La lettera dei tredici cardinali al papa. Seconda puntata della storia
Sicuro il testo e sicuri i nomi dei firmatari, salvo approssimazioni marginali. Certissima, soprattutto, la posta in gioco: il controllo delle procedure, decisive per l'esito del sinodo
di Sandro Magister
di Sandro Magister
[La version française sera prochainement en ligne]
ROMA, 14 ottobre 2015 – Due giorni fa, il servizio messo in rete di prima mattina da www.chiesa è scoppiato come una bomba dentro e fuori il recinto del sinodo sulla famiglia:
> Tredici cardinali hanno scritto al papa. Ecco la lettera
Nelle ore successive, quattro dei tredici cardinali indicati nel servizio come firmatari della lettera hanno negato d'averla sottoscritta. Nell'ordine: i cardinali Angelo Scola, André Vingt-Trois, Mauro Piacenza e Péter Erdõ.
Ma nel pomeriggio due cardinali di primo piano, entrambi presenti nell'elenco di www.chiesa, hanno detto di aver effettivamente firmato una lettera a papa Francesco.
Il primo è stato il cardinale australiano George Pell, prefetto in Vaticano della segretaria per l'economia, indicato come colui che avrebbe personalmente consegnato la lettera al papa. E l'ha fatto con un comunicato sul "National Catholic Register":
> A spokesperson for Cardinal Pell...
Nel comunicato, Pell dice che "sembra vi siano errori sia nel contenuto [della lettera] che nell'elenco dei firmatari".
Ma torna a insistere su due delle "preoccupazioni" affidate all'attenzione del papa nella lettera pubblicata da www.chiesa.
La prima a proposito di coloro – una "minoranza" – che nel sinodo "vogliono cambiare gli insegnamenti della Chiesa sulle dovute disposizioni necessarie per la ricezione della comunione", quando invece "non esiste una possibilità di cambiamento della dottrina".
La seconda riguardo "la composizione del comitato di redazione della 'Relatio finalis' e la procedura con la quale sarà presentata ai padri sinodali e votata".
Anche nel suo intervento in aula nel tardo pomeriggio di lunedì 5 ottobre Pell aveva dato voce a queste e alle altre "preoccupazioni" esplicitate nella lettera, in particolare circa l'"Instrumentum laboris" posto a base della discussione e la natura della "Relatio finalis".
E l'indomani mattina, martedì 6 ottobre, sia Francesco sia il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del sinodo, erano intervenuti alla riapertura dei lavori in aula proprio per replicare punto per punto – in sostanza negativamente – sulle questioni che la lettera aveva sollevato.
Dopo Pell, nel pomeriggio di lunedì 12 ottobre, l'altro cardinale intervenuto a confermare d'aver firmato una lettera al papa è stato l'arcivescovo di Durban, Sudafrica, Wilfrid Fox Napier, uno dei quattro presidenti delegati del sinodo, in un'intervista a John Allen, Michael O'Loughlin e Inés San Martín su "Crux", il portale d'informazione sulla Chiesa del "Boston Globe":
> Cardinal clash on doubts about process at the Synod of Bishops
Napier ha detto che la lettera da lui firmata era "differente" da quella pubblicata e riguardava specificamente la commissione di dieci membri nominata dal papa per l'elaborazione della relazione finale.
Ma nel resto dell'intervista ha fatto sue con impressionante franchezza proprio tutte quelle "preoccupazioni" di tanti padri sinodali di cui la lettera apparsa su www.chiesa era portatrice.
Ecco nel box qui di seguito come "Crux" ha riportato le parole del cardinale, compresa una correzione da lui successivamente fatta introdurre, evidenziata in maiuscolo:
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Napier è convinto che alcune delle critiche hanno fondamento.
Tra l'altro, egli contesta la composizione del comitato di dieci membri per la redazione della relazione finale.
“Io sarei proprio d’accordo" con le preoccupazioni circa “la scelta delle persone che scriveranno il documento finale”, ha detto Napier, aggiungendo che egli in realtà NON contesta “il diritto di papa Francesco di scegliere in questo”.
“Per avere un’espressione equa degli interessi del sinodo, [come per esempio] di ciò che la Chiesa in Africa davvero vorrebbe veder accadere", ha detto, allora dovrebbero essere scelte persone diverse.
