ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 5 ottobre 2015

Gamberetti alla sinodale?

FaroDiRoma
(Sante Cavalleri) L’attuale posizione della Chiesa che proibisce la comunione eucaristica  ai divorziati risposati “non consiste in un divieto arbitrario, ma è  un’esigenza intrinseca richiesta in varie situazioni e rapporti, nel  contesto della testimonianza ecclesiale”.  Lo afferma la “relatio” letta  alla prima Congregazione Generale del Sinodo dal cardinale Peter Erdo:  parole pesantissime, appena ammorbidite dall’auspicio di “un’approfondita riflessione” sul tema durante i lavori. Anche se il  cardinale magiaro ha poi affermato, nella conferenza stampa successiva,  che sul tema dalla comunione ai divorziati risposati la maggioranza  metematica dei contributi giunti attraverso le Conferenze Episcopali  sarebbe contraria. Erdo ha offerto in definitiva una lettura trasversale  dell’Instrumentum Laboris cassandone sostanzialmente tutte le aperture. 
 E nella “relatio” ha anche criticato il concetto di “democrazia formale”  arrivando a prendersela con chi nei diversi paesi sostiene che si  debbano rispettare i voti espressi e non soltanto i principi.
 Nessun “cambiamento dottrinale” potrà scaturire dal Sinodo in tema di  divorziati risposati. Ma sono possibili importanti “cambiamenti  pastorali”, ha affermato invece il segretario speciale del Sinodo,  monsignor Bruno Forte, che nella conferenza stampa tenuta al termine  della prima Congregazione generale è sembrato voler rispondere al  realtore generale. “Questo Sinodo – ha detto Forte – e’ pastorale, come  lo fu il Vaticano II. Cerchiamo nuove vie di approccio per rendere la  Chiesa più vicina agli uomini del suo tempo. La Chiesa non puo’ restare  insensibile davanti alle sfide. Questa e’ la vera posta in gioco del  Sinodo”.
 “Il Sinodo sia un luogo di dialogo, non delle idee difese a oltranza”,  ha chiesto da parte sua il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga,  coordinatore del Consiglio dei 9 cardinali che affiancano Papa Francesco  nel governo della Chiesa universale e primate dell’Honduras. Proponendo  una meditazione prima dell’inizio dei lavori, il porporato salesiano ha  suggerito ai 270 padri sinodali di non scoraggiarsi vedendo i problemi  di “una Chiesa in via di estinzione e della famiglia sotto attacco”, ma  di “guardare avanti con coraggio, sperando nel Signore”. In questo modo,  ha assicurato, “il Dio della carità e della pace starà con noi in un  cammino di gioia e speranza per tutta la famiglia”. Per Maradiaga, il  Sinodo dovrà essere “uno strumento di pacificazione” offrendo “il suo  contributo alla pace”.
 All’inizio della prima Congregazione generale, prima che i giornalisti  lasciassero l’Aula, Papa Francesco ha voluto ringraziarli per il loro  lavoro, pronunciando parole molto significative: “ringrazio – ha detto –  i giornalisti presenti in questo momento e quelli che ci seguono da  lontano per la loro appassionata partecipazione e ammirevole  attenzione”. Francesco ha cosi’ risposto implicitamente alle accuse  rivolte alla stampa in occasione del precedente Sinodo definito da  alcuni “Sinodo dei media”. Ed anche alle polemiche per una presunta  “blindatura” dei lavori.
 “Il Sinodo non e’ un parlamento, dove per raggiungere un consenso si  patteggia, si negozia e si cerca un compromesso”, ha detto ancora il  Papa nel breve discorso di saluto. “L’unico metodo che possiamo seguire  – ha detto – è quello di aprirsi allo Spirito Santo, affinché sia lui a  guidarci e illuminarci, adottando una coraggiosa ‘parresia’, lo zelo  apostolico e seguendo la dottrina con saggezza e franchezza per cercare  il bene della Chiesa e delle famiglie e la suprema lex: la salvezza  delle anime. “Non e’ un convegno ne’ un parlatorio dove ci si mette  d’accordo, ma e’ un’espressione ecclesiale: e’ la chiesa che cammina  insieme per leggere la realtà con occhi di fede, secondo il cuore di  Dio. Guardando al deposito della fede non come un museo da conservare ma  una fonte viva dalla quale dissetarsi”.
Nel suo breve intervento in apertura della prima Congregazione  Generale, Papa Francesco ha definito il Sinodo “uno spazio protetto,  dove la Chiesa sperimenta l’azione dello Spirito Santo, attraverso la  lingua di tutte le persone che si lasciano guidare dal Dio che sorprende  sempre, che si rivela ai piccoli ed è sempre più grande delle nostre  logiche e delle nostre case”. Ed ha ricordato ai padri sinodali che “la  legge e il sabato sono per l’uomo” (e non il contrario, come pensavano  con rigidità i farisei, ndr) e che il Vangelo esorta ad andare a cercare  l’unica pecorella smarrita”. Ai padre sinodali, dunque, Papa Francesco  ha chiesto “coraggio apostolico per non lasciarsi impaurire davanti alle  seduzioni del mondo”. E li ha messi in guardia dal rischio di farsi  condizionare “dall’impietrimento di alcuni cuori che nonostante le buone  intenzioni allontanano da Dio”. “La vita cristiana – ha poi concluso –  non sia un museo di ricordi, facciamo tacere tutti nostri umori per  ascoltare la soave voce di Dio che parla nel silenzio”.
 “Umiltà evangelica è ascoltare i fratelli vescovi per riempirsi dello  Spirito Santo. Non puntare il dito ma tendere la mano senza mai sentirsi  superiori a loro”, ha suggerito Francesco ai padri sinodali, rilevando  che “la Chiesa riprende oggi il dialogo iniziato con il Sinodo  Straordinario e molto prima con le risposte delle Conferenze Episcopali  e gli altri organismi: e’ un camminare insieme con spirito di  collegialità e sinodalità”. “Ci si muove – ha tranquillizzato Bergoglio  – necessariamente nel seno della Chiesa e dentro il santo popolo di Dio  di cui facciamo parte in qualità di pastori e servitori”.
http://ilsismografo.blogspot.it/2015/10/vaticano-la-marcia-indietro-di-erdo-e.html
1°giorno di Sinodo, guerra di nervi: relazione svela la forte tensione
05 ottobre 2015, Americo Mascarucci
1°giorno di Sinodo, guerra di nervi: relazione svela la forte tensione
Si è aperto questa mattina il Sinodo ordinario sulla Famiglia che durerà tre settimane e che vedrà al centro dei lavori l’esigenza più volte auspicata da Papa Francesco di definire una nuova pastorale della Famiglia aperta ed attenta ai problemi di oggi. 

