ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 13 luglio 2015

Il trittico Cristo-falce-martello



Falce e martello, il Vaticano contestualizza perfino Cristo in croce

Il regalo di Morales è "simbolo di dialogo e giustizia". L'espressione perplessa del Papa

Secondo il portavoce, padre Federico Lombardi, il simbolo "non aveva intenzioni ideologiche" (foto LaPresse)
Roma. L’astuta  performance messa in piedi da Evo Morales si sarebbe potuta chiudere con il fermo immagine della perplessa espressione del Pontefice nel comprendere che quel pezzo di legno che gli veniva donato dal demagogo boliviano era un Cristo appeso su una falce e un martello. Anche il fatto che Francesco si sia subito sbarazzato della catenina falcemartellata bastava per sottolineare la ovvia presa di distanza da quella studiata provocazione – arruolare il Papa come compagno della revolución ingolosisce assai i caudillos sudamericani à la Morales, la cui conoscenza dei fondamentali del cristianesimo li porta a commissionare murales in cui si vede Gesù con kalashnikov in spalla, combattente dalla parte dei più deboli, convinti che ciò sia evangelico.

ARTICOLI CORRELATI Come i governi sudamericani provano a sfruttare la visita di Papa Francesco Speculazione finanziaria nunca más, dice il Papa da Evo MoralesPoi però, quando in Italia era tarda sera, è arrivata la precisazione del Vaticano, con il reverendo padre Federico Lombardi S.I. che si infilava nel più classico dei cul de sac, spiegando che: punto primo, il crocifisso ha una sua dignità perché disegnato da padre Luis Espinal, assassinato sotto la dittatura nel 1980; punto secondo, che il simbolo “non aveva intenzione di manifestare nulla di ideologico ma l’apertura del dialogo che allora si doveva vivere con tutte le persone che si impegnavano per cercare la libertà e la giustizia nei paese”; punto terzo, che quella discutibile opera d’arte “va vista nella sua origine, nel tempo in cui è nata”. Si tratta, insomma, di contestualizzare il tutto e di certo – aggiungeva il portavoce – una cosa così non si può appendere nelle chiese. La nuova massima, dunque, è che il trittico Cristo-falce-martello può essere simbolo di dialogo, e che soprattutto in quell’immagine non v’è nulla di ideologico (chissà che ne pensano i cristiani vissuti e morti per quarant’anni oltre la Cortina) .

Più che dichiarazioni pronunciate dalla santa cattolica e apostolica chiesa di Roma, parrebbe un sunto di qualche articolessa di Gianni Minà, laudatore sommo delle glorie del comunismo in salsa latinoamericana – anni fa inserì Morales e Chávez (al quale fu dedicata la preghiera “Chávez nostro che sei nei cieli”) nella lista dei “presidenti finalmente presentabili dell’America latina” e rimproverò la blogger Yoani Sánchez di parlar male di san Fidel. Oscar Romero, da poco beato e sovente tirato in ballo a sproposito quando si tratta di mischiare Cristo e marxismo con la scusa di star dalla parte dei poveri, aveva scritto decenni fa che “l’opzione preferenziale per i poveri non presupponeva una parzialità senza criterio a favore dei poveri e una sorta di disprezzo per le classi facoltose”. Anche perché, per Romero, i poveri erano tutto meno che un elemento della storia politica e non dovevano avere niente a che fare con le lotte ideologiche. Quelle lotte che ad esempio combatteva il prete Ernesto Cardenal, rampognato in mondovisione da Giovanni Paolo II sulla pista dell’aeroporto di Managua per essere divenuto ministro del governo rivoluzionario di Daniel Ortega – lì il Papa polacco non considerò il contesto locale, evidentemente. E basterebbe citare qualche martire cinese o vietnamita, cui veniva proibito persino di “pregare con le labbra e col cuore il Dio dei cristiani” (si leggano di diari dei sopravvissuti) per farsi un’idea su quanto sia gravida di giustizia e dialogo l’ideologia mascherata dietro quei due simboli.

di Redazione 
| 10 Luglio 2015 
http://www.ilfoglio.it/chiesa/2015/07/10/papa-chiesa-crocifisso-bolivia-morales___1-v-130748-rubriche_c320.htm

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Grazie Evo che ci ricordi l’ignoranza del cattolicesimo liberale

Criticando il presidente boliviano per il regalo fatto a Papa Francesco, i cattolici liberali non hanno perso l'occasione per mostrare la loro incapacità di stare al passo coi tempi. La bandiera dell'anti-comunismo torna in voga trai lacchè dell'imperialismo. Eppure si dimenticano che il comunismo si realizzò nella cristianissima Russia ottocentesca degli Zar, e che il cristianesimo si compie nel XXI secolo con il socialismo sudamericano.
