Lo scarso successo del sincretismo
L'ultima trovata mediatica della Santa Sede per portare nel mondo il Vangelo è la produzione di un video settimanale nel quale Papa Francesco spiega le sue intenzioni e invita a pregare per esse.
Il primo di questi messaggi è stato, ahinoi, un video nel quale i rappresentanti di quattro religioni, cristianesimo, buddhismo, ebraismo e islam, dichiarano di credere nell'amore. Un video spiacevole.
Viene da chiedersi se sia stato condiviso con le autorità delle religioni coinvolte, o se siano stati usati simboli altrui senza permesso, in modo ben poco dialogante. Fatto sta che questi video hanno avuto ben poco successo, ma non lo diciamo noi cattivi ultraconservatori che vogliono riportare indietro le lancette dell'orologio all'oscura epoca preconciliare, ma lo dicono i freddi numeri. Al momento in cui si scrive (10 gennaio sera) il video in inglese è stato visto (arrotondando le cifre per eccesso, per non essere accusati di cattiveria gratuita) 110 mila volte. Quello in spagnolo 36 mila. In Italiano 23 mila. In Francese 7 mila. Tedesco 15 mila. Portoghese 32 mila. In Cinese non c'è e ci chiediamo come mai, visto che è la nazione in cui il Buddhismo è più diffuso e, soprattutto, è ancora aperta la questione tibetana. Forse non si vuole scontentare un certo regime?
In totale quindi sommando tutti i numeri di cui sopra e arrotondando ancora per eccesso, assumendo che davanti ai computer ci sia più di una persona, che nessuno l'ha fatto partire due volte, che You Tube sbaglia i conti, il video è stato visto circa 250 mila volte. Vogliamo dire 300 mila? Vogliamo rovinarci e dire 350 mila, contravvenendo alla matematica ? Aggiudicato. Numeri bassissimi insomma. Evidentemente questo tipo di messaggio non ha scaldato i cuori di nessuno, né dei cristiani né tanto meno quelli di ebrei, buddhisti e musulmani.
Un dato che va ad associarsi a quelli pessimi sulle presenze in Vaticano nell'ultimo anno, mezzo vuoto mentre invece al Colosseo c'è stato un record di visitatori. Senza contare il calo della frequenza a Messa, dati Istat, o quello delle confessioni.
Forse sarebbe meglio iniziare a parlarne serenamente.
Il primo di questi messaggi è stato, ahinoi, un video nel quale i rappresentanti di quattro religioni, cristianesimo, buddhismo, ebraismo e islam, dichiarano di credere nell'amore. Un video spiacevole.
Viene da chiedersi se sia stato condiviso con le autorità delle religioni coinvolte, o se siano stati usati simboli altrui senza permesso, in modo ben poco dialogante. Fatto sta che questi video hanno avuto ben poco successo, ma non lo diciamo noi cattivi ultraconservatori che vogliono riportare indietro le lancette dell'orologio all'oscura epoca preconciliare, ma lo dicono i freddi numeri. Al momento in cui si scrive (10 gennaio sera) il video in inglese è stato visto (arrotondando le cifre per eccesso, per non essere accusati di cattiveria gratuita) 110 mila volte. Quello in spagnolo 36 mila. In Italiano 23 mila. In Francese 7 mila. Tedesco 15 mila. Portoghese 32 mila. In Cinese non c'è e ci chiediamo come mai, visto che è la nazione in cui il Buddhismo è più diffuso e, soprattutto, è ancora aperta la questione tibetana. Forse non si vuole scontentare un certo regime?
In totale quindi sommando tutti i numeri di cui sopra e arrotondando ancora per eccesso, assumendo che davanti ai computer ci sia più di una persona, che nessuno l'ha fatto partire due volte, che You Tube sbaglia i conti, il video è stato visto circa 250 mila volte. Vogliamo dire 300 mila? Vogliamo rovinarci e dire 350 mila, contravvenendo alla matematica ? Aggiudicato. Numeri bassissimi insomma. Evidentemente questo tipo di messaggio non ha scaldato i cuori di nessuno, né dei cristiani né tanto meno quelli di ebrei, buddhisti e musulmani.
