ANNO SANTO: MISERICORDIA, NON MELASSA
Sabato pomeriggio 11 aprile, verrà indetto in San Pietro l’Anno santo della Misericordia in coincidenza con i primi vespri dell’omonima festa liturgica. La misericordia è una caratteristica essenziale del cristiano: virtù seria, complessa, impegnativa, espressione di un cuore aperto all’altro. Non può divenire quel che la società dell’apparenza e del sentimentalismo gradirebbe: un residuo sciropposo ottenuto dopo la fabbricazione dello zucchero
Dall’8 dicembre 2015 al 20 novembre 2016 Giubileo straordinario, Anno Santo della Misericordia. Misericordia… cerchiamo sulla “Grande enciclopedia De Agostini”: “Sentimento di profonda compassione e pietà per l’infelicità altrui, che spinge a soccorrere chi soffre, a comprendere e perdonare chi sbaglia”. Ancora, sulla “virtù della misericordia”: “Aspetto della virtù della giustizia che si integra nell’amore del prossimo (…) Il Nuovo Testamento vi insiste specificamente e assiduamente, acquistando il significato di momento della virtù teologale della carità. Essa infatti viene fondata sulla misericordia di Dio verso l’uomo, e Cristo fa della misericordia degli uomini verso i propri simili la misura con cui essi possono ottenerla da Dio”. Nella stessa voce troviamo elencate anche le “opere di misericordia” della tradizione catechetica. Le 7 corporali: dar damangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare i carcerati, visitare gli infermi, seppellire i morti. Le 7 spirituali, oggi meno conosciute: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti. Nella “Grande enciclopedia”, ma anche nel Devoto-Oli, famoso vocabolario illustrato della lingua italiana, troviamo altri significati minori di misericordia, tra i quali quello che (Devoto-Oli) rimanda a un “pugnale in uso alla fine del Medio Evo, che serviva a dare il colpo di grazia al cavaliere caduto per abbreviargli l’agonia“: ci sembra tuttavia lecito dubitare che papa Francesco, annunciando il 13 marzo il Giubileo straordinario, pensasse a tale ultimo significato a dir poco assai sbrigativo.
Non c’è dubbio che l’esercizio della misericordia, se bene inteso nel suo significato profondo, sia complesso, molto variegato e impegnativo. La Chiesa bimillenaria non ha mai dimenticato di concretizzare la virtù della misericordia nei suoi rapporti con gli uomini, anche se a tratti alcuni suoi rappresentanti hanno privilegiato altri atteggiamenti, che virtù non si possono definire.
Nel magistero di papa Francesco la parola misericordia (citata ad esempio non meno di 31 volte nell’esortazione apostolica programmatica “Evangelii gaudium”) è certo ricorrente e ben si inserisce nella sua volontà di abbracciare tutti, prescindendo dalla loro condizione umana, prima di chiedere loro eventualmente il documento d’identità religiosa. Non a caso l’annuncio è stato fatto durante la celebrazione penitenziale nella Basilica di San Pietro che cadeva nel secondo anniversario del suo pontificato. Come a confermare solennemente: guardate che per me la misericordia ha un’importanza vitale nell’espressione del messaggio cristiano.
Anche le date d’inizio e di conclusione del Giubileo straordinario della Misericordia sono state scelte con cura. L’apertura sarà per la festa dell’Immacolata ed è dunque un omaggio alla Vergine Maria, di cui anche papa Francesco è particolarmente devoto. Ma coincide pure – ed è fatto che ha molto pesato probabilmente nella decisione papale – con il cinquantesimo della chiusura del Concilio ecumenico vaticano II, un anniversario cui si è inteso dare la massima evidenza suggerendo l’urgenza che la Chiesa si ponga senza più remore nel solco del magistero conciliare, illuminato dalla virtù della misericordia.
Pure la data di chiusura del 20 novembre 2016 ha un suo rilievo particolare: è la festa di Cristo Re, “volto vivo” – ha detto il Papa – “della misericordia del Padre”.
L’indizione del Giubileo straordinario avverrà in coincidenza con la festa della Divina misericordia, istituita da Giovanni Paolo II, subito dopo Pasqua. Sarà dunque per il tardo pomeriggio di sabato 11 aprile e sarà seguita dai primi vespri della Domenica della Divina misericordia. In quell’occasione sarà letta e pubblicata presso la Porta Santa di san Pietro la Bolla di indizione, una lettera apostolica assai sostanziosa, in cui il Papa tradizionalmente invita alla riflessione sui contenuti profondi del Giubileo, evidenziando anche il significato e le modalità dei segni tradizionali (pellegrinaggio, indulgenza e porta santa) e dà indicazioni su un corretto svolgimento dell’Anno Santo a livello di Chiesa locale.
