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mercoledì 18 marzo 2015

Vescovi cattolici cercansi

I vescovi polacchi alla prova del Sinodo: “Difenderemo l’eredità di Wojtyla”


Vescovi polacchi
Roma. In una lunga intervista al National Catholic Register, il presidente della Conferenza episcopale statunitense, mons. Joseph Kurtz, parla del prossimo Sinodo ordinario sulla famiglia e spiega che dalle sue parti, a differenza della Germania del cardinale Reinhard Marx, dove le aspettative sono alte e le attese non possono essere disattese (come disse un anno fa Walter Kasper) l’approssimarsi dell’appuntamento autunnale non crea grande ansia: “Da un lato c’è la volontà di raggiungere le persone più bisognose e dall’altro i fedeli vogliono essere rassicurati sul fatto che noi non ci distaccheremo dagli insegnamenti della chiesa. Sono giustamente preoccupati” sul fatto che la fedeltà al magistero della chiesa possa venire meno: “Mi farò carico di questa preoccupazione”, ha aggiunto Kurtz, che a Roma rappresenterà gli Stati Uniti insieme al cardinale DiNardo e ai vescovi Chaput e Gómez.



ARTICOLI CORRELATI Marx lancia la sfida: "Non siamo una filiale di Roma e non sarà un Sinodo a dirci cosa fare qui"Molto meno diplomatici sono stati invece i battaglieri vescovi polacchi, che già lo scorso ottobre avevano chiarito la loro posizione attraverso il presidente della conferenza episcopale, mons. Stanislaw Gadecki. “Il fine di questo Sinodo pastorale è quello di sostenere le famiglie in difficoltà o il suo scopo è quello di studiare dei casi particolari?”, s’era domandato il presule in un’intervista alla Radio Vaticana. “Il nostro obiettivo principale – aveva aggiunto – è di sostenere la famiglia pastoralmente, non di colpirla, esponendo situazioni difficili che esistono, ma che non costituiscono il nucleo dell’esperienza familiare. Questi casi particolari non possono far dimenticare il bisogno di supporto che hanno le famiglie buone, normali, ordinarie, che lottano non tanto per la sopravvivenza ma per la fedeltà”. A cinque mesi di distanza, la posizione di Gadecki è stata fatta propria dal plenum dei vescovi polacchi: “Noi difenderemo ciò che ha insegnato Giovanni Paolo II” nell’esortazione Familiaris Consortio, ha detto il vescovo di Lodz (e vicepresidente della conferenza episcopale), mons. Marek Jedraszewski. Conversando con i giornalisti a margine dell’assemblea dei presuli locali, Jedraszewski ha aggiunto che “nessun Papa è creatore della dottrina della chiesa, ma solo  il suo primo protettore, in collaborazione con l’intero episcopato”. Il portavoce dei vescovi polacchi ha poi sottolineato che l’urgenza è quella di “scoprire il matrimonio alla luce della rivelazione di Dio, e non di adattare il Vangelo e l’insegnamento della chiesa agli atteggiamenti culturali che cambiano”. All’assemblea, in qualità di uditori, hanno partecipato anche cinque esperti in fatto di famiglia e matrimonio.


Tra gli interventi più duri, c’è stato quello del professor Stanislaw Grygiel, allievo di Karol Wojtyla a Lublino, ordinario di Antropologia filosofica all’Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia e per decenni stretto confidente del Pontefice canonizzato la scorsa primavera. A giudizio di Grygiel, consentire un secondo o terzo matrimonio, e quindi il riaccostamento all’eucaristia dopo un periodo di penitenza, significherebbe nient’altro che “benedire il peccato”. Il centro del dissidio rimane però la Germania, dove anche ieri la linea del cardinale Reinhard Marx, capo dei vescovi locali e arcivescovo di Monaco, è stata pubblicamente criticata da un altro porporato connazionale, Paul Josef Cordes, che già aveva bollato come “chiacchiere da bar” le frasi del confratello sulla chiesa tedesca “che non è una filiale di Roma” – “da persona che si occupa di etica sociale, il cardinale Marx s’intende di indipendenza delle filiali delle grandi aziende”, aveva commentato Cordes in una lettera inviata al periodico Tagespost. Sui temi più delicati all’oggetto del Sinodo, come ad esempio la riammissione dei divorziati risposati alla comunione, l’ex presidente del pontificio consiglio Cor Unum ha sottolineato che “sarebbe paradossale se si volesse attribuire una funzione di fonte di fede a un piccolo gruppo di fedeli che si trova a vivere “una situazione spirituale sfortunata, ma oggettivamente irregolare”.
di Matteo Matzuzzi | 18 Marzo 2015 

