ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 23 settembre 2015

Sta parecchio antipatico

PRETI CHIC, INTELLETTUALI, LAICI DETESTANO SAN PIO. Nel giorno della sua ricorrenza ricordiamo chi è e cosa rappresenta il frate con le stimmate...

Con Padre Pio torna sulla scena il diavolo

Padre Pio sta parecchio antipatico a tutto il lato adulto e chic della Chiesa (il priore di Bose, Enzo Bianchi per primo), e anche a quello un po’ meno adulto (Agostino Gemelli per citare un altro che psicologizzava assai sull figura del frate di Pietrelcina). Non parliamo dei laici, che lo odiano. Troppo dialettofono, troppo orientaleggiante nei culti, troppo mistico, troppo sporco, anche, con tutto quel sangue e quelle battaglie corpo a corpo col maligno.
Oggi che ricorre il suo “dies natalis” (per la chiesa il giorno della morte è il giorno in cui un santo nasce al Cielo) riproponiamo questo ritratto di Padre Pio di Pietrangelo Buttafuoco, che svela il vero motivo per il quale la modernità, religiosa e laica, è incompatibile con le stimmate del frate campano. 
img093mCon Padre Pio è il diavolo che torna prepotente sulla scena. Accanto alla santa Vergine rappresentata nel momento di schiacciare col piede la serpe c’è Padre Pio che prende per i capelli l’immondo. Il diavolo c’è, è presenza, è fatto di carne e di parola e Padre Pio è l’unico che se lo prende per le corna costringendolo a mostrarsi agli uomini. Anche solo per smontare il più collaudato giochino di Satana, lasciar credere di non esistere. Il vero motivo per cui i benpensanti odiano Padre Pio è il diavolo. Con Padre Pio, infatti, è tornato il diavolo. Non è il pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo che annoia gli editorialisti borghesi, non è il miracolo che mobilita gli scienziati stana-imbroglioni, non è la devozione della gente quella che accende i sorrisi di sufficienza degli acculturati ma, per l’appunto, il diavolo. Si sentono disturbati rispetto all’idea che hanno avuto del diavolo e non vogliono farsela spiegare dal santo che ogni volta glielo mostra per quello che è, giusto per ricordare il destino che tocca ai dimentichi del Timore di Dio. E quello del Timordidio è il più importante insegnamento della Dottrina (quella che con termine più eufemistico oggi viene definita Catechismo).
E il Maligno, insomma, esiste. Non è categoria della metafisica, non si definisce in contraddizione con il vago bene, non è un pagliaccio dell’inconscio, una metafora ad uso della clinica psichiatrica, no. Il diavolo è il sì, è la spina dorsale che tiene in piedi il bipede quando questi non riesce a piegare il ginocchio nella preghiera, o la schiena nella prosternazione all’Altissimo. Il diavolo comanda le farfalline sul pancino, i formicolii del deretano, i lampi di genio del cervello, la macchina instancabile di volontà senza direzione. E il demonio che è anche un essere spirituale oltre che infido compagno della vita di ognuno, è – lo spiega bene Antonio Socci nel suo “Il segreto di Padre Pio” – “una verità fondamentale della dottrina cristiana e forse uno dei tanti scopi di Padre Pio è anche quello di mostrarla a un’epoca (e un establishment clericale) che lo nega o lo censura”. 
Il diavolo ha un identikit preciso: è persona in giacca e cravatta, è ragionevole, è galantuomo di modi e pensa sempre bene. Il diavolo è morale, pratica l’etica, costruisce la pace, la democrazia, stampa i suoi giornali e convince la gente dabbene al progetto della giustizia universale. Il diavolo è, appunto, razionale, sovrintende alla distribuzione dei diritti e alla questua dei desideri concedendo sempre il meglio: nelle fiction per famiglie, negli spot della beneficenza, sulle promesse del mondo migliore perfino, dove le mamme sono comprensive e i figli – perché mai non dovrebbero? – fanno il rap frocio da Paolo Bonolis e contemporaneamente cantano l’Ave Maria in chiesa. E’ una gran vita quella di Satana, il suo è il migliore dei mondi possibili, ha il cielo stellato sopra di sé e la legge morale dentro di sé, consiglia all’uomo l’umanesimo, la più abietta delle truffe ideologiche consumata al cospetto dei Cieli. Ma è anche vittima il diavolo: è capro espiatorio. Nella tragedia lui è il becco che pretende il pedaggio del senso di colpa, è la sovversione cui tutti pagano pegno sull’altare della libertà, dell’arte e della poesia. E’ generoso verso i cristianucci e per ogni burrosa erezione concede uno scatto di glamour verso i più bui sprofondi del nulla. Della menzogna ne ha fatto l’unica religione vittoriosa nel mondo e l’ha vestita di verità: l’idea che il domani occidentale sia sempre meglio dello ieri spirituale. E’ l’idea che il Golgota sia stato solo un simbolico passaggio.
Al diavolo piacciono molto i simboli, perfino l’Eucaristia per lui è simbolismo, una cena simbolica per intrattenersi sulla riflessione, niente di più. Alla fine della fiera il diavolo gode nel mostrarsi inadeguato all’orizzonte della modernità ed è per questo che non si fa fregare. La sua unica possibilità d’apparizione è burlesque, tipo quella della pubblicità del Campari: tentatore tra corroboranti e accoppiamenti. Ed è così che nell’infinita trama del disincanto il diavolo costruisce la perfezione della sua dissimulazione: suvvia, come può mai esserci un così grottesco aborto della teologia?
E invece il diavolo c’è. Con Padre Pio, il santo, s’è preso a pugni subito. Quando Francesco Forgione era piccolo se lo ritrovava tra le pecore. Il diavolo svegliava la notte France’: gli disturbava la preghiera, e, una volta che il ragazzo era diventato uomo, al chiuso del convento, lo torturava al modo della tentazione con tanto di femmine in calore perché sapeva quanto danno il futuro padre cappuccino avrebbe fatto al suo disegno. E il disegno del diavolo non contempla il gioco a carte scoperte. Il diavolo si nasconde dietro il no, non ci sono, invece lui è il sì, eccomi.
 

