ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 29 novembre 2015

La tinozza laicista

Il Natale oscurato segno della nostra disgregazione
L'ingresso denell’istituto Garofani di Rozzano (Milano) dove il preside ha proibito i canti di Natale
Se passate dall’aeroporto di Fiumicino alcuni negozi hanno addobbato le vetrine e gli interni con sagome di abeti in cui campeggia la scritta “Season Greetings” che letteralmente significa “Auguri di stagione”. Questi auguri “stagionati” vogliono sostituire gli auguri natalizi. Già Babbo Natale aveva avuto gran parte nello sfrattare dall’immaginario collettivo, soprattutto infantile, il Bambin Gesù. Ora si sono messi pure catene commerciali ed enti pubblici in giro per il mondo a svuotare ancor più dall’interno il significato cristiano del Natale, sostituendolo con un Natale laico, che è un vero e proprio ossimoro, o con una Festa d’Inverno dal sapore tanto celtico.

Questa tendenza a candeggiare nella tinozza laicista il Santo Natale non ha risparmiato le scuole di ogni ordine e grado. Già da anni molte scuole hanno abolito i presepi e Maria, Giuseppe e Gesù sono persone non più gradite nelle aule scolari, immigrati clandestini con il foglio di via. La ventata cristianofobica ha avuto un suo picco in quel di Rozzano (Milano), in particolare nell’istituto Garofani. Marco Parma, dirigente scolastico dello stesso, ha deciso di annullare l’usuale festa di Natale che si teneva ogni anno (faranno eccezione le classi delle medie) e di sostituirla con festicciole private nelle classi in stile catacombale e con una pagana Festa d’Inverno che si svolgerà a gennaio. Banditi per tutti, poi, i canti a sfondo religioso e via dalle aule gli ultimi due crocefissi sopravvissuti non alla furia iconoclasta dei miliziani dell’Isis bensì al Consiglio di istituto. La nostra piccola Palmira l’abbiamo avuta in provincia di Milano.
Partiamo da un’evidenza (che tale non è più): si fa festa perché nasce Gesù. Proibire di intonare canti religiosi è come proibire a una festa di compleanno di cantare “Tanti auguri a te” perché potrebbe dare fastidio a quei bambini che non hanno compiuto gli anni in quel giorno. Eppure è questa la motivazione addotta dal preside: «per evitare che qualcuno potesse sentirsi escluso» si è deciso di censurare la fede cattolica in quella scuola. Mettersi a cantare Tu scendi dalle stelle «non sarebbe stato il massimo», spiega Parma, «perché questa è una scuola multietnica». Così gli esclusi e i discriminati finiscono per essere la maggioranza, cioè i bambini cattolici. Il dirigente scolastico aggiunge: «Non è un passo indietro di fronte all’islam rispettare la sensibilità delle persone che appartengono ad altre culture ad altri credo religiosi, mi pare un passo in avanti rispetto all’integrazione e rispetto reciproco». 
Un paio di riflessioni su questo frusto argomento del rispetto della libertà religiosa e dell’integrazione. Primo: se vieti canti e simboli natalizi-religiosi violi la libertà di espressione dei credenti. Trattasi di atto di violenza culturale. Secondo: il rispetto della libertà non è vietare i simboli e le espressioni della fede cattolica, ma astenersi dall’imporli. Il cattolico poi sa che la sua è l’unica vera religione: quindi ogni manifestazione del proprio credo è manifestazione di verità e l’eventuale fastidio da parte di terzi (tutto da provare perché spesso presunto) è come il fastidio nel prendere una medicina amara, ma che fa bene. Il laicismo pretende una neutralità svizzera in tema di espressione religiosa: pari dignità a tutte le fedi o, che è lo stesso, zero dignità a qualsiasi fede. Questo è erroneo perché nella prospettiva di Dio – e non degli uomini che hanno la vista corta – c’è una sola religione autentica, quella cattolica. Dio è cattolico, non protestante, né ebreo, né musulmano (per gli incerti si rimanda al documento Dominus Iesusdella Congregazione della Dottrina per la Fede). 