DI  - 10 LUGLIO 2015

Sta facendo il giro del web la foto del presidente boliviano Evo Morales che consegna un crocifisso a forma di falce e martello a Papa Francesco, per onorarlo e ringraziarlo della sua visita. Ciò ha ovviamente causato una pioggia di insulti e critiche verso il presidente boliviano, che si è permesso di accostare l’immagine del martirio di Gesù Cristo alla falce e il martello, storico simbolo dell’ideologia comunista per il cui fondatore Carlo Marx “la religione è l’oppio dei popoli”. Le critiche provengono ovviamente dal ceto cattolico-liberale e anti-comunista, che critica Morales per aver regalato al Papa il simbolo di decenni di lotta alle religioni. Ora non è nostro intento, e neanche interesse, legittimare o meno il socialismo reale e quello che è stato il suo rapporto con le religioni; quello che ci preme è invece mettere alla luce l’inattualità di questi personaggi che criticano il gesto.
A questi benpensanti con il portafoglio a destra e la testa indietro (di decenni), è bene ricordare alcune cose. Innanzitutto come il comunismo poté avere tanto consenso nella cristianissima Russia ottocentesca: lo stesso Giuseppe Stalin era un fervido credente praticante e abbandonò in seguito la fede cristiana per quella comunista, proprio come tanti altri cristiani russi. La rivoluzione d’ottobre, come spiega Simon Montefiore ne “Il giovane Stalin”, venne legittimata dal substrato culturale cristiano, che vedeva nei valori del comunismo il riflesso di quelli cristiani: uguaglianza, fratellanza, solidarietà. Inutile storcere il naso: come avrebbe potuto altrimenti un’ideologia che professa(va) l’ateismo attrarre a sé i consensi di così tanti cristiani?
Poi è doveroso far loro notare cosa sia accaduto negli ultimi vent’anni in America Latina. Sulla strada tracciata da Fidèl Castro e la rivoluzione cubana, quasi tutti i paesi hanno proclamato la loro indipendenza (reale) dall’influenza di Washington, e lo hanno fatto eleggendo democraticamente dei presidenti socialisti con il sogno della Patria Grande di Simon Bolivar: Hugo Chavez e poi Maduro in Venezuela, Nestor Kirchner e poi sua moglie Cristina in Argentina, Lula da Silva e poi Dilma Rousseff in Brasile, Rafael Correa in Ecuador, lo stesso Evo Morales in Bolivia. Ognuno di questi paesi ha le sue peculiarità, ma condividono tutti l’intento di accelerare il processo di integrazione latinoamericana. Inoltre l’ideologia di Hugo Chavez è stata definita Socialismo del XXI secolo, poiché all’anticapitalismo tipico del socialismo reale coniuga patriottismo, sovranità e difesa delle tradizioni in funzione anti-globalista. Questo socialismo, a cui si ispirano la maggior parte dei leader latinoamericani e caraibici, non vieta assolutamente di professare la propria fede, né perseguita chi lo fa. Anzi, lo stesso Chàvez ribadì più e più volte che “il bolivarismo è sia socialismo che cristianesimo”, che il socialismo del XXI secolo è ispirato al marxismo ma non è marxista poiché fortemente cristiano, perché coniuga le tradizioni indigene con l’influenza di secoli di colonizzazione spagnola, e i suoi tre grandi maestri sono Simon Bolivar, Ernesto Che Guevara e Gesù Cristo. Se oggi c’è qualcuno che professa i valori cristiani in politica, bisogna guardare al processo di integrazione dell’America Latina. È l’unico che sta mirando al predominio dell’uomo sull’economia, ad uno sviluppo in totale armonia con l’ambiente, e ad un sistema che combatta le logiche individualistiche e sfruttatrici del capitalismo e il suo Dio mercato, che in troppe parti del mondo ha sostituito quello dei cieli.
