ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 12 settembre 2015

Quale papa è cattolico ?

Dopo 2000 anni il divorzio viene imposto nella Chiesa. (di Antonio Socci )
“Newsweek” ha messo in copertina Bergoglio e questo titolo: “Il papa è cattolico?”. Sottotitolo: “Naturalmente sì. Ma non lo diresti stando a ciò che si legge sulla stampa”.
In effetti è lecita la domanda, visto che il papa argentino va a pregare alla Moschea e dichiara nell’intervista a Scalfari: “non esiste un Dio cattolico”.

Dentro la Chiesa la preoccupazione si è ingigantita dopo l’8 settembre scorso. Infatti, con i due Motu proprio sulla nullità matrimoniale, abbiamo un atto ufficiale del magistero di Bergoglio dove – secondo autorevoli pareri – si esce dai binari istituendo una sorta di “divorzio cattolico”.

Cosa che significherebbe il rinnegamento del comandamento di Cristo sull’indissolubilità del matrimonio e la cancellazione di duemila anni di magistero della Chiesa.

Per capire la gravità della materia basti dire che la Chiesa ha subito uno scisma gravissimo nel XVI secolo, perdendo l’Inghilterra intera, lo scisma anglicano, solo perché il papa non ha riconosciuto un solo divorzio, quello del re Enrico VIII, basato su una pretestuosa ragione di nullità del primo matrimonio.

Il Motu proprio bergogliano potrebbe provocare un nuovo scisma?
Può essere. Del resto se lo stesso cardinale Müller, capo dell’ex S. Uffizio, nei giorni scorsi, ha parlato di scisma possibile in riferimento al Sinodo, a maggior ragione lo si paventa dopo l’8 settembre.
Già si sono segnalate, nei giorni scorsi, liti molto rumorose a Santa Marta con qualche importante cardinale. E il Sinodo si annuncia esplosivo.

Bergoglio, in barba alla “collegialità” che proclama a parole, ha deciso tutto prima del Sinodo convocato proprio su questo argomento.
E non per dare attuazione a quanto chiesto dai vescovi nell’ottobre 2014, perché la Commissione che ha elaborato il Motu proprio è stata istituita da lui, con quel mandato, ben due mesi prima, il 27 agosto 2014.
In pratica perché il Motu proprio dal punto di vista cattolico sarà contestato?

MILIONI DI NULLITÀ

Anzitutto – spiega il professor De Mattei – l’insieme delle riforme (apparentemente di facilitazione e sveltimento) vanno in senso opposto a quello sempre percorso dalla Chiesa.
E’ un totale ribaltamento di prospettiva: non più la difesa del sacramento prima di tutto (per la salvezza delle anime), ma anzitutto la facilità e la velocità dell’ottenimento della nullità.
Basti pensare all’abolizione della doppia sentenza. Scrive De Mattei: “il cardinale Burke ha ricordato come esiste in proposito una catastrofica esperienza. Negli Stati Uniti, dal luglio 1971 al novembre 1983, entrarono in vigore le cosiddette ‘Provisional Norms’ che eliminarono di fatto l’obbligatorietà della doppia sentenza conforme. Il risultato fu che la Conferenza Episcopale non negò una sola richiesta di dispensa tra le centinaia di migliaia ricevute e nella percezione comune il processo iniziò ad essere chiamato ‘il divorzio cattolico’ ”.
D’altra parte quale sia l’obiettivo di questa riforma lo ha apertamente proclamato mons. Pinto, decano della Rota romana e presidente della Commissione che ha partorito il Motu proprio.

Ha scritto sull’Osservatore romano che papa Bergoglio chiede “ai vescovi una vera e propria ‘conversione’, un cambiamento di mentalità che li convinca a seguire l’invito di Cristo”.
Secondo mons Pinto “l’invito di Cristo, presente nel loro fratello, il vescovo di Roma”, sarebbe quello “di passare dal ristretto numero di poche migliaia di nullità a quello smisurato di infelici che potrebbero avere la dichiarazione di nullità”.

