ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 24 settembre 2015

Rimpiangitori e normalizzatori ?

La Chiesa nella grande tempesta: tutte le critiche a papa Francesco

La centralità bergogliana, le scelte sul divorzio veloce e il viaggio in America
Il suo libro «Non è Francesco. La Chiesa nella grande tempesta» continua a raccogliere critiche e consensi, a essere demonizzato o lodato, attaccato, difeso o apprezzato.


Sta, insomma, diventando oltre che un caso editoriale, un vero e proprio manifesto della critica ragionata a Papa Francesco, critica di cui Antonio Socci incarna la contestazione in nome della tradizione (anche se il giornalista senese non si riconosce nella definizione di «tradizionalista» e spiega: «Sono semplicemente un cattolico apostolico romano, un normale cattolico di parrocchia»).
Come se non bastasse ad accendere ancora di più i riflettori ha sicuramente contribuito la scelta delle Librerie Paoline di metterlo al bando dai loro scaffali. Una mossa che ha finito con il produrre un effetto boomerang, regalando ulteriore risalto a tesi ritenute sgradite nei palazzi vaticani.
E' anche per questo che il direttore di Intelligonews, Fabio Torriero, ha invitato Antonio Socci a presentare il libro in un incontro pubblico che ha avuto luogo presso la Società Dante Alighieri a Roma. «Ho ritenuto doveroso organizzare questa presentazione del libro "Non è Francesco"» spiega Torriero. «Questo evento è un atto dovuto nei confronti di Socci. Atto dovuto, ripeto, per il coraggio che lui esprime, non solo nelle sue vicende personali, come uomo, ma anche nella sua qualità di scrittore, intellettuale, testimone sulla sua pelle del Vangelo. Non possiamo infatti dimenticare che il libro "Non è Francesco" è stato rifiutato dalle librerie delle Edizioni Paoline che invece ospitano libri new age di ogni tipo».
Il libro - di cui Socci ha discusso anche con il vaticanista Americo Mascarucci e con il deputato di Forza Italia Fabrizio Di Stefano - si basa sulla messa in discussione della validità dell'elezione di papa Francesco per ragioni procedurali. Ma si sofferma molto anche sul significato della rinuncia al pontificato di Papa Benedetto XVI, episodio sul quale si concentrano ancora incognite, punti interrogativi e zone d'ombra. Socci, da uomo di fede e di cultura, non ha paura di esporre e motivare il suo dissenso rispetto all'operato del Pontefice. E anche nell'intervista pubblica con Fabio Torriero non si tira indietro dall'esporre le sue tesi «critiche» verso Papa Francesco. Per Socci «Bergoglio non si contrappone mai alle lobby laiciste sui temi della vita, del gender, dei principi non negoziabili che papa Benedetto, invece, individuò come pilastri della dittatura del relativismo». Lo scrittore critica anche i due Motu proprio sulla nullità matrimoniale che mutano la dottrina e istituiscono una sorta di «divorzio cattolico» con procedure forse addirittura più veloci di quelle statali, al contrario di quanto avveniva con i Papi precedenti che criticavano i tribunali ecclesiastici accusandoli di essere troppo di manica larga. Un tema che rischia di diventare esplosivo nel prossimo Sinodo dove le varie e differenti correnti di pensiero si confronteranno.
Le critiche di Socci sono circostanziate e toccano vari punti. Si concentrano ad esempio su un eccesso di centralità bergogliana, «come Bergoglio può dire ciò che vuole, ma come Papa Francesco no». In sostanza, spiega Socci, il Papa deve essere il garante dell'ubbidienza alla volontà di Dio, non è un organo che possa dare vita a un'altra Chiesa, ma è un argine contro l'arbitrio, perché essere Papa «non significa poter esprimere le proprie personali idee». Ben poca convinzione c'è anche rispetto al viaggio in America con la celebrazione eucaristica a Cuba, nella Piazza della Rivoluzione sotto l'enorme effigie di Ernesto Che Guevara. Scenario ben diverso da quello imposto da Giovanni Paolo II che fece esporre dal regime castrista un' enorme immagine di Gesù Cristo. Oppure l'incontro con Barack Obama, «uno dei presidenti più laicisti che gli Stati Uniti abbiano mai avuto». Critiche riassunte nella domanda-titolo di uno dei suoi ultimi commenti: «Caro Papa Bergoglio, ma perché lei omaggia i tiranni e umilia i perseguitati?». Perplessità vengono espresse anche da Fabrizio Di Stefano che pone l'accento sulla solitudine dei parlamentari cattolici che non hanno più molti punti di riferimento per orientare le proprie battaglie sui temi etici (divorzio breve, unioni civili, gender). In sostanza quasi rimpiangendo i tempi di Camillo Ruini.
 Mer, 23/09/2015 
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/socci-grande-tempesta-e-quelle-critiche-tutto-campo-papa-fra-1174625.html

