‘Galantino non si tocca, il Papa lo vuole lì’. Il retroscena dopo l’attacco al governo sui migranti
PIÙ un cartellino giallo che rosso. L'affondo del segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, sul governo «del tutto assente» in materia d’immigrazione ha creato qualche imbarazzo in Segreteria di Stato vaticana. Voci interne alla Santa Sede raccontano che alla terza loggia del Palazzo apostolico in tanti hanno storto il naso rispetto ai toni, più che ai contenuti, dell’intervista rilasciata a Famiglia cristiana dall’ex vescovo di Cassano allo Jonio.
La prudenza e l’impegno a mantenere o costruire ex novo buoni rapporti con le istituzioni pubbliche è quel che ha contraddistinto e definisce l’operato del cardinale Pietro Parolin, attuale ‘primo ministro’ dentro le mura leonine. Lo dimostrano il suo lascito da nunzio apostolico in Venezuela, dove giocò un ruolo decisivo nella ripresa dei contatti fra Cuba e Stati Uniti, e gli evidenti progressi nei rapporti Pechino-Santa Sede. Di contro Galantino ha uno stile schietto, tutt’altro che felpato. Più affine al linguaggio della politica che al lessico diplomatico. Parolin e Galantino, difficile trovare due caratteri più diversi.
«STUPIDAGGINI che scrivono i giornali». Così la Sala stampa vaticana bolla le indiscrezioni secondo cui il numero due della Cei rischierebbe il siluramento. «Don Nunzio parla a nome del Papa che a sorpresa l’ha voluto in quel ruolo –ricorda un’autorevole fonte interna alla Cei –. E non c’è stata alcuna pressione del Vaticano, perché Famiglia cristiana ingranasse la retromarcia sull’intervista come poi è successo». Resta il fatto che, almeno formalmente i rapporti fra Chiesa e Stato italiano sono regolati dal Concordato, sottoscritto dalla Santa Sede, non dalla Cei. E si sa quanto ciò abbia creato tensioni nel 2007 fra i cardinali Tarcisio Bertone e Angelo Bagnasco.
«IL PAPA – continua la fonte – due anni fa ha lasciato a noi vescovi il confronto con la politica. Non c’è nessun contrasto... Piuttosto in qualche ambiente ecclesiale, e non sono i soliti ruiniani, serpeggia un certo disagio per il cambio di organizzazione interna al nostro episcopato». Ovvero? «Prima il presidente governava la Cei e il segretario eseguiva, oggi è quest’ultimo a tenere saldo il timone, mentre il primo gioca un ruolo più di rappresentanza». E, anche se è il Papa «che ha voluto questa nuova situazione, inevitabilmente ora Galantino si è fatto più di un avversario». Ma è vero che Bergoglio settimana prossima lo convocherà «Come sempre... Si vedono ogni settimana».
Twitter: panettiereg25
<GALANTINO NON SI TOCCA, IL PAPA LO VUOLE LI'>
Articolo pubblicato sul Qn (il Giorno, la Nazione, il Resto del Carlino), edizione del 15 agosto 2015
Articolo pubblicato sul Qn (il Giorno, la Nazione, il Resto del Carlino), edizione del 15 agosto 2015
Giovanni Panettiere ROMA
BUSINESS IMMIGRAZIONE
La Chiesa vuole accreditarsi come mediatrice sociale e politica tra l’Islam e le nazioni in cui gli islamici arrivano in massa; le sue organizzazioni incassano dal contribuente circa 40 euro al giorno per ogni immigrato di Marco Della Luna
http://www.ilcorrieredelleregioni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=6452:francesco-salvini-e-limmigrazione&catid=114:civiltaoccidentale&Itemid=145
FRANCESCO, SALVINI E L’IMMIGRAZIONE
di
Marco Della Luna
Le recenti dichiarazioni del Vescovo Galantino, ossia che lo Stato non starebbe facendo il suo dovere per gli immigranti, vanno a corroborare la spiegazione del favore della Chiesa verso l’immigrazione di massa data dal prof. Manlio Graziano, autorevole accademico della Sorbona, nel suo saggio Guerra Santa e Santa Alleanza.