C’è un’altra ‘coincidenza’ nient’affatto trascurabile. L’apertura del Giubileo avverrà a poco più di un mese dalla chiusura del doppio cammino sinodale sul tema della famiglia. Il primo Sinodo, quello straordinario dell’ottobre scorso, era stato molto influenzato dall’ampio e aspro dibattito innescato dalla relazione ‘aperturista’ del cardinale Kasper in occasione del Concistoro straordinario del febbraio 2014. Il periodo intersinodale e il secondo Sinodo, quello ordinario che ci attende sullo stesso argomento, si presume non possano ignorare l’annuncio dell’Anno Santo della Misericordia. Lecito supporre che papa Francesco (“Bisogna essere un po’ furbi”…) l’abbia ben messo in conto.
In tale direzione si muovono, con passo felpato o militaresco a seconda delle qualità diplomatiche dell’uno o dell’altro, non pochi commenti tra i più entusiasti della ‘mossa a sorpresa’ di papa Francesco. A che cosa punteranno in questi mesi gli strateghi, i trombettieri e le trombettiere del ‘nuovo’, innalzando il vessillo della Misericordia? A consolidare attorno al Sinodo di ottobre un’atmosfera di attesa di cambiamento nella pastorale ecclesiale, in primo luogo verso divorziati risposati e coppie di conviventi dello stesso sesso. Con la Misericordia così intesa si pregusta di piegare gli episcopati del mondo (che fin qui hanno eletto per la seconda tornata perlopiù rappresentanti conservatori) a quello che è considerato l’ineludibile ‘progresso’ della storia ecclesiale che si ‘apre’ al mondo.
In questo senso l’Anno della Misericordia potrebbe essere interpretato, secondo le intenzioni dei cantori della gioiosa macchina da guerra - inceppatasi già però durante il Sinodo dello scorso ottobre - come Anno della melassa. Leggiamo sul Dizionario etimologico: “Dal francese mélasse, attraverso lo spagnolo melaza, dal latino tardo mellacium, da mel, genitivo mellis”. Continuiamo con il Devoto-Oli: “Melassa: sottoprodotto della fabbricazione dello zucchero, costituito da sciroppo impuro, che, malgrado l’elevato tenore di saccarosio, non può dar luogo a cristallizzazione”. In sintesi: un residuo sciropposo ottenuto dopo la fabbricazione dello zucchero.
Non è chi non veda come Misericordia e melassa siano in netto contrasto. Specie se si ricordano le 7 opere di misericordia spirituali, tra le quali si evidenziano consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori. Ci sbagliamo o qui si parla in sostanza anche di ‘correzione fraterna’? Quella cui papa Francesco, nel suo tentativo di convertire i cuori, è particolarmente affezionato, pur se per alcuni magari a corrente alternata e con bersagli privilegiati come la Curia. Però ‘correzione fraterna’ resta. Ed è dunque Misericordia allo stato puro, non sciroppato.
P.S. L’articolo appare in versione cartacea sul numero di aprile 2015 del mensile cattolico “Il Timone”.
ANNO SANTO: MISERICORDIA, NON MELASSA – di GIUSEPPE RUSCONI –www.rossoporpora.org – 8 aprile 2015
Vania De Luca racconta il pontificato “tattile” di Papa Francesco “tutto da vedere”
A chi la definisce "vaticanista" lei risponde con una fresca risata che sottintende tante, troppe cose. Vania De Luca, già presidente dell'UCSI Lazio, è giornalista e caporedattrice presso la Redazione di RaiNews24, dove si occupa principalmente di informazione religiosa e dell'attività della Santa Sede. Laureata in Letteratura Contemporanea all'Università La Sapienza di Roma con una tesi sulle radici ebraiche dell'opera di Primo Levi, dopo la laurea ha conseguito un master biennale in Giornalismo Radiotelevisivo presso la scuola di Perugia e si è immersa totalmente nell'attività giornalistica dal 1995.
Ama definirsi “giornalista par caso”, “vaticanista su richiesta” con l'umiltà e la convinzione della donna in carriera libera e "fuori dagli spot”.
Per fortuna - aggiunge invitandomi a sedere alla scrivania dalla quale confeziona servizi mandati in onda su RaiNews24 - c'è la chiesa di Francesco che libera (insospettate) energie.
Sembrerebbe che sia proprio l'energia del Papa argentino a farle raccogliere tutte le forze necessarie per adempiere alla molteplicità delle mansioni e degli impegni del lavoro quotidiano, e a garantirle un'unione non conflittuale tra le due sfere: famiglia e professione. Questo il profilo di Vania De Luca, con la quale noi della Redazione Il Sismografo abbiamo condiviso una serie di commenti e riflessioni personali dalle tinte più sfumate.