Come ci si può scandalizzare per un Cristo rappresentato su una falce e un martello e non aprire bocca quando il Papa indossa la kippah e incontra le autorità religiose ebraiche in Israele, Stato che occupa militarmente la Palestina (la terra dove nacque Cristo e dove hanno sempre convissuto in pace ebrei, musulmani e cristiani) e che da anni porta avanti il genocidio dei Palestinesi? Facile fare i cattolico-liberali e gli anti-comunisti quando devi attaccare un piccolo Paese come la Bolivia. Il ceto cattolico-liberale ha perso l’occasione di mostrarsi veramente cristiano ritirando fuori l’inattualissima bandiera dell’anti-comunismo in assenza di comunismo e perdendo l’ennesimo appuntamento con la storia.
IL PAPA IN AMERICA LATINA: PAROLE PER  RIFLETTERE (CON QUALCHE NOTA) – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 13 luglio 2015

Quello apostolico in Ecuador, Bolivia e Paraguay è stato – come prevedibile – un viaggio di grande rilievo e molto vissuto da Papa Francesco. Tanti gli incontri, tante le parole pronunciate e le conseguenti riflessioni suggerite. Ne offriamo un’antologia, pur non certo esaustiva di tutto quel che di importante ha detto il pontefice argentino e gesuita in una terra a lui ben conosciuta e molto cara 

Sole e luna (Ecuador, aeroporto di Quito, 5 luglio 2015): Noi cristiani paragoniamo Gesù Cristo con il sole e la luna con la Chiesa; e la luna non ha luce propria e se la luna si nasconde dal sole diventa scura. Il sole è Gesù Cristo; e se la Chiesa si separa o si nasconde da Gesù Cristo diventa oscura e non dà testimonianza. 
Famiglia (Ecuador, Guayaquil, Parque de Los Samanes, omelia, 6 luglio 2015): La famiglia è l’ospedale più vicino: quando uno è malato, lo curano lì, finché si può. La famiglia è la prima scuola dei bambini, è il punto di riferimento imprescindibile per i giovani, è il miglior asilo per gli anziani. 
Famiglia e Stato (ibidem): La famiglia costituisce la grande ricchezza sociale, che altre istituzioni non possono sostituire, che dev’essere aiutata e potenziata, per non perdere mai il giusto senso dei servizi che la società presta ai suoi cittadini. In effetti questi servizi che la società presta ai suoi cittadini non sono una forma di elemosina, ma un autentico ‘debito sociale’ nei confronti dell’istituzione familiare, che è la base e che tanto apporta al bene comune (NdR: parole papali molto appropriate, che i politici – in primis chi si definisce cattolico - anche in Italia dovrebbero studiare a memoria, concretizzandole con urgenza, invece di comportarsi da irresponsabili, procedendo in direzione opposta e sfasciando l’istituto familiare)
Famiglia e Sinodo (ibidem): Poco prima di incominciare l’Anno Giubilare della Misericordia (NdR: ecco un riferimento voluto), la Chiesa celebrerà il Sinodo Ordinario dedicato alle famiglie, per maturare un vero discernimento spirituale e trovare soluzioni e aiuti concreti alle molte difficoltà e importanti sfide che la famiglia deve oggi affrontare. Vi invito ad intensificare le vostre preghiere per questa intenzione, perché persino quello che a noi sembra impuro – come l’acqua delle giare (NdR: riferimento al brano evangelico delle Nozze di Cana, letto durante la messa) –che ci scandalizza o ci spaventa, Dio – facendolo passare attraverso la sua ‘ora’ – lo possa trasformare in miracolo. La famiglia oggi ha bisogno di questo miracolo (NdR: indipendentemente dalle intenzioni del Papa, difficile non interpretare concretamente questo passo come un invito ai padri sinodali ad ‘aprirsi’ sui noti e controversi temi e come un sostegno alle tesi del fronte ‘progressista’. Non raramente però le ‘pressioni’ ottengono effetti opposti allo sperato)
Evangelizzazione e proselitismo (Ecuador, Quito, Parque del Bicentenario, omelia, 7 luglio 2015): L’evangelizzazione non consiste nel fare proselitismo – il proselitismo è una caricatura dell’evangelizzazione- ma nell’attrarre con la nostra testimonianza i lontani, nell’avvicinarsi umilmente a quelli che si sentono lontani da Dio e dalla Chiesa, avvicinarsi a quelli che si sentono giudicati e condannati a priori da quelli che si sentono perfetti e puri (NdR: quel ‘il proselitismo è una caricatura dell’evangelizzazione’ può legittimamente sembrare molto ingeneroso verso i molti che partirono dall’Europa in buona fede per convertire alla fede di Cristo il Nuovo Mondo. Diversi di quei molti pagarono con la vita il loro impegno cristiano)