Un Sinodo che il Papa avrebbe preferito aprire in un clima di concordia e di entusiasmo e non all’insegna delle tensioni seguite al gesto, definito in Vaticano irresponsabile e sconsiderato, del teologo Charamsa, il funzionario dell’ex Sant’Uffizio che ha dichiarato la propria omosessualità e reso pubblica la relazione con un uomo, sollecitando i padri sinodali ad aprire le porte alle unioni gay. 

 E’ ovvio come la discussione sinodale si concentri principalmente su due nodi fondamentali, quelli che saranno più dibattuti e che sicuramente provocheranno scintille fra i padri; la riammissione dei divorziati risposati all’Eucaristia e l’accoglienza delle coppie gay. 

 Il Papa aprendo stamattina i lavori, ha rivolto un appello ai 270 vescovi che compongono l’assemblea cui si aggiungono novanta altri componenti fra esperti, uditori e delegati delle altre chiese cristiane, affinché il Sinodo non si trasformi in una sorta di Parlamento: “Questo non è un Parlamento dove regna il compromesso – ha spiegato Bergoglio - il Sinodo non è un luogo dove per raggiungere un consenso o un accordo comune si ricorre al negoziato, al patteggiamento o ai compromessi, ma l’unico metodo del Sinodo è quello di aprirsi allo Spirito Santo con coraggio apostolico, umiltà evangelica e orazione fiduciosa, affinché sia lui a guidarci e illuminarci e a farci mettere davanti agli occhi, con i nostri pareri personali, la fede in Dio, la fedeltà al magistero, il bene della Chiesa". 

La sensazione che il Sinodo si trasformi in una specie di ring fra conservatori e progressisti, con al centro i moderati a fare da mediatori, è palpabile dopo aver assistito agli scontri a distanza degli ultimi giorni su diversi organi di stampa. Mentre il riformatore Walter Kasper, evidenziava la necessità di dare risposte alle persone omosessuali perché “gay si nasce” e dunque non si può ridurre l’omosessualità soltanto ad una questione dottrinale, dall’altra parte i vari Caffarra, Ruini, Burke rilanciavano invece il tema dei diritti gay quale “grimaldello” della società relativista per snaturare il concetto di famiglia favorendo lo sviluppo dell’ideologia gender. Da una parte quindi il primato della misericordia e dell’accoglienza, dall’altro la difesa della dottrina in base al presupposto che ogni cedimento potrebbe aprire le porte della Chiesa all’ingresso del relativismo etico. Un pericolo questo reso oggi ancora più concreto proprio dalla vicenda Charamsa. 

Oggi l’oggettiva difficoltà di aprire su certe tematiche senza correre il rischio di entrare in conflitto con la dottrina lo ha evidenziato anche il relatore generale del Sinodo, il cardinale ungherese Peter Erdo considerato un conservatore. “Il divieto da parte della Chiesa di ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati – ha spiegato Erdo - non è arbitrario, ma è un’esigenza intrinseca richiesta in varie situazioni e rapporti, nel contesto della testimonianza ecclesiale. Tutto questo richiede però un’approfondita riflessione”. 

Discutere va bene dunque, ma occhio alle soluzioni. 

“Il problema non sarebbe tanto il fallimento del matrimonio – aggiunge Erdo - è  la convivenza nel secondo rapporto che impedisce l’accesso all’Eucarestia.L’insegnamento di Cristo sull’indissolubilità del matrimonio - ha ribadito ancora il Relatore - era molto esigente fino a provocare una certa confusione tra i suoi stessi discepoli. E i Vangeli e san Paolo confermano ugualmente che il ripudio della moglie, praticato prima tra il popolo d’Israele, non può rendere possibile un nuovo matrimonio per nessuna delle parti». 
Dunque nessun compromesso è possibile? “«È doveroso – spiega ancora Erdo- un accompagnamento pastorale misericordioso il quale però non lasci dubbi circa la verità dell’indissolubilità del matrimonio insegnata da Gesù Cristo stesso. La misericordia di Dio offre al peccatore il perdono, ma richiede la conversione. Ovvero un secco no ad un nuovo matrimonio”. 

Fin qui il tema dei divorziati. Non meno dura la relazione del cardinale sul tema dell’omosessualità. “La Chiesa insegna che non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. Gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza”. “E’ poi del tutto inaccettabile - ha dichiarato il cardinale citando le parole dell’Instrumentum Laboris - che i Pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso”.