"Il lavoro che assieme ai miei colleghi svolgiamo è prezioso nella misura in cui vi sono notizie da trattare, chiavi di interpretazione con cui coglierle, e commenti realizzati nel rispetto dei fatti di cui ci occupiamo. Vaticanismo è una parola che mi fa impressione, come anche la parola Vaticanista”. Chi è il vaticanista nella pratica?, ci interroga la nostra collega. “Non esiste”, ribatte con certezza. “E' necessario avere un grande bagaglio e uno sguardo molto attento sul mondo. Oggi la figura del "vaticanista" va ripensata. Ho lavorato per una redazione che alla origini non era suddivisa in tematiche e che ha cominciato a distinguerne diverse gli ultimi anni del magistero di Papa Giovanni Paolo II, quando si cercavano professionisti dell'informazione che potessero affrontare le grandi dirette. Io ero tra questi, e il mio percorso giovanile, mi ha aiutato molto". Vania De Luca, è stata infatti per molti anni un dirigente dell'Azione cattolica italiana nazionale e sin da giovanissima ha fatto propri i principi di verità e di giustizia, di ricerca, che sono anche frutto di una fede personale per Dio, per questa ragione dalle sue parole è possibile cogliere un pensiero unico e preciso che pone in accordo la sua professione di giornalista con la dimensione femminile, che introduce in ciascuno dei servizi giornalistici da lei stessa coordinati. Stando alle sue parole il vaticanista deve possedere competenze su tutto per considerarsi un giornalista a 360°. Ma, certamente – ammette – non potrà mai essere un tuttologo. “E' un po’ un cronista e un po’ uno storico”, riflette e prosegue, “deve essere acuto, avere curiosità, voglia di approfondire, voglia di capire, farsi condizionare il meno possibile da pregiudizi, altrimenti avrà sempre un punto di vista deformato, non adeguato a cogliere la complessità della realtà che racconta”.
Commentando il lavoro dei colleghi e parafrasando il buon giornalismo, la caporedattrice di RaiNews24 riconosce di avere riscontrato dei limiti svolgendo la sua professione, dalla sera stessa in cui Papa Francesco si presentò al mondo; ci ha confessato che si tratta di un papato che sta rimettendo in gioco tutto poiché oggi Chiesa e vaticanismo sono al tantum aurora est, e Papa Francesco per tale ragione sta aprendo tante porte, “tanto che aprirà eccezionalmente anche la Porta Santa, per dare al mondo l’idea di una Chiesa in uscita”, ha aggiunto ricordando l’ormai storico Aprite le porte, portato in tutti i Paesi del mondo da Papa Giovanni Paolo II, e presentandolo come un vigoroso antecedente della Chiesa in uscita di Jorge Mario Bergoglio.
“Francesco dice: E' più importante aprire processi nel tempo che non occupare degli spazi. Egli è un leader a livello mondiale che ha rimesso in moto tanti processi che forse non potrà concludere, desidera far comprendere a tutti che il vero timone della Chiesa non è il Papa, ma Gesù Cristo, e la Chiesa non deve perdere questo volto. Proprio a tal proposito mi torna in mente una delle immagini più significative ed emblematiche del magistero bergogliano decisamente rivolto alla misericordia e più che al dialogo ecumenico all’incontro, e cioè l’abbraccio di Papa Francesco con il Patriarca Bartolomeo, al quale ho assistito in prima persona”.
Papa Francesco, visto dagli occhi attenti e indagatori di Vania De Luca, è un Papa fortemente comunicativo, che si spiega da sé, che non sembra aver bisogno di un vaticanista, poiché riesce perfettamente a presentarsi con immediatezza e semplicità. Con la stessa semplicità comunicativa egli usa parole che arrivano direttamente al cuore dei fedeli. I primi tempi del suo pontificato, ci ha spiegato Vania De Luca, "ho attraversato una crisi d'identità professionale: Papa Bergoglio parla direttamente al telespettatore, non ha bisogna di una mediazione. Si racconta per sonori, bisogna far sentire lui, far vedere lui, noi telecronisti dobbiamo fare il meno possibile. Il mio lavoro consiste nell'ascoltare e guardare lui, si tratta di un pontefice molto fisico". Non sempre le parole arrivano dove le immagini possono, infatti, la nostra intervistata, a un certo punto, interrompendo il nostro dialogo e armeggiando il suo tablet ha iniziato a mostrarci una serie di foto di Papa Francesco, poiché con lui è molto importante la dimensione visiva: il Papa - osserva Vania De Luca - dialoga principalmente con la parola che va interpretata solo dopo essersi soffermati sull’espressione del suo viso. Francesco è dunque un Papa “tattile”, che tocca chi si trova davanti, che si china umilmente sulle ferite delle singole persone, ponendosi allo stesso livello dei fedeli e di tutti coloro che si recano a salutarlo quando arriva in un Paese. Che vede la Chiesa con i caratteri di un “ospedale da campo”, che cammina confondendosi tra la gente distinguendo non la folla indistinta ma la singola persona che attende di essere toccata dal Papa (come è avvenuto a Rio, ricorda Vania De Luca, o ancora a Manila). Francesco pertanto è il Papa che si rivolge agli uomini con il “tu”, guardandoli fisso negli occhi con la stessa tenerezza del Vangelo. "Questo Papa non va soltanto ascoltato ma va accompagnato: io nei miei primi servizi mi sono molto messa in discussione, il mio lavoro è mutato progressivamente: inizialmente facevo parlare più lui, il mio commento aveva quasi la lunghezza di un occhiello, in seguito mi sono resa conto che l’immagine con lui è prevalente, i primi piani del suo volto, dei suoi gesti sono fondamentali al fine di una piena comprensione", ha osservato la nostra intervistata sostenendo che questo desidera vedere il telespettatore medio. "Anziani, bambini, persone di altri Paesi che ho intervistato mi hanno detto Parla a noi. Parla ai politici con la stessa immediatezza con cui si rivolge ai senzatetto, si rivolge loro con una durezza senza eguali, senza addolcire i toni: come quando parla della corruzione, per una società più inclusiva. Quando l'ho visto per la prima volta a piedi che camminava da San Giovanni in Laterano a Santa Maria Maggiore, mi sono detta: questo è un Papa che con la sua stessa fisicità ha una espressività pazzesca, bisogna vedere il suo volto mentre parla, è un Papa tattile, è un Papa che prima di teorizzare agisce. Un suo gesto vale più di un'enciclica", ha concluso ricordando il fuori programma di Francesco che, prima di raggiungere la parrocchia di Pietralata, decise a sorpresa di fare una sosta in un campo profughi di Ponte Mammolo, dove incontrò tra l'altro un gruppo comprendente anche dei latino-americani recitando con loro il Padre nostro in spagnolo, impartendo poi la benedizione.