Graziano dice che questo favore fa parte di una precisa strategia: la Chiesa romana, e particolarmente papa Bergoglio, puntano a sovraccaricare di immigrati le già fragili e oberate risorse della pubblica assistenza italiana, al fine di portale al collasso e così potersi proporre come unica forza capace di gestire il problema non solo degli immigrati ma anche degli italiani impoveriti e disoccupati dalle politiche economico-finanziarie degli ultimi decenni. La Chiesa romana mira quindi, secondo Graziano, a replicare in Italia la strategia vincente dei movimenti religiosi fondamentalisti che, nei paesi islamici (per es., i Fratelli Musulmani in Egitto), hanno acquisito potere politico assumendo la gestione dei problemi sociali, ossia sostituendosi allo Stato, che non riusciva più a sopperire ai bisogni crescenti posti dall’inurbamento massiccio, dal rapido incremento demografico, della crescente disoccupazione.
Una strategia di potere, cinica e machiavellica, insomma, in oggettiva conformità a quelle tipiche della storia dei papi e della Chiesa romana, come pure della politica gesuitica (gesuita era anche san Francesco Saverio, di cui l’attuale pontefice ha scelto il nome).
La partitocrazia romana ha fiutato prontamente questa strategia che la insidia da vicino, sicché il suo esponente Angiolino Alfano, ministro degli interni, ha replicato fermamente a Galantino, marcando il confine tra i compiti dello Stato e quelli della Chiesa. I vertici di quest’ultima hanno capito che si erano esposti troppo presto, che nella fretta rischiavano di tradirsi agli occhi dell’opinione pubblica, e hanno ritrattato le parole dell’impaziente vescovo.
La spiegazione del prof. Graziano, che Salvini farebbe bene a divulgare, oltre ad essere ulteriormente confermata da questi ultimi fatti, risolve l’apparente paradosso di una Chiesa cristiana che favorisce l’afflusso in Italia di un gran numero di immigrati perlopiù islamici: anche gli islamici servono alla strategia di potere suddescritta, anzi sono più utili degli immigrati cristiani, perché apportano maggiori problemi di accoglienza e gestione. La Chiesa vuole accreditarsi come mediatrice sociale, morale e politica tra l’Islam e le nazioni in cui gli islamici arrivano in massa.
Ad ogni modo, oltre al fattore suddetto, pesa sempre il motivo economico: le organizzazioni legate alla Chiesa romana incassano dal contribuente circa 40 euro al giorno per ogni immigrato; e questi soldi probabilmente rimangono loro come utile netto,
-sia perché esse, da soggetti privati e da enti pubblici, ricevono donazioni e liberalità in denaro e in natura, anche immobiliari, che coprono le spese di vitto e alloggio;
-sia perché non si controlla seriamente quanti degli immigrati accolti rimangano effettivamente nella struttura, quindi esse rischiano di ricevere il contributo anche per coloro che se ne sono andati (qualcosa del genere l’ho visto personalmente con altri tipi di ospiti);
-sia perché le onlus e le associazioni non subiscono reali controlli contabili e ancor meno degli effettivi movimenti bancari, sicché possono praticamente fare tutti i rigiri di denaro che vogliono, realizzando e distribuendo utili in nero.
Naturalmente, queste opportunità di lucro valgono anche per onlus e associazioni non legate al clero ma ai partiti politici (v. Mafia Capitale).
In un recente sondaggio di Sky Tv, eseguito durante il dibattito sulle dichiarazioni del vescovo Galantino, la linea vaticana sull’immigrazione perde del 15% circa rispetto alla linea contraria ad essa. Sembra che la maggior parte degli italiani non creda più alla narrazione accoglientista del problema migratorio – forse perché questa narrazione viene fatta con un linguaggio moralistico e politically correct, che l’opinione pubblica, dopo molte esperienze, ha ormai imparato ad associare alle menzogne e alle fregature.
Marco Della Luna
Marco Della Luna, mantovano nato nel 1958 è avvocato e saggista, studioso di politica economica, laureato in giurisprudenza e psicologia, esercita da anni la professione forense. Autore di numerosi articoli e pubblicazioni è studioso di strumenti psicologici, economici e giuridici di dominazione sociale e delle religioni. Tra le numerose e apprezzate pubblicazioni ricordiamo: Storie di Bimbi magici (Padova 1999), Il Codice di Maya (2007), Le Chiavi del Potere (Koinè 2003), Cimiteuro, Polli da Spennare (Nexus 2008), Neuroschiavi, Amore indolore scritto con Rebecca Rehl, Basta con questa Italia, La Moneta Copernicana, Traditori al Governo? (Arianna Editrice 2013) Oligarchia per Popoli Superflui e il mitico Euroschiavi scritto con Antonio Miclavez vera pietra miliare sull'argomento signoraggio. Marco Della Luna si è fatto conoscere ed apprezzare oltre che in Italia, anche a livello internazionale partecipando a conferenze, meeting, trasmissioni televisive e radiofoniche.