Una relazione introduttiva quindi che già fa assaporare il clima di forte tensione che si respirerà in queste tre settimane all’interno del Sinodo. Un clima reso in parte irrespirabile da quella che da più parti è stata definita un’indebita ingerenza nei lavori del Sinodo, ossia lo “scandalo Charamsa”

Papa Francesco pare sia rimasto molto irritato dal gesto del teologo polacco che lo ha di fatto obbligato ad intervenire per ribadire come, al di là dell’esigenza di mantenere le porte aperte per tutti, il matrimonio debba restare unicamente quello fra un uomo ed una donna, perché questo è il disegno di Dio. Ma a tormentare ancora di più il Pontefice in queste ore sarebbe anche riemerso il problema relativo all’esistenza di una potente lobby gay in Vaticano, la stessa cui molti suppongono appartenesse anche Charamsa. 

L’ombra di ingerenze e indebite pressioni dei lobbisti sui lavori del Sinodo sembrerebbe preoccupare molto Bergoglio che teme di rivivere gli stessi travagli di Paolo VI. 

All’indomani del Concilio Vaticano II infatti si affermarono nella Chiesa movimenti riformatori che iniziarono fra l’altro a proporre il superamento del celibato sacerdotale e una nuova pastorale sulla sessualità. Francesco teme che il coming out di Charamsa possa essere il preludio a nuovi pericolosi sconvolgimenti capaci di terremotare la Chiesa e aprire la strada a processi ingovernabili. 

Da qui l’appello ai padri sinodali a lasciarsi illuminare “solo ed unicamente” dallo Spirito Santo.  

Erdö: no alla comunione ai divorziati risposati

Erdö con il Papa all'apertura del Sinodo
(©Ap)
(©AP) ERDÖ CON IL PAPA ALL'APERTURA DEL SINODO

Vingt-Trois: rimarrà deluso chi si aspetta cambiamenti spettacolari di dottrina. Forte: non ci siamo riuniti per non dire nulla. Lombardi: il Sinodo inizia oggi, non finisce oggi

IACOPO SCARAMUZZICITTÀ DEL VATICANO

Le coppie di divorziati risposati non possono accedere all’eucaristia, non per il «naufragio del primo matrimonio» ma a causa della «convivenza nel secondo rapporto». Il cardinale Peter Erdö, arcivescovo di Budapest e relatore generale del Sinodo, ha affrontato in questi termini uno dei temi più controversi al Sinodo dell'anno scorso, nella relazione introduttiva letta, stamane, nella prima sessione di lavoro del Sinodo ordinario sulla famiglia aperto ieri dal Papa (4 - 25 ottobre).

«Riguardo ai divorziati e risposati civilmente è doveroso un accompagnamento pastorale misericordioso il quale però non lascia dubbi circa la verità dell’indissolubilità del matrimonio insegnata da Gesù Cristo stesso», ha detto Erdö. «La misericordia di Dio offre al peccatore il perdono, ma richiede la conversione. Il peccato di cui può trattarsi in questo caso non è soprattutto il comportamento che può aver provocato il divorzio nel primo matrimonio. Riguardo a quel fatto è possibile che nel fallimento le parti non siano state ugualmente colpevoli, anche se molto spesso entrambe sono in una certa misura responsabili. Non è quindi il naufragio del primo matrimonio, ma la convivenza nel secondo rapporto che impedisce l’accesso all’Eucaristia». Per il Porporato ungherese, «ciò che impedisce alcuni aspetti della piena integrazione non consiste in un divieto arbitrario, ma è un’esigenza intrinseca richiesta in varie situazioni e rapporti, nel contesto della testimonianza ecclesiale. Tutto questo richiede, però, un’approfondita riflessione». Erdö ha ribadito la linea della Familiaris consortio, promulgata da Giovanni Paolo II nel 1981: coppie di divorziati risposati che però vivono con «continenza» la «loro relazione di aiuto reciproco e di amicizia», potranno «accedere anche ai sacramenti della Penitenza e dell`Eucarestia evitando però di provocare scandalo».

Erdö è anche tornato sull'applicabilità del modello ortodosso alla Chiesa cattolica latina. Era stato il cardinale Walter Kasper, in vista del Sinodo straordinario dell'anno scorso, a prospettare che, seguendo quel modello, anche la Chiesa cattolica potrebbe ammettere alcune coppie di divorziati risposati alla comunione dopo un percorso penitenziale: «Per quanto riguarda il riferimento alla prassi pastorale delle Chiese ortodosse, essa non può essere valutata giustamente usando solo l’apparato concettuale sviluppatosi in Occidente nel secondo Millennio», ha detto oggi Erdö. «Va tenuta presente la grande differenza istituzionale riguardo ai tribunali della Chiesa, nonché il rispetto speciale verso la legislazione degli Stati, che a volte può diventare critica, se le leggi dello Stato si staccano dalla verità del matrimonio secondo il disegno del Creatore».

Questa posizione, ha detto Erdö nel successivo briefing in Sala stampa vaticana, «si riscontra già nell’Instrumentum laboris», ed è poi «il risultato oggettivo, quasi matematico di quello che è arrivato nel frattempo tra i due Sinodi, e dopo l’Instrumentum laboris, alla Segreteria del Sinodo: io cercavo di raccogliere la voce della Chiesa», ha detto Erdö, secondo il quale «per la maggioranza delle risposte emerse c’è la volontà di tener presente» i documenti già pubblicati dal magistero su questo tema. Nella sua relazione, invece, «c’è la menzione della necessità di ulteriori approfondimenti e riflessioni per quanto riguarda la via penitenziale, non l’elenco tassativo di possibilità». Su questo tema, a ogni modo, vi è stato «un approfondimento scientifico» nel periodo tra lo scorso e l’attuale Sinodo, che ha comunque rilevato, ha detto Erdö, come non si possa fare una trasposizione automatica tra la prassi delle Chiese ortodosse, «tutt’altro che unitaria», e la Chiesa cattolica.

