ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 11 agosto 2015

Taca banda!

«Anche noi siamo Chiesa!»

A ottobre si terrà il Sinodo ordinario sulla famiglia
(©LaPresse)
(©LAPRESSE) A OTTOBRE SI TERRÀ IL SINODO ORDINARIO SULLA FAMIGLIA

Il vaticanista Aldo Maria Valli intervista diverse coppie di «irregolari» sui temi del Sinodo 

«Sarebbe bello se la Chiesa riuscisse davvero a creare armonia tra il Vangelo, il magistero e la vita concreta delle persone. Spesso sentiamo dire che eventuali cambiamenti finirebbero per minare alla base il sacramento del matrimonio, così come quelli dell’eucaristia e della penitenza. Ci si dimentica però del fatto che anche l’attuale dottrina sui risposati introduce interrogativi irrisolti».
Cosa li fa soffrire di più? «L’incomprensione dei ministri di Dio per il nostro cammino, l’idea che ci considerino cristiani di serie b. Non considerano che ci sono dei processi di maturazione, di ascesi, di avvicinamento a Dio che aprono gli occhi e l’anima a nuovi orizzonti».

Gianfranco e Raffaella, Maurizio ed Elena sono due delle tante coppie di «irregolari» intervistate da Aldo Maria Valli, vaticanista del Tg1 Rai le cui risposte confluiscono in quello che definisce un «mosaico multicolore» segno della diversità e complessità delle situazioni solo fino a pochi anni fa inedite.

«Irregolari» perché questo è il termine ufficiale dei documenti della Chiesa: di «situazione difficile o irregolare» parla, per esempio, il direttorio di pastorale familiare della Cei (1993) o la Familiaris Consortio di papa Giovanni Paolo II (1981)… eppure l’aggettivo sembra essere dimenticato dalla Relatio Synodi che preferisce associare loro il concetto di «fragilità». Al di là dell’aspetto linguistico, un cambiamento di non poco conto nel giro di pochi anni per allontanare definitivamente ogni rischio di emarginazione o discriminazione, tanto meno scomuniche, come ricordato da papa Francesco nella prima udienza del mese di agosto.

Se, almeno nei termini, sembrano riacquistare dignità all’interno della comunità ecclesiale tutte quelle situazioni prima accomunate dall’irregolarità – divorziati-risposati, conviventi, sposati con rito civile, relazioni fra persone dello stesso sesso – non viene meno la sofferenza vissuta e testimoniata da alcune parole-chiave che ricorrono nelle risposte o restano sullo sfondo dei discorsi. Innanzitutto la fede, spesso forte e appassionata capace di riannodare i fili spezzati di un’esistenza che ha visto fallire, talvolta in maniera incolpevole, il proprio progetto: una fede non individuale, ma che chiede di far parte di una comunità, pur vivendo, di fatto, il dramma di un’esclusione.

Poi il dolore: non una generica sofferenza, un dolore lancinante per un fallimento di quella vita a due, voluta e sognata (la psicologia interpreta il divorzio come la più grande tragedia seconda solo alla morte del coniuge), ma anche il dolore e la disperazione per un’ingiusta discriminazione nei confronti di una scelta  - per esempio quella di un matrimonio civile - che pure viene ritenuta legittima e motivata, tutt’altro che fonte di esclusione e disagio («perché mai un tipo di unione, solo per il fatto di essere conformata a una norma, dovrebbe essere considerata di qualità superiore?» dicono Giovanni ed Elisabetta, coppia di fatto).

Sono pagine, quelle tracciate dalle interviste di Valli, che aprono un panorama spesso solo sfiorato da quanti, anche all’interno delle nostre comunità parrocchiali, forse preferiscono non conoscere, non condividere il dolore dei fratelli, ma che non può essere ignorato in una Chiesa chiamata a lenire le ferite con l’olio della misericordia evangelica.

Di qui la speranza che permea il testo: la speranza di essere ascoltati e accolti e ricevere una «buona notizia», anche per i figli che pagano errori non commessi, per uscire finalmente da quel «cono d’ombra» dove sono stati relegati per troppi anni. E spesso una fiammella, timida, tuttavia rassicurante, esiste già e rischiara il buio: l’accompagnamento discreto ed empatico di un prete che si fa carico di mostrare il volto accogliente di una Chiesa che annuncia l’amore del Padre che ama tutti i suoi figli con una predilezione per gli ultimi, quanti «hanno bisogno del medico».

Tra le righe la voce di Massimo a un convegno promosso dalla diocesi di Trento per ascoltare la voce dei «fratelli divorziati»: «Non chiediamo di essere accolti, ma abbiamo bisogno che la Chiesa si accorga che noi ne facciamo già parte».

Aldo Maria Valli, «Chiesa ascoltaci! Gli “irregolari” credenti si rivolgono al Sinodo», Editrice Ancora, 2015, pp. 160, euro 15.