Non si era mai saputo che Cristo volesse uno “smisurato” numero di nullità. Ma ora è chiaro che l’obiettivo del Motu proprio è un divorzio di massa, ancor più veloce, gratuito e facile di quello statale (e c’è già chi fa i conti per capire se conviene divorziare dai preti).

Finora, fino a Benedetto XVI, i tribunali ecclesiastici sono stati rimproverati dai papi perché erano troppo di manica larga nei riconoscimenti di nullità.
Con Bergoglio si ribalta tutto e vengono attaccati per la ragione opposta: se ne vuol fare delle fabbriche di annullamenti di massa.

Ha ragione dunque l’on. Alessandra Moretti quando afferma trionfante che “la riforma epocale” del papa “ricalca la legge sul Divorzio breve che mi ha vista come relatrice alla Camera”. E sottolinea “la comune visione di Stato e Chiesa su questo tema”. Ma c’è di più.

DIVORZIO

Con questo Motu proprio si prospettano – senza alcuna base magisteriale e teologica – nuove ragioni di nullità che potrebbero ribaltare di fatto lo stesso ruolo della Chiesa: non sarebbe più colei che deve verificare la nullità originaria del matrimonio sacramentale agli occhi di Dio, ma rischia di diventare un’entità che di fatto “scioglie” matrimoni, sacramentalmente validi per ragioni inventate oggi.
Infatti nel Motu proprio, scrive De Mattei, “l’affermazione teorica dell’indissolubilità del matrimonio si accompagna nella prassi, al diritto alla dichiarazione della nullità di ogni vincolo fallito. Basterà, in coscienza, ritenere invalido il proprio matrimonio per farlo riconoscere come nullo dalla Chiesa”.
La carica di dinamite sta specialmente dall’articolo 14 delle “Regole procedurali” dove si evoca la “mancanza di fede” dei nubendi come possibile causa di simulazione o errore nel consenso e quindi di nullità del matrimonio.
Finora la carenza di fede come causa di invalidità del matrimonio è sempre stata esclusa dalla Chiesa, la quale si limita a elevare a sacramento il matrimonio naturale.
Spiegava Benedetto XVI: “il patto indissolubile tra uomo e donna, non richiede, ai fini della sacramentalità, la fede personale dei nubendi; ciò che si richiede, come condizione minima necessaria, è l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa”.
Cioè l’intenzione di sposarsi. Tanto è vero che la Chiesa riconosce come sacramentale anche i matrimoni misti, con un coniuge ateo o di altra religione: basta volere il matrimonio naturale.
Ora tutto si ribalta. E, secondo lo stile bergogliano, si usa una forma ambigua per far credere al mondo cattolico che la dottrina non cambia.

Così il 9 settembre, su “Avvenire”, il canonista Paolo Moneta sosteneva che “la mancanza di fede non era causa di nullità prima e non lo è neppure oggi”.

Ma, nelle stesse ore, mons. Pinto, presentando il Motu proprio, ha esaltato “la novità del pontificato di Francesco” e ha parlato del “sacramento celebrato senza fede” che porterà a uno “smisurato” numero di nullità “per l’evidente assenza di fede come ponte verso la conoscenza e quindi la libera volontà di dare il consenso sacramentale”.

Cosa che apre davvero la strada a milioni di annullamenti. Milioni!

Ma da quando in qua per sposarsi validamente occorre essere santi o prendere una laurea in teologia alla Gregoriana?

La Chiesa, per riconoscere un matrimonio sacramentale, ha sempre chiesto solo la libera decisione di sposarsi, secondo le caratteristiche del matrimonio naturale.
E ha sempre insegnato che la disposizione spirituale degli sposi (la loro santità) incide sui frutti del sacramento, non certo sulla sua validità.
Ora tutto cambia. E tra le circostanze che spalancano la possibilità del divorzio superveloce c’è “la brevità della convivenza coniugale” o il fatto che due fidanzati si siano sposati “per la gravidanza imprevista della donna”. E che c’entra con la validità del consenso?
L’incredibile elenco si conclude addirittura con un “eccetera”. Vuol dire che si può ampliare ad arbitrio? Ma che giurisprudenza è?
Saranno le parti più deboli (le donne e i figli) a fare le spese di questa rivoluzione che destabilizzerà le famiglie, già sotto pesante attacco dalla cultura mondana.
Suor Lucia, la veggente di Fatima, un giorno disse al card. Caffarra: “Padre, verrà un momento in cui la battaglia decisiva di Satana con Cristo sará il matrimonio e la famiglia”.
Ci siamo. Se è il tempo del “vescovo vestito di bianco” saranno dolori per tutti (ricordate la visione della città in rovina?).