«Non si tratta di immaginare e di attendersi che il Sinodo raccomandi al Papa di prendere una disposizione generale che eviterebbe di affrontare la questione della libertà personale delle persone», ha detto da parte sua il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente di turno del Sinodo. Il Sinodo, ha chiosato da parte sua il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, «comincia oggi, non finisce oggi».

L’Instrumentum laboris sanciva, sul punto dei divorziati risposati, che al Sinodo del 2014 «si è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia», ma «l’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che «l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate» da diversi «fattori psichici oppure sociali».

Molti i temi affrontati da Erdö nella relazione introduttiva che ha letto, stamane, dopo il discorso di apertura del Papa e quello riepilogativo del cardinale segretario del Sinodo Lorenzo Baldisseri: l’ascolto delle sfide della famiglia, il discernimento della vocazione familiare e la missione della famiglia di oggi, i tre capitoli dell’intervento. Tra le questioni affrontate, il rispetto per le persone omosessuali e il no al matrimonio gay, la denuncia dell’aborto e la difesa della vita, le «tendenze individualistiche e anti-istituzionali» che prendono di mira non solo la famiglia, la testimonianza di molte famiglie cristiane, il tema dell’educazione e dell’evangelizzazione, così come i problemi delle migrazioni e della povertà che incrociano la tematica famigliare.

«Se siete venuti a Roma con l’idea di un cambiamento spettacolare della dottrina, ve ne andrete delusi», ha detto il cardinale Vingt-Trois. «Non è che questo Sinodo non si riunisce per non dire nulla», ha proseguito monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto e segretario speciale del Sinodo intervenuto anch’egli al briefing. «Abbiamo l’attenzione pastorale che ci preme fortemente. Non è un Sinodo dottrinale ma pastorale, come lo fu il Concilio vaticano II, e questo non diminuisce in niente la nostra assemblea. Bisogna cercare le vie rende la Chiesa vicina agli uomini e alle donne del nostro tempo. Il tempo cambia, le situazioni cambiano, la Chiesa non può restare insensibile alle sfide. Siamo qui per vedere, nella fedeltà alla dottrina della Chiesa, come essere pastori che accompagnano i fedeli. Non pensiamo che sia un cambiamento dottrinale, ma le sfide pastorali ci sono e le vogliamo affrontare con parresia, senso di responsabilità, insieme al Papa».

I tre padri sinodali presenti al briefing hanno risposto anche ad alcune domande circa la «pressione mediatica» recentemente denunciata da Lombardi in seguito al coming out del funzionario vaticano gay Krzysztof Charamsa. Il lavoro attorno al Sinodo, già dall’anno scorso, «era largamente colorato, per usare un termine positivo, o infiltrato, per usare un termine negativo, da questioni che non erano per forza le più preoccupanti per noi partecipanti, questioni dell’aria del tempo, che non sono i segni del tempo. Personalmente non penso che il Papa sia completamente sottomesso all’aria del tempo, penso anzi che sia completamente libero. Io ho 73 anni, tra due anni sarò in pensione, non ho nulla da perdere e dunque non ho nessun timore a non essere in sintonia con l’aria del tempo e rimango molto libero».

Per Forte, «l’anno scorso la lettura dei media mi è sembrata spesso bipolare: si voleva mettere in luce sempre la presenza di due o più partiti tra i vescovi, vorrei dirvi che dall’interno del Sinodo non è questa la percezione: si tratta di pastori, uomini di fede che si pongono in ascolto di Dio e alle attese e le sfide della gente, questo ci unisce ben più profondamente di tutti gli accenti e le differenze».

Al giornalista che riportava sia la vicenda di Charamsa che le critiche dell’ex-presidente irlandese Mary McAleese a un Sinodo incongruamente composto da padri sinodali celibi che si occupa di famiglia, Vingt-Trois ha risposto: «Se la nostra esperienza non è pertinente, non si può evocare l’esperienza del sottosegretario della Congregazione della Dottrina della Fede. Se lei lo evoca, è perché ha avuto un’esperienza pertinente. Siamo tutti, noi e voi, membri di famiglia, siamo figli di qualcuno, viviamo in rete con le nostre famiglie, sorelle e fratelli, nipoti e zii. Il fatto che siamo celibi succede a un alto numero di persone nella società contemporanea, che non per questo sono esclusi dalle loro famiglie». Anche per Forte, «siamo pastori e come tali molto vicini alla gente nel quotidiano».