La cultura dello scarto (Ecuador, Quito, incontro con la società civile nella chiesa di San Francisco, 7 luglio 2015): Ho accennato ai giovani e alla mancanza di lavoro. A livello mondiale è allarmante: Paesi europei che erano ad alto livello alcuni decenni fa, adesso stanno subendo nella popolazione giovanile  - dai 25 anni in giù – un 40/50% di disoccupazione. Se non c’è solidarietà, questo non si risolve. Dicevo ai Salesiani (a Torino): “Voi, che don Bosco ha fondato per educare, oggi, educazione di emergenza per quei giovani che non hanno lavoro!” Perché? Emergenza per prepararli a piccoli lavori che diano loro la dignità di poter portare il pane a casa. A questi giovani disoccupati, che sono quelli che chiamiamo i “né né”: né studiano né lavorano, che prospettiva rimane? Le dipendenze, la tristezza, la depressione, il suicidio – non si pubblicano integralmente le statistiche sui suicidi giovanili (NdR: interessante questa osservazione del Papa) –o arruolarsi in progetti di follia sociale, che almeno presentino un ideale’ Oggi ci è chiesto di curare, in modo speciale, con solidarietà, questo terzo settore di esclusione della cultura dello scarto. Il primo sono i bambini, perché o non li si vuole – ci sono paesi sviluppati che hanno una natalità quasi dello zero per cento – o li si uccide prima che nascano. Poi gli anziani, che si abbandonano e li si lascia e si dimentica che sono la saggezza e la memoria del loro popolo. Li si scarta. E adesso è venuto il turno dei giovani. A chi hanno lasciato il posto? Ai servitori dell’egoismo, del dio denaro che ci schiaccia tutti. 
La Bolivia, Paese di singolare bellezza (Bolivia, arrivo all’aeroporto di El Alto-La Paz, 8 luglio 2015): Sono lieto di trovarmi in questo Paese di singolare bellezza, benedetto da Dio nelle suje diverse zone: l’altopiano, le valli, le terre amazzoniche, i deserti, gli incomparabili laghi; il preambolo della sua Costituzione lo ha sigillato in modo poetico: “In tempi immemorabili si eressero montagne, si dispiegarono fiumi, si formarono laghi. La nostra Amazzonia, il nostro Chaco, il nostro altipiano, le nostre pianure e le valli si coprirono di piante e di fiori” e questo mi ricorda che “il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode (enc. Laudato si’, 12). Ma soprattutto è una terra benedetta nelle sue genti, con la sua variegata realtà culturale ed etnica, che costituisce una grande ricchezza e un appello permanente al mutuo rispetto e al dialogo; popoli originari millenari e popoli originari contemporanei; quanta gioia ci dà sapere che il ‘castillano’ portato in queste terre oggi convive con 36 idiomi originari, amalgamandosi – come fanno nei fiori nazionali di kantuta e patujú il rosso e il giallo – per dare bellezza e unità nella differenza. In questa terra e in questo popolo si è radicato con forza l’annuncio del Vangelo, che lungo gli anni è andato illuminando la convivenza, contribuendo allo sviluppo del popolo e promuovendo la cultura. 
Padre Espinal: ucciso a causa del Vangelo (Bolivia, sosta nel luogo in cui fu ritrovato il corpo del gesuita assassinato nel 1980): Mi sono fermato qui 8…) soprattutto per ricordare. Ricordare un fratello, un nostro fratello, vittima di interessi che non volevano che si lottasse per la libertà della Bolivia. Padre Espinal ha predicato il Vangelo e quel Vangelo dava fastidio e perciò lo hanno eliminato (NdR: Il presidente boliviano Evo Morales – noto anche per i suoi tentativi di emarginare la Chiesa cattolica dagli spazi pubblici nel suo Paese – ha voluto donare al Papa tra l’altro una copia del Crocifisso che il gesuita spagnolo Luis Espinal aveva scolpito nel suo ultimo anno di vita, prima di essere ucciso dai paramilitari. Per scolpire il Crocifisso si era ispirato al Cristo di Velazquez e vi aveva aggiunto falce e martello. Come rileva un suo confratello sull’ormai omologato ‘Avvenire’ dell’11 luglio (sotto il titolo che dice già tutto): “La Croce di Espinal? Un richiamo al dialogo”), per Espinal “la falce e il martello nel Crocifisso simboleggiavano la necessità di dialogare sulle questioni di fondo. Sull’oppressione, la libertà, la dignità del lavoro”. Non è difficile immaginare che cosa avrebbero pensato di questa “immagine di incontro di culture” i milioni di imprigionati, torturati, assassinati dall’ideologia atea e materialista della falce e del martello (migliaia di cardinali, vescovi, sacerdoti, frati e suore, laici cattolici compresi. Il Papa ha poi offerto i doni di Morales  alla Vergine di Copacabana, patrona del popolo boliviano) 