Nella prospettiva cattolica le altre credenze si tollerano e si rispetta il libero arbitrio delle persone non cattoliche dal momento che la libertà è condizione ineludibile e necessaria perché si aderisca volontariamente al credo cattolico. Cristo chiede di essere conosciuto e amato, ma amare è un atto di libertà. Il più eccelso atto di libertà. Se poi portiamo a logica conclusione l’asserto che rispetto delle differenze significa cancellazione della propria identità, perché queste ultime potrebbero risultare urticanti per chi non è cristiano, gli effetti sono dirompenti. Infatti, la fede permea tutto il nostro vivere: anche l’ateo dice “grazie” a qualcuno come forma di cortesia, ignaro che quella espressione significa «che il Signore ti riempia di grazie». E il suo interlocutore gli risponde: «prego», che significa «prego per te». La cristianità è dappertutto: nome di vie e piazze dedicate ai santi; i nostri stessi nomi di battesimo sono nomi di santi; ci rechiamo in ospedali e università, istituzioni inventate della Chiesa; il medesimo concetto di persona è un precipitato di un approfondimento teologico sulla Trinità. Per non infastidire atei e diversamente credenti dovremmo far tabula rasa di tutto questo? E poi perché non allargare il discorso ad altre fedi, come quelle calcistiche? A Tizio dovrebbe essere vietato andare in giro con la maglia della (gloriosa) Juve per non indispettire gli interisti o i milanisti.
Terzo: integrazione significa che è l’ospite che si deve adeguare al contesto e alle regole dell’ospitante non viceversa. Se ai bambini musulmani Astro del Ciel provoca la pellagra possono ovviamente astenersi dal presenziare. Se io vado alla Mecca non mi è lecito chiedere di radere al suolo il Masjid al-Haram, cioè la più grande moschea al mondo perché ne sono infastidito. A margine, tanto per capire il senso del principio di reciprocità e di rispetto delle altre religioni così come inteso in Arabia Saudita: l’accesso alla Mecca è interdetto ai non musulmani. Se sbianchiettiamo la nostra identità non c’è integrazione perché questa prevede come presupposto logico che un’identità possa convivere pacificamente con un’altra, bensì annullamento. Non integrazione, ma disintegrazione di una fede, di una cultura, di un popolo, di una nazione. Se noi andassimo a cancellare i nostri dati anagrafici in Comune ciò significherebbe che per lo Stato noi siamo morti, siamo dei cadaveri. Quindi è erroneo ciò che dice il preside: «meno si sottolineano le differenze e più si sottolineano le convergenze meglio è». Sono le differenze che mi fanno essere me stesso, altrimenti sarei uguale in tutto e per tutto a te. Il dialogo avviene tra due persone, non tra una persona e un fantasma.
Infine, il preside in merito ai recenti fatti di Parigi così chiosa: «Se avessimo organizzato un concerto a base di canti religiosi dopo quello che è accaduto qualcuno avrebbe potuto interpretarlo come una provocazione forse anche pericolosa». Gli risponde Nostro Signore: «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna» (Mt 10, 28). I terroristi e, in modo non violento, una buonissima parte del mondo islamico vogliono uccidere la nostra fede, vogliono sradicare dai nostri cuori e dalle nostre menti le verità rivelate. Vogliono togliere il crocifisso per metterci la mezzaluna. Il preside di Rozzano ha già fatto per loro metà del lavoro. La cosa triste, infatti, sta nel fatto che noi ci pieghiamo a questo piano. Islam, infatti, significa sottomissione (altra musica quando Gesù ci dice «Non vi chiamo più servi […] ma vi ho chiamato amici», GV 15, 15). 
Non opponiamo resistenza, ma scegliamo noi stessi l’eutanasia di fede. Anticipiamo il nemico nei suoi progetti e diamo alle fiamme la cittadella cattolica con le nostre stesse mani. Il dramma sta tutto qui: il cattolico medio - e figurarsi sul piano culturale l’italiano medio - è un imbelle. Di fronte a gente spietata che follemente si suicida per una credenza erronea, noi non siamo capaci - non diciamo di dare la vita per Cristo, di dar prova di fedeltà a Lui usque sanguinem - ma almeno di dare un’aula dove si insegnano canti cattolici. In nome di Allah ci bersagliano a colpi di kalashnikov e noi porgiamo loro le terga a braghe calate. La pavidità di affermazioni come «non offendiamo, siamo prudenti, veniamoci incontro, scegliamo ciò che ci unisce e non ciò che ci divide» è il sintomo più veritiero che la nostra fede è già morta. Ci prostituiamo con il pretesto della tolleranza, ma siamo noi che non tolleriamo più il nome di Cristo.