SINODO/ LAICI IN AZIONE IN SVIZZERA E IN POLONIA – di GIUSEPPE RUSCONI –www.rossoporpora.org – 5 ottobre 2015

Accolto massicciamente anche dai laici l’appello di papa Francesco alla franchezza nel dibattito sui temi sinodali della famiglia – In Svizzera, come ha detto ieri il vescovo di Sion Jean-Marie Lovay, si sono levate le voci più disparate: in ogni caso sono “molti” i cattolici preoccupati che il Sinodo cambi de facto la dottrina – In Polonia l’intellighenzia cattolica presenta un documento in cui si richiamano i padri sinodali a un linguaggio chiaro e conforme alla dottrina sociale su matrimonio e famiglia-
Un merito indubbio di papa Francesco è quello di aver chiesto franchezza (parresìa) ai padri sinodali perché i due Sinodi sulla famiglia dessero voce e spazio a tutte le opinioni in materia di famiglia esistenti nel mondo cattolico. Chiedendo questo, il Papa ha stimolato naturalmente anche la partecipazione di ogni sorta di componenti laiche nella preparazione sia dell’assemblea episcopale di ottobre 2014 che di quella che si è aperta ieri con la messa in San Pietro.
Non si può dire che l’appello di Francesco non sia stato seguito. Nei Paesi europei ad esempio singoli, gruppi spontanei di famiglie, associazioni e movimenti hanno aderito alla richiesta parresìa approfondendo seriamente il tema della famiglia così da poter concretizzare la riflessione in modi diversi e visibili. In Italia, per citare il fatto più clamoroso, una parte consistente del laicato si è ritrovata il 20 giugno in Piazza San Giovanni per gridare il proprio ‘sì’ alla famiglia formata da uomo e donna, se possibile con figli: è stata la manifestazione italiana (di gran lunga) più importante (anche numericamente) e più convinta dei due anni ‘sinodali’. E’ anche evidente però che nel mondo cattolico si sono confrontate sensibilità molto divergenti in materia di famiglia.
SVIZZERA/MONS. LOVEY: CATTOLICI DIVISI, TANTI I TIMORI CHE IL SINODO SBANDI
Interessante ad esempio quel che ha rilevato ieri - nella conferenza-stampa tenuta presso la Guardia Svizzera – monsignor Jean-Marie Lovay, da un anno vescovo di Sion e rappresentante al Sinodo della Conferenza episcopale elvetica. Rispondendo a una nostra domanda, il preposto emerito della Congregazione dei canonici regolari del Gran San Bernardo ha osservato come non si possa parlare di una univocità di opinione tra i cattolici svizzeri a proposito del tema sinodale. E nella realtà quotidiana neanche della prevalenza netta di un'opinione - quella 'progressista' -su un'altra, come lascerebbero intendere i risultati ufficiali della consultazione presinodale. “Sono sommerso da tanta posta, molta inviata da cattolici che temono che il Sinodo intacchi la dottrina della Chiesa” – ha detto il vescovo di Sion – “Non si può negare che ci siano forti tensioni. I timori sono figli di preoccupazioni salutari e talvolta anche ingiustificate… ma papa Francesco ha invitato a non avere paura!”. Da una risposta a un’altra nostra domanda è emersa la stessa realtà. Infatti, interpellato su un’eventuale ‘benedizione’ per coppie di persone dello stesso sesso, Lovay ha così risposto: “Personalmente non ritengo opportuna una ‘benedizione’ per le coppie omosessuali, che rischierebbe del resto da una parte di restare solo un gesto isolato, non seguito da un accompagnamento pastorale. E dall’altra sarebbe sentita come una provocazione per molti cristiani elvetici che non comprenderebbero quella che verrebbe considerata come un’accettazione ufficiale da parte della Chiesa delle coppie gay”.  
UN DOCUMENTO DI INTELLETTUALI CATTOLICI POLACCHI
Buona parte dell’ intellighenzia cattolica polacca invia invece al Sinodo, per mezzo dei vescovi, una riflessione molto articolata su matrimonio e famiglia. Il documento è sottoscritto da numerose realtà associative, tra cui la Comunità Emmanuel e il Centro del Pensiero di Giovanni Paolo II, oltre ai rappresentanti del grande settimanale cattolico Niedziela (edito dall’arcidiocesi di Czestochowa), del settimanale della diocesi di Varsavia-Praga  Idziemy, dal trimestrale Christianitas. Da notare che la diocesi di Varsavia-Praga a est della Vistola (oltre un milione di battezzati, Praga in questo caso è un quartiere di Varsavia) è retta da un padre sinodale, l’arcivescovo Henryk Hoser, dal 2005 al 2008 segretario aggiunto di Propaganda Fide.