Quelle che per molti commentatori sono "novità" straordinarie introdotte da Jorge Mario Bergoglio, secondo Vania De Luca sono semplicemente immagini che si inseriscono nella modernità della Chiesa.
Descrivendo i ritmi, tempistiche, e sensazioni richiesti dal lavoro che svolge quotidianamente, la vaticanista di Rai News 24, ha precisato con dovizia che con la sua piccola troupe cerca di essere presente quanto più possibile dove si trova il Papa, nei viaggi all'estero e anche quando si reca alle parrocchie romane. "Da quando trasmetto in mezzo alla gente ho una prospettiva diversa di visione, di racconto, di sensazione. Personalmente, se prima raccontavo le immagini delle situazioni restando distante da dove era il Papa, adesso invece sono sul luogo, e ho la possibilità di avere una prospettiva diretta. Ho seguito il Papa a Manila assieme ai sei milioni che partecipavano alla messa al Rizal Park. Manila mi ha stupito: le persone seguivano la Messa immersi nella preghiera, per niente spaventati dalla pioggia. Anzi, erano scalzi. Ho twittato molte foto dei loro piedi. Pensiamo alla GMG di Rio, quando la macchina rimase bloccata nel traffico, percepivo una sensazione di potenziale pericolo, facevo la telecronaca, non avevo capito che il corteo aveva sbagliato strada fisicamente. Poi arrivò l'elicottero che lo prelevò".
Il Magistero di Papa Francesco, secondo la lunga esperienza di Vania de Luca richiama molto gli anni del pontificato di Papa Paolo VI: "C'è una parte di Concilio che mi fa pensare questo: se Papa Wojtyla dovette affrontare la fine della guerra fredda, del disgelo, per quanto riguarda il discorso ecclesiale delle spinte sinodali, collegiali, del discorso mondiale, Francesco si ricollega direttamente al Concilio Vaticano II: la macchina sinodale si è messa in moto solo adesso, il sinodo non è più ingessato, ora coinvolge i fedeli, lui ha un concetto di popolo fortissimo, che nasce dalla teologia del popolo dell'America latina. Un'altra delle percezioni che ho colto da questo papato è che Francesco è il primo papa post-conciliare: ha studiato il Concilio Vaticano II e lo ha vissuto contemporaneamente, lo ha applicato dall'altra parte dell'oceano scevro delle strutture e dei dibattiti dell'Europa".
La "voce vaticana" di RaiNews24 che cerca costantemente di “raccontare” il Papa con gli occhi del vasto pubblico si prepara, come buona parte della stampa religiosa, ai preparativi avviati in vista del Giubileo della Misericordia indetto dal Santo Padre: "è la prima volta nella storia che c'è un Giubileo tematico", ha spiegato, "ha per tema la Misericordia, che è la chiave non solo del suo Papato ma anche del vangelo, perché dal Vangelo si aprono nuovi cammini". Francesco pertanto racconta il Vangelo alla Chiesa poiché “avverte come urgente il bisogno di ripresentare il volto di un Dio misericordioso", ecco perché a parere di Vania De Luca il Santo Padre ha indetto un Giubileo straordinario. "La misericordia - ha sottolineato – non è un optional, ma lo stile di una chiesa che accompagna e non giudica, che esce e che va cercare, che accoglie. La misericordia è un esercizio, non un concetto, sono le braccia del padre della parabola che senza proferire parola, riaccoglie il proprio figlio; non è solo un padre ma è anche una madre, dunque la chiesa ha in sé la maternità e la paternità.".