Antonio Socci
www.antoniosocci.com
Da “Libero”, 12 settembre 2015
Francesco I 
http://gloria.tv/media/yfAVADAB8d2

La dignità inviolabile del matrimonio uno e indissolubile – Magistero del Venerabile Papa Pio XII

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PIO XII
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 22 aprile 1942
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Il nodo divino che nessuna mano umana può sciogliere
              La dignità inviolabile del matrimonio uno e indissolubile
A un alto concetto della vita coniugale da voi iniziata, diletti sposi novelli, non vi sarà difficile di elevare la mente, se con attento pensiero, sorretti dal vostro libro di preghiere, ritornerete a considerare le commoventi cerimonie delle nozze, nelle quali la sacra liturgia è tutta compresa e assommata nel legame, che da quel momento viene a congiungere lo sposo e la sposa. Quanti dolci pensieri, quanto desio vi hanno condotti al santo altare! Quante speranze e quante visioni felici hanno illuminati i vostri passi! Ma quel legame è uno e indissolubile. Ego coniungo vos nel nome di Dio, ha detto il sacerdote, testimonio qualificato della unione che voi avete fondata; e la Chiesa ha preso quel vincolo, da voi contratto con la consacrazione e la forza di un sacramento, sotto la sua protezione e la sua tutela, scrivendo i vostri nomi nel gran libro dei matrimoni cristiani, mentre, a conclusione del rito nuziale, aveva pur rivolta a Dio l’invocazione: ut qui te auctore iunguntur, te auxiliante serventur: affinché coloro che per tua autorità si uniscono, siano salvi col tuo aiuto. (Rituale Roman.).
Il vincolo coniugale è uno. Guardate nel paradiso terrestre, prima immagine del paradiso familiare, il primo vincolo stretto dal Creatore fra l’uomo e la donna, del quale il Figlio di Dio incarnato dirà un giorno : Quod Deus coniunxit, homo non separet: Ciò che Dio ha congiunto, l’uomo non si attenti di separare; perché iam non sunt duo, sed una caro : non sono più due, ma una sola carne (Matth. 19, 6). In quell’unione dei nostri progenitori nel giardino delle delizie, è tutto il genere umano, tutto il venturo corso delle generazioni, le quali riempiranno la terra e lotteranno per conquistarla, e col sudore della fronte la domeranno a dar loro un pane bagnato nell’amarezza della prima colpa nata dal violato frutto dell’Eden. Perché mai Dio ha adunati nel paradiso l’uomo e la donna? Non solo affinché custodissero quel giardino di felicità, ma anche perché, diremo con le parole del grande Dottore di Aquino, per il matrimonio erano ordinati al fine della generazione e della educazione della prole, e inoltre a una comune vita di famiglia (cfr. S. Th. Suppl. q. 44 a. I).
Nell’unità del vincolo coniugale voi vedete impresso il suggello della indissolubilità. E, sì, un vincolo a cui inclina la natura, ma che non è causato necessariamente dai principi della natura, bensì si compie mediante il libero arbitrio: però la semplice volontà dei contraenti, se lo può stringere, non lo può sciogliere. Ciò vale non soltanto per le nozze cristiane, ma in generale per ogni matrimonio valido che sia stato concluso sulla terra dal consenso mutuo dei coniugi. Il , erompente dal vostro labbro per impulso del vostro volere, annoda intorno a voi il vincolo coniugale, e insieme lega per sempre le vostre volontà. Il suo effetto è irrevocabile: il suono, espressione sensibile del vostro consenso, passa; ma il consenso stesso formalmente è fissato, non passa, è perpetuo, perché è consenso nella perpetuità del vincolo, mentre un consenso di vita soltanto per qualche tempo fra gli sposi non varrebbe a costituire il matrimonio. L’unione dei vostri sì è indivisibile; ond’è che non vi è vero matrimonio senza inseparabilità, né