Nel documento, intitolato “Tematiche che vogliamo portare all’attenzione dei padri sinodali”, si legge inizialmente: “Dal prossimo Sinodo ci aspettiamo un approfondimento della teologia del matrimonio e della famiglia. Particolarmente importanti ci sembrano le tematiche riguardanti la dimensione sacramentale della famiglia basata sul matrimonio che ne costituisce il fondamento, i diritti della famiglia, le sue relazioni nei confronti dello Stato e delle istituzioni internazionali, la pastorale della famiglia, la cultura e la teologia del corpo. Inoltre, meritano attenzione anche i problemi dell’educazione cristiana nel contesto della libertà della Chiesa nella proclamazione della verità, dei diritti dei genitori e della libertà religiosa”. Proseguendo si legge che “la Chiesa non deve rinunciare alla sua funzione pedagogica ed educativa, anche se viene per questo molto criticata. Il silenzio della Chiesa sull’attuale processo di ridefinizione del concetto della famiglia viene spesso percepito come una sorta di fuga del pastore dal suo gregge. La Chiesa è responsabile non solo di formare i fedeli nel mondo odierno, ma anche di rappresentare una linea di pensiero chiaro ed univoco per coloro che vivono fuori della Chiesa.
Osservato poi che “la famiglia è primaria rispetto allo Stato”, i sottoscrittori evidenziano che “il dovere della Chiesa è quello di difendere la famiglia cattolica contro quelle ideologie politiche che, agendo sotto il pretesto della neutralità, in realtà combattono la famiglia”. Non solo: anche “i genitori si aspettano che la Chiesa non esiti a sostenere le famiglie nelle dispute con istituzioni che propagano programmi educativi discutibili”. In evidenza poi che “l’educazione a favore della difesa della vita è un dovere della Chiesa, della gerarchia ecclesiastica e dei laici”. Va  “continuamente ricordato, soprattutto ai cattolici impegnati in politica, che lo Stato e le sue leggi hanno il dovere di difendere integralmente la vita umana”. 
CONSEGNATE IN SEGRETERIA DI STATO LE FIRME DELLA ‘SUPPLICA FILIALE’ 
Intanto martedì 29 settembre sono state consegnate in Segreteria di Stato le quasi ottocentomila firme (per due terzi cartacee) raccolte in molti Paesi dai promotori della “Supplica filiale” a papa Francesco. Nel testo si parla di “apprensioni” e di “speranze”. Le prime “nascono dal fatto che assistiamo da decenni ad una rivoluzione sessuale promossa da un’alleanza di potenti organizzazioni, forze politiche e mezzi di comunicazione, che attentano passo dopo passo all’esistenza stessa della famiglia come cellula basica della società” e dalla constatazione del “disorientamento generalizzato causato dall’eventualità che in seno alla Chiesa si apra una breccia tale da permettere l’adulterio – in seguito all’accesso all’Eucaristia di coppie divorziate e risposate civilmente – e perfino una virtuale accettazione delle unioni omosessuali”. Le speranze nascono invece dalla “parola chiarificatrice di Vostra Santità”, che costituisce “l’unica via per superare la crescente confusione tra i fedeli”. Tale parola infatti “impedirebbe la relativizzazione dell’insegnamento di Gesù Cristo e dissiperebbe le tenebre che si proietterebbero sul futuro dei nostri figli, se la fiaccola smettesse di illuminare il loro cammino”. Tra i firmatari i cardinali Jorge Arturo Medina Estevez (Cile), Geraldo Majella Agnelo (Brasile), Gaudencio Rosales (Filippine), Ricardo Vidal (Filippine), Raymond Leo Burke (USA), Janis Pujats (Lettonia), Alexandre Josè Maria dos Santos (Mozambico). Come si ricorderà la raccolta delle firme per la ‘Supplica’ è stata accompagnata dalla diffusione (fin qui 105mila le copie diffuse) di un ‘manuale da combattimento’, il vademecum “Opzione preferenziale per la famiglia/Cento domande e cento risposte intorno al Sinodo”, con prefazione del cardinal Medina Estevez. Ne sono autori i vescovi Aldo di Cillo Pagotto (Brasile), Robert Vasa (USA) e Athanasius Schneider (vescovo ausiliare di Astana, Kazakistan).
‘WIR SIND KIRCHE’: NUOVO MESSAGGIO AI PADRI SINODALI 
Il movimento internazionale Wir sind Kirke/We are Church/Noi siamo Chiesa ha lanciato, sempre il 29 settembre, un nuovo appello ai padri sinodali, chiedendo loro di affrontare i “problemi sociali ed economici della famiglia”; auspicando che “ il Sinodo invii un messaggio di pentimento alle vittime degli abusi sessuali da parte del clero”; invitando il Sinodo a pronunciarsi per l’ammissione all’Eucaristia dei divorziati risposati (“Ammettere, dopo un adeguato percorso spirituale, opportunamente sopportato, le coppie divorziate e risposate civilmente, a nuove nozze in Chiesa con valore sacramentale”) e, in ogni caso, a riconoscere al divorziato risposato la libertà di accostarsi o non all’Eucarestia; condividendo “i contenuti del ‘Motu proprio’ di papa Francesco sui processi canonici di nullità; postulando che “le persone e le coppie omosessuali siano pienamente considerate parte della Chiesa con ogni diritto e ogni dovere”. Il movimento inoltre ritiene che “la Humanae Vitae abbia da tempo esaurita la sua funzione magisteriale”.   
http://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/524-sinodo-laici-in-azione-in-svizzera-e-in-polonia.html

