non s’erano ancora inventati la “profondità” nella liturgia, il celebrante, dopo aver cantato il Vangelo, si recava nel luogo preparato per attrarre l’attenzione di tutti i fedeli presenti in chiesa e lì presentava le letture fatte, le spiegava, vi aggiungeva dei fervorini di ordine pratico-pastorale e faceva il tutto in piena solennità liturgica con gli appositi paramenti. Era l’omelia declamata dal “pulpito”: la “predica”, talmente emblematici che i due termini hanno finito col far parte della lingua parlata, il primo, il “pulpito”, come luogo da dove si parla con autorevolezza, credibilità e serietà, il secondo, la “predica” come momento di apprendimento edificante e moralmente cattolico accolto con rispettoso riconoscimento.
A leggere ciò che è uscito dalla bocca del Nostro, sembrerebbe che oggi, dopo il Vaticano II, i fedeli non abbiano più bisogno né di spiegazioni delle letture, né di fervorini pratico-pastorali; forse è questo che spiega il fatto che ormai a Messa ci vanno solo i soliti e purché la Messa non duri più di una quindicina di minuti.

Venendo “alla posizione dell’altare e del sacerdote rispetto all’assemblea”, si rimane allibiti per la manifesta ignoranza che dimostra questo liturgista nei confronti della “liturgia” e di tutto il simbolismo che l’accompagna. Si direbbe che il Nostro, quando dice Messa, non sappia neanche di trovarsi al cospetto del Signore, non si renda conto di pregare il Signore per tutti, presenti e assenti, e non abbia il minimo sospetto che non sia lui a dire Messa, ma Cristo ad agire per la salvezza delle anime dei fedeli.
Ma la domanda è: si parla sempre della Messa cattolica o di qualcosa di diverso per compiacere l’amor proprio di certi liturgisti?

In effetti, quando si sente parlare della “riscoperta di un luogo per la proclamazione della parola (ambone)” la mente corre subito alle centinaia di amboni o pergami ancora presenti nelle nostre vecchie chiese, che servivano esclusivamente per la proclamazione e il canto delle Letture e del Vangelo, al punto che a differenza del “pulpito”, in essi non potevano entrare i “predicatori”, ma solo i suddiaconi e i diaconi per proclamare e cantare l’Epistola rivolti a Ovest e il Vangelo rivolti a Nord. Questo particolare risalto rituale dato alle letture, affidate ad appositi ministranti, è rimasto nella liturgia fino a quando la tanto decantata riforma non ha demolito tutto e, annullato ogni simbolismo, ogni ritualità e perfino gli ordini minori, ha introdotto l’ingerenza impropria dei laici, uomini e donne, che si limitano a leggere “al microfono” quella parte importante della celebrazione liturgica che una volta si chiamava “parte istruttiva” e che oggi è diventata momento di protagonismo per tanti laici.
Ma allora, il Nostro mente? Forse no, forse da buon liturgista moderno è solo ignorante. E se è così, non farebbe meglio a starsene zitto? 

Non prima, però, di sparare la battuta finale, ormai divenuta un classico della “riforma liturgica”: la partecipazione attiva dei fedeli alla celebrazione.
Non ci dilunghiamo sull’argomento e preghiamo il lettore di avere la pazienza di rileggerequanto già abbiamo scritto in proposito, qui ci limitiamo ad un’osservazione di ordine pratico. Dopo cinquant’anni di liturgia riformata, centinaia di documenti pubblicati, tanti aggiustamenti, messe a punto e miglioramenti, qual è lo spettacolo che si offre alla vista di chi entri in una chiesa per la più importante celebrazione della settimana: la Messa parrocchiale della Domenica mattina?
Un buon numero di fedeli presenti, che “rispondono” alla Messa in maniera direttamente proporzionale alla loro distanza dall’altare: dalla voce alta dei primi banchi, al brusio dei banchi di mezzo, al silenzio misto a chiacchiericcio mondano degli ultimi banchi; la gran parte dei fedeli non canta neanche le pur sempliciotte canzonette moderne; nessuno muta minimamente postura durante la Consacrazione e la Comunione, nonostante sia rimasto il richiamo: Ecco l’Agnello di Dio! In cambio un numero enorme dei presenti si mette in fila per comunicarsi, compresi quelli che è da mesi o da anni che non si confessano; mentre fioccano le strette di mano, le giravolte e gli spostamenti da un banco all’altro, come se per incanto si fosse introdotto un impulso irresistibile ad agitarsi; il tutto condito da un’atmosfera surreale: “che Messa si dice oggi?” “non lo so, ma che importa?”