di Tommaso Scandroglio 29-11-2015

Si dimette il preside che non voleva il Natale

La rivincita della Tradizione. L'ex grillino Marco Parma rimette il mandato. E Mattarella ospita ventuno presepi al Quirinale


Roma - Il Colle difende la tradizione cattolica italiana. A Rozzano, invece, cade - limitatamente alla sola scuola primaria - la testa del preside che voleva cancellare il Natale.







Dopo le polemiche generate dalla soppressione delle celebrazioni natalizie in alcune scuole, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha deciso di ospitare nei corridoi del Palazzo del Quirinale una mostra di presepi provenienti da tutte le Regioni d'Italia. L'iniziativa era decisa da tempo, fa sapere l'ufficio stampa per non gettare benzina sul fuoco, ma proprio l'averla ricordata in concomitanza con le polemiche causate dai casi di Rozzano e Fonte Nuova, evidenzia - sebbene non dichiaratamente - l'intenzione della Presidenza della Repubblica di non arretrare rispetto a una festività che unisce tutti.
La mostra, che in questi giorni viene definita negli ultimi dettagli, ospiterà ventuno presepi provenienti (Trento e Bolzano ne invieranno uno ciascuna) anche per simboleggiare una sorta di «federalismo dell'arte», un incontro di stili e generi diversi nella rappresentazione della Natività che troveranno la sintesi nel luogo che rappresenta l'unità nazionale. In particolare l'Umbria invierà due opere provenienti dal Museo Prosperi di Assisi ispirate alla tradizione di San Francesco, inventore del primo presepe nel 1223. La rassegna, che rappresenta una novità, verrà affiancata anche dall'albero di Natale, tradizionalmente allestito nel cortile d'onore del Quirinale.Intanto, non si placano le polemiche scatenate dalla decisione del preside dell'Istituto «Garofani» di Rozzano di evitare le celebrazioni natalizie per evitare di turbare gli alunni di altre confessioni religiose. Il dirigente scolastico Marco Parma, ex grillino, ha rimesso il mandato da reggente della scuola primaria conservando gli altri incarichi. Parma è stato convocato domani dall'Ufficio regionale scolastico della Lombardia e sarà presente anche l'assessore regionale Valentina Aprea, già sottosegretario all'Istruzione nel governo Berlusconi.
«Così non si rispetta il credo religioso di altre persone che comunque hanno nella fede cristiana il loro riferimento e così facendo non si rispettano neppure le normative scolastiche nazionali che prevedono gli insegnamenti religiosi», ha dichiarato Aprea. Il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri (Fi) e il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, hanno chiesto al ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, di «allontanare dirigenti e insegnanti che cancellano il Natale». Anche il sottosegretario all'Istruzione, Davide Faraone (Pd), ha parlato di «decisione miope, presa da chi ancora confonde l'inclusione con il quieto vivere». A Fonte Nuova, vicino Roma, non si placano le polemiche per un'analoga iniziativa anti-Natale alla scuola dell'infanzia.
http://www.ilgiornale.it/news/politica/si-dimette-preside-che-non-voleva-natale-1199502.html

