ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 22 ottobre 2015

Evaporazioni


Con la figura del padre evapora anche quella del papa

(di Cristina Siccardi) Sulla pagina della cronaca di Torino de La Stampa di domenica 11 ottobre campeggiava un articolo di Maria Teresa Martinengo dal titolo La sofferenza delle adolescenti “urlata” con i tagli alle braccia. Crescono i casi di autolesionismo scoperti nelle scuole medie. Non esiste più pietà né per i bambini, né per gli adolescenti; non c’è più amore per loro, ma soltanto miserabile attenzione per se stessi.
Perciò molti genitori non si avvedono neppure più della sofferenza dei propri figli e, quando viene segnalata dalla scuola, essi si appoggiano agli psicanalisti, senza considerare il loro esempio negativo che procura, crudelmente, dolore. Bambini e ragazzi che non riescono a stare fermi nei banchi, che sono aggressivi, che manifestano scarso rendimento, che si isolano, che fanno assenze… fino ad arrivare a farsi del male e ferirsi. Perché sentendo il dolore fisico, chetano il loro dolore morale e spirituale. Una società perversa come l’attuale non può che creare dolore lacerante in chi è ancora innocente o in chi lascia l’innocenza in maniera sregolata, fuori da contesti di rispetto per sé e per gli altri.