IL COLPO DI MANO PROGRESSISTA

    Il Vaticano II è stato un colpo di mano dei teologi progressisti per scavalcare il Magistero. Significativa ci sembra la testimonianza in merito di Joseph Ratzinger poi papa Benedetto XVI che fu egli stesso teologo al Concilio di Francesco Lamendola


Il Vaticano II è stato un colpo di mano dei teologi “progressisti”  per scavalcare il Magistero?



  
Il Concilio Vaticano II ha visto realizzarsi un rapido e fortunato colpo di mano di alcuni teologi “progressisti” per impadronirsi della direzione della Chiesa e scavalcarne il Magistero?
E, più in particolare, esso ha rappresentato la vittoria degli “specialisti” sui pastori d’anime, i vescovi, dunque la vittoria di quei “sapienti” e di quegli “intelligenti” contro la cui scienza presuntuosa Gesù aveva esplicitamente messo in guardia i credenti?
Quanto mai significativa ci sembra la testimonianza in merito di Joseph Ratzinger, poi papa Benedetto XVI, che fu egli stesso chiamato come teologo al Concilio Vaticano II e che così ricorda il periodo centrale di esso, ossia il 1964, quand’era professore a Münster (da: J. Ratzinger, «La mia vita»; titolo originale: «Aus meinem Leben. Erinnerungen 1927-1977»; traduzione dal tedesco di Giuseppe Reguzzoni, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 1997, pp. 99-101):