vi è inseparabilità senza vero matrimonio (cfr. S. Th. Suppl. q. 41 a.1 ; q. 49 a. 3). Levatevi dunque in alto col pensiero, diletti sposi, e rammentate che il matrimonio non è solo officio di natura, ma per le anime cristiane è un gran sacramento, un gran segno della grazia e di cosa sacra, qual è lo sposalizio di Cristo con la Chiesa, fatta sua e conquistata col suo sangue per rigenerare a nuova vita di spirito i figli degli uomini che credono nel nome di Lui, nati non per via di sangue, né per volontà della carne, né per volontà di uomo, ma da Dio (Io. I, 12-13). Il sigillo e la luce del sacramento, che, per così dire, trasnaturano l’officio della natura, danno al matrimonio una nobiltà di onestà sublime che comprende e riunisce in sé non solo l’indissolubilità, bensì ancora tutte ciò che spetta al significato del sacramento (cfr. S. Th.,Suppl. q.49 a. 2 ad 4 et 7).
Ma se la volontà degli sposi, contratto che l’abbiano, non può più sciogliere il vincolo matrimoniale, potrà forse farlo l’autorità, superiore ai coniugi, stabilita da Cristo per la vita religiosa degli uomini? Il vincolo del matrimonio cristiano è così forte, che, se esso ha raggiunto la sua piena stabilità con l’uso dei diritti coniugali, nessuna potestà al mondo, nemmeno la Nostra, quella cioè del Vicario di Cristo, vale a rescinderlo. Vero è che Noi possiamo riconoscere e dichiarare che un matrimonio, contratto come valido, era in realtà nullo, per cagione di qualche impedimento dirimente o per vizio essenziale di consenso o difetto di forma sostanziale. Possiamo anche in determinati casi per gravi motivi sciogliere matrimoni privi del carattere sacramentale. Possiamo perfino, se vi sia una giusta e proporzionata causa, sciogliere il vincolo di sposi cristiani, il sì da loro pronunziato dinanzi all’altare, quando consti che non è giunto al suo compimento con l’attuazione della convivenza matrimoniale. Ma, una volta ciò avvenuto, quel vincolo rimane sottratto a qualunque ingerenza umana. Non ha forse Cristo ricondotto la comunanza matrimoniale a quella fondamentale dignità, che il Creatore nel mattino paradisiaco del genere umano le aveva data, alla dignità inviolabile del matrimonio uno e indissolubile?
Gesù Cristo, Redentore dell’umanità decaduta, non era venuto a togliere, ma a compire e restaurare la legge divina; ad avverare, come legislatore più di Mosè, come sapiente più di Salomone, come profeta più dei profeti, quanto era stato predetto di lui, preannunziato simile a Mosè, suscitato di fra la gente d’Israele, sul cui labbro il Signore avrebbe posto la sua parola, mentre chiunque non lo avesse ascoltato, sarebbe stato sterminato fuori del popolo di Dio (cfr. Deut. 18, 15 e segg.;Act. 3, 22-23). Perciò Cristo, con la sua impreteribile parola, elevò nel matrimonio l’uomo e risollevò la donna, che i secoli antichi avevano abbassato a serva e il più austero censore di Roma aveva equiparata a « natura sfrenata e indomito animale»  (T. Livi ab Urbe condita l. XXXIV c. 2); come il Redentore stesso aveva innalzato in sé non solo l’uomo, ma anche la donna, prendendo da una donna la natura umana, e sublimando la madre sua, benedetta fra tutte le donne, a specchio immacolato di virtù e di grazia per ogni famiglia cristiana attraverso i secoli, coronata in cielo Regina degli angeli e dei santi.