L'ARCIVESCOVO DI SAN FRANCISCO È COLPEVOLE. DI ESSERE CATTOLICO E DI INDICARE LA SANTITÀ

Ultim'ora, l'arcivescovo di San Francisco è colpevole. Di essere cattolico e di indicare la santità

di Benedetta Frigerio                                                               
«C’è una grande confusione e una rinuncia a usare la ragione e a conoscere i fatti. Dicono che sono irremovibile, ma io non posso venire meno al mio compito di vescovo e pastore che deve difendere i più deboli dalla menzogna. Ho sempre ascoltato tutti. Ho spiegato di essere disposto ad aggiungere al regolamento altri punti della dottrina e ho sottolineato la differenza fra pubblico e privato, fra peccato e peccatore». Il “regolamento” di cui parla l’arcivescovo di San Francisco Salvatore Joseph Cordileonecon tempi.it è quel documento che lo ha fatto finire in queste settimane sui maggiori giornali statunitensi. Persino il New York Times ne ha parlato e non certo per mettere in buona luce l’alto prelato che porta nel suo cognome chiare origini italiane. Nominato il 27 luglio del 2012 da papa Benedetto XVI a capo di una delle diocesi più liberal d’America, Cordileone non ha mai nascosto le sue idee e non è la prima volta che si trova a difendere pubblicamente la morale cristiana. Questa, volta, però, il caso è del tutto particolare, anche perché ad attaccarlo non ci sono solo i media progressisti o gli attivisti delle associazioni gay, ma gli stessi cattolici.

LE PROTESTE: «SI DIMETTA»

Tutto è cominciato il 3 febbraio scorso, quando Cordileone ha dovuto mettere mano al rinnovo dei contratti degli insegnanti delle scuole superiori cattoliche della diocesi. «Il contratto – spiega – deve essere revisionato ogni quattro anni e io ho deciso di inserire diversi punti dottrinali su cui oggi si fa molta confusione, chiedendo che i docenti non li contraddicessero in aula e nella loro vita pubblica». Niente di strano. «Ho semplicemente ribadito che occorre seguire il magistero cattolico». L’arcivescovo ha, infatti, ricordato quale sia la posizione della Chiesa e del catechismo in merito alla morale sessuale, la contraccezione, l’uso delle cellule staminali. È scoppiato un putiferio. Un gruppo di docenti, genitori e alunni ha accusato Cordileone di tradire il Vangelo e di alimentare la discriminazione e la paura. Il Mercoledì delle ceneri è stata organizzata una fiaccolata di protesta davanti alla cattedrale di St. Mary in cui è stata data voce a uno studente omosessuale che ha detto: «Siamo qui a pregare che il cuore del vescovo si converta». Il giorno prima, un gruppo di legislatori democratici gli ha inviato una lettera chiedendogli di dimettersi. Diverse associazioni Lgbt lo hanno attaccato e nella campagna mediatica si è persino fatto avanti Sam Singer, uno dei più maggiori strateghi della comunicazione statunitense: «Stiamo tutti pregando perché papa Francesco rimuova l’arcivescovo di San Francisco».
   
«PROPONGO LA SANTITA’»

«Dicono che fomento l’odio – spiega Cordileone a tempi.it -, ma non capiscono che la condanna dell’errore non coincide con quella della persona. Anzi, come ho ribadito, si condanna il peccato per amore della nostra fragile umanità». Un’umanità sempre più soggetta «alle continue sollecitazioni della mentalità che spinge verso condotte contrarie alla dignità dell’essere umano: mi sono mosso solo per amore verso i nostri ragazzi perché possano vivere da santi».
C’è un antefatto poco conosciuto, ma che spiega quali siano le intenzioni pastorali dell’arcivescovo nei confronti degli studenti e dei docenti delle scuole cattoliche. All’inizio dell’anno accademico, Cordileone parlando ai professori spiegò che i giovani che ogni giorno si incontrano in aula non sono una generazione perduta, come spesso si è portati a credere, ma che anche loro possono raggiungere grandi mete, se solo qualcuno è disposto a indicare loro una via. «Dobbiamo aiutare i ragazzi a diventare santi. Siamo qui per questo. E come si comincia? Bisogna partire dalle virtù eroiche dei servi di Dio che sono l’umiltà e la castità, non come rinunce ma come frutto dello sguardo sul nostro prossimo, creatura di Dio e, dunque, non manipolabile ma degno di rispetto». Dopo quel discorso, ricorda l’arcivescovo, molti professori «chiesero di parlarmi. Incontrai tanta gente di buona volontà che voleva capire come presentare a tutti queste virtù con decisione e carità». Oggi, però, dove sono? «Non mi stupisco che abbiano paura a mostrarsi pubblicamente. In queste quattro settimane sono stato attaccato da tutti i maggiori media, si è creato un clima da caccia alle streghe che penso abbia intimidito la maggioranza».

IL SOSTEGNO

Lui, da par suo, non indietreggia di un millimetro. «Quei politici che mi hanno accusato di voler controllare la condotta privata degli insegnanti, mentono. A loro ho risposto così: “Assumeresti come leader della tua causa qualcuno che parli e agisca pubblicamente contro il partito democratico? Assumeresti un repubblicano che insegni e agisca pubblicamente contro il tuo proposito? Se la risposta alla prima domanda è ‘sì’ e alla seconda è ‘no’, siamo d’accordo”. Io rispetto il tuo diritto ad assumere chi vuoi per portare avanti la tua missione. Semplicemente chiedo lo stesso rispetto».
Oggi l’arcivescovo ammette di sentirsi «spesso solo», anche se sente il sostegno di tanti che gli scrivono. «Ricevo lettere di fedeli da tutti gli Stati Uniti, incontro molti parrocchiani che pregano per me e anche altri preti e vescovi. A non farmi indietreggiare sono la loro vicinanza e le loro preghiere». (fonte il timone)

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