«Ogni volta che tornavo da Roma trovavo nella Chiesa e tra i teologi uno stato d’animo sempre più agitato. Sempre più cresceva l’impressione non ci fosse nulla di stabile, che tutto può essere oggetto di revisione. Sempre più il Concilio pareva somigliare a un grosso parlamento ecclesiale, che poteva cambiare tutto e rivoluzionare ogni cosa a modo proprio. Evidentissima era la crescita del risentimento nei confronti di Roma e della Curia, che apparivano come il vero nemico di ogni novità e progresso. Le discussioni conciliari venivano sempre più presentate secondo lo schema partitico tipico del parlamentarismo moderno. Chi veniva informato in questo modo, si vedeva indotto a prendere a sua volta posizione per un partito. In Germania, c’era ancora un sostanziale consenso nei confronti della forze che sostenevano il rinnovamento, a poco a poco, però, le tensioni e le divisioni che venivano attribuite al Concilio cominciarono a delinearsi anche all’interno del nostro paesaggio ecclesiale. Ma qui era in atto un processo ancora più radicalmente profondo. Se a Roma i vescovi potevano cambiare la Chiesa, anzi, la stessa fede (così almeno pareva), perché solo ai vescovi era lecito farlo? La si poteva cambiare, e, al contrario di quel che si era sino ad allora pensato, questa possibilità non pareva più sottratta alla capacità umana di decidere, ma, secondo tutte le apparenze, era posta in essere proprio da essa. Ora, però, si sapeva che il nuovo che i vescovi sostenevano, lo avevano appreso dai teologi; per i credenti si trattava di un fenomeno strano: a Roma i loro vescovi parevano mostrare un volto diverso da quello di casa loro.
Dei pastori che fino a quel momento erano ritenuti rigidamente conservatori apparvero improvvisamente come i portavoce del progressismo – ma era farina del loro sacco?  La parte che i teologi avevano assunto al Concilio creò tra gli studiosi una nuova consapevolezza: essi cominciarono a sentirsi come i veri rappresentanti della scienza e, proprio per questo, non potevano più apparire sottoposti ai vescovi. Difatti, come avrebbero potuto i vescovi esercitare la loro autorità magisteriale sui teologi, dal momento che derivavano le loro prese di posizione dai pareri degli specialisti e dipendevano dagli indirizzi loro offerti dagli studiosi? A suo tempo, Lutero aveva sostituito l’abito sacerdotale con quello dello studioso, per mostrare che nella Chiesa gli esperti di Sacra Scrittura sono coloro che veramente possono prendere delle decisioni: poi questi rivolgimento era stato in qualche modo attenuato dal fatto che la professione di fede era comunque ritenuta come il criterio ultimo di giudizio. Il Credo era dunque criterio ultimo anche per la scienza. Ma ora nella Chiesa cattolica, quanto meno a livello della sua opinione pubblica, tutto appariva oggetto di revisione, e persino la professione di fede non appariva più intangibile, ma soggetta alle verifiche degli studiosi. Dietro questa tendenza, poi, dietro il predominio degli specialisti, si percepiva già qualche cos’altro, l’idea di una sovranità ecclesiale popolare, in cui il popolo stesso stabilisce quel che vuole intendere col termine Chiesa, che anzi appariva ormai chiaramente definita come popolo di Dio. Si annunciava così l’idea di “chiesa dal basso”, di “Chiesa del popolo”, che poi, soprattutto nel contesto della teologia della liberazione, divenne il fine stesso della riforma.
Se al ritorno in patria del primo periodo conciliare mi ero sentito ancora sostenuto  dal sentimento di gioioso rinnovamento che regnava dovunque provavo ora una profonda inquietudine di fronte al cambiamento che si era prodotto all’interno del clima ecclesiale e che era ormai sempre più evidente. In una conferenza sul vero e falso rinnovamento della Chiesa, tenuta presso l’Università di Münster, cercai di lanciare un primo segnale di allarme, che però non fu quasi per nulla notato. Più energico il mio intervento al Katholkentag di Bamberga del 1966, tanto che il cardinale Döpfner si stupì dei “tratti conservatori” che gli era parso di cogliere…»