Gesù e Maria con la loro presenza santificarono le nozze di Cana : là il divin Figlio della Vergine fece il primo miracolo, quasi a dimostrare anzi tempo che iniziava la sua missione nel mondo e il regno di Dio dalla santificazione della famiglia e dell’unione coniugale, origine della vita. Là cominciò la elevazione del matrimonio, il quale doveva ergersi nel mondo soprannaturale dei segni, che producono la grazia santificante, a simbolo della unione di Cristo con la Chiesa (Ephes. 5, 32); unione indissolubile e inseparabile, nutrita di quell’amore assoluto e senza fine, che sgorga dal Cuore di Cristo. Come potrebbe l’amore coniugale essere e dirsi simbolo di tale unione, quando fosse deliberatamente limitato, condizionato, solubile, quando fosse una fiamma di amore soltanto a tempo? No: elevato all’eccelsa e santa dignità di sacramento, improntato e stretto in così intima connessione con l’amore del Redentore e con l’opera della redenzione, non può essere e affermarsi che indissolubile e perpetuo.
Di fronte a tale legge di indissolubilità, in tutti i tempi le passioni umane, da essa frenate e represse nella libera soddisfazione dei loro disordinati appetiti, hanno cercato per ogni guisa di scuoterne il giogo, non volendo in essa vedere che una dura tirannia aggravante arbitrariamente le coscienze con un peso insopportabile, con una schiavitù ripugnante ai sacri diritti della persona umana. È vero; un vincolo può talora costituire un gravame, una servitù, come le catene che stringono il prigioniero. Ma può essere anche un potente soccorso e una sicura garanzia, come la corda che lega l’alpinista ai suoi compagni di ascensione, o come i legamenti che uniscono le parti del corpo umano e lo rendono spedito e franco nei suoi movimenti; e tale è ben il caso del vincolo indissolubile del matrimonio.
Questa legge di indissolubilità apparirà e sarà intesa come manifestazione di vigilante amore materno, specialmente se sarà riguardata in quella luce soprannaturale nella quale Cristo l’ha posta. In mezzo alle difficoltà, agli urti, alle cupidigie, che la vita forse seminerà sotto i vostri passi, le due anime vostre così inseparabilmente congiunte non si troveranno sole né disarmate: la onnipotente grazia di Dio, frutto proprio del sacramento, sarà con esse costantemente, per sostenere a ogni piè sospinto la loro debolezza, per addolcire ogni sacrificio, per confortarle e consolarle nel prolungarsi delle prove anche più dure. Se per obbedire alla legge divina occorrerà respingere le lusinghe delle gioie terrene intraviste nell’ora della tentazione, rinunziare a « rifarsi una vita», la grazia sarà ancor là per richiamare in tutto il loro rilievo gl’insegnamenti della fede: che cioè la sola vera vita, che giammai non deve essere messa a repentaglio, è quella del cielo, quella precisamente che tali rinunzie, per penose che siano, assicurano; rinunzie che sono, come tutti gli eventi della vita presente, qualche cosa di provvisorio, destinato semplicemente a preparare lo stato definitivo della vita avvenire, la quale sarà tanto più felice e radiosa, quanto più coraggiosamente e generosamente saranno state accettate le inevitabili afflizioni nel cammino di quaggiù.
Considerazioni ben austere son queste — sarete voi forse tentati di dire — mentre tutto ci sorride nel sentiero che si apre dinanzi a noi : il nostro mutuo amore, di cui siamo così sicuri, non ci garantisce forse già l’indefettibile unione dei nostri cuori?
Diletti figli e figlie! Ricordate l’ammonizione del Salmista: Se il Signore non prende in guardia la città, invano veglia chi la custodisce (Ps. 126, 1). Anche questa città così bella e forte della vostra presente felicità Dio solo può mantenerla intatta con la sua legge e la sua grazia. Tutto quanto è semplicemente umano è troppo fragile e precario da bastare a se stesso: ma la fedeltà ai comandamenti divini assicurerà l’inviolabile costanza del vostro amore e della vostra letizia attraverso le vicende della vita. È ciò che imploriamo dal Signore per voi, mentre di gran cuore vi impartiamo la Nostra paterna Apostolica Benedizione.
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BERGOGLITE, UN MALE COLLETTIVO