Ho chiesto a Vania De Luca una sua opinione sulla presenza femminile tra i vaticanisti, un ambiente che per molti anni è stato esclusivamente maschile. “Oggi non vedo tanto una mancanza di presenze femminili tra quanti si occupano di chiesa e di vaticano, la sala stampa vaticana è frequentata da giornalisti e da giornaliste. Forse ci vorrebbe una maggiore presenza femminile nei luoghi decisionali, della chiesa come delle strutture informative”, ha risposto ai nostri microfoni la giornalista Rai, ma ha aggiunto anche che Papa Francesco sta rivalutando, tra le tante cose, il ruolo della donna all’interno della Chiesa: “Dio ci ama come una madre” e questo aspetto è maturato in lui attraverso l’ascolto del dolore delle donne di Plaza De Mayo, le donne a cui sono stati portati via i propri figli in Argentina, durante gli anni della dittatura militare. Ciò che il Papa propone a lei sembra molto innovativo: "Francesco", ha commentato Vania, "ha l'idea di una Chiesa che è madre, tanto che lui chiede ai teologi e alle teologhe di fare dei passi in questa direzione. Ho la percezione che lui sia un grande mistico, ma anche un uomo di azione, ha una sensibilità molto viva sulle corde del femminile: Papa Francesco a Manila ha parlato di "occhi femminili pieni di lacrime", ha detto che bisogna guardare con questi occhi perché le donne possono dirci qualcosa di nuovo, e anche porre domande nuove, sta chiedendo a tutto il femminile di esprimersi, e lo ha detto rivolgendosi a una ragazza di appena 12 anni che gli aveva chiesto perché il dolore dei bambini. Sono le domande che servono: “servono le domande delle donne, ed è quel modo viscerale femminile di sentire il dolore dei figli che la Chiesa deve fare proprio per avvicinare a sé i lontani". Vania De Luca sottolinea, e lo fa ribadendolo più volte nel corso della nostra conversazione, che questo processo in corso, di ascolto, di ricerca, di proposta di una fede solida e radicale ma che è alla portata di tutti perché tutti possono essere abbracciati, accolti, perdonati, interessa veramente il vasto pubblico di credenti e non credenti che segue il Papa attraverso il piccolo schermo o su Twitter. Papa Francesco è “un figlio della chiesa”, come lui stesso ha detto, ed è anche un dono del Concilio Vaticano II, che in poco più di 50 anni non ha certamente esaurito le sue spinte propulsive che questo papa cerca di spingere avanti.
Per fortuna - aggiunge invitandomi a sedere alla scrivania dalla quale confeziona servizi mandati in onda su RaiNews24 - c'è la chiesa di Francesco che libera (insospettate) energie.
Sembrerebbe che sia proprio l'energia del Papa argentino a farle raccogliere tutte le forze necessarie per adempiere alla molteplicità delle mansioni e degli impegni del lavoro quotidiano, e a garantirle un'unione non conflittuale tra le due sfere: famiglia e professione. Questo il profilo di Vania De Luca, con la quale noi della Redazione Il Sismografo abbiamo condiviso una serie di commenti e riflessioni personali dalle tinte più sfumate.
"Il lavoro che assieme ai miei colleghi svolgiamo è prezioso nella misura in cui vi sono notizie da trattare, chiavi di interpretazione con cui coglierle, e commenti realizzati nel rispetto dei fatti di cui ci occupiamo. Vaticanismo è una parola che mi fa impressione, come anche la parola Vaticanista”. Chi è il vaticanista nella pratica?, ci interroga la nostra collega. “Non esiste”, ribatte con certezza. “E' necessario avere un grande bagaglio e uno sguardo molto attento sul mondo. Oggi la figura del "vaticanista" va ripensata. Ho lavorato per una redazione che alla origini non era suddivisa in tematiche e che ha cominciato a distinguerne diverse gli ultimi anni del magistero di Papa Giovanni Paolo II, quando si cercavano professionisti dell'informazione che potessero affrontare le grandi dirette. Io ero tra questi, e il mio percorso giovanile, mi ha aiutato molto". Vania De Luca, è stata infatti per molti anni un dirigente dell'Azione cattolica italiana nazionale e sin da giovanissima ha fatto propri i principi di verità e di giustizia, di ricerca, che sono anche frutto di una fede personale per Dio, per questa ragione dalle sue parole è possibile cogliere un pensiero unico e preciso che pone in accordo la sua professione di giornalista con la dimensione femminile, che introduce in ciascuno dei servizi giornalistici da lei stessa coordinati. Stando alle sue parole il vaticanista deve possedere competenze su tutto per considerarsi un giornalista a 360°. Ma, certamente – ammette – non potrà mai essere un tuttologo. “E' un po’ un cronista e un po’ uno storico”, riflette e prosegue, “deve essere acuto, avere curiosità, voglia di approfondire, voglia di capire, farsi condizionare il meno possibile da pregiudizi, altrimenti avrà sempre un punto di vista deformato, non adeguato a cogliere la complessità della realtà che racconta”.
Commentando il lavoro dei colleghi e parafrasando il buon giornalismo, la caporedattrice di RaiNews24 riconosce di avere riscontrato dei limiti svolgendo la sua professione, dalla sera stessa in cui Papa Francesco si presentò al mondo; ci ha confessato che si tratta di un papato che sta rimettendo in gioco tutto poiché oggi Chiesa e vaticanismo sono al tantum aurora est, e Papa Francesco per tale ragione sta aprendo tante porte, “tanto che aprirà eccezionalmente anche la Porta Santa, per dare al mondo l’idea di una Chiesa in uscita”, ha aggiunto ricordando l’ormai storico Aprite le porte, portato in tutti i Paesi del mondo da Papa Giovanni Paolo II, e presentandolo come un vigoroso antecedente della Chiesa in uscita di Jorge Mario Bergoglio.