Fonte: http://marcodellaluna.info/sito/ del 16 Agosto 2015
IL FOLLE PROGETTO IUS SOLI
Folle progetto di sostituzione della popolazione europea con quella africana. Il Paese sta andando a rotoli i dati sul Pil certificano il fallimento dell’esecutivo che come priorità ha far diventare italiani tutti gli immigrati
Calderoli:
Folle progetto di sostituzione della popolazione europea con quella africana
“Il Paese sta andando a rotoli, nonostante le balle raccontate da Renzi i dati di tutti gli indicatori, non ultimo quello odierno sul Pil, certificano senza ombra di dubbio il fallimento dell’esecutivo, ma in questa tragica situazione qual è la priorità secondo il Pd? Come ci spiega oggi il quotidiano ‘l’Unità’, per il partito del premier la cosa più importante da fare è approvare entro settembre lo ius soli, per far diventare italiani tutti gli immigrati (clandestini e non, senza differenza) che nascono sul territorio nazionale”. Lo scrive su Facebook Roberto Calderoli, della Lega, vicepresidente del Senato.
“Il folle progetto di sostituzione della popolazione europea con quella africana -aggiunge Calderoli- ha trovato terreno fertile in Italia, grazie a un governo che ha ridotto in schiavitù i nostri connazionali per offrire un soggiorno a 5 stelle a tutti coloro che oltrepassano illegalmente i nostri confini. Non credano però di farla franca troppo facilmente: così come stiamo impedendo il furto di democrazia che vogliono far passare come riforma del Senato, noi della Lega faremo di tutto per impedire che si compia questa ennesima follia, e di sicuro non lasceremo dormire sonni tranquilli all’inquilino abusivo di Palazzo Chigi”.
Fonte: Adnkronos e http://www.imolaoggi.it/2015/08/15/calderoli-folle-progetto-di-sostituzione-della-popolazione-europea-con-quella-africana/ del 15/08/15 in redazione il 17 Agosto 2015
IL RITRATTO
Monsignor Galantino, chi è il "Boldrini della Cei", un alieno in Vaticano poco amato da vescovi e fedeli
«Galantino chi?». Questo pensiero è balenato nella mente di parecchi italiani nei giorni scorsi. O almeno nelle teste di quanti si sono premurati di andare oltre titoli tonanti tipo «La Cei contro la Lega» o «I vescovi contro Salvini». In realtà, il vescovo che - dalle pagine di Famiglia Cristiana - rifilava sganassoni a destra e a manca a proposito di immigrazione era uno solo: monsignor Nunzio Galantino, «numero due» della Conferenza episcopale italiana, di cui è «segretario generale». Incarico che ha sapore di altri tempi, di Cgil e di Pci, e un pochino gli si addice. Eppure, nonostante i gradi sulla tonaca, il suo nome fino a poche ore fa suscitava più che altro una sconcertante sensazione di vuoto pneumatico, persino fra coloro che sono più addentro alle faccende curiali.
Chi diamine fosse monsignor Galantino se lo sono domandati - in privato ma anche su Facebook - parecchi cattolici quando lessero una delle sue prime interviste esplosive sul Quotidiano Nazionale. «Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche che praticano l’interruzione della gravidanza», disse il prelato, con il garbo di un bisonte che ballasse il tip tap in una rivendita di porcellane. Com’è facile intuire, quanti si erano impegnati nelle campagne «pro vita» non la presero bene. Sia per i contenuti sia per il tono, inusuale per un sacerdote in quella posizione. La domanda restava: chi è Galantino e chi gli consente di parlare così?
