ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 13 luglio 2015

Una chiesa che non c’è più

Addio al cardinal Biffi, formidabile crociato anticonformista di una chiesa che non c’è più

Esprimeva una chiesa che non c’è più. Non voleva, come il cardinale Martini, recuperare un ritardo di duecento anni sulla Rivoluzione francese

Il cardinale Giacomo Biffi
Vero prete, vero teologo, vero pastore, vero scrittore, vero cardinale: Giacomo Biffi. La chiesa cattolica ha perso un suo pezzo da 90. Bologna perde un anticonformista, uno che ha saputo vedere nella grassa “sazietà e disperazione”, mettendo in sincrono testa e cuore. Conversare con lui era un piacere dello spirito, piacere illuminista, piacere da “salon” settecentesco. Pubblicare i suoi esercizi spirituali con san Giovanni Paolo II fu un atto laico di fede nella potenza celeste della migliore letteratura cattolica. Annunciava i cherubini svolazzanti con verve dantesca, decrittava il mondo terreno dell’alto. 


ARTICOLI CORRELATI Il momento di dire grazie a Biffi per un titolo in prestito L’Italia, punti cardinali No Biffi, no Party Quando Biffi disse: "Oggi tanti esaltano Gesù, ma gli fanno dire quel che vogliono loro"Ma era grandissimo, don Biffi, come esegeta di Pinocchio, come storico divertito del Risorgimento anticattolico, come memorialista delle periferie esistenziali della vecchia Milano: le Memorie di un italiano cardinale sono istruttive, minuziose, perfide e squisite. 

Esprimeva una chiesa che non c’è più. Non voleva, come il cardinale Martini, recuperare un ritardo di duecento anni sulla Rivoluzione francese. Voleva mettersi vent’anni avanti alle derive del secolo, era uno che prefigurava con ironia, senza paura di essere minoranza. Un suo magnifico libello storico e teologico parlava dei balsami preziosi e dei tessuti ricchi di cui si avvaleva Gesù negli anni della sua predicazione; Cristo era ricco e amava pranzare con i ricchi e con i pescatori, tutti iscritti allo stesso titolo nel cerchio perfetto della redenzione possibile. La scorrettezza di Biffi non era esornativa. Veniva da lunga e intensa esperienza dell’umanità e della cultura. Il suo anti-modernismo era un modo di essere post-contemporaneo. 

Era disciplinato come un soldato semplice sempre coraggioso e in prima linea. Quando Carlo Caffarra, sublime miniatura di Pio IX, gli succedette nella cattedra di san Petronio, Biffi si ritirò in una comunità fondata da Giacomo Lercaro e visse da eremita di genio, i suoi talenti di conversatore e di scrittore, senza mai dare fastidio e senza nulla pretendere altro che amicizia e affetto dalla sua chiesa. Da Arcivescovo di Milano, carisma che avrebbe meritato ampiamente, ci avrebbe regalato, al posto della lagna secolarista e della subalternità al mondo, una bella riforma intellettuale e morale della chiesa italiana e, chissà, universale. 

Tra i suoi lasciti, sulla scia di Soloviev, la notizia più vera se non la più bella: verrà l’Anticristo e sarà un pacifista, un vegetariano, un ecologista. 

Ma per Giacomo Biffi, un italiano cattolico pacificato e riconciliato dalla sua intelligenza e sensibilità, gli avversari delle sue idee (i Martini, i Dossetti e i Lercaro) erano tutti uomini di Dio. Riposerà in pace, questo formidabile crociato tra due secoli. 

di Giuliano Ferrara | 12 Luglio 2015

di Giacomo Biffi13-07-2015
Ricordando la figura del cardinale Giacomo Biffi, pubblichiamo alcuni brevi passaggi tratti dal suo libro "La bella, la bestia e il cavaliere" (Jaca Book 1984), per la loro profetica attualità. Non si vuole con questo avere la pretesa di esaurire o ridurre il pensiero di Biffi, ma piuttosto vuole essere un invito a riprendere in mano la sua abbondante produzione letteraria e teologica che è più che mai attuale. In questo caso, il cardinale Biffi esamina alcuni idoli derivati dal post-concilio, ovvero da una lettura distorta e tendenziosa del Concilio Vaticano II.
Ricordiamo che i solenni funerali del cardinale Biffi si terranno martedì 14 luglio nella cattedrale di Bologna alle 10.30.