“Francesco dice: E' più importante aprire processi nel tempo che non occupare degli spazi. Egli è un leader a livello mondiale che ha rimesso in moto tanti processi che forse non potrà concludere, desidera far comprendere a tutti che il vero timone della Chiesa non è il Papa, ma Gesù Cristo, e la Chiesa non deve perdere questo volto. Proprio a tal proposito mi torna in mente una delle immagini più significative ed emblematiche del magistero bergogliano decisamente rivolto alla misericordia e più che al dialogo ecumenico all’incontro, e cioè l’abbraccio di Papa Francesco con il Patriarca Bartolomeo, al quale ho assistito in prima persona”.
Papa Francesco, visto dagli occhi attenti e indagatori di Vania De Luca, è un Papa fortemente comunicativo, che si spiega da sé, che non sembra aver bisogno di un vaticanista, poiché riesce perfettamente a presentarsi con immediatezza e semplicità. Con la stessa semplicità comunicativa egli usa parole che arrivano direttamente al cuore dei fedeli. I primi tempi del suo pontificato, ci ha spiegato Vania De Luca, "ho attraversato una crisi d'identità professionale: Papa Bergoglio parla direttamente al telespettatore, non ha bisogna di una mediazione. Si racconta per sonori, bisogna far sentire lui, far vedere lui, noi telecronisti dobbiamo fare il meno possibile. Il mio lavoro consiste nell'ascoltare e guardare lui, si tratta di un pontefice molto fisico". Non sempre le parole arrivano dove le immagini possono, infatti, la nostra intervistata, a un certo punto, interrompendo il nostro dialogo e armeggiando il suo tablet ha iniziato a mostrarci una serie di foto di Papa Francesco, poiché con lui è molto importante la dimensione visiva: il Papa - osserva Vania De Luca - dialoga principalmente con la parola che va interpretata solo dopo essersi soffermati sull’espressione del suo viso. Francesco è dunque un Papa “tattile”, che tocca chi si trova davanti, che si china umilmente sulle ferite delle singole persone, ponendosi allo stesso livello dei fedeli e di tutti coloro che si recano a salutarlo quando arriva in un Paese. Che vede la Chiesa con i caratteri di un “ospedale da campo”, che cammina confondendosi tra la gente distinguendo non la folla indistinta ma la singola persona che attende di essere toccata dal Papa (come è avvenuto a Rio, ricorda Vania De Luca, o ancora a Manila). Francesco pertanto è il Papa che si rivolge agli uomini con il “tu”, guardandoli fisso negli occhi con la stessa tenerezza del Vangelo. "Questo Papa non va soltanto ascoltato ma va accompagnato: io nei miei primi servizi mi sono molto messa in discussione, il mio lavoro è mutato progressivamente: inizialmente facevo parlare più lui, il mio commento aveva quasi la lunghezza di un occhiello, in seguito mi sono resa conto che l’immagine con lui è prevalente, i primi piani del suo volto, dei suoi gesti sono fondamentali al fine di una piena comprensione", ha osservato la nostra intervistata sostenendo che questo desidera vedere il telespettatore medio. "Anziani, bambini, persone di altri Paesi che ho intervistato mi hanno detto Parla a noi. Parla ai politici con la stessa immediatezza con cui si rivolge ai senzatetto, si rivolge loro con una durezza senza eguali, senza addolcire i toni: come quando parla della corruzione, per una società più inclusiva. Quando l'ho visto per la prima volta a piedi che camminava da San Giovanni in Laterano a Santa Maria Maggiore, mi sono detta: questo è un Papa che con la sua stessa fisicità ha una espressività pazzesca, bisogna vedere il suo volto mentre parla, è un Papa tattile, è un Papa che prima di teorizzare agisce. Un suo gesto vale più di un'enciclica", ha concluso ricordando il fuori programma di Francesco che, prima di raggiungere la parrocchia di Pietralata, decise a sorpresa di fare una sosta in un campo profughi di Ponte Mammolo, dove incontrò tra l'altro un gruppo comprendente anche dei latino-americani recitando con loro il Padre nostro in spagnolo, impartendo poi la benedizione.
Quelle che per molti commentatori sono "novità" straordinarie introdotte da Jorge Mario Bergoglio, secondo Vania De Luca sono semplicemente immagini che si inseriscono nella modernità della Chiesa.