Nunzio Galantino è nato a Cerignola (Foggia) il 16 agosto del 1948 (il compleanno si avvicina: auguri, monsignore). Studi in seminario, poi la laurea in Filosofia a Bari con una tesi sul teologo Dietrich Bonhoeffer. Abilitazione all’insegnamento alle superiori, quindi la facoltà teologica e una carriera ecclesiastica nemmeno troppo straordinaria. Nel 2008 è diventato responsabile del Servizio nazionale per gli Studi superiori di Teologia e di Scienze religiose della Cei, e sembrava il massimo raggiungibile sul piano accademico. Nel 2011, fu ordinato vescovo di Cassano all’Jonio, minuscola diocesi in provincia di Cosenza. Non proprio la serie A dei prelati, diciamo così. Una lega minore, tranquilla, da cui non ci si aspetta certo di guadagnare la maglia della nazionale. E invece...
Invece è arrivato Bergoglio. Deciso a passare la ramazza in curia, papa Francesco si è messo a cercare «pastori» che avessero dimestichezza con le «pecorelle». Galantino sembrava perfetto. A Cassano viveva in seminario, senza particolari lussi. Invitava il suo gregge a chiamarlo «Don Nunzio», come un prete di campagna. Era fatta: il 28 dicembre 2013 il pontefice lo ha nominato segretario generale ad interim della Cei, e il 25 marzo del 2014 lo ha confermato per cinque anni.
Se Galantino parla come parla e sfoggia certi toni, è perché il papa lo ha scelto personalmente. E di questo rapporto «Don Nunzio» fa gran vanto. Ci tiene a far passare l’idea che lui sia una sorta di «portavoce» di Bergoglio, l’uomo della svolta dopo l’era di Ruini, un sacerdote del popolo in opposizione alle oligarchie. A partire dal suo diretto superiore, il presidente della Cei cardinale Angelo Bagnasco. Il quale, all’esuberante sottoposto, ha sempre reagito con contegno. Se non proprio con il silenzio, ad esempio dopo le polemiche contro la Lega. Dal capo dei vescovi non si è levata una voce. Ma nemmeno gli altri prelati si sono scapicollati a difendere Galantino. Attorno a lui si percepisce una certa freddezza. Ovvio, si dirà: è lo sdegno del clero aristocratico verso l’uomo che ci ha tenuto a far sapere che non avrebbe preso dimora fissa a Roma, ma avrebbe fatto «il pendolare» dalla Calabria.
Beh, ci sarà anche un po’ di fastidio per il parvenu che rompe le trame nel paniere vaticano. Ma pare molto più diffusa l’idea che «Don Nunzio» sia uno che non si rende ben conto della posizione ricoperta. E parla in libertà facendosi scudo del rapporto con Francesco (chissà quanto forte, in verità). Lo dimostra il fatto che Galantino si smentisce da solo. Prima di recarsi in visita al Parlamento europeo, ha usato parole ruvide per opporsi ai «vecchi collateralismi con candidati, con partiti o con movimenti politici». Poi ha dichiarato: «Noi cristiani, sacerdoti e laici, dobbiamo dare un forte contributo per evitare gli eccessi, le divisioni, i rancori nelle nostre comunità». Per fortuna. Non c’è esternazione del segretario che non abbia creato scompiglio. Dopo il referendum in Irlanda sui matrimoni gay, disse che «la risposta non può essere quella dell’arroccamento», e subito si guadagnò un invito nel salotto di Fabio Fazio, dove Massimo Gramellini tentò di farne un santino dell’apertura mentale. Parlando di islam, criticò quanti «paventano addirittura un’Europa già conquistata» e pose sostanzialmente sullo stesso piano il «fondamentalismo occidentale» di chi rifiuta a priori il dialogo con l’islam e il fondamentalismo dello Stato islamico. Pure il Corriere gli rispose per le rime. Nunzio replicò con un peana dedicato ai palestinesi. Poi, Galantino si è dedicato a gettare bombette fra i cattolici. Sempre in materia di «difesa della vita», disse alla rivista Il Regno che a lasciarlo perplesso erano «gli atteggiamenti di violenza, anche verbale, con i quali si difendono i valori». Alle parole, sono seguiti i fatti. Come riportano molte voci di area cattolica, Galantino si oppose in tutti i modi alla mobilitazione del 20 giugno dei cosiddetti «no gender». Non gli riuscì d’impedirla, potè però smussarne i toni. Fu comunque un successo di partecipazione, come ribadirono i promotori, secondo cui ci furono «un milione» di aderenti.