“Noi non vorremmo rivedere in quel comitato lo stesso tipo di persone che erano già lì la volta precedente e che ci hanno causato il dolore che abbiamo avuto”, ha detto, riferendosi alla controversa relazione intermedia del sinodo del 2014, che sembrava abbracciare una linea progressista su alcune questioni dibattute.
Napier ha anche detto di essere preoccupato che il documento preparatorio del sinodo, conosciuto come “Instrumentum laboris”, abbia troppa influenza sul risultato finale, invece che il contenuto effettivo dei lavori del sinodo.
“È come se il testo base resti l''Instrumentum laboris', non quello che viene fuori delle discussioni del gruppo, cioè le preoccupazioni che devono essere portate in primo piano come proposte per il documento finale da consegnare al papa”, ha detto.
Napier ha detto che la valanga di richieste da parte dei media sulle procedure sinodali riflette le preoccupazioni reali all'interno dell’aula.
“L'incertezza è abbastanza generalizzata, altrimenti tutti voi non porreste le stesse domande”, ha detto.
Napier ha detto che neanche i partecipanti al sinodo capiscono bene come il documento finale del sinodo sarà plasmato, né ciò che Francesco intende fare con esso, un’incertezza che rende legittime le preoccupazioni circa il risultato.
“Questo tipo di incertezza mi preoccupa: in che direzione vanno veramente i lavori se non si sa qual è l’obiettivo?”, ha detto.
Alla domanda se lui teme che il risultato finale sia già stato determinato, Napier ha risposto solo che “a questo punto è difficile dirlo".
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La sera di lunedì 12 ottobre le cose stavano dunque a questo punto.
Ma quando a Roma era quasi mezzanotte, a New York è esploso un secondo clamoroso "scoop", questa volta sul prestigioso settimanale dei gesuiti della Grande Mela, "America", voce nobile del cattolicesimo progressista americano in campo teologico, culturale e politico:
> Thirteen Cardinals, Including Di Nardo and Dolan, Challenged Pope’s Decisions on Synod
L'autore del servizio è Gerard O'Connell, il vaticanista e corrispondente da Roma della testata, irlandese, professionista di riconosciuta autorevolezza nonché marito della giornalista argentina Elisabetta Piqué, amica e biografa autorizzata di Jorge Mario Bergoglio.
Con tranquilla sicurezza, dopo "aver appreso da fonti informate", i gesuiti di New York confermano fin nel titolo che la lettera consegnata al papa il giorno d'apertura dei lavori sinodali era effettivamente sottoscritta da tredici cardinali, tutti padri sinodali, due dei quali degli Stati Uniti, gli arcivescovi di New York e di Houston.
E nel corpo dell'articolo forniscono l'elenco completo dei tredici cardinali, che rispetto a quello pubblicato due giorni prima da www.chiesa ha quattro nomi nuovi, al posto dei quattro che avevano smentito d'aver firmato.
I quattro nomi nuovi sono dello statunitense Daniel N. Di Nardo, del keniano John Njue, del messicano Norberto Rivera Carrera e dell'italiano Elio Sgreccia.
Il giorno dopo uno di questi, Rivera Carrera, dichiarerà però anche lui di non aver firmato la lettera.
E di conseguenza la lista provvisoria dei firmatari è ora la seguente, a parziale correzione di quella data inizialmente da www.chiesa.
In ordine alfabetico:
- Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, Italia, teologo, già primo presidente del Pontificio istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia;
- Thomas C. Collins, arcivescovo di Toronto, Canada;
- Daniel N. Di Nardo, arcivescovo di Galveston-Houston e vicepresidente della conferenza episcopale degli Stati Uniti;
- Timothy M. Dolan, arcivescovo di New York, Stati Uniti;
- Willem J. Eijk, arcivescovo di Utrecht, Olanda;
- Gerhard L. Müller, già vescovo di Ratisbona, Germania, dal 2012 prefetto della congregazione per la dottrina della fede;
- Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban, Sudafrica, presidente delegato del sinodo in corso come già della precedente sessione dell'ottobre 2014;
- John Njue, arcivescovo di Nairobi, Kenya;
- George Pell, arcivescovo emerito di Sydney, Australia, dal 2014 prefetto in Vaticano della segreteria per l'economia;
- Robert Sarah, già arcivescovo di Konakry, Guinea, dal 2014 prefetto della congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti;
- Elio Sgreccia, Italia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita;
- Jorge L. Urosa Savino, arcivescovo di Caracas, Venezuela.