Descrivendo i ritmi, tempistiche, e sensazioni richiesti dal lavoro che svolge quotidianamente, la vaticanista di Rai News 24, ha precisato con dovizia che con la sua piccola troupe cerca di essere presente quanto più possibile dove si trova il Papa, nei viaggi all'estero e anche quando si reca alle parrocchie romane. "Da quando trasmetto in mezzo alla gente ho una prospettiva diversa di visione, di racconto, di sensazione. Personalmente, se prima raccontavo le immagini delle situazioni restando distante da dove era il Papa, adesso invece sono sul luogo, e ho la possibilità di avere una prospettiva diretta. Ho seguito il Papa a Manila assieme ai sei milioni che partecipavano alla messa al Rizal Park. Manila mi ha stupito: le persone seguivano la Messa immersi nella preghiera, per niente spaventati dalla pioggia. Anzi, erano scalzi. Ho twittato molte foto dei loro piedi. Pensiamo alla GMG di Rio, quando la macchina rimase bloccata nel traffico, percepivo una sensazione di potenziale pericolo, facevo la telecronaca, non avevo capito che il corteo aveva sbagliato strada fisicamente. Poi arrivò l'elicottero che lo prelevò".
Il Magistero di Papa Francesco, secondo la lunga esperienza di Vania de Luca richiama molto gli anni del pontificato di Papa Paolo VI: "C'è una parte di Concilio che mi fa pensare questo: se Papa Wojtyla dovette affrontare la fine della guerra fredda, del disgelo, per quanto riguarda il discorso ecclesiale delle spinte sinodali, collegiali, del discorso mondiale, Francesco si ricollega direttamente al Concilio Vaticano II: la macchina sinodale si è messa in moto solo adesso, il sinodo non è più ingessato, ora coinvolge i fedeli, lui ha un concetto di popolo fortissimo, che nasce dalla teologia del popolo dell'America latina. Un'altra delle percezioni che ho colto da questo papato è che Francesco è il primo papa post-conciliare: ha studiato il Concilio Vaticano II e lo ha vissuto contemporaneamente, lo ha applicato dall'altra parte dell'oceano scevro delle strutture e dei dibattiti dell'Europa".
La "voce vaticana" di RaiNews24 che cerca costantemente di “raccontare” il Papa con gli occhi del vasto pubblico si prepara, come buona parte della stampa religiosa, ai preparativi avviati in vista del Giubileo della Misericordia indetto dal Santo Padre: "è la prima volta nella storia che c'è un Giubileo tematico", ha spiegato, "ha per tema la Misericordia, che è la chiave non solo del suo Papato ma anche del vangelo, perché dal Vangelo si aprono nuovi cammini". Francesco pertanto racconta il Vangelo alla Chiesa poiché “avverte come urgente il bisogno di ripresentare il volto di un Dio misericordioso", ecco perché a parere di Vania De Luca il Santo Padre ha indetto un Giubileo straordinario. "La misericordia - ha sottolineato – non è un optional, ma lo stile di una chiesa che accompagna e non giudica, che esce e che va cercare, che accoglie. La misericordia è un esercizio, non un concetto, sono le braccia del padre della parabola che senza proferire parola, riaccoglie il proprio figlio; non è solo un padre ma è anche una madre, dunque la chiesa ha in sé la maternità e la paternità.".
Ho chiesto a Vania De Luca una sua opinione sulla presenza femminile tra i vaticanisti, un ambiente che per molti anni è stato esclusivamente maschile. “Oggi non vedo tanto una mancanza di presenze femminili tra quanti si occupano di chiesa e di vaticano, la sala stampa vaticana è frequentata da giornalisti e da giornaliste. Forse ci vorrebbe una maggiore presenza femminile nei luoghi decisionali, della chiesa come delle strutture informative”, ha risposto ai nostri microfoni la giornalista Rai, ma ha aggiunto anche che Papa Francesco sta rivalutando, tra le tante cose, il ruolo della donna all’interno della Chiesa: “Dio ci ama come una madre” e questo aspetto è maturato in lui attraverso l’ascolto del dolore delle donne di Plaza De Mayo, le donne a cui sono stati portati via i propri figli in Argentina, durante gli anni della dittatura militare. Ciò che il Papa propone a lei sembra molto innovativo: "Francesco", ha commentato Vania, "ha l'idea di una Chiesa che è madre, tanto che lui chiede ai teologi e alle teologhe di fare dei passi in questa direzione. Ho la percezione che lui sia un grande mistico, ma anche un uomo di azione, ha una sensibilità molto viva sulle corde del femminile: Papa Francesco a Manila ha parlato di "occhi femminili pieni di lacrime", ha detto che bisogna guardare con questi occhi perché le donne possono dirci qualcosa di nuovo, e anche porre domande nuove, sta chiedendo a tutto il femminile di esprimersi, e lo ha detto rivolgendosi a una ragazza di appena 12 anni che gli aveva chiesto perché il dolore dei bambini. Sono le domande che servono: “servono le domande delle donne, ed è quel modo viscerale femminile di sentire il dolore dei figli che la Chiesa deve fare proprio per avvicinare a sé i lontani". Vania De Luca sottolinea, e lo fa ribadendolo più volte nel corso della nostra conversazione, che questo processo in corso, di ascolto, di ricerca, di proposta di una fede solida e radicale ma che è alla portata di tutti perché tutti possono essere abbracciati, accolti, perdonati, interessa veramente il vasto pubblico di credenti e non credenti che segue il Papa attraverso il piccolo schermo o su Twitter. Papa Francesco è “un figlio della chiesa”, come lui stesso ha detto, ed è anche un dono del Concilio Vaticano II, che in poco più di 50 anni non ha certamente esaurito le sue spinte propulsive che questo papa cerca di spingere avanti.