Benessere e bene comune (Bolivia, incontro con le autorità civili, cattedrale di La Paz, 8 luglio 2015): Molto facilmente ci abituiamo all’ambiente di inequità che ci circonda (…) E così confondiamo , senza accorgercene, il ‘bene comune’ con il ‘benessere’, e lì si scivola, a poco a poco, e l’ideale del bene comune, poiché si va perdendo, finisce nel benessere, specialmente quando siamo noi quelli che ne godiamo, e non gli altri. Il benessere che fa riferimento solamente all’abbondanza materiale tende ad essere egoista, tende a difendere gli interessi di parte, a non pensare agli altri, e a cedere al richiamo del consumismo. Così inteso, il benessere, invece di aiutare, è portatore di possibili conflitti e di disgregazione sociale; affermatosi come prospettiva dominante, genera il male della corruzione, che scoraggia e fa tanto danno. Il bene comune, invece, è superiore alla somma dei singoli interessi; è un passaggio da ciò che ‘è meglio per me’ a ciò che ‘è meglio per tutti’, e comprende tutto ciò che dà coesione a un popolo: obiettivi comuni, valori condivisi, ideali che aiutano ad alzare lo sguardo al di là di orizzonti individuali. 
Famiglia minacciata (ibidem): Tra i diversi attori sociali vorrei porre in risalto la famiglia, minacciata da ogni parte da tanti fattori: da violenza domestica, alcoolismo, maschilismo, droga, mancanza di lavoro, insicurezza civile, abbandono degli anziani, bambini di strada e da pseudo soluzioni provenienti da prospettive che non giovano alla famiglia ma che provengono chiaramente da colonizzazioni ideologiche (NdR: è lecito ritenere che complessivamente -salvo l’eccezione riferita all’inizio di questa antologia di citazioni) lo spazio riservato dal Papa  nei discorsi ‘sudamericani’ ai temi di famiglia, vita , educazione sia stato molto scarso rispetto a quello dedicato ad altri temi sociali. Pure in questo caso poche righe per ciò che minaccia la famiglia, ma nessuna denuncia esplicita (solo un accenno assai contorto) degli attacchi ideologici che la sfasciano sul piano legislativo e culturale anche in America latina. Non è che il Papa non denunci continuamente e con durezza ... ma sembra proprio che preferisca farlo su altri temi, come quelli – pur di grande rilevanza -che seguono).
Il futuro dell’umanità è nelle mani dei popoli/1 (Bolivia, discorso al II Incontro dei movimenti popolari, Santa Cruz de la Sierra): Grazie, signor Presidente Evo Morales, perché accompagna così risolutamente questo Incontro. (Dopo l’incontro del 28 ottobre 2014 a Roma) Dio ci consente di rivederci nuovamente oggi. La Bibbia ci ricordache Dio ascolta il grido del suo popolo e anch’io desidero unire la mia voce alla vostra. Le famose ‘tre t’: terra, casa e lavoro per tutti i nostri fratelli e sorelle. L’ho detto e lo ripeto: sono diritti sacri. Vale la pena, vale la pena di lottare per essi. Che il grido degli esclusi si oda in America latina e in tutta la terra. (NdR: il discorso del Papa è di oltre sette pagine, di gran lunga il più ampio e articolato dell’intero viaggio. Questo vorrà pur dire qualcosa …) 
Il futuro dell’umanità è nelle mani dei popoli/2 (ibidem): Voi nelle vostre lettere e nei nostri incontri mi avete informato sulle molte esclusioni e sulle ingiustizie subite in ogni attività di lavoro, in ogni quartiere, in ogni territorio. Sono molti e diversi come molti e diversi sono i modi di affrontarli. Vi è, tuttavia, un filo invisibile che lega ciascuna delle esclusioni. Non sono isolate, sono unite da un filo invisibile. Possiamo riconoscerlo?(…) Sappiamo riconoscere che tale sistema ha imposto la logica del profitto ad ogni costo, senza pensare all’esclusione sociale o alla distruzione della natura? Se è così, insisto, diciamolo senza timore: noi vogliamo un cambiamento, un vero cambiamento, un cambiamento delle strutture. Questo sistema non regge più, non lo sopportano i contadini, i lavoratori, le comunità, i villaggi… E non lo sopporta più la Terra, la sorella Madre Terra, come diceva san Francesco. 