Dunque, secondo Ratzinger,  i “progressisti” che si presentarono al Concilio Vaticano II con le idee ben chiare, a ranghi compatti - mentre, verosimilmente, gran parte dei padri, pur consci dell’importanza del momento, non avevano affatto ben chiaro quel che bollisse realmente in pentola – si preparavano a giocare la partita per spodestare la Curia romana, non senza abilità, su due differenti tavoli. In sede specifica, e dall’alto, agivano gli “specialisti”, ossia i teologi, ma dei teologi che non seguivano più la teologia tridentina, la vecchia, collaudata, sacra teologia cattolica, bensì erano largamente penetrati da suggestioni e motivi di ascendenza protestante, primo fra tutti quello secondo cui lo studioso deve prevalere sul pastore d’anime, perché l’importante è la giusta lettura delle Scritture. In sede più generale, si parlava del “popolo cristiano” che, dal basso, rivendicava la sua “centralità”, come se la Chiesa fosse un’assemblea di condominio, in cui prevalgono le decisioni della maggioranza, e non una istituzione di origine soprannaturale (per i credenti), che ha lo scopo di custodire gelosamente e di tramandare alle generazioni presenti e future la Rivelazione, nella sua integrità e purezza. Pertanto, una strategia in due tempi: dall’alto e dal basso; dall’alto, per intellettualizzare il cattolicesimo, per far prevalere il punto di vista degli “specialisti” su quello dei pastori; dal basso, per ”democratizzarlo”: trascurando, però, il fatto che la democrazia sarà (forse) una degna ideologia politica e una passabile forma di governo (quando funziona veramente e non diventa plutocrazia), ma non è affatto vero che essa vada bene per la gestione della Chiesa, che è, deve essere e deve rimanere basata su di una struttura gerarchica, data la sua specifica natura ed i suoi compiti, che non sono quelli di una organizzazione profana, per quanto rispettabile, ma di una realtà il cui scopo è indirizzare le anime verso Dio, nella giusta maniera e cioè secondo il Vangelo di Gesù.
Joseph Ratzinger vide per tempo la deriva e cercò, per quanto stava in lui, di correre ai ripari; stabilì una differenza fra il vero e il falso rinnovamento della Chiesa; comprese e dichiarò che la strategia di Lutero, attaccare e demolire la Chiesa partendo da una superiorità del teologo sul vescovo, si stava riproponendo da parte di coloro i quali dicevano di voler portare avanti, e sempre più diffondere, lo “spirito” del Concilio Vaticano II, intendendo per “spirito” la loro personale, e spesso arbitraria, interpretazione dei documenti conciliari. Senza contare che, se qualcuno si appella allo “spirito” di qualcosa, senza citare fatti e documenti precisi, evidentemente si riserva la più ampia e comoda facoltà di intendere ora questo ed ora quello, secondo la sua convenienza, eludendo una seria discussione e ogni autentico contraddittorio, perché gli altri non sanno esattamente, né possono sapere, che cosa costui intenda con la vaga e melliflua espressione “spirito”. Fra parentesi, ci permettiamo di osservare che, da un punto di vista cattolico, non bisognerebbe abusare della espressione “spirito”: per i cattolici, di Spirito ce n’è uno solo, va scritto con la iniziale maiuscola e non designa affatto una sorta di sapienza o ispirazione umana, ma la terza persona della Trinità divina; e, dunque, anche il continuo e un po’ troppo disinvolto indulgere a retorici discorsi sullo “spirito” del Concilio, auto-nominandosi i soli e veri depositari della vista profetica, rischia di assumere un significato irrispettoso, quasi blasfemo, perché sostituisce una volontà ed una intenzione puramente umane a ciò che è di spettanza divina.
