ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 20 novembre 2015

Raffreddamento climatico?


Tra i vescovi USA il "regime change" è di là da venire


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Come s'è visto nel precedente post, tra i cattolici degli Stati Uniti la popolarità di Francesco è da qualche tempo in calo.
Ma anche tra i vescovi di quel paese la linea di Jorge Mario Bergoglio non sembra tanto in salute, nonostante l'energica iniezione di nomine da lui fatte, chiaramente finalizzate a un "regime change":
Se ne è avuta conferma nella plenaria della conferenza episcopale degli Stati Uniti che si è tenuta a Baltimora dal 16 al 19 novembre.
Nella votazione più "strategica" – definita proprio così –, quella che ha fissato le "priorità" dell'azione pastorale dal 2017 al 2020, i sostenitori della linea di papa Francesco hanno rimediato una disfatta, con soli 4 voti contro 233.

Le priorità approvate sono nell'ordine:
- evangelizzazione,
- famiglia e matrimonio,
- vita e dignità umana,
- vocazioni e formazione,
- libertà religiosa.
Molto diverse da quelle che avrebbero voluto gli sconfitti, sull'onda dell'attuale pontificato: povertà, immigrazioni, giustizia sociale, ambiente.
Anche il documento elaborato (a cominciare dal lontano 2007, in piena era Ratzinger) per "formare le coscienze dei cittadini credenti" nelle decisioni politiche ha registrato un'approvazione massiccia, inutilmente contrastata dai vescovi più vicini a Bergoglio. Il voto finale è stato di 217 a 16 per la nota introduttiva e di 210 a 21 per il corpo del testo.
E poi ci sono state le elezioni per i vari incarichi, alle quali concorrevano quattro candidati di fresca nomina papale: i vescovi George V. Murry di Youngstown, Robert McElroy di San Diego, Frank J. Caggiano di Bridgeport e John C. Wester di Santa Fe.
Di questi quattro l'unico a passare è stato Murry, che è prevalso per 132 voti a 106 sull'arcivescovo di St. Louis Robert Carlson. Murry è gesuita ed è stato chiamato personalmente da papa Francesco a prender parte al sinodo dello scorso ottobre.
La stella nascente McElroy è stata invece battuta dal vescovo di Venice Frank Dewane per 128 voti a 111. Wester è stato superato dall'arcivescovo di Los Angeles José Gomez, dell'Opus Dei, per 140 voti a 58 (ma qui c'era anche un terzo candidato in lizza, il vescovo di Little Rock Antony Taylor, che ha preso 21 voti). E Caggiano è stato sconfitto dall'arcivescovo di Philadelphia Charles Chaput per 141 voti a 98.
Va però dato atto che in un paio di votazioni hanno prevalso dei vescovi che possono essere classificati anch'essi tra i graditi a Bergoglio, pur non essendo stati da lui nominati.
È questo il caso dell'arcivescovo di Indianapolis Joseph W. Tobin, già segretario della congregazione vaticana per i religiosi, cacciato da Roma alla fine del pontificato di Benedetto XVI perché troppo comprensivo con le suore americane inquisite per eccessi modernisti. Tobin ha battuto per 144 voti a 96 l'arcivescovo di Denver Samuel Aquila.
Ed è il caso dell'arcivescovo di Atlanta Wilton D. Gregory, che ha battuto per 124 voti a 114 il vescovo di Allentown John Barres, dell'Opus Dei. Gregory fu presidente della conferenza episcopale degli Stati Uniti dal 2001 al 2004, ultimo della cordata che faceva capo al cardinale Joseph Bernardin, indimenticato leader della stagione progressista dell'episcopato americano che ebbe il suo apogeo negli annui Ottanta.
I paladini di Bergoglio pregustano inoltre come un loro successo la vicina uscita di scena, per raggiunti limiti di età, dell'attuale nunzio negli Stati Uniti Carlo Maria Viganò, a loro sommamente inviso.
In quello che era probabilmente il suo ultimo discorso ai vescovi americani riuniti, Viganò ha bacchettato le scuole e le università degli Stati Uniti che di cattolico hanno mantenuto solo il nome.
E ha taciuto sul caso Kim Davis, la pubblica funzionaria punita con la prigione per aver rifiutato di firmare la licenza per un matrimonio gay, da lui fatta incontrare privatamente con papa Francesco quando si trovava a Washington.
Questa udienza fu in seguito sminuita da padre Federico Lombardi come "un saluto tra tanti" e, peggio, fu rumorosamente contestata da varie voci progressiste come una "trappola" predisposta proprio da Viganò ai danni di Francesco.
Sta di fatto che la plenaria dei vescovi americani non ha affatto dato mostra di credere a questa versione, a giudicare dalla doppia, calorosissima "standing ovation" con cui ha salutato il nunzio Viganò.

Settimo Cielo 

di Sandro Magister 

20 nov

Ultime dagli USA. Tra i cattolici si raffredda la popolarità del papa


Pew
Il grafico qui sopra disegna l'andamento della popolarità di papa Francesco negli Stati Uniti, dall'inizio del pontificato fino a dopo il suo viaggio in America dello scorso settembre, comparata con quella di Benedetto XVI prima e dopo la sua visita negli States dell'aprile del 2008.
I dati sono stati raccolti e diffusi dal Pew Research Center di Washington, il più accreditato centro di ricerca al mondo sulle religioni nello spazio pubblico:
Il dato complessivo è quello messo in rilievo nel titolo della ricerca. Effettivamente, nell'insieme della popolazione i favorevoli a Francesco  hanno registrato dopo il viaggio una crescita di quattro punti, dal 64 al 68 per cento. Ma a incrementare la popolarità del papa – e di riflesso quella della Chiesa – sono stati soprattutto i non cattolici, i sostenitori del partito democratico e i "liberal", i laicisti.
Tra i cattolici invece la musica cambia. Tra loro la visita di Francesco non ha segnato alcun rimbalzo nel declino di popolarità in atto da qualche mese. I favorevoli erano il 90 per cento dei cattolici nel febbraio del 2015, sono calati all'86 per cento in giugno e sono ulteriormente scesi all'81 per cento in ottobre.
Un risultato che colloca la popolarità di Jorge Mario Bergoglio dopo il viaggio del 2015 al di sotto di quella raggiunta da Joseph Ratzinger dopo il viaggio del 2008, che arrivò all'83 per cento di favorevoli, con un'impennata di ben 9 punti rispetto al mese precedente.
E anche nell'insieme della popolazione la trasferta americana di Benedetto XVI risultò più fruttuosa di quella di Francesco. Mentre la popolarità di questi è rimbalzata all'insù di 4 punti, quella del suo predecessore risalì anche qui di 9 punti, dal 52 al 61 per cento di favorevoli.
L'inchiesta è ricca di altri dati. Qui basti notare che tra i cattolici la diminuzione dei favorevoli a Francesco non si converte in un aumento dei contrari. Questi restano pochi, il 4 per cento. A crescere, dal 2 al 15 per cento negli ultimi otto mesi, sono quelli che non si pronunciano né a favore né contro. Il viaggio americano di Bergoglio non ha riscaldato i loro cuori, li ha un po' più raffreddati.

Settimo Cielo di Sandro Magister  19 nov



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