ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 5 gennaio 2016

Il martelletto del Giudice

http://opportuneimportune.blogspot.it/2016/01/bergoglio-volevo-fare-il-macellaio-ansa.html

                             ASPETTI PROCESSUALI 

Intendiamo, stando agli eventi recentemente mostrati, sollevare alcune obiezioni sull’iniziativa di Bergoglio che con zelante determinazione ha fatto ricorso al martelletto del Giudice.
La questione richiama gli aspetti processuali relativi ai fatti riguardanti l’acquisizione e la divulgazione di notizie trafugate dal Vaticano.
La valenza giuridica dell’intervento corrispondente agli eccessi umorali del Pater Patrorum legittimerebbe i drastici rimedi proposti.
L’operazione giudiziaria, pertanto, resta una delle tante opere pessime del capo della Chiesa.
Ci si aspettava, almeno per non deludere le aspettative del popolo di Dio sensibile alle opere di misericordia, che l’obiettivo prioritario della magnanimità si identificasse con il ruolo costruttivo e riabilitativo degli annunciatori del Vangelo.
Da un papa che si pretende cattolico i comportamenti dovrebbero essere distinti per scienza e prudenza. I piissimi atteggiamenti dovrebbero tendere a ristabilire nei cuori la fede ortodossa bandendo le miserabili e plateali ritorsioni inquinate dall’arbitrio e dal soggettivismo etico con lo sfoggio di restrizioni che nulla hanno di cattolico.
Dicevamo, tornando al processo da poco iniziato, che le asserzioni scaturite dalla bocca dei giudici riguardano, per ora, il rinvio a giudizio dei responsabili (giornalisti inclusi) della sottrazione e diffusione di documenti riservati.
La Chiesa, Società perfetta, non presume di avere anche uomini perfetti; questo però non consente di eludere considerazioni inquietanti in mancanza di analoghe iniziative disciplinari a carico di altre pecorelle smarrite, fragilmente assuefatte a privilegi, ad orientamenti protettivi e permissivi mascherati da un cristianesimo in cui non sempre brilla l’uniformità della norma morale.
Siamo di fronte alla revisione, forse anche disprezzo della morale che viaggia a corrente alternata. Dare, inoltre, forza probativa al reato contro la fede o contro l’integrità della Dottrina oggi non obbliga alcun tribunale canonico all’emissione di sentenze.
Si è dissolto, in materia penale, il Sant’Uffizio che giudicava e condannava i delitti contro la fede; ed infatti da quasi mezzo secolo nessuna pena ecclesiastica colpisce i crimini contro la Dottrina e la Fede che conducono al suicidio spirituale le anime. Ne è seguito l’arbitrio che mantiene inalterato l’alto valore dell’anarchia e dell’impunibilità. È comprensibile come errori ed erranti oggi scorrazzino indisturbati tra le sacre mura.
Tornando alle fonti del pensiero bergogliano ed alla valenza giuridica dell’iniziativa intrapresa a danno non del contenuto della pentola ma di chi l’ha scoperchiata, è doveroso ribadire l’atto finale del dramma. Infatti non è l’interpretazione ecumenica della solidarietà ma è l’iniquità canonica a confermare il rinnegamento dell’onnipresente principio della tolleranza nel quadro della decantata misericordia assiduamente sbandierata dal padrone del Palazzo.
Quanto sia fondata la credenza sugli eccessi, dai quali Bergoglio non sembra prendere le distanze, lo si comprende dai terribili provvedimenti a carico della Comunità dei Frati Francescani dell’Immacolata.
Le infelici e tragiche traversie di questa fiorente Comunità, stritolata dall’integralismo modernista di colui che già chiamano san Bergoglio, attestano il nesso intimo tra teologia tradizionale e pollice verso. Conseguenze prevedibili, quindi per chi osa evocare i fantasmi teologici del passato, di opporsi alla bancarotta dottrinale, di intaccare le credenziali di un Pontificato universalmente osannato.