Alla gran parte di essi, suonò strano che Galantino si mettesse di traverso: dopo tutto, fu proprio la Cei a farsi promotrice dei primi Family Day. Una spiegazione la dà il sito cattolico La Bussola quotidiana, secondo cui Galantino intende frenare tutte le azioni contro il ddl Cirinnà sull’insegnamento del «gender» nelle scuole. Il sito riferisce pure di «una cena riservata che Galantino avrebbe avuto con la parlamentare Monica Cirinnà». Cena smentita dal diretto interessato, ma confermata da molti sottovoce. In sostanza, sarebbe l’uomo dell’accordo col governo: in cambio di un atteggiamento morbido sulle scuole paritarie (Imu e finanziamenti), metterà il freno ai cattolici sui diritti civili. Secondo la Bussola, avrebbe imposto ai media di area di «oscurare» la manifestazione del 20 giugno. Operazione riuscita: un articolo di taglio su Avvenire, silenzio su Tv2000 (da cui Dino Boffo fu rimosso poco dopo l’arrivo di Nunzio).
Ecco perché, nonostante le smentite, l’opinione diffusa fra i bene informati è che le frasi sull’immigrazione Galantino le abbia dette così come sono apparse su Famiglia Cristiana. Vuol essere più papista del papa, a costo di ritrovarsi isolato nella Chiesa. Se Francesco dice dieci, lui spara mille. Dimentico della frase di Bonhoeffer che campeggia sul suo sito: «Non dobbiamo proporci l’impossibile». Un invito alla modestia, che Nunzio ha puntualmente disatteso.
di Francesco Borgonovo
http://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/11820142/Monsignor-Galantino--chi-e-il.html
Chi diamine fosse monsignor Galantino se lo sono domandati - in privato ma anche su Facebook - parecchi cattolici quando lessero una delle sue prime interviste esplosive sul Quotidiano Nazionale. «Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche che praticano l’interruzione della gravidanza», disse il prelato, con il garbo di un bisonte che ballasse il tip tap in una rivendita di porcellane. Com’è facile intuire, quanti si erano impegnati nelle campagne «pro vita» non la presero bene. Sia per i contenuti sia per il tono, inusuale per un sacerdote in quella posizione. La domanda restava: chi è Galantino e chi gli consente di parlare così?
Nunzio Galantino è nato a Cerignola (Foggia) il 16 agosto del 1948 (il compleanno si avvicina: auguri, monsignore). Studi in seminario, poi la laurea in Filosofia a Bari con una tesi sul teologo Dietrich Bonhoeffer. Abilitazione all’insegnamento alle superiori, quindi la facoltà teologica e una carriera ecclesiastica nemmeno troppo straordinaria. Nel 2008 è diventato responsabile del Servizio nazionale per gli Studi superiori di Teologia e di Scienze religiose della Cei, e sembrava il massimo raggiungibile sul piano accademico. Nel 2011, fu ordinato vescovo di Cassano all’Jonio, minuscola diocesi in provincia di Cosenza. Non proprio la serie A dei prelati, diciamo così. Una lega minore, tranquilla, da cui non ci si aspetta certo di guadagnare la maglia della nazionale. E invece...
Invece è arrivato Bergoglio. Deciso a passare la ramazza in curia, papa Francesco si è messo a cercare «pastori» che avessero dimestichezza con le «pecorelle». Galantino sembrava perfetto. A Cassano viveva in seminario, senza particolari lussi. Invitava il suo gregge a chiamarlo «Don Nunzio», come un prete di campagna. Era fatta: il 28 dicembre 2013 il pontefice lo ha nominato segretario generale ad interim della Cei, e il 25 marzo del 2014 lo ha confermato per cinque anni.