SINODO: Conferenza a porte chiuse a Roma di cattolici LGBT, tra cui un vescovo messicano

Il vescovo messicano Raúl Vera López
Il vescovo messicano Raúl Vera López
(di Emmanuele Barbieri) Nello stesso giorno delleimpressionanti esternazioni di mons. Krzysztof Charamsa, si è svolta a Roma una manifestazione non meno scandalosa di “cattolici” LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender). Religiosi e religiose omosessuali, e persino un vescovo il domenicano messicano Raúl Vera López, della diocesi di Saltillo in Messico, hanno esaltato gli pseudo-diritti omosessuali, esprimendo tutta la loro fiducia nelle conclusioni dell’imminente  Sinodo di ottobre. L’evento si è svolto a porte chiuse, sabato 3 Ottobre 2015, ma “Corrispondenza Romana” è riuscita a seguire integralmente i lavori.
Erano circa un centinaio i convenuti presso il Centro Pellegrini “Santa Teresa Couderc”, di Roma,  per la conferenza internazionale dal titolo Le strade dell’amore – Istantanee di Incontri cattolici con le persone LGBT e le loro famiglie, promossa dal “Global Network of Rainbow Catholics“, una rete mondiale di organizzazioni che, in nome della “giustizia sociale”, rivendica inclusione e dignità per le persone LGBT e le loro famiglie in seno alla Chiesa Cattolica e alla società in generale. Alla riunione hanno preso parte leader pastorali, sedicenti “cattolici”, provenienti da diversi paesi, riunitisi per testimoniare, attraverso le loro storie, il proprio approccio e impegno pastorale a favore delle persone LGBT all’interno delle rispettive comunità ecclesiali. Oltre a mettere insieme a punto nuove strategie di azione, obiettivo dichiarato ed evidente dell’iniziativa, è stata quella di esercitare un’ulteriore pressione nei confronti dell’imminente cruciale Sinodo ordinario dei vescovi sulla Famiglia che si apre a Roma lunedì 5 ottobre. 
La bandiera vaticana affissa in bella mostra all'interno della sala
La bandiera vaticana affissa in bella mostra all’interno della sala
Nella presentazione dell’evento i due portavoce della conferenza, Andrea Rubera e Martin Pendergast, hanno auspicato un confronto sereno con le comunità e istituzioni cattoliche, dichiarando: “Prendendo ispirazione dalla seconda enciclica di Papa Francesco, (Laudato si), pensiamo che sia, ormai, giunto il momento per tutti noi di costruire e prendersi cura della nostra casa comune, la Chiesa, con l’impegno di ciascun membro della comunità cattolica romana. La nostra casa comune non ha bisogno di lotta o divisione. Dobbiamo trovare il posto giusto per ogni membro del popolo di Dio, tra cui le persone LGBT. Le esperienze che portiamo a Roma alla conferenza “Le strade dell’amore” ci dimostrano che la pastorale per e con le persone LGBT è già realtà in varie parti del mondo, senza alcun problema per le comunità dove avviene. Lo spunto che vogliamo offrire ai vescovi riuniti a Roma per il Sinodo è che possiamo – e dobbiamo – trovare nuovi modi per diffondere questi modelli di pastorale e svilupparne di nuovi”.
La prima testimonianza della giornata, nell’ambito delle “istantanee di Progetti Pastorali LGBT”, è stata quella del sacerdote gesuita cileno Pedro Labrin, attualmente assistente nazionale della “Cristian Life Community” (CLC/CVX) in Cile. Parlando della sua iniziativa Sexual Diversity Pastoral Padis+, che promuove la piena inclusione delle persone LGBT nella Chiesa cattolica, Labrin ha ricordato la storia di Daniel Zamudio, indicandolo come un martire dell’omofobia: “Il sangue dei martiri è ancora fresco e sono stati loro ad aiutarci a capire cosa voleva dire il Concilio Vaticano II con l’espressione Chiesa, popolo di Dio. (…) Daniel non morì per volontà di dio ma degli omofobi”.
Successivamente ha preso la parola la suora americana Jeannine Gramick, fondatrice nel 1997, insieme a Padre Robert Nugent, presso l’arcidiocesi di Washington, di “New Ways Ministry”, un’organizzazione fondata con lo scopo di promuovere «Giustizia e riconciliazione fra lesbiche e omosessuali cattolici e la più vasta comunità cattolica». Per la sua attività, palesemente in contrasto con la dottrina cattolica, nel 1999 Suor Gramick, insieme a Padre Nugent, è stata oggetto di una notificazione da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede con la quale gli è stata “Permanentemente vietata ogni attività pastorale in favore delle persone omosessuali” e vietata l’eleggibilità “Per un periodo indeterminato, ad alcun ufficio nei loro rispettivi Istituti religiosi”.
IMG_3808La suora ha raccontato di essersi convertita ad una interpretazione del Vangelo più ampia ed autentica dopo aver incontrato una lesbica e ha presentato la sua intensa attività a favore delle persone LGBT. In particolare, la Gramick ha sottolineato l’impegno della sua parrocchia nella campagna referendaria a favore dell’uguaglianza del matrimonio omosessuale, impegno che ha dato un contributo decisivo per far cambiare opinione a  tanti cattolici, spingendoli a votare a favore del matrimonio gay. In questa attività, Suor Gramick ha dichiarato di avere avuto il benestare da parte del proprio vescovo, il quale, nonostante fosse conosciuto pubblicamente come un conservatore, ha dimostrato grande comprensione per la causa LGBT. All’indomani della vittoria del matrimonio omosessuale, lo stesso vescovo, secondo quanto riportato dalla suora statunitense, ha ammesso la sconfitta, facendo un mea culpa: “Avete vinto voi e abbiamo perso noi, voi parlate di amore e accoglienza e noi no!”. Quindi Suor Gramick, auspicandosi che l’esperienza di “New Ways Ministry” si estenda dagli Stati Uniti a tutto il mondo, ha fornito alle persone in sala una serie di linee guida e consigli pastorali da mettere in pratica nelle proprie parrocchie e comunità: importanza della comunicazione diretta con i vescovi delle diocesi; coinvolgimento dei parrocchiani, mettendo questi in contatto con i propri vescovi per mostrare concretamente a quest’ultimi la fede degli uomini e delle donne omosessuali, bisessuali, transgender e transessuali che hanno bisogno di sentirsi accettate non solo dai parroci e dai semplici sacerdoti ma anche dalle più alte gerarchie.