Ratzinger, inoltre, dice una cosa ancora più grave: fa notare che dei vescovi, noti per essere sostenitori di una visione tradizionalista, improvvisamente, giunti al Concilio, assunsero una attitudine del tutto diversa, perfino opposta: si fecero notare come i più accesi sostenitori delle novità e del cambiamento, come impazienti propugnatori di una riforma radicale; e si spinge a formulare una domanda scomoda, scomodissima, e, soprattutto, inquietante: era tutta farina del loro sacco? Difficile, se non impossibile, pervenire ad una risposta; ma il fatto rimane, e dà parecchio da pensare. È un altro elemento, un ulteriore indizio che ci rafforza nella convinzione che il Concilio Vaticano II, non tutto, ma per come lo vissero quanti si presentarono all’appuntamento con una segreta aspirazione a rivedere tutto e ribaltare ogni cosa, diciamo pure a scavalcare la Curia romana e il Magistero, non fu quell’evento spontaneo, gioioso, incontenibile nelle sue spinte innovatrici, che tutti, o quasi tutti, si diceva desiderassero, auspicassero, attendessero. L’immagine di una Chiesa cattolica triste e languente, ripiegata su se stessa, incapace di affrontare i problemi del mondo moderno e quasi rassegnata a subirli passivamente, è semplicemente falsa: è l’immagine che i novatori, i progressisti, i modernisti, hanno voluto consegnare all’immaginario collettivo, dopo aver realizzato la rottura con la Tradizione e dopo aver messo le mani sui gangli vitali dell’organizzazione ecclesiastica, sfruttando anche l’inconsapevolezza di quella maggioranza di vescovi, e soprattutto di fedeli, i quali non si rendevano ben conto di quel che stesse accadendo e che prestavano fede, ingenuamente, a come il Concilio veniva raccontato dai mezzi di comunicazione di massa,  mossi da un disegno strumentale di poteri occulti.
In altre parole, noi crediamo che vi siano stati almeno tre concili, che si svolsero l’uno accanto all’altro, ma come se giacessero su tre distinti piani di realtà. Il primo è stato il Concilio pensato e voluto dal Pontefice, seguito con sincera e commossa partecipazione da milioni di fedeli in tutto il mondo, elaborato e discusso, con impegno e buone intenzioni, da molti, moltissimi padri conciliari, ignari ed alieni da qualunque astuzia, da qualunque secondo fine. Il secondo è stato il Concilio del partito dei teologi e dei vescovi progressisti, dei “tecnici”, degli “esperti”, o di coloro che si ritenevano tali, e che approfittarono della fiducia del Pontefice e del fatto di essere presenti ai lavori, nonché dell’assenza di altri teologi, certo non meno eminenti, i quali però, chi sa perché, non vennero invitati a partecipare: essi avevano un disegno abbastanza preciso, non soltanto un generico desiderio di rinnovamento, ma la ferma e spregiudicata volontà di prendere le redini della navicella di San Pietro, di sottrarla ad un orientamento, ad una prassi e persino ad una teologia che giudicavano superati, obsoleti, non più adatti a rispondere ai bisogni del dialogo con la società moderna, per orientarla, secondo le loro intime convinzioni, verso le magnifiche sorti e progressive. Infine c’era il Concilio dei mass media, il Concilio narrato al pubblico dalla televisione e dai giornali: tutti, guarda caso, o quasi tutti, controllati e ispirati da poteri e da soggetti interessati ad accreditare la leggenda di uno “spirito” conciliare straordinariamente moderno e innovatore, fatto passare per profetico, ma, in effetti, nemico del passato, indifferente alla Tradizione, orientato a riconoscere il solo fondamento della Scrittura, interpretata, però, in maniera sottilmente razionalista; e insofferente di ogni prudenza, di ogni indugio, di ogni “conservatorismo”.
La gente, nelle case, ebbe così l’impressione che il Concilio stesse andando verso il Progresso, per merito della apertura, del “coraggio” e della lungimiranza dei padri, e dello stesso Pontefice, cui vennero attribuite intenzioni, probabilmente, assai diverse da quelle reali;  e ciò fu ottenuto con una vecchia e semplice tecnica di disinformazione, tuttora ben collaudata e sperimentata, sia quando i mass mediaparlano della Chiesa cattolica, sia quando parlano d’altro: quella di enfatizzare al massimo le parole e i documenti che rispondevano ai loro fini occulti, e di tacere completamente quelle parole e quei documenti che smentivano in pieno la loro lettura dell’evento conciliare. Questo terzo livello non era certo privo di ricadute sul secondo, nel senso che i padri “riformatori”, corroborati dal tomo usati dai media per riferire i lavori della varie sedute, erano portati ad accentuare ulteriormente la svolta riformatrice; mentre gli altri si sentivano sempre più isolati e lasciati indietro dal gran fiume degli eventi.
Come ricorda Ratzinger, qualcosa ribolliva da tempo: c’era un grave malessere nella Chiesa. Forse Pio XII, che aveva pensato ad un concilio, per poi rinunciarvi, ebbe la chiara coscienza dei rischi…