Il futuro dell’umanità è nelle mani dei popoli/3 (ibidem): Voi, da parte dei movimenti popolari, assumete i compiti di sempre, motivati dall’amore fraterno che si ribella contro l’ingiustizia sociale. (…) Voi vivete ogni giorno, impregnati, nell’intrico della tempesta umana. Mi avete parlato delle vostre cause, mi avete reso partecipe delle vostre lotte, già da Buenos Aires, e vi ringrazio. Voi, cari fratelli, lavorate molte volte nella dimensione piccola, vicina, nella realtà ingiusta che vi è imposta, eppure non vi rassegnate, opponendo una resistenza attiva al sistema idolatrico che esclude, degrada ed uccide. 
Tre grandi compiti per i movimenti popolari/1 (ibidem): Vorrei (…) proporre tre grandi compiti che richiedono l’appoggio determinante dell’insieme di tutti i movimenti popolari. Il primo compito è quello di mettere l’economia al servizio dei popoli: gli esseri umani e la natura non devono essere al servizio del denaro. Diciamo NO a una economia di esclusione e di inequità in cui il denaro domina invece di servire. Questa economia uccide. Questa economia è escludente. Questa economia distrugge la Madre Terra. (…) L’equa distribuzione dei frutti della terra e del lavoro umano non è semplice filantropia. E’ un dovere morale. Per i cristiani, l’impegno è ancora più forte: è un comandamento. Si tratta di restituire ai poveri e ai popoli ciò che appartiene a loro. La destinazione universale dei beni non è un ornamento discorsivo della dottrina sociale della Chiesa. E’ una realtà antecedente alla proprietà privata. 
Tre grandi compiti per i movimenti popolari/2 (ibidem): Il secondo compito è quello di unire i nostri popoli nel cammino della pace e della giustizia. I popoli del mondo vogliono essere artefici del proprio destino. (…) Nessun potere di fatto o costituito ha il diritto di privare i Paesi poveri del pieno esercizio della propria sovranità e, quando lo fa, vediamo nuove forme di colonialismo che compromettono seriamente le possibilità di pace e di giustizia. (…) In questi ultimi anni, dopo tante incomprensioni, molti Paesi dell’America latina hanno visto crescere la fraternità tra i loro popoli. I governi della regione hanno unito le forze per far rispettare la propria sovranità, quella di ciascun Paese e quella della regione nel suo complesso, che in modo così bello, come i nostri antichi padri, chiamano la ‘Patria Grande’. Chiedo a voi, fratelli e sorelle dei movimenti popolari, di avere cura e di accrescere questa unità. 
Tre grandi compiti per i movimenti popolari/3 (ibidem): Il terzo compito, forse il più importante che dobbiamo assumere oggi, è quello di difendere la Madre Terra. La casa comune di tutti noi viene saccheggiata, devastata, umiliata impunemente. La codardia nel difenderla è un peccato grave. Vediamo con delusione crescente che si succedono uno dopo l’altro vertici internazionali senza nessun risultato importante. C’è un chiaro, preciso e improrogabile imperativo etico ad agire che non viene soddisfatto. Non si può consentire che certi interessi – che sono globali, ma non universali – si impongano, sottomettano gli Stati e le organizzazioni internazionali e continuino a distruggere il creato. I popoli e i loro movimenti sono chiamati a far sentire la propria voce, a mobilitarsi, ad esigere – pacificamente ma tenacemente – l’adozione urgente di misure appropriate. Vi chiedo, in nome di Dio, di difendere la Madre Terra (NdR: davvero per il Papa della Chiesa cattolica non c’è oggi compito più importante di quello appassionatamente citato?)
Il futuro dell’umanità è nelle mani dei popoli/4 (ibidem): Per terminare, vorrei dire ancora una volta: il futuro dell’umanità non è solo nelle mani dei grandi leader, delle grandi potenze e delle élites. E’ soprattutto nelle mani dei popoli; nella loro capacità di organizzarsi ed anche nelle loro mani che irrigano, con umiltà e convinzione, questo percorso di cambiamento. Io vi accompagno. E ciascuno, ripetiamo insieme dal cuore: nessuna famiglia senza casa, nessun contadino senza terra, nessun lavoratore senza diritti, nessun popolo senza sovranità, nessuna persona senza dignità, nessun bambino senza infanzia, nessun giovane senza opportunità, nessun anziano senza una venerabile vecchiaia. Proseguite nella vostra lotta e, per favore, abbiate molta cura della Madre Terra. 