Il cardinale Giacomo Biffi
LA CRONOLATRIA
Senza affermarsi mai espressamente, la cronolatrìa trapela in modo spesso involontario e quindi tanto più significativo dal linguaggio d’uso corrente, nel quale l’aggettivazione del biasimo teorico non è: falso, errato, illogico, cattivo, aberrante; ma piuttosto: superato, sorpassato, attardato, vecchio. Non conta tanto la verità quanto la formulazione recente. Le idee, come le uova, devono essere «di giornata».
(…) Veniamo spesso esortati a pregare per gli «uomini del nostro tempo», come se qualcuno fosse mai tentato di ricordare nelle sue orazioni gli assiro-babilonesi; o a vivere nel «mondo di oggi», contro il pericolo di sconfinare inavvertitamente nell’epoca carolingia; o a impegnarci a «essere moderni», che è un po’ come se una mucca si impegnasse ad avere la coda.
Non ci si meraviglia allora di notare che il tema della «vita eterna» si faccia sempre più raro nei discorsi ecclesiastici, dove invece hanno sempre più larga parte le questioni del «tempo presente». Queste è giusto e doveroso affrontare senza evasioni alienanti, ma non «invece di quella», bensì «alla luce di quella»: solo con la coscienza sempre pungente della «vita eterna» e della sua impareggiabile rilevanza è possibile «redimere il tempo presente», ridonandogli senso e spessore.
LA COSMOLATRIA
Di tutte le idolatrìe che ci affliggono, l’adorazione del mondo è senza dubbio la più clamorosa. Oggi uno può impunemente parlar male della Sposa di Cristo senza avere il minimo fastidio ecclesiale; ma se azzarda a scrivere due righe contro il «mondo», deve aspettarsi almeno qualche tiratina di orecchie anche da parte dei recensori più benevoli e pii.
Questa «cosmolatrìa» fa tanto più spicco in quanto stride con tutta la consuetudine linguistica dell’ascetica tradizionale: la «fuga dal mondo», la «rinuncia al mondo», il «disprezzo del mondo» dai primordi del cristianesimo fino a pochi anni fa sono stati temi classici della riflessione e della predicazione; ebbene, di essi nelle comunità cristiane di oggi non si trova più traccia. Al loro posto si propone l’«inserimento nel mondo» e perfino il «servizio del mondo».
A esaminare con attenzione alcuni testi ecclesiastici recenti (per esempio, alcuni formulari suggeriti da qualche parte per le preghiere dei fedeli) si ha l’impressione che i due vocaboli «mondo» e «Chiesa» rispetto all’uso di prima si siano semplicemente scambiati di senso. Si implora sempre infatti che la Chiesa capisca, riconosca, si converta, abbandoni il suo egoismo e la sua volontà di potenza ecc.; e per conto si prega perché il mondo venga riconosciuto e appagato nelle sue aspirazioni, aiutato nelle sue necessità, esaltato nei suoi valori. Ad ascoltare certe celebrazioni del mondo viene da domandarci perché mai a Gesù Cristo sia venuto in mente di fondare la Chiesa, peggiorando notevolmente le cose. (…)
(…) Occorre ripartire dal dato rivelato preso nella sua integrità, senza operarvi nessuna aprioristica selezione.
Una frase del vangelo di Giovanni ci ricorda da sola tutta la multiformità della parola di Dio a proposito di «mondo» «Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe» (Gv 1,10). In due righe il vocabolo compare tre volte e sempre con sfumature diverse.
«Era nel mondo»: si riferisce al fatto della incarnazione e alla presenza del Verbo nella realtà creaturale. È una indicazione che non implica alcuna valutazione. (…)
«Il mondo fu fatto per mezzo di lui»: qui è implicitamente affermata l’originaria bontà del mondo, e quindi la presumibile disposizione di accoglienza verso il Figlio di Dio. Allo stesso modo è detto che «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3, 16).
«Eppure il mondo non lo riconobbe»: qui la parola «mondo» esprime il grande enigma della opposizione sistematica, permanente, ineliminabile, nella quale si è imbattuta e si imbatterà sempre l’iniziativa salvifica. E il discepolo di Gesù è ripetutamente ammonito di non perdere mai di vista e non sottovalutare questa tragica realtà.
Il mondo è dunque o un semplice spazio o una realtà nativamente buona ma da redimere o una forza malvagia che resiste alla redenzione e cerca di vanificarla. Nessuna di queste tre verità va trascurata.       
IL «SERVIZIO DEL MONDO»
L’affermazione (il «servizio del mondo») è carica di ambiguità e, se non è chiarita, può alla lunga provocare una visione distorta dell’impegno cristiano. Gli equivoci possibili sono due: sul concetto di «mondo» e sul dovere del «servizio».
Per «mondo» qui si può intendere solo l’umanità che – dolorante, sviata, senza luce – è in attesa della salvezza. Non certo il «mondo» per il quale il Signore non ha pregato e che noi dalla parola di Dio siamo invitati a odiare; della cui oscura esistenza non dobbiamo mai dimenticarci.
E il «servizio» più urgente e necessario che può essere reso agli uomini decaduti e infelici è l’annuncio del Salvatore e del progetto d’amore che il Padre ha pensato per noi: questa è la vera «promozione umana», che poi diventa la molla propulsiva di ogni altro «progresso» nel benessere, nella pace sociale, nella giustizia terrena.
Va anche detto che l’unico a dover essere propriamente servito da noi è il Figlio di Dio , Gesù Cristo. «Ci sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore» (1 Cor 12,5). Nessun altro può essere riconosciuto come padrone.
Vero è che l’unico nostro Signore si è fatto «servo» di tutti: e noi, se vogliamo veramente e concretamente servirlo, dobbiamo servirlo anche associandoci a lui in questo servizio degli altri e attendendo dunque alle necessità reali di tutti.
(…) Noi, servi di Cristo, diventiamo in lui servi degli uomini; ma non per questo siamo tenuti a dare agli uomini sempre ciò che a loro piace o che da noi essi si aspettano. Noi abbiamo il dovere di servirli secondo la volontà e le decisioni dell’unico vero Signore, che si è fatto loro servo, cioè si è posto al servizio della loro vera felicità. A lui e a nessun altro renderemo conto un giorno di tutte le nostre azioni.