di

Francesco Lamendola
 http://www.ilcorrieredelleregioni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=6748:11111114&catid=70:chiesa-cattolica&Itemid=96

Anti-Papa. "Anche Gesù era politico": parla il vaticanista
23 settembre 2015, Marco Guerra
“Quando un Papa fa aperture crea perplessità, molti si interrogarono anche sulla cattolicità di Luciani e Roncalli”. Francesco Grana, vaticanista de Il Fatto Quotidiano, parlando con Intelligonews spiega perché non c’è persona al mondo più cattolica di Bergoglio e perché la stampa pone in evidenza solo gli aspetti sociali del suo magistero. 


Anti-Papa. 'Anche Gesù era politico': parla il vaticanista
In questo viaggio in America il Papa ha dovuto spiegare la sua cattolicità. Non è paradossale?

“Lui ha risposto alla provocazione della copertina di News Week che lanciava l’interrogativo se il Papa fosse veramente cattolico, ma tutti si sono fermati alla copertina, mentre se si leggeva il pezzo la risposta era “si” il Papa è cattolico e la critica era rivolta alla stampa nel modo di comunicare questo Papa. Io sinceramente non sono d’accordo neanche con questa affermazione perché se c’è una parte di cattolici che sono preoccupati che Bergoglio sia l’antipapa allora bisogna chiedersi se da 2000 anni ad oggi la Chiesa ha annunciato il vangelo o ha fatto altro”.

C’è da chiedersi quale tipo di fede hanno alimentato questi cattolici?

“Il Papa ha detto ai giornalisti che era pronto a recitare il credo, in questo momento è difficile trovare uno che sia più cattolico di un gesuita”.

Esiste comunque una certa stampa che enfatizza le parole sulla giustizia sociale e silenzia il Papa quando tuona contro la società dello scarto che porta all’aborto e all’eutanasia. Insomma a molti piace presentare un Bergoglio “marxista”…

“Nell’enciclica sull’ambiente ‘Laudato si’ Francesco critica il capitalismo citando e riprendendo Giovanni Paolo II, quindi non c’è alcuna novità di magistero. Per quanto riguarda i temi sensibili lui ne ha parlato sempre con grande chiarezza, è ovvio che un Papa che censura l’aborto non fa notizia. Fa notizia invece una Papa che dice che i divorziati e risposati  non sono scomunicati. C’era bisogno che dicesse questo? Forse si visto l’atteggiamento di tanti sacerdoti verso i divorziati. C’era bisogno che dicesse che i sacramenti non devono essere pagati? Beh in molte chiese ci sono i tariffari esposti in bacheca. E poi fa notizia una Papa che esorta ogni parrocchia d’Europa ad accogliere i profughi e  ospita una famiglia di siriani  nella parrocchia di sant’Anna in Vaticano. Questo non è poco considerato che tanti vescovi europei hanno reagito male e un sacerdote ad Albenga ha detto che avrebbe preferito bruciare la canonica piuttosto che offrirla ai migranti. Forse sono loro gli anticristo”.

Certo fanno più notizia le sue aperture, ma c’è il rischio che un parte del popolo non segua il Papa su questo terreno?

“Bergoglio da quando è stato eletto ha interrogato una parte di cattolici, è stato talmente rivoluzionario il suo arrivo, dalla rinuncia all’appartamento a quelle delle scarpe rosse – che poi voglio sapere quanti fedeli sapevano che i Papi indossavano le scarpe rosse -, che è stato subito superato quel periodo in cui la Chiesa era sprofondata nello scandalo ‘vatileaks’, durante il quale ogni giorno leggevamo sui quotidiani la posta interna del Vaticano. Poi è normale che alcuni cattolici rimangano più indietro del Papa; Francesco ha detto che il pastore deve stare davanti, in mezzo e dietro il gregge per accompagnarlo, a volte invece è il gregge che accompagna il pastore. Lui comunque ha dato un scossa notevole alla Chiesa”.

La parte politica di questo Papa non rischia di prendere il sopravvento su quella spirituale?

“Anche Gesù aveva una parte politica molto spiccata, non scordiamo quando diceva di pagare le tasse all’imperatore romano, era una prima forma di quella che poi, molti secoli dopo, avremmo chiamato Dottrina sociale della Chiesa, nata nel XIX secolo con la ‘Rerum novarum’ di Leone XIII. Bergoglio concilia un vangelo applicato nella realtà, ovviamente in Bergoglio si nota la sua estrazione latinoamericana, quel luogo dove è nata la teologia della liberazione che in Europa è stata vista sempre in maniera marcatamente politica, ma in realtà non era altro che l’applicazione del vangelo per quanto riguarda i problemi dei poveri. In Europa eravamo molto più chiusi alla critica al capitalismo. Ma sostanzialmente sul tema della povertà la Chiesa non dice nulla di nuovo. Certamente lui ha un’autorevolezza e un immagine mediatica che fanno sembrare tutto una novità”. 