Ed allora come non far notare che il Nostro ha la mente zeppa di luoghi comuni e di frasi fatte: qualche esempio.

La Chiesa … è per sua natura missionaria, geneticamente aperta e in dialogo col mondo.

Missionaria” - Dedita alla propagazione della fede cristiana in paesi che ancora la ignorano.
geneticamente aperta e in dialogo col mondo” – Quindi … non missionaria. 

Ma allora, se missionaria significa adempiere ad una missione: alla missione comandata da Cristo di evangelizzare il mondo; che cosa significa “in dialogo col mondo”, se non negare la missione comandata da Cristo e quindi porsi al servizio dell’Anti-Cristo?

Forzatura?

Forse, ma che qualcuno ci spieghi che cosa significhi “geneticamente aperta”, come se la Chiesa fosse un buco; e come essa possa evangelizzare andando in giro per il mondo dialogando col mondo stesso.
A noi tutto questo sembra semplicemente insensato, sia per il linguaggio: “geneticamente aperta”, sia per la dottrina: “in dialogo col mondo”.
E trattandosi della “missione”, la ricordiamo:
«Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt. 28, 19-20);
«Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato» (Mc. 16, 15-16).

E ancora ci chiediamo: forse che “ammaestrare”, “battezzare” e “insegnare” sarebbero sinonimi di dialogo o dialogare?
Non solo, ma col monito: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato”, non v’è dubbio che ogni idea di “dialogo” diventa una violazione del comando di Cristo e un tradimento della “missione”.

Per finire, tralasciamo la battuta sulla “nostalgia del latino”, suggerita dall’intervistatore e condivisa dal Nostro, perché è evidente che si tratta di una mera bugia, dal momento che l’attaccamento al latino non è nostalgia di Tizio o di Caio, ma ancora oggi è il legame che la Chiesa mantiene con se stessa e con tutto il suo passato, usando il latino come lingua ufficiale dei suoi documenti; e questo prova che anche questo liturgista è un semplice ripetitore di battute e frasi fatte.

di Belvecchio

2 commenti:

  1. Signore, ti ringrazio di avermo fatto scoprire da quasi tre anni la Messa di sempre..ho sempre sentito la necessità di momenti di silenzio e di adorazione, di compostezza e di preghiera, di sacerdoti che non la ritenessero come uno spazio "loro" ma come lo spazio e il tempo nel quale, attraverso di loro, Dio scende in terra, come un compito da portare a termine con rispetto, amore e timore.
    Se non avessi potuto assistere a queste sante Messe, col "nuovo" che avanza nella Chiesa credo che adesso sarei disperata a vedere che tutto ciò su cui io ho costruito la mia vita e la mia famiglia viene deriso e disprezzato: poteva anche starci, e non mi preoccupava , che questo atteggiamento fosse manifestato da cattolici frequentanti la messa domenicale( e adesso mi spiego perchè) per non parlare di chi fosse “lontano”, ma avvertirlo nei vertici della Chiesa mi avrebbe completamente disorientato.
    Adesso, grazie a Dio, no...certo è un tempo di prova, ma la Bibbia non insiste sul fatto che Dio permette che chi gli è fedele sia messo alle strette, ridotto ai minimi termini per dimostrare ancor di più la Sua potenza che si manifesta nel debole che, contro ogni umana previsione, col Suo aiuto riesce a prevalere sul forte... be' ,Signore sono proprio curiosa di vedere come risolverai la questione...
    Mari

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  2. Forse p. Midili si riferisce al " Santuario dei Centri Commerciali " , che sono pieni alla Domenica . In quei santuari si svolge la liturgia domenicale , papà mamma e figlioletti vi vanno a frotte, si trovano in armonia con i nonni , gli amici e i parenti tutti, ridono scherzano e mangiano . Poi se resta tempo alla sera vanno ad annoiarsi in qualche chiesa. jane

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