Da Il Foglio, 07/12/2007
http://ilgiornaleoff.ilgiornale.it/2015/09/23/con-padre-pio-torna-sulla-scena-il-diavolo/
Il mondo celebra Padre Pio, il santo che consacrò la vita alla Madonna
23 settembre 2015, intelligo
Il mondo celebra Padre Pio, il santo che consacrò la vita alla Madonna
Una vita di sofferenze, nel nome di Maria. E il segno di quella che sarebbe stata la missione di Padre Pio da Pietrelcina è impressa nel cartello appeso alla porta della sua cella con la frase di San Bernardo: “Maria è tutta la ragione della mia speranza”.

Oggi in tutto il mondo si celebra San Pio da Pietrelcina e la sua eredità spirituale non ha confini: dai gruppi di preghiera alle tante inziative di carità portate avanti nel suo nome e nel solco del suo insegnamento. Il fulcro resta San Giovanni Rotondo dove il frate cappuccino nato nel 1887 a Pietrelcina, visse dal 1916 fino alla sua morte. 

Nel 1918 mentre pregava ai piedi del Crocifisso ricevette le stimmate che lo accompagnarono in tutto il suo cammino terreno. Ed è significativo rileggere il racconto che San Pio fece di quella esperienza assoluta: “Cosa dirvi a riguardo di ciò che mi dimandate del come sia avvenuta la mia crocifissione? […] mi vidi innanzi un misterioso personaggio, simile a quello visto la sera del 5 agosto, che differenziava in questo solamente perché aveva le mani e i piedi e il costato che grondavano sangue. La vista del personaggio si ritira e io mi avvidi che mani, piedi e costato erano traforati e grondavano sangue… Immaginate lo strazio che sperimentai allora e che vado sperimentando continuamente quasi tutti i giorni”. 

Ma le stimmate furono uno dei passaggi che consegnarono al frate cappuccino indicibili sofferenze, non solo fisiche: fu visitato da numerosi medici e molto folta fu la schiera di coloro che lo considerarono uno psicopatico, un visionario, e addirittura un imbroglione. Ma il religioso continuò nel suo ministero consacrando la sua vita alla Madonna e dedicandole la realizzazione della “Casa Sollievo della Sofferenza”, l’ospedale inaugurato nel 1956. 

Nel 1968, anno in cui milioni di fedeli si riunirono a San Giovanni Rotondo per ricordare il cinquantesimo anniversario delle stimmate, Padre Pio già gravemente malato, terminò il suo passaggio terreno. Ci sono voluti trent’anni e papa Giovanni Paolo II per conferire al frate il titolo di venerabile. Poi la beatificazione e quindi nel 2002 la canonizzazione, avvenuta dopochè la Chiesa riconobbe ufficialmente la guarigione di Matteo Colella, affetto da una leucemia fulminante.

LuBi

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