…Non te l’ho detto, ma ormai sono affetto da Bergoglite, voglio dire… ultimamente il Papa ha iniziato a piacermi…
…Davanti a questo pontefice uno, per trovarsi a proprio agio, deve essere o un mistico o un coglione…
Questo il tenore dei miei colloqui quotidiani. Quasi maledico di non essere un appassionato di calcio come tanti altri. Aggiungerei una citazione più colta, di Langone:
Sono sempre più numerosi gli amici, anche persone all’apparenza religiosamente più salde di Magdi Allam, che disgustate da Papa Francesco mi comunicano di voler lasciare la Chiesa, verso le mete più svariate: l’ortodossia, l’anglicanesimo, il nulla (non che l’anglicanesimo differisca molto dal nulla…). SIC
Io, a quanti ultimamente si dichiarano convertiti al bergogliesimo, dico che il motivo è psicotico-reattivo: non ce l’hanno fatta a reggere l’impressione del nulla apertosi sotto i loro occhi e, dopo anni di critica serrata e fiera, hanno ripiegato sul normalismo accomodante. In parte l’ho fatto anche io.
Perdi la voglia di combattere, quella che il Nemico non esaurisce mai.
Tutto ciò è molto brutto.
Primo, perché significa che stiamo gettando la spugna contro il Nemico e che stiamo perdendo un sacco di ottime forze: la storia la cambiano le élites e noi ce le stiamo mangiando via.
Secondo, perché il protagonismo umano di questo Papa è eccessivamente in evidenza. Non ci sta che susciti così forti schieramenti, il Papa deve parlare a tutti, non mettere tutti in difficoltà.
Terzo, e lo dedico agli amici imbergoglitisi di recente, perché le uniche vere stabili soluzioni che stiamo assumendo sono soluzioni individualiste, le posizioni appunto del mistico – unito a tutti e da tutto staccato – e del coglione – inutile al mondo -, ma tutti sono confusi riguardo alla soluzione globale, alla posizione da avere come Chiesa. Questo è il fattore fondamentale e il motivo per cui continuo a scrivere: nel mio individualismo procedo molto sereno, fin da prima dell’elezione di Cecco. Ma se appena cerco di riflettere sugli accadimenti, mi accorgo che stiamo sprofondando – oppure stiamo avanzando ma secondo processi del tutto irrazionali e disorientanti – a livello di gruppo e compagine, come ecclesia.
Per chiudere, verrebbe una ripicca: volevamo la Chiesa che sta bene a tutti e abbraccia tutti? La testimonianza di Langone dimostra che ciò è impossibile. Da qui una chiosa ne verrebbe, ma non la esplicito. Perché bisogna fermarsi e meditare sul terzo appunto, che è grave. Così grave che il cattolico pronto, mistico o coglione che sia, ogni tanto è costretto a fermarsi e a guardare il cielo, per capire se sta sognando, o se apparirà Qualcuno o qualcosa, un cavallo, un calice, una tromba…
This handout picture released by the Press office shows Pope Francis (C), Argentina's Jorge Mario Bergoglio, leading a mass at the Sistine Chapel at the Vatican on March 14, 2013 a day after his election. Pope Francis and the cardinals who made him the first Latin American leader of the Catholic Church returned to the Sistine Chapel on Thursday, this time to celebrate mass together. AFP PHOTO/OSSERVATORE ROMANO RESTRICTED TO EDITORIAL USE - MANDATORY CREDIT ?AFP PHOTO/OSSERVATORE ROMANO"        (Photo credit should read -/AFP/Getty Images)

1 commento:

  1. Dopo il motu proprio di bergoglio, aspettiamo tutti che il vescovo di roma a nome della chiesa conciliare, porga al più presto le scuse alla chiesa anglicana di enrico VIII per come il"povero"re ammalato di perversione sessuale ,venne trattato da quel "cattivaccio"non misericordioso di Papa Clemente VII.
    San Tommaso Moro aiutaci .

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