Le donne gloriose del Paraguay (Paraguay, Incontro con le autorità e il corpo diplomatico nel palazzo presidenziale, Asuncion, 10 luglio 2015): Fin dai suoi primi passi come nazione indipendente e fino a poco tempo fa, la storia del Paraguay ha conosciuto la sofferenza terribile della guerra, dello scontro fratricida, della mancanza di libertà e della violazione dei diritti umani. Quanto dolore quanta morte! Ma sono ammirevoli la tenacia e lo spirito di reazione del popolo paraguayano per superare le tante avversità e continuare gli sforzi per costruire una nazione prospera e pacifica. Qui – nel giardino di questo palazzo che è stato testimone della storia paraguayana: da quando era solo la riva del fiume e lo usavano i guaranì, fino agli ultimi avvenimenti contemporanei – voglio rendere omaggio a quelle migliaia di semplici paraguayani i cui nomi non compariranno nei libri di storia, ma che sono  stati e rimangono veri protagonisti del loro popolo. E voglio riconoscere con emozione e ammirazione il ruolo svolto dalla donna paraguayana in quei momenti così drammatici della storia, specialmente quella guerra iniqua che portò quasi a distruggere la fraternità dei nostri popoli (NdR: il riferimento è qui alla guerra condotta tra il 1864 e il 1870 contro il Paraguay da Argentina, Brasile e Uruguay – la maggior parte dei maschi paraguayani perse la vita). Sulle loro spalle di madri, mogli e vedove hanno portato il peso più grande, sono state in grado di portare avanti le loro famiglie e il loro Paese, infondendo nelle nuove generazioni la speranza di un domani migliore. Dio benedica la donna paraguayana, la più gloriosa d’America. 
I bambini, veri lottatori (Paraguay, visita all’ospedale pediatrico ‘Niňos de Acosta Ňú’ , Asuncion, 11 luglio 2015): Cari bambini, voglio farvi una domanda, vediamo se mi aiutate. Mi hanno detto che siete molto intelligenti, per questo mi sono deciso. Gesù si è arrabbiato qualche volta? Vi ricordate quando? So che è una domanda difficile, perciò vi aiuterò. E’ stato quando impedirono che i bambini si avvicinassero a Lui. (…) I bambini sono tra i prediletti di gesù. Non è che non voglia bene ai grandi, ma si sentiva felice quando poteva stare con loro. (…) Li portava come esempio. Disse ai discepoli: “Se non…diventerete come bambini, non entrerete nel Regno dei cieli”. I bambini stavano in disparte, i grandi non li lasciavano avvicinare, ma Gesù li chiamò, li abbracciò e li pose in mezzo perché tutti imparassimo a essere come loro. Oggi direbbe la stessa cosa a noi. Ci guarda e dice: imparate da loro. Dobbiamo imparare da voi, dalla vostra fiducia, gioia, tenerezza. Dalla vostra capacità di lotta, dalla vostra fortezza. Dalla vostra imbattibile capacità di resistenza. Sono veri lottatori! Vero, mamme? Vero, papà e nonni? Vedere voi, ci dà la forza, ci dà la forza per avere fiducia, per andare avanti. 
Le ‘Reducciones’ gesuitiche (Paraguay, incontro con la società civile, Asuncion, 12 luglio 2015): Giustamente il Paraguay è noto in tutto il mondo per essere stato la terra dove iniziarono le “Riduzioni”, una delle più interessanti esperienze di evangelizzazione e di organizzazione sociale della storia. In esse, il Vangelo era l’anima e la vita di comunità dove non c’era fame, non c’era disoccupazione, né analfabetismo né oppressione. Questa esperienza storica ci insegna che una società più umana è possibile anche oggi. Voi l’avete vissuta nelle vostre radici qui. E’ possibile. Quando c'è amore per l’uomo, e volontà di servirlo, è possibile creare le condizioni affinché tutti abbiano accesso a beni necessari, senza che nessuno sia escluso. Cercare in ogni caso le soluzioni con il dialogo. 