Squilibrio, ansia, depressione. «Oggi il rischio per i bambini che manifestano un disagio, è che siano preceduti alle medie dalla loro “fama”, che ci arrivino con un’etichetta – dislessico, iperattivo, figlio di genitori incapaci –, mentre basterebbe comprendere meglio il perché della sofferenza», così ha affermato il Dottor Mauro Martinasso, direttore del Centro Ulisse durante il Convegno Mal di scuola, promosso dal Centro di Psicologia Ulisse all’Istituto Avogradro di Torino. E mentre si cercano soluzioni tampone, il bambino e ragazzo “etichettato” sta sempre più male. E che adulto diventerà?
Questo mal di vivere così precoce – forse su di loro ricade il prezzo per i tanti omicidi abortivi? – ha diversi attori: la famiglia (allargata o meno che sia); le «cattive compagnie», come saggiamente venivano chiamate un tempo; i social network, dove spesso i minori diventano vittime della dipendenza relazionale, dei cattivi incontri virtuali, del narci-protagonismo e del cosiddetto «cyberbullismo». L’autolesionismo è diffuso soprattutto fra le giovani, alcune si tagliano con la lametta del temperino o con quella per la barba. Fragilità e insicurezze causate dalla mancanza d’affetto da parte del padre e/o della madre: genitori che sanno dare denaro, ma non il loro tempo e non i sani ed insostituibili insegnamenti.
Il tempo è prezioso nella crescita dei figli: non basta vederli qualche ora la sera, magari quando si è nervosi e litigiosi. L’equilibrio stabile nella persona si crea proprio nei primi anni di vita e nella giovinezza: a 20 anni la personalità è già costruita. La sicurezza viene dal padre, l’amabilità dalla madre. Un tempo erano i ragazzi a formare le bande aggressive, oggi le formano anche le ragazze. «Spesso», ha affermato la Preside della Scuola media Antonelli, «siamo noi, a scuola, a scoprire le ferite. Perché vogliono che si vedano (…) Siamo noi a spiegare alla famiglia, che spesso non sa, non vede»… Non c’è tempo per sapere e vedere, perché bisogna pensare a se stessi (estetista, palestre, corsi di ballo o magari volontariato), ai propri partner di turno, ai propri viaggi, ai propri shopping…
Lo psicanalista Massimo Recalcati, fra i più famosi del nostro tempo, scrive nel suo libro Il complesso di Telemaco: «I padri latinano, si sono eclissati o sono divenuti compagni di gioco dei loro figli. Tuttavia, nuovi segnali, sempre più insistenti, giungono dalla società civile, dal mondo della politica e dalla cultura, a rilanciare una inedita e pressante domanda di padre».
L’occasione sinodale è più che mai propizia. Ma, invece di porre le basi per un’accettazione del lassismo coniugale e familiare, dovrebbe richiamare all’ordine gli adulteri, invitandoli a non peccare più (come fece Gesù con l’adultera e come ha continuato ad insegnare il Magistero); dovrebbe ritornare misericordiosamente ad insegnare agli sposi e ai genitori i propri sacri doveri. Questa Chiesa ripiegata su se stessa, che «prende l’odore delle pecore» è una Chiesa cinica, che non fa il bene delle pecore, ma le invia al macello. Il fetore è diventato insopportabile e sono i figli ad essere le principali vittime. La sofferenza delle adolescenti “urlata” con i tagli alle braccia. L’emorragia non ha soluzione se non nel recupero del senso del peccato, nel timore di Dio, nell’esercizio delle virtù, nell’offensiva alle tentazioni e ai vizi.
Recalcati sostiene che, come è evaporata dalla nostra civiltà la figura del padre, così è evaporata la figura del Papa: «Emblematica», ha detto durante una conferenza tenutasi all’Unione Industriali di Torino il 9 ottobre scorso, «l’immagine del balcone vuoto, con i tendoni al vento, della loggia della Basilica di San Pietro nel film di Nanni Moretti Habemus Papam: tutti attendono la benedizione del Pontefice appena eletto, ma il Papa non si presenta». Lo psicanalista discepolo di Jacques Lacan, sostiene che il padre «è morto. Lo hanno proclamato in diverse forme la filosofia, la letteratura, la psicanalisi; soprattutto, lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle nella vita individuale e sociale, quando ci siamo trovati orfani di una stella polare, di un punto di riferimento, di una Legge condivisa e condivisibile, capace di orientare il nostro agire».
Recalcati non è certo un cattolico praticante, men che meno un tradizionalista, tuttavia, con onestà intellettuale sa osservare gli accadimenti, riconoscendo che l’aver tolto il Crocifisso dalle aule scolastiche va in parallelo con l’eliminazione del ruolo tradizionale della figura paterna e l’eliminazione dei simboli pontificali. «(…) abbiamo sperimentato nelle nostre esistenze e, in scala maggiore, nei grandi fenomeni mondiali che determinano il destino delle nazioni che la ribellione, la trasgressione edipica contro il Padre e la Legge non hanno prodotto nulla di durevole, lasciandoci più soli e smarriti che mai. Come pure non ha risolto i nostri problemi la chiusura narcisistica in noi stessi, in una sorta di autismo che, negli ultimi anni, ha preso la forma dell’immersione nei social network (Facebook e affini)» (http://www.famigliacristiana.it/articolo/recalcati.aspx).
Meglio gli orfani reali perché sono morti i loro genitori, piuttosto che avere genitori assenti per il loro edonismo che, talvolta, si trasforma in puro cinismo, che si ripercuote nei rapporti con il coniuge, con gli amici, con i colleghi di lavoro e persino sui propri figli. Abbiamo ormai genitori che trasmettono ai figli pretese di godimento illimitato e senza freni (come suggeriscono i media e la pubblicità): sono in tanti, per esempio, ad accettare le «serate da sballo» perché anche loro l’avevano fatto da giovani o perché si sentono in colpa, avendo esistenze sregolate e peccaminose oppure semplicemente perché è di moda; ma i padri e le madri non essendo stati creati per il piacere fine a se stesso, bensì per generare vita e per accudire la vita generata, la schizofrenia familiare è la logica conseguenza.
L’assenza di Legge investe non solo le famiglie, le persone, ma anche le istituzioni. «Viviamo in un tempo dominato dall’apologia idolatrica per il godimento immediato», ha detto Recalcati a Paolo Perazzolo di Famiglia Cristiana nel 2013: «Questa spinta a godere il più possibile è antagonista all’istituzione, perché il compito di ogni istituzione (famiglia, scuola, ospedale, Stato) dovrebbe essere quello di mettere un limite, un “freno”, come direbbe Lacan, al godimento individuale»
Alle istituzioni famiglia, scuola, ospedale, Stato è essenziale anteporre la Chiesa, istituita da Cristo per la salvezza di ognuno e, dunque, la salvezza della società dal fetore.
L’onda della morte del padre prese le mosse dall’annuncio di Nietzsche relativo alla morte di Dio, diventato vessillo nelle contestazioni giovanili del 1968. I genitori, all’epoca, e per tutti gli anni Settanta, venivano chiamati “matusa” (da Matusalemme, stante a significare persone antiche, di mentalità tradizionale e sorpassata). È arrivata poi la mitizzazione del padre-amico, in seguito del padre-mammo, con il risultato che la figura paterna è sparita. La causa è da ricercarsi anche nel rivoluzionario femminismo, il quale, non riconoscendo più i distinti e complementari ruoli di maschio e di femmina, ognuno fondamentale per ciò che è, ha contribuito in modo decisivo a confondere la natura degli stessi sessi fino ad arrivare all’elogio dell’omosessualismo. Dunque si è sviluppato un processo di scontro diretto e violento nei confronti di Dio e della natura. L’attuale chiamata della Chiesa è oggi quella di risollevare le sorti di questo nefasto collasso della ragione.
Così come non si può fare a meno della presenza materna e paterna per la crescita equilibrata della persona, allo stesso modo la Chiesa non può rinunciare al suo Pater familias. La più responsabile delle istituzioni in questa crisi esistenziale, che non conosce precedenti, è senz’altro la Chiesa, deposito della Legge divina e della Religione rivelata. Recalcati non crede né nella dottrina, né nei dogmi, li rigetta come anticaglie passate, ed è chiaro che egli non guarda indietro per andare avanti: «(…) bisogna ripensare (…) il padre non più a partire dall’autorità simbolica conferitagli dalla tradizione, ma dai suoi atti, dall’atto della testimonianza. Si tratta di un padre che sa generare rispetto non al suo Nome, ma al suo atto».
È esattamente ciò che vuole fare Papa Francesco: non più la dottrina, ma la pastorale (gli atti) dovrebbe guidare le regole di comportamento. Ma la pastorale, per suo proprio, non possiede regole, essa è l’applicazione della Legge di Dio e se la Legge del Padre non viene più trasmessa, allora a dettare le regole del gioco sono quelle imposte dal principe di questo mondo. (Cristina Siccardi)

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