5 commenti:

  1. Semplice , efficace , intelligente , sempre al passo coi tempi senza complessi di sudditanza verso il mondo

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  2. Io mi chiedo come mai: Se Lui, Ottaviani, Siri e gli altri Cardinali e Vescovi che avevano compreso dopo pochi anni il concilio vaticano II che tutto nella Chiesa stava cambiando in peggio, avendo anche assistito allo scempio dei modernisti e dei massoni riguardo alla riforma della Messa. Perché non hanno avuto il Coraggio che ha avuto Mons. Lefebvre , e non l'hanno imitato nel "martirio".
    Forse, noi fedeli alla Chiesa Cattolica, fino al 2007 non avremmo dovuto fare centinaia di KM se non molti di più per trovare un sacerdote che celebrava la Santa Messa di sempre secondo il Vetus Ordo
    Forse un pochino don abbondio lo sono stati anche loro.
    Perdonate lo sfogo, ma il dopo concilio me lo ricordo molto bene.

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  3. Caro Anonimo, questa domanda me la sono posta spesso anch'io. Perché Siri non tenne duro anziché rinunciare all'elezione? perché, anche se subì minacce? così mi chiedo anche perché questi cardinali che lei cita (e forse qualche altro, ma sempre pochissimi) non si opposero, andando a dar man forte a Mons. Léfèbvre? paura dello scisma? ma non è peggio l'esser proni a dittatori rivoluzionari, traditori di Cristo e uccisori di milioni di anime (spiritualmente parlando)? purtroppo sono domande destinate a rimanere per sempre senza risposta, oppure forse la risposta ce la ha fornita il card Pell, dicendo che adesso tocca ai laici combattere la buona battaglia (e loro, cosa fanno nel frattempo?).

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    1. Nell'utimo numero di Chiesa Viva c'è un lungo articolo dove in sintesi si afferma che Siri è stato costretto a rinunciare per le pressioni delle logge e per la minaccia di distruggere Roma con una bomba atomica...
      Distrutta Roma sarebbe scomparsa la Chiesa visibile e quindi non più papi...

      A me sembra una bufala perché sarebbe venuta meno la fede in NSGC!

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  4. Dal 1970 quando ebbe inizio la riforma liturgica e lo scempio della Santa Messa di sempre. In poco meno di dieci anni , in tantissime chiese si assisteva alla demolizione di altari ,balaustre ,pulpiti, sostituiti da "arredi" che con il sacro a volte non avevano nulla a che fare . Nella Chiesa Cattolica una cosa simile e in un così breve spazio di tempo non si era mai vista.
    Questi Cardinali forse pensavano che nel momento in cui tutta questa bufera fosse passata, loro erano li, pronti a ricostruire tutto. Ma non é andata cosi. Loro sono morti e tutto é peggiorato, soprattutto la liturgia.
    E cosi siamo arrivati a bergoglio, il quale nel 1970.,ricordiamoci era solo un giovane pretino della nuova chiesa cattocomunistamassonica.
    Che Gesù ci aiuti.

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