Quanto al contenuto della lettera, "America" ne riporta numerose citazioni. E tutte corrispondono perfettamente al testo pubblicato da www.chiesa.
Il quale testo è stato dato per "autentico", poche ore dopo lo "scoop" di "America", anche dal quotidiano di Buenos Aires "La Nación", con la firma di Elisabetta Piqué, secondo quanto "saputo da buone fonti del Vaticano":
> Una carta aumenta las intrigas en el sínodo
Il che non vieta che la lettera effettivamente consegnata al papa possa includere qualche minima variante. Di forma, non di sostanza.
Perché la sostanza resta quella che il comunicato del cardinale Pell e più ancora l'intervista del cardinale Napier hanno confermato: una diffusa e crescente inquietudine tra molti padri sinodali per l'insistenza nell'imporre loro come base di discussione un documento, l'"Instrumentum laboris", che ogni giorno di più si rivela inadeguato, e il timore che esso invada con le proprie ambiguità anche la "Relatio finalis", la cui stesura è nelle mani di una commissione tutta nominata dall'alto, con la prevalenza schiacciante dei novatori.
Al posto di una "Relatio finalis" lunga, discorsiva e ancora condizionata dall'"Instrumentum laboris", insidiosa e complicata nel momento di passare ai voti, col rischio di doverla approvare o respingere in blocco, molti padri sinodali preferirebbero infatti che alla fine si voti punto per punto su sintetiche e chiare "propositiones", nelle quali semplicemente far confluire i risultati della discussione in corso, come si è fatto in tanti sinodi del passato e in certa misura anche nel sinodo del 2014.
Questa inquietudine ha covato sotto la cenere, durante tutta la prima settimana del sinodo, compressa da chi detiene il controllo sulle procedure, in primis papa Francesco e i due segretari generale e speciale.
Ma proprio l'uscita alla luce del sole della lettera dei tredici cardinali – con il conseguente esplodere della discussione – ha di fatto restituito ai padri sinodali una più concreta possibilità di governare in prima persona i processi e gli approdi di questo decisivo summit della Chiesa mondiale.
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Nella conferenza stampa di martedì 13 ottobre, il direttore della sala stampa vaticana Federico Lombardi ha letto una dichiarazione a proposito della lettera dei tredici cardinali, in pratica prendendone atto:
"Chi ha diffuso questa lettera giorni dopo [la sua consegna al papa] ha compiuto un atto di disturbo non voluto da chi l'ha scritta… Che si possano fare osservazioni sulla metodologia del sinodo, che è nuova, non stupisce, ma una volta stabilita, c'è l'impegno di tutti ad applicarla nel migliore dei modi. Alcuni dei 'firmatari' sono anche moderatori eletti dei circoli minori e vi lavorano intensamente, e il clima generale è positivo… Continuiamo a lavorare senza farci confondere".
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I precedenti servizi di www.chiesa sul sinodo in corso:
> Tredici cardinali hanno scritto al papa. Ecco la lettera (12.10.2015)
> Sinodo. Un tweet non fa primavera (10.10.2015)
> Sinodo. Il primo colpo a segno è dei conservatori (8.10.2015)
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La lettera dei tredici cardinali ha dato spunto ai fautori più agguerriti di un cambio di paradigma nella dottrina e nella pastorale del matrimonio di esercitarsi con polemiche sfrenate direttamente contro chi l'ha scritta e firmata.
Un esempio eclatante di invettiva contro i padri sinodali "avversari di papa Francesco" è il commento di Massimo Faggioli, professore di storia del cristianesimo alla University of St. Thomas a Minneapolis e membro di spicco della cosiddetta "scuola di Bologna", apparso il 13 ottobre sull'edizione italiana di Huffington Post:
> L'attacco a Francesco: la lettera dei tredici (e non solo)
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http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351156
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