Un presidente sfortunato perché conservatore? (ibidem): (NdR: da quasi due anni Horacio Cortes, del partito Colorado, conservatore, è presidente del Paraguay. Anche Cortes era presente all’incontro con la ‘società civile’, una folla di circa cinquemila persone invitata dal rettore della locale università cattolica. Come riferisce dettagliatamente l’inviata di “Le Monde” Cécile Chambraud, il presidente è stato accolto in sala da muggiti, fischiato e perfino è stato oggetto di sputi. I convenuti hanno poi invece scandito lungamente “Papa Francisco, el pueblo esta contigo”. Il Papa si rivolge poi ai presenti e neppure lui risparmia il presidente) Vi confesso che a volte mi dà un po’ fastidio o, per dirla in termini non così fini, mi dà un po’ il ‘cimurro’, ascoltare discorsi magniloquenti con tutte queste parole (NdR: fraternità, giustizia, pace, dignità) e, quando uno conosce la persona che parla, dice : Che bugiardo sei! (…) Ci sono due cose, prima di concludere, a cui vorrei fare riferimento. E in questo, poiché ci sono politici qui presenti, c’è anche il presidente della Repubblica, lo dico fraternamente. Qualcuno mi ha detto: “Senta, il tale si trova sequestrato dall’esercito, faccia qualcosa! Io non dico se è vero o non è vero, se è giusto o non è giusto, ma uno dei metodi che avevano le dittature del secolo scorso (…) era allontanare la gente o con l’esilio o con la prigione o, nel caso dei campi di sterminio nazisti, la allontanavano con la morte (NdR: l’allusione è pesante ma ingiustificata, perché in realtà il sequestrato è un soldato dell’esercito nazionale, rapito dal movimento guerrigliero di tendenza marxista-leninista ‘Esercito del popolo del Paraguay).
Fede non solidale, fede morta (Paraguay, discorso alla popolazione del Baňado Norte, Asuncion, 12 luglio 2015): La fede suscita il nostro impegno con gli altri, la fede suscita la nostra solidarietà: una virtù umana e cristiana, che voi avete e che molti, molti hanno e che dobbiamo imparare. La nascita di Gesù risveglia la nostra vita. Una fede che non si fa solidarietà, è una fede morta, una fede falsa. “No, io sono molto cattolico, sono molto cattolica, vado a Messa tutte le domeniche”. Ma, mi dica, signore, signora, che cosa succede là a Bañado? “Ah, non so… sì… no… non so, sì…, so che c’è gente là, ma non so…”. Per quanto vai a Messa la domenica, se non hai un cuore solidale, se non sai che cosa succede nel tuo popolo, la tua fede è molto debole, o è malata, o è morte. È una fede senza Cristo. La fede senza solidarietà è una fede senza Cristo, è una fede senza Dio, è una fede senza fratelli. E allora viene quel detto, che spero di ricordare bene, ma che ritrae questo problema di una fede senza solidarietà: “Un Dio senza popolo, un popolo senza fratelli, un popolo senza Gesù”. Questa è la fede senza solidarietà. 
Evangelizzazione nel segno dell’ospitalità (Paraguay, omelia durante la messa al Campo Grande di Ňu Guazú, Asuncion, 12 luglio 2015):Quante volte pensiamo la missione sulla base di progetti o programmi. Quante volte immaginiamo l’evangelizzazione intorno a migliaia di strategie, tattiche, manovre, trucchi, cercando di convertire le persone con le nostre argomentazioni. Oggi il Signore ce lo dice molto chiaramente: nella logica del Vangelo non si convince con le argomentazioni, le strategie, le tattiche, ma semplicemente imparando ad accogliere, a ospitare. (…) Una cosa è certa: non possiamo obbligare nessuno a riceverci, ad ospitarci; è certo ed è parte della nostra povertà e della nostra libertà. Ma è altrettanto certo che nessuno può obbligarci a non essere accoglienti, ospitali verso la vita del nostro popolo. Nessuno può chiederci di non accogliere e abbracciare la vita dei nostri fratelli, soprattutto la vita di quelli che hanno perso la speranza e il gusto di vivere. Com’è bello immaginare le nostre parrocchie, comunità, cappelle, dove ci sono i cristiani, non con le porte chiuse, ma come veri centri di incontro tra noi e Dio. Come luoghi di ospitalità e di accoglienza.
La vera libertà (Paraguay, incontro con i giovani sul lungofiume Costanera, Asuncion, 12 luglio 2015): (preghiera recitata con la folla) Ripetete con me: "Signore Gesù, dammi un cuore libero che non sia schiavo di tutti gli inganni del mondo, che non sia schiavo delle comodità e della 'bella vita', che non sia schiavo del vizio, che non sia schiavo di una falsa libertà, quella che crede di poter fare quello che mi va in ogni momento"

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