Il Sinodo recente, senza scendere in troppi dettagli che effettivamente ripugnano, ha lasciato il segno in chi non ha condiviso la linea bergogliana.
Cosa diversa per gli allineati per i quali, anche se allergici al nettare della sana morale, c’è sempre una via di scampo. L’ancora di salvezza è il cameratismo grazie alla condivisione della spinta innovatrice destinata a decretare il definitivo seppellimento del Cristianesimo.
«È necessario purificare prima l’interno del bicchiere affinché anche l’esterno diventi puro» (Mt 23,26) questa è la terapia adeguata per debellare la corruzione nella Chiesa, ammesso che chi crede in Colui che formula le diagnosi creda anche nella terapia riconducibile ad un fatto di coscienza. Con la coscienza, infatti, si tocca l’intimo dei soggetti a condizione che a prevalere sia la Verità che trasforma la mente e il cuore degli erranti.
È impensabile che le pecorelle smarrite possano ritrovare il retto sentiero se i pensieri ed opere hanno per morale obbligatoria l’adattamento alla proibizione.
I deliranti pronunciamenti sull’adulterio, sull’omosessualità, sui sacramenti ai divorziati, sul concetto di famiglia, sull’indissolubilità del matrimonio rientrano, con la benedizione di Bergoglio, nel cristianesimo dei tempi nuovi e nell’arcano mistero della pastorale della misericordia.
Ma il degrado dottrinale non si esaurisce solo in questo. Ci fu un tempo (2003) in cui Wojtyla, lanciando un appello all’Europa, la invitava a ritrovare se stessa: «Europa che sei all’inizio del terzo millennio ritorna te stessa, riscopri le tue origini, ravviva le tue radici cristiane. Dalle tue terre nelle Abbazie, nelle Cattedrali, nelle Chiese si è levata incessantemente la lode a Cristo, il Signore del tempo e della storia». San Wojtyla non avrebbe mai immaginato che al rifiuto dell’Europa di ravvivare le sue radici sarebbe seguito (qualche decennio dopo) l’incoraggiamento dei pastori mercenari di eliminare dalle coscienze i riferimenti alle radici cristiane che rappresentano il nucleo centrale dell’identità religiosa e culturale dei cittadini.
Proprio dal clero viene oggi l’incoraggiamento a fare a meno della lode a Cristo, Signore del tempo. È l’idea di integrazione a scaldare i cuori, è il laicismo (ateismo) delle guide cattoliche a scalzare l’identità cristiana rivendicata fermamente dalle famiglie cattoliche. Si negano Natale, presepi, cori natalizi e Sante Messe per non discriminare alunni, studenti e popoli di altre fedi.
Questi (non tutti) sono i pavidi canonici ammantati di conigliesca filantropia (cialtroneria) che dovrebbero, nel caso fosse richiesto, offrire il proprio sangue in difesa della Chiesa e della Parola di Cristo.
La Chiesa non è impotente; l’hanno resa tale tutte le conseguenze scaturite dai pronunciamenti conciliari (libertà religiosa), dal Concordato (epilogo della religione di Stato), dal Vaticano III (rivoluzione di Bergoglio: nessuno è obbligato ad essere cattolico).
È facile prevedere, stando ai rigurgiti del padre santo, ciò che nell’orientamento della teologia pluralista sarà verificabile con l’avvicendamento nelle sagrestie delle nostre Chiese di Preti, rabbini e imam i quali potranno tranquillamente alternarsi nelle ore di catechesi e di indottrinamento ai fanciulli.
C’è solo da sperare nell’intervento del Signore.
Solo allora Bergoglio, sensibile al fascino dell’incenso più che alle rampogne giornalistiche, comprenderà che viaggiare con amici caduti in disgrazia non è conveniente né per la propria anima né per la Chiesa.

di Nicola Di Carlo

http://www.presenzadivina.it/270.pdf

1 commento:

  1. I pavidi canonici hanno già offerto la testa e il sangue : il nostro!!!! jane

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