ISTRUZIONI PER VIVERE FELICI E SPENSIERATI MA CON JUICIO

Celebriamo il nostro modo di vivere, moltiplichiamo gli acquisti, i concerti, questa la vulgata, ma piano con la celebrazione del Natale, il compleanno del Bambin Gesù è pericoloso, offende la laicità delle istituzioni
Presepe napoletano
di Giuliano Ferrara | 29 Novembre 2015 ore 06:30
COMMENTA 1 |   | 
Celebriamo il nostro modo di vivere, moltiplichiamo gli acquisti, i concerti, questa la vulgata, e se del caso let’s kiss the devil, let’s live with the devil, come diceva il canto degli Eagles Death Metal al Bataclan; ma piano con la celebrazione del Natale, il compleanno del Bambin Gesù è pericoloso, offende la laicità delle istituzioni, può incentivare il jihad come prodotto di opposti estremismi. C’è una relazione tra la trasformazione del nostro way of life in una festa comandata e la cancellazione per il bene della pace religiosa delle feste comandate. Il presepe lo abbiamo trasferito nell’idealizzazione della movida offesa dai combattenti islamici, una roba da caffè-concerto, perché procedendo oltre l’idolo della libertà come ideologia non sappiamo pensarne il contenuto o il fondamento, e così possiamo fare a meno del bue, degli asinelli, dei Re Magi, di san Giuseppe, Maria e dello stesso bambinello. Il nostro presepe siamo noi.
ARTICOLI CORRELATI  Il vademecum della laicità in Francia è una boiata pazzesca  In Francia arriva il vademecum per gli imam  La Francia scopre il terrore di criticare l'islam
Il narcisismo da pensiero debole è una strana bestia. Ci rispettiamo in quanto vittime. La vittima è il tipo dell’eroe occidentale. Non ne conosciamo altri, di eroi. Come difensori della sicurezza collettiva, diffidiamo di noi stessi, paventiamo le forze di stato, la logica dei governi, le norme dello stato di emergenza. C’è una ragione seria in tutto questo, siamo lo stato di diritto, siamo la libertà d’espressione e di azione, siamo la civiltà della chiacchiera, intesa in senso buono, come liturgia quotidiana di un mondo illuminato e senza le complicazioni del sacro. Ma pieni come siamo di supereroi, di eroi da favola, di vendicatori dei torti da palcoscenico e da grande e piccolo schermo, da playstation, manchiamo il richiamo all’eroe normale, all’eroe che dovrebbe essere in noi, nel nostro affettato disprezzo per la paura, nella nostra capacità di colpire chi ci colpisce in nome di ragioni altrettanto forti. Combattere una guerra è un abuso che storpia il nostro abituale modo di vita, in qualunque forma lo si immagini, non è questione di bombardamenti e baionette e trincee, basta pensare a una qualunque difesa del Santo Natale.
Il nuovo patriottismo, nel frattempo, sarebbe la gioia di vivere. Magari. In realtà il godimento multitasking della nuova stagione tecnologica è una disciplina severissima, un training per niente autogeno, un affare delicatissimo in cui si mescolano impulsi religiosi, millennial e millenarismo, e sofisticazioni culturali e di conoscenza.
E’ ovvio e bello che si debba vivere con gioia. Che si debba quanto possibile giocare spensierati. Che ci sia un mondo incantato da preservare quando si scatena l’assalto demoniaco di amanti della morte. Però la storia aiuta, non che sia banalmente maestra, è amica. La consapevolezza anche dolorosa di un’eredità serve. Insomma divertiamoci, facciamo di ciascuno di noi un pupazzetto d’avvenire, carico di promessa, che rifiuta la brutalità del presente e danza e sorride e celebra, ma senza dimenticare che c’è sempre qualcuno a cui non piace il presepe.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.