A seguire, vi è stato l’intervento dell’inglese Martin Pendergast, membro del Consiglio Pastorale di Westminster per i cattolici LGBT, che ha presentato la propria esperienza presentando il progetto All are welcome. Il prelato inglese, che convive tranquillamente con un altro uomo, dopo aver dichiarato che “Gli omosessuali hanno il diritto ad una pastorale efficace e accogliente”, nonché “Gli stessi diritti degli eterosessuali a ricevere i sacramenti”, ha sottolineato come l’iniziativa All are welcome abbia ricevuto l’appoggio del cardinal Vincent Nichols, arcivescovo cattolico della diocesi di Westminster. Pendergast ha quindi raccontato le vicissitudini della sua comunità LGBT nel corso degli ultimi anni, evidenziando con soddisfazione come l’attuale chiesa di “Jesuit Farm Street” celebri una frequentata “messa gay”, aperta ai cattolici di tutte le tendenze sessuali, creando una comunità veramente inclusiva dove “I bisogni e le preoccupazioni pastorali sono accolti a livello della parrocchia e della Diocesi”. Pendergast si è inoltre augurato che l’esempio pastorale di “Farm street” possa divenire nel futuro un modello di riferimento da esportare in tutte le altre diocesi del mondo, affermando come vi siano già molte comunità ecclesiali interessate a quello che loro stanno facendo. A tal fine, Pendergast ha dato alcuni suggerimenti pratici, raccomandando che tale modello “Non venga imposto dall’alto ma cresca dalle radici della prassi pastorale”. Pendergast ha, quindi, concluso il suo intervento, affermando di riporre speranze nel prossimo Sinodo sulla Famiglia, “Perché possa aprire un vero processo di ascolto a livello globale, nazionale e diocesano, i cui i bisogni pastorali dei cattolici LGBT e delle loro famiglie possano ricevere non un modello pastorale a “taglia unica”, ma una risposta che tenga conto di tutti gli aspetti particolari, portando anche alla grazia”.
Hanno quindi preso la parola gli italiani Pino Piva e Anna Vitagliano che hanno presentato le rispettive comuni iniziative in ambito LGBT. Il gesuita padre Piva ha raccontato il suo progetto Chiesa casa per tutti, avviato il 3 aprile 2014, e tutt’oggi attivo, presso la parrocchia di San Saba a Roma, “Dove si incontrano le persone e non le categorie”. L’iniziativa, nata in parrocchia e fortemente appoggiata da monsignor Matteo Zuppi, vescovo ausiliare di Roma Centro, è un “Invito a ritrovarsi per condividere la propria esperienza spirituale con altri, a partire dalla condizione che ciascuno vive: laico o religioso, anziano o giovane, omosessuale o etero, single o sposato, convivente o divorziato”. Secondo padre Piva il futuro della pastorale deve andare in questa direzione inclusiva, nella quale le persone vengono ascoltate prima di rivolgere loro qualsiasi parola di biasimo o di condanna.
Anna Vitagliano ha quindi presentato le iniziative organizzate nell’ambito della proposta Spiritualità delle Frontiere che si tengono presso la Casa del Sacro Cuore di Galloro in provincia di Roma. Una doppia proposta formativa che prevede “week-end spirituali”, collegati all’iniziativa romana Chiesa casa per tutti e “Laboratori di formazione per operatori pastorali/accompagnatori spirituali”.
Il vescovo Raúl Vera López
Il vescovo Raúl Vera López
Infine, ha concluso la giornata di lavori l’ospite più atteso e importante per il ruolo ricoperto, il vescovo domenicano Raúl Vera López, della diocesi messicana di Saltillo, noto per le sue posizioni apertamente in contrasto con la dottrina cattolica, a favore dei presunti diritti LGBT e della promozione dell’aborto. Il vescovo ha aperto il suo intervento, dichiarando di essere onorato e considerarsi un privilegiato per il fatto di trovarsi sul fronte ad aprire nuovi orizzonti assieme alla comunità LGBT. Quindi, il vescovo messicano ha lodato l’abilità e la potenza organizzativa del movimento per i diritti omosessuali, paragonando con un proverbio messicano la comunità LGBT a delle minuscole formiche, capaci con la loro costanza e laboriosità a sconfiggere mostri ben più grandi di loro: “I piccoli ben organizzati vincono i mostri e voi siete ben organizzati e vincerete”.
Dopodiché il vescovo Vera López ha puntato il dito contro quei sacerdoti che, a suo dire, utilizzano la Bibbia come fosse una clava per percuotere i poveri peccatori, esortandoli ad aprire gli occhi nei confronti degli odierni mutamenti sociali. In questa prospettiva, il vescovo, dopo avere specificato il proprio sostegno a qualsiasi tipo di famiglia, con annesse adozioni omosessuali, si è rivolto al pubblico in sala con un accorato e pressante appello: “Abbiamo bisogno di voi per una chiesa più inclusiva, voi siete i nostri salvatori. (…) La Chiesa ha fatto lo stesso lavoro con i migranti e poi la società è cominciata a cambiare. (…) Papa Francesco ora ha bisogno di noi. Lui ha messo da parte la dottrina e ha preso il Vangelo della misericordia, della pace e dell’amore. Aiutateci per carità!”.
La conferenza internazionale promossa dal “Global Network of Rainbow Catholics” ribadisce con i fatti lo scontro epocale in atto all’interno della Chiesa cattolica. L’ormai celebre e abusata frase di Papa Francesco del luglio 2013 ,“Se uno è gay e cerca il Signore, chi sono io per giudicarlo?”, si è rivelata un assist straordinario per la comunità LGBT che, in barba alla dottrina, reclama oggi una rivoluzione all’interno della Chiesa in nome del Vangelo e della misericordia di Dio. Le numerose testimonianze riportate nel corso della giornata evidenziano come tale processo sia già in corso e, in alcuni casi, goda anche di importanti appoggi delle gerarchie ecclesiastiche. (di Emmanuele Barbieri)

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