Se Galantino parla come parla e sfoggia certi toni, è perché il papa lo ha scelto personalmente. E di questo rapporto «Don Nunzio» fa gran vanto. Ci tiene a far passare l’idea che lui sia una sorta di «portavoce» di Bergoglio, l’uomo della svolta dopo l’era di Ruini, un sacerdote del popolo in opposizione alle oligarchie. A partire dal suo diretto superiore, il presidente della Cei cardinale Angelo Bagnasco. Il quale, all’esuberante sottoposto, ha sempre reagito con contegno. Se non proprio con il silenzio, ad esempio dopo le polemiche contro la Lega. Dal capo dei vescovi non si è levata una voce. Ma nemmeno gli altri prelati si sono scapicollati a difendere Galantino. Attorno a lui si percepisce una certa freddezza. Ovvio, si dirà: è lo sdegno del clero aristocratico verso l’uomo che ci ha tenuto a far sapere che non avrebbe preso dimora fissa a Roma, ma avrebbe fatto «il pendolare» dalla Calabria.
Beh, ci sarà anche un po’ di fastidio per il parvenu che rompe le trame nel paniere vaticano. Ma pare molto più diffusa l’idea che «Don Nunzio» sia uno che non si rende ben conto della posizione ricoperta. E parla in libertà facendosi scudo del rapporto con Francesco (chissà quanto forte, in verità). Lo dimostra il fatto che Galantino si smentisce da solo. Prima di recarsi in visita al Parlamento europeo, ha usato parole ruvide per opporsi ai «vecchi collateralismi con candidati, con partiti o con movimenti politici». Poi ha dichiarato: «Noi cristiani, sacerdoti e laici, dobbiamo dare un forte contributo per evitare gli eccessi, le divisioni, i rancori nelle nostre comunità». Per fortuna. Non c’è esternazione del segretario che non abbia creato scompiglio. Dopo il referendum in Irlanda sui matrimoni gay, disse che «la risposta non può essere quella dell’arroccamento», e subito si guadagnò un invito nel salotto di Fabio Fazio, dove Massimo Gramellini tentò di farne un santino dell’apertura mentale. Parlando di islam, criticò quanti «paventano addirittura un’Europa già conquistata» e pose sostanzialmente sullo stesso piano il «fondamentalismo occidentale» di chi rifiuta a priori il dialogo con l’islam e il fondamentalismo dello Stato islamico. Pure il Corriere gli rispose per le rime. Nunzio replicò con un peana dedicato ai palestinesi. Poi, Galantino si è dedicato a gettare bombette fra i cattolici. Sempre in materia di «difesa della vita», disse alla rivista Il Regno che a lasciarlo perplesso erano «gli atteggiamenti di violenza, anche verbale, con i quali si difendono i valori». Alle parole, sono seguiti i fatti. Come riportano molte voci di area cattolica, Galantino si oppose in tutti i modi alla mobilitazione del 20 giugno dei cosiddetti «no gender». Non gli riuscì d’impedirla, potè però smussarne i toni. Fu comunque un successo di partecipazione, come ribadirono i promotori, secondo cui ci furono «un milione» di aderenti.
Alla gran parte di essi, suonò strano che Galantino si mettesse di traverso: dopo tutto, fu proprio la Cei a farsi promotrice dei primi Family Day. Una spiegazione la dà il sito cattolico La Bussola quotidiana, secondo cui Galantino intende frenare tutte le azioni contro il ddl Cirinnà sull’insegnamento del «gender» nelle scuole. Il sito riferisce pure di «una cena riservata che Galantino avrebbe avuto con la parlamentare Monica Cirinnà». Cena smentita dal diretto interessato, ma confermata da molti sottovoce. In sostanza, sarebbe l’uomo dell’accordo col governo: in cambio di un atteggiamento morbido sulle scuole paritarie (Imu e finanziamenti), metterà il freno ai cattolici sui diritti civili. Secondo la Bussola, avrebbe imposto ai media di area di «oscurare» la manifestazione del 20 giugno. Operazione riuscita: un articolo di taglio su Avvenire, silenzio su Tv2000 (da cui Dino Boffo fu rimosso poco dopo l’arrivo di Nunzio).
Ecco perché, nonostante le smentite, l’opinione diffusa fra i bene informati è che le frasi sull’immigrazione Galantino le abbia dette così come sono apparse su Famiglia Cristiana. Vuol essere più papista del papa, a costo di ritrovarsi isolato nella Chiesa. Se Francesco dice dieci, lui spara mille. Dimentico della frase di Bonhoeffer che campeggia sul suo sito: «Non dobbiamo proporci l’impossibile». Un invito alla modestia, che Nunzio ha puntualmente disatteso.
di Francesco Borgonovo
http://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/11820142/Monsignor-Galantino--chi-e-il.html
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