Un dato che va ad associarsi a quelli pessimi sulle presenze in Vaticano nell'ultimo anno, mezzo vuoto mentre invece al Colosseo c'è stato un record di visitatori. Senza contare il calo della frequenza a Messa, dati Istat, o quello delle confessioni.
Forse sarebbe meglio iniziare a parlarne serenamente.
di Emilio Giorgio de Roccaforte
http://www.campariedemaistre.com/2016/01/lo-scarso-successo-del-sincretismo.html
«È un libro bellissimo che ci “misericordia”». Un libro da «portare in tasca», da «leggere in 5 minuti, quando il treno è in ritardo...». Così Roberto Benigni alla presentazione del volume «Il nome di Dio è Misericordia - una conversazione con Andrea Tornielli di Sua Santità Francesco». Il comico toscano si è detto emozionato di essere presente «nello Stato più piccolo del mondo con l’uomo più grande del mondo». «Non si può parlare moderatamente del Papa. È un rivoluzionario, è meraviglioso. Ho fatto di tutto per vederlo», ha detto di Francesco che durante l’ultima omelia del 2014, citò Roberto Benigni, al tempo impegnato con «I dieci comandamenti» in televisione, senza nominarlo ma definendolo «un grande artista italiano».
L’intervento di Benigni è vulcanico e divertente, come da suo stile. «Solo a papa Francesco poteva venire in mente di presentare un libro con un cardinale veneto, un carcerato cinese e un comico toscano...», ha detto riferendosi alle persone che prima di lui sono intervenute, all’Istituto Patristico Augustinianum: il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, e il carcerato cinese Zhang Agostino Jianqing. moderatore dell’incontro è padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa della Santa Sede.
«Da piccolo volevo fare il sacerdote - ha raccontato Benigni -. Quando a scuola mi chiedevano “cosa vuoi fare da grande?”, rispondevo “il Papa”. Tutti si mettevano a ridere, e allora ho capito che dovevo fare il comico...», ha aggiunto, tra le risate del pubblico in sala.
Sempre con la sua inimitabile verve, l’attore e regista toscano ha raccontato anche della telefonata avuta dal Vaticano per il suo intervento alla presentazione di oggi: «Come ho saputo “Sua Santità” non ho voluto sapere il seguito e ho risposto subito sì. Sono disposto a fare la guardia svizzera, l’autista per Francesco...».
Papa Francesco «è così pieno di misericordia che la potrebbe vendere a etti. «Vuoi un etto di misericordia? Lui te la dà...», afferma Roberto Benigni. «Il cuore del ministero di Francesco è proprio la misericordia». Lui «sta camminando verso qualcosa e non si ferma mai. A volte sembra affaticato perché traghetta la Chiesa in un luogo del quale ci siamo dimenticati, verso il Cristianesimo», e «la forza per questa sfida gliela dà la medicina della misericordia che va a cercare tra gli sconfitti, gli ultimi degli ultimi...».
Francesco «trova la misericordia nel dolore perché il dolore è più forte del male, la sofferenza è l’unica forza superiore al male: divinum est pati. Senza dolore la vita apparirebbe enigmatica, la gioia inaccessibile».
La misericordia «è il caposaldo della missione di papa Francesco». Basta guardare il Pontefice per capire che per lui «la vita è compassione, amore, e che il perdono è alla base del suo pontificato». Benigni evidenzia che «la misericordia è la giustizia più grande, non la cancella, non la corrompe, non la abolisce». Insomma la misericordia è il «caposaldo» della missione di Papa Francesco: «Il miserere mei Deus Secundum misericordiam tuam del salmo 50 di Davide che mi commuove sempre». «Un peccato così grande come quello di Davide, se lo ha perdonato, può perdonare tutti noi», aggiunge.
«Papa Francesco sta traghettando la Chiesa verso un luogo del quale ci eravamo dimenticati: il cristianesimo - scandisce Benigni - E lo fa attraverso la misericordia. Una sfida sociale, politica. Va a cercare la misericordia tra gli ultimi degli ultimi». Il Papa «è come una cascata di misericordia, ne è pieno. Il nostro mondo ormai è irriconoscibile, vuole il dolore, la condanna. Perché Francesco va in mezzo al dolore? Perché la sofferenza è propria di Dio, è più forte del male. In questo libro si dice che ogni atto di misericordia è una resurrezione e ogni atto di odio è un atto di morte».