Beh è singolare che qualcuno chieda la Papa se è veramente cattolico?

“Credo che forse lo chiesero anche a Wojtyla mentre la curia romana dubitava sulla cattolicità di Papa Luciani ma non fece in tempo a chiederglielo. Quando Luciani disse “pregate per questo povero vicario di Cristo” e quando disse “Dio è madre” la curia si domando se Luciani era cattolico”. 
Quindi non è la prima volta che un parte di Chiesa che si interroga sulla cattolicità del Papa? 
“No sicuramente, come abbiamo detto, con Luciani c’è stato questo interrogativo e credo anche con Roncalli. Quando il Papa apre ci sono sempre perplessità”. 

Il popolo può stare tranquillo il Papa è nel solco della dottrina sociale come ha ribadito lui stesso…

“Se il Papa non fosse cattolico verrebbe destituito un minuto dopo, non converrebbe per primo a Bergoglio visto che ha detto che gli piace fare il Papa. Più cattolico del Papa non c’è nessuno al mondo”.

Intanto c’è grande accoglienza del Papa negli Usa. Malgrado gli scandali in America la Chiesa gode ancora di grande considerazione. Per la prima volta c’erano sia Obama che Biden ad accogliere un leader straniero…

“Se vogliamo essere cattivi tutti hanno piacere a stare vicini a Bergoglio. Il Papa è un leder mondiale superiore ad Omaba. Infatti il presidente americano è andato ad accogliere Bergoglio con tutta la famiglia, perfino la suocera, anche se è a fine mandato. Durante questa visita, per la prima volta un Pontefice parlerà al congresso americano. Questo avviene in un momento delicato della campagna elettorale per le presidenziali, c’è molta frammentazione tra repubblicani e democratici. Quindi sicuramente questa accoglienza è un omaggio molto significativo che tuttavia aiuta anche l’immagine di Obama”. 

In un Paese fondato da comunità di coloni protestanti il discorso al congresso era quasi inimmaginabile fino a qualche decennio fa…

“Si alcuni temono che parlerà dei temi sensibili e dell’embargo a Cuba, ma invece toccherà il problema dei profughi. Non vuole porre problemi politici perché è consapevole che c’è una campagna elettorale agli inizi”.

2 commenti:

  1. Da notare, come i cattolici che semplicemente vogliono continuare ad essere tali, vengono strategicamente dipinti in modo distorto, volutamente caricaturale. Essi vengono presentati come aficionados di trine, merletti, scarpette rosse, latinorum e camauri. Il prossimo step consisterà nel farli divenire terroristi nazifascisti, e poi scatterà la repressione fisica.

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  2. No. Non penso proprio che il cosidetto papa buono (buono si;a far danni), abbia invitato ingenuamente in buona fede al concilione i suoi "fratelli protestanti". Se io a casa mia devo prendere una decisione molto importante, non invito a discutere persone, le quali provano un sentimento di avversione , se non addirittura odio nei miei confronti, e questo, anche se queste persone fossero pure miei parenti, perchè sarebbe scontato che queste farebbero qualsiasi cosa pur di rovinare al massimo la mia vita e quella dei miei familiari.
    No. Questo è stato tutto progettato a tavolino molto tempo prima. Il grande Papa Pio X ci aveva avvertito riguardo alla madre di tutte le eresie, il modernismo, e di quelli che tentavano di infiltrarsi nella Chiesa Cattolica per distruggerla dall'interno, ma purtroppo non è stato ascoltato, come la maggior parte dei grandi Profeti del passato, e così il concilione ha provocato la distruzione di quello che per noi Cattolici era più importante di qualsiasi altra cosa: la Santa Messa di Sempre, la Quale era ciò che più frenava il demonio dal compiere la sua opera distruttiva, sostituendola con una assemblea protestante massonica mondialista.
    Il grande Monsignor Lefebvre tutto questo lo aveva compreso molto bene, ma anche lui non è stato ascoltato.

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