(Alessandro Notarnicola)
http://ilsismografo.blogspot.it/2015/04/vaticano-vania-de-luca-racconta-il.html
1. LA ZANZARA CRUCIANI INTERVISTA SUOR ROSA LUPOLI (ABBADESSA CLARISSE DI NAPOLI): “LITTIZZETTO NON FA RIDERE. VENGA IN CONVENTO, IN CLAUSURA. POTREBBE ESSERE UN’ESPERIENZA BELLA, CONOSCEREBBE DONNE MOLTO REALIZZATE E MOLTO FELICI”
1. LA ZANZARA CRUCIANI INTERVISTA SUOR ROSA LUPOLI (ABBADESSA CLARISSE DI NAPOLI): “LITTIZZETTO NON FA RIDERE. VENGA IN CONVENTO, IN CLAUSURA. POTREBBE ESSERE UN’ESPERIENZA BELLA, CONOSCEREBBE DONNE MOLTO REALIZZATE E MOLTO FELICI”
2. HA COMUNICATO UN’IDEA SBAGLIATA DELLA CLAUSURA. CHI ENTRA QUI È UNA DONNA SANA, CHE CONOSCE LE COSE CHE CONOSCONO TUTTI. HA DATO L’IDEA DI UNA DONNA MEDIEVALE RINCHIUSA CONTRO LA SUA VOLONTÀ, MA QUI POSSIAMO ANDARE VIA QUANDO VOGLIAMO”
3. “ABBIAMO PULSIONI SESSUALI, COME CHI SCEGLIE UN SOLO UOMO PER TUTTA LA VITA”. “ALLA LITTIZZETTO DICO: SONO UNA DONNA NORMALE, DECIDO IO COSA VA BENE PER ME”
La Zanzara su Radio 24
A La Zanzara su Radio 24 parla Madre Rosa Lupoli, Abbadessa delle suore di clausura Clarisse di Napoli, al centro di una polemica con Luciana Littizzetto dopo la visita del Papa a Napoli. La Littizzetto, durante il programma ‘Che Tempo Che fa’ aveva detto tra le altre cose: "Non si capisce se erano incontro al Papa perché non avevano mai visto un Papa, o perché non avevano mai visto un uomo".
Suor Rosa si dice ancora “arrabbiata” per quelle frasi: “Venga in convento, in clausura, la Littizzetto. Potrebbe essere un’esperienza bella, conoscerebbe donne molto realizzate e molto felici. Ha comunicato un’idea sbagliata della clausura. Chi entra qui è una donna sana, che conosce le cose che conoscono tutti. Ha dato l’idea di una donna medievale rinchiusa contro la sua volontà, ma qui possiamo andare via quando vogliamo”.
Ma la Littizzetto fa la comica, osservano i conduttori Giuseppe Cruciani e David Parenzo: “Nessuno ha riso, tutti erano arrabbiati. Abbiamo ricevuto tanti messaggi di solidarietà, anche di gente che non conosciamo. Siamo arrivati a 15mila accessi alla nostra pagina. Non fa ridere”.
“La Littizzetto – dice ancora suor Rosa – pensa quello che molti pensano della clausura. Ma le persone le cose ce le dicono in faccia, lei no. Per questo ho replicato su Facebook”. Ma lei ha pulsioni sessuali? “Abbiamo pulsioni sessuali come tutte le donne e come ogni donna non le lascia libere. Noi abbiamo un altro obiettivo, facciamo un percorso come tutti quelli che accentrano la loro vita su un ideale”.
E’ difficile reprimere certe voglie, chiedono ancora i conduttori?: “E’ difficile come scegliere un uomo o una donna per tutta la vita. Molti dicono che preferirebbero un harem, soprattutto gli uomini, ma in vista di un bene più grande certe cose non si fanno”.
Poi suor Rosa dice che “tante persone pensano che la clausura sia una vita medievale, ma siamo persone normali in linea con i tempi. Io, la abbadessa, ho anche il cellulare, il telefono e altri strumenti di comunicazione non sono vietati, ma è consigliato l’uso equilibrato”.
E la tv la vedete?: “Solo per eventi importanti e particolari, come il funerale di Pino Daniele o il Papa. Leggiamo i giornali e decidiamo insieme, poi l’Abbadessa ha l’ultima parola”. Cosa vuole dire ancora alla Littizzetto?: “Sono una donna normale, posso scegliere quello che va bene per me. Non lo decidono gli altri. E questo scalpore c’è stato solo perché siamo suore. Papa Francesco era stato preso d’assalto da tutti, anche da uomini e frati. Non ha fatto notizia. Noi lo abbiamo abbracciato, è una cosa che non ricapiterà più”.
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