MARIA TERESA PONTARA PEDERIVA
TRENTO
http://vaticaninsider.lastampa.it/recensioni/dettaglio-articolo/articolo/sinodo-famiglia-42765/

San Pio e san Leopoldo «confessori» del Giubileo della Misericordia

San Pio da Pietrelcina
(©LaPresse)
(©LAPRESSE) SAN PIO DA PIETRELCINA

Prima parte di un’analisi del giornalista teologo Gennari sull’«inattesa notizia» dell'ostensione dei due corpi

GIOVANNI GENNARIROMA

«Sarà probabilmente uno degli eventi più partecipati del prossimo Anno santo della Misericordia l'ostensione dei corpi di padre Pio e dell'altro santo cappuccino Leopoldo Mandic, decisa da papa Francesco per sottolineare l'importanza del ministero del confessore. I due religiosi cappuccini, infatti, avevano file interminabili di fedeli davanti ai loro confessionali, ma certamente saranno di molto superiori, davvero chilometriche, quelle per entrare in San Pietro dal 10 febbraio prossimo, Mercoledì delle Ceneri, data d'inizio dell'ostensione». Così l’Huffington Post, nota fonte di sicuro «laica», ma non smentita. Dunque Francesco in occasione del Giubileo della Misericordia offrirà ai cattolici l’esempio di due «confessori», nel senso proprio di coloro che hanno amministrato per gran parte della loro vita il sacramento della penitenza, san Pio e san Leopoldo Mandic. Quest’ultimo passava anche 16 ore al giorno nella sua celletta-confessionale, nel Convento di Padova che ora è suo Santuario.

San Pio da Pietrelcina è arcinoto. Non si può dire lo stesso di padre Leopoldo Mandic, che però papa Francesco ha voluto insieme al Santo delle stimmate e della lunga diatriba anche interna alla Chiesa prima di essere definitivamente indicato come Santo, da Giovanni Paolo II. Ciò non era un fatto scontato, viste le difficoltà che padre Pio aveva incontrato anche presso le autorità vaticane quasi per tutta la sua vita, per tante ragioni di carattere generale e anche di singolarità del tutto sua.

La Chiesa ha sempre avuto tempi lunghi per riconoscere fenomeni strani, pur osservati e testimoniati da tanti, quando si tratta del problema della soprannaturalità di essi. Per san Pio, poi, si verificarono anche intrecci con faccende nelle quali egli non aveva alcuna colpa, ma erano in ballo anche problemi di interessi giganteschi, come affari di banche nelle quali entravano anche interessi di diocesi e di ordini religiosi, come accadde a cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60, che aggiunsero alle diffidenze del passato, sotto Pio XI e successori alternati singolarmente con pro e contro: Pio XI contro, Pio XII pro, Papa Giovanni contro (anche se non fu del tutto vero, ma dipese da informazioni scorrette fatte giungere fino al Papa), Paolo VI pro…

In particolare ebbero difficoltà anche i gruppi di preghiera dei devoti di padre Pio nelle diocesi del Veneto: l’arcivescovo di Padova, monsignor Girolamo Bortignon, cappuccino anche lui, fu molto severo con i seguaci del Confratello Cappuccino, e ci furono episodi di scontri fortissimi. Un solo esempio: nella cittadina di Montagnana un viceparroco di grande energia, don Giuseppe C., a metà anni ’50, alla richiesta di Giovanni Scarparo, un devoto di Montagnana, in provincia di Padova, di benedire i locali ove si svolgevano le preghiere del gruppo padre Pio, rispose alla lettera così in dialetto: «Se el me chiede de benedire el so’ mascio (il suo maiale) lo fasso volentieri, ma quel locale mai!».

Ormai sono cose passate, e a parte qualche rimestatura polemica, di qualcuno che cerca di vedere ombre dove finalmente sono rimaste sicure soltanto le luci, san Pio da Pietrelcina è noto a tutti, e non sorprende il fatto che Francesco, attento alla modernità come pochi, ma contemporaneamente solido sulla base dell’autentica religiosità popolare, lo abbia scelto anche come testimone del prossimo Giubileo, più di ogni altro dedicato esplicitamente alla Misericordia: «Dio perdona sempre – una delle sue consuete affermazioni forti – mentre noi qualche volta ci dimentichiamo di chiederGli perdono».

Diversa è la vicenda, e la vita, e la missione di san Leopoldo Mandic. Ma di grande interesse, e ancora forse poco nota al di là dei confini dei devoti, la sua figura minuta – era alto poco più di un metro e 40 – vale la pena di conoscerla. Tra l’altro, e come a sorpresa, risulta che ancora nei primi decenni del secolo scorso egli è stato un apostolo dell’unità delle Chiese, e il problema ecumenico è stato un tema cui ha dedicato molta della sua preghiera e della sua attività di apostolo della misericordia e del perdono senza limiti.

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