«La gioia è il gigantesco segreto del cristianesimo - continua - È l’elemento costitutivo. Chi ha sofferto senza perdere la gioia cristiana è vicinissimo al Signore». L’artista ammonisce: «Dobbiamo diffidare degli infelici. Amate le persone felici che sono umili, gioiose e vicine a Dio» e citando il primo miracolo di Gesù nel Vangelo di Marco, la guarigione della suocera di Pietro, aggiunge: «La guarì perché poi la suocera cucinò per loro. Gesù gustava le gioie della vita...». «È la rivincita di tutte le suocere - scherza - questo è il primo miracolo del vangelo di Marco. E Pietro non ha fermato Gesù dicendogli di lasciar stare perché ormai era malata». E ha concluso: «Ma Gesù la guarisce, perché poi lei si è messa a servirli, in pratica voleva fare un pranzetto».
L’attore e regista poi riprende le parole di Benedetto XVI sulla misericordia che contiene «la gioia e il dolore: due colonne portanti nel Cristianesimo. Ma mentre il dolore è sempre presente nel Cristianesimo , la gioia la teniamo spesso nascosta».
«Chi è alla ricerca di rivelazioni rimarrà forse un po’ deluso scorrendo queste pagine», premette il cardinale Parolin, perché questo «non è un libro in cui Francesco racconta inedite curiosità o particolari aneddoti su se stesso. Neppure si tratta di un’intervista a tutto campo, su questioni di attualità che riguardano la vita della Chiesa e del mondo, come solitamente accade nelle conferenze stampa sull’aereo, durante i voli di ritorno dai Paesi visitati». Invece questo è un libro «con il quale il Papa ci apre il suo cuore. Vuole farci entrare, quasi prendendoci per mano, nel grande e confortante mistero della misericordia di Dio. Un mistero così lontano dai nostri calcoli umani eppure così necessario e atteso da noi pellegrini smarriti in questi tempi di sfide e di prove».
Prosegue Parolin: «”La misericordia è vera”», dice il Papa rispondendo a una domanda dell’intervistatore a proposito del rapporto tra misericordia e dottrina. La misericordia, aggiunge Francesco, è “la carta d’identità del nostro Dio”: un’espressione esemplificativa, un’immagine che ci aiuta a comprendere la reale portata di questa verità cristiana. La carta d’identità, infatti, ci definisce, descrive le nozioni basilari e oggettive da sapere su ciascuno di noi».
Il Cardinale assicura: «Il volume che oggi presentiamo si legge agevolmente: introduce sia il credente sia il non credente nel mistero della misericordia di Dio». In più, rappresenta fedelmente il «suo principale autore, cioè papa Francesco: è infatti un libro che apre delle porte, che vuole mantenere aperte delle porte e indicare delle possibilità, che desidera far almeno balenare, se non brillare, il dono gratuito dell’infinita misericordia di Dio, senza la quale “il mondo non esisterebbe”, come ebbe a dire una vecchietta - un’”abuela” - all’allora monsignor Bergoglio da poco vescovo ausiliare di Buenos Aires: episodio che il Santo Padre ha raccontato nel suo primo Angelus, domenica 17 marzo 2013, che ha ripetuto di recente in un’omelia di Santa Marta e che nel libro descrive con l’aggiunta di qualche particolare in più».
Il Papa «non ha, in queste pagine, lo scopo di “definire”, delimitare, mettere paletti o affrontare la casistica scendendo nei singoli aspetti particolari riguardanti le scelte di vita delle persone. Lo scopo di queste pagine, almeno così io l’ho compreso, non è appunto quello di scendere nei singoli casi, ma è piuttosto quello di allargare lo sguardo, di accendere nel cuore di tutti il desiderio dell’incontro con l’amore infinito del Signore, il desiderio di sperimentare nelle nostre vite questo dono divino, così lontano dalle nostre logiche umane e così necessario per sostenerci, incoraggiarci, risollevarci, renderci capaci di ricominciare sempre».
E proprio perché «lascia aperte delle porte e cerca di far intravvedere la misericordia di Dio, è un libro che in alcune pagine commuove. Commuove perché papa Francesco, rievocando, facendo propri e calando nella sua esperienza i passi evangelici, le citazioni dei padri della Chiesa, alcune parole dei suoi predecessori, presenta il Volto del Dio di misericordia, il Padre che tocca i cuori e che cerca instancabilmente di raggiungerci per donarci il suo amore e il suo perdono. Cerca ogni spiraglio, spiega il Papa, ogni fessura anche minima del nostro cuore, per raggiungerci con la sua grazia».
Ecco una domanda cruciale a cui Francesco nel libro risponde – sottolinea il Segretario di Stato - perché oggi l’umanità ha così bisogno di misericordia: «Perché è un’umanità ferita, un’umanità che porta ferite profonde. Non sa come curarle o crede che non sia proprio possibile curarle. E non ci sono soltanto le malattie sociali e le persone ferite dalla povertà, dall’esclusione sociale, dalle tante schiavitù del terzo millennio. Anche il relativismo ferisce tanto le persone: tutto sembra uguale, tutto sembra lo stesso.
Per Parolin, «abbiamo smarrito il senso del peccato, ma abbiamo anche smarrito la fiducia nella possibilità di trovare una luce, un appiglio che ci permetta di uscire dalla disperazione, dal nostro errore, dalle gabbie che talvolta ci costruiamo. La nostra società, che oggi amiamo definire “liquida”, sembra aver perduto non soltanto il senso di ciò che è male, ma anche la fede nell’esistenza di Qualcuno che possa salvarci, rigenerarci, accoglierci sempre, risollevarci quando cadiamo».
Il Cardinale racconta «la reazione degli alunni di una scuola del nord Italia di fronte alla proposta dell’insegnante di religione che aveva chiesto di scrivere un tema libero basato sulla parabola del “Figliol prodigo”. Il finale scelto dalla stragrande maggioranza dei ragazzi è stato questo: il padre riceve il “Figliol prodigo”, lo punisce severamente e lo fa vivere con i suoi servi. Così impara a sperperare tutte le ricchezze di famiglia... Una reazione tutto sommato molto umana - osserva - tipica di chi sperimentando troppo poco la misericordia di Dio, fatica a comprenderla. Non possiamo nascondercelo: noi, tutti noi, saremmo, in fondo, portati a ragionare nello stesso modo»; invece il Papa «commenta questo episodio con poche efficaci parole: “Ma questa - dice - è una reazione umana. La reazione del figlio maggiore, è umana. Invece la misericordia di Dio è divina”. La misericordia di Dio è l’irruzione nelle nostre vite di un altro criterio, di un criterio nuovo: lontanissimo dai nostri calcoli, dai nostri umani ragionamenti sulla giustizia, dalla nostra “etica del bilancino”. Eppure a ben guardare - e ciò emerge a ogni pagina del libro che presentiamo oggi - è proprio di questo che abbiamo bisogno noi e tutti coloro che ci capita di incontrare per strada, nei luoghi di lavoro, nella vita di ogni giorno».
Francesco inoltre «guarda con favore che “anche nella giustizia terrena, nelle norme giudiziarie”, si stia facendo strada “una consapevolezza nuova... Pensiamo a quanto è cresciuta la coscienza mondiale nel rifiuto della pena di morte. Pensiamo a quanto si sta cercando di fare per il reinserimento sociale dei carcerati, affinché chi ha sbagliato, dopo aver pagato il suo debito con la giustizia, possa trovare più facilmente un lavoro e non restare ai margini della società”. Il Papa ha voluto che l’Anno Santo straordinario della Misericordia fosse rivolto in modo speciale a chi vive questa esperienza».
E dopo Parolin, è proprio il momento di ascoltare come le parole di Papa Bergoglio sono state accolte da chi trascorre la sua esistenza dietro le sbarre, nella cella di un carcere. «Ho 30 anni e vengo dalla Cina, più precisamente da Zhe Jiang. Può sembrare strano che un cinese porti anche il nome di Agostino ma più avanti capirete il perché». Si presenta così Zhang Agostino Jianqing. «La mia famiglia, di tradizione buddista è una famiglia di brave persone che nella loro vita si sono sempre comportate bene ed hanno lavorato sia in Cina che in Italia. Nel 1997, all’età di 12 anni, sono arrivato in Italia con mio papà, la mia mamma era in Italia già da due anni. Sono passati 18 anni da quel 1997, la maggior parte dei quali passati in carcere, tutt’ora sono in carcere». Ecco com’è andata: «Arrivato in Italia ho studiato un paio di anni, ma a scuola mi annoiavo, così spesso mancavo le lezioni, scappavo dalla scuola all’insaputa dei miei genitori. Anno dopo anno diventavo sempre più cattivo, iniziavo a litigare con i miei genitori perché non mi davano i soldi per potermi divertire. All’età di 16 anni mi sono inventato la storia che andavo a lavorare lontano dalla nostra abitazione per poter stare fuori la notte. Spesso passavo la notte in discoteca, mi interessava solo divertirmi e sentirmi potente, così in poco tempo mi sono plasmato un carattere violento e superficiale, mi interessavano solo lo sballo, i soldi e le ragazze». A questo punto, «ho commesso un grave errore. E così all’età di 19 anni sono entrato in carcere per la seconda volta con una condanna di 20 anni».
Dietro le sbarre della prigione di Belluno, «dentro di me emergeva il desiderio di cambiare in meglio per non fare più soffrire la mia cara mamma. Nasceva in me il desiderio che questa sofferenza si potesse trasformare in felicità».
Il motivo del nome Zhang Agostino? «Agostino perché pensando a sant’Agostino, alla sua storia, mi ha particolarmente commosso sua madre santa Monica per tutte le lacrime che aveva versato per il suo figlio, sperando di ritrovare il figlio perduto. È un po’ come la mia situazione, pensando alla mia mamma e al fiume di lacrime che ha versato per me sperando che io potessi ritrovare il senso della vita».
Nel 2007 «vengo trasferito al carcere di Padova. La prima persona che ho incontrato è stato un mio connazionale, Je Wu poi Andrea. Un detenuto cinese come me che aveva iniziato a lavorare in carcere a Padova e che mi è stato vicino e mi ha aiutato. Dopo pochi mesi dall’arrivo ho iniziato anch’io a lavorare con la cooperativa sociale Giotto, prima assemblando confezioni di gioielli, poi valige. Oggi sempre in carcere lavoro nel settore della digitalizzazione e delle chiavette per la firma digitale».
Agostino notava «che questo mio amico era sempre più contento fino a decidere di diventare cristiano e di battezzarsi. Vedere accadere queste cose, lavorare con queste persone mi ha fatto sorgere la domanda e il desiderio di essere anch’io felice come loro»; infatti «vedendo questi miei amici tornare dalla messa contenti, ho deciso di andare a vedere che cosa succedeva e se c’era qualcosa di utile per me».
Così, ascoltando il Vangelo, «dentro di me emergeva una gioia che non avevo mai provato prima. Non vedevo l’ora che fosse domenica. Ma questo desiderio era di tutti i giorni, perciò ho deciso di partecipare con alcuni amici detenuti e della cooperativa a un momento settimanale di incontro per poter condividere e amare al meglio la mia vita. Questo cammino mi ha fatto nascere il desiderio di diventare cristiano».
E l’11 aprile del 2015 «mi sono battezzato, cresimato e ho fatto la prima comunione: tutto in carcere. Anche se avrei potuto ottenere il permesso dal magistrato di celebrarlo fuori dal carcere ho scelto di farlo nel luogo e con gli amici dove Gesù è venuto a incontrarmi e dove io ho incontrato Gesù».
Infine, un ringraziamento speciale a Francesco «per l’attenzione particolare che ha verso noi carcerati. Mai avrei pensato di essere invitato a partecipare alla presentazione di un libro del Papa, né di avere la possibilità di stringere la sua mano, com’è avvenuto ieri».
Dunque, «sono qui con la mia storia a testimoniare come la Misericordia di Dio ha cambiato la mia vita».
Qui l’intervento completo di Zhang Agostino Jianqing alla presentazione del libro-intervista di Tornielli a papa Francesco
http://www.lastampa.it/2016/01/12/vaticaninsider/ita/vaticano/benigni-questo-libro-del-papa-come-avere-il-papa-tascabile-z9ToAx7NXTiTA7aCCG3sIJ/pagina.html
Critica al pauperismo semplicistico ed ipocrita, di quanti non andrebbero a pranzo da Zaccheo – non si sa quanto per pregiudizio verso i pubblicani o verso i banchetti – e che forse invierebbero l’angelo ai pastori, ma certo non la cometa ai Magi.
Puntualizzazione di una misericordia che non è «condiscendenza» o «buonismo», che «non è una virtù che sta ferma, seduta in poltrona», ma vivace e vitale radice prima ed ultima del Vangelo. Misericordia, fatto serio, che non esclude la giustizia – «il minimo della misericordia» – dal mondo, ma neppure il mondo dal perdono di un Dio che non teme di soffrire, di Cristo fattosi «il Sì di Dio» per il sì di Maria. «La misericordia non cancella la giustizia», ma «un mondo senza misericordia è un mondo freddo». Una misericordia «che non va confusa con la pietà. Dentro alla misericordia c’è la gioia, la levità del perdono», perché «è la gioia il grande segreto del Cristianesimo».
Misericordia di cui è emblema anche la Madre di Dio, fra i cui numerosi e più poetici appellativi figura anche quello di fontana della Misericordia, in riferimento a Cristo-Misericordia. Magnificata con una passione che accosta a Dante e che contribuisce a silenziare le polemiche sorte nei giorni scorsi attorno ad alcune frasi sulla Vergine, il Cattolicesimo e la riconciliazione con i protestantesimi pronunciate da padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia.
http://www.caffestoria.it/quando-il-comico-incontra-il-papa-il-poeta-e-i-dotti/
Roberto Benigni presenta libro del Papa sulla misericordia
CITTA' DEL VATICANO - Roberto Benigni presenta questa mattina il libro di Papa Francesco «Il nome di Dio è misericordia», realizzato insieme al giornalista Andrea Tornielli in occasione del Giubileo.
Appuntamento accanto a Piazza San Pietro
Oltre all'attore, il volume, pubblicato dalla Libreria editrica vaticana (Lev) e Piemme, sarà presentato all'istituto Augustinianum, vicino a piazza San Pietro, dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, e Zhang Agostino Jianquing, detenuto cinese ospite del carcere di Padova. Il sauto introduttivo sarà di don Giuseppe Costa, direttore della Lev, la tavola rotonda moderata dal portavoce vaticano Federico Lombardi. Tutti presenti, ieri a Casa Santa Marta, insieme alla presidente del Gruppo Mondadori, Marina Berlusconi, per donare al Papa la prima copia del libro.
Insieme a Tornielli
Andrea Tornielli, vaticanista, giornalista del quotidiano La Stampa e responsabile del sito Vatican Insider, collabora con varie riviste internazionali. Numerose le sue pubblicazioni, tra cui la prima biografia del Pontefice, Francesco. Il Papa ha voluto vergare personalmente le copertine delle edizioni in lingua italiana, inglese, francese, tedesca, spagnola e portoghese.
(con fonte Askanews)
http://roma.diariodelweb.it/roma/articolo/?nid=20160112_372015«Il nome di Dio è misericordia» è il titolo del testo realizzato per il Giubileo da Papa Francesco insieme al giornalista vaticanista de La Stampa Andrea Tornielli
CITTA' DEL VATICANO - Roberto Benigni presenta questa mattina il libro di Papa Francesco «Il nome di Dio è misericordia», realizzato insieme al giornalista Andrea Tornielli in occasione del Giubileo.
Appuntamento accanto a Piazza San Pietro
Oltre all'attore, il volume, pubblicato dalla Libreria editrica vaticana (Lev) e Piemme, sarà presentato all'istituto Augustinianum, vicino a piazza San Pietro, dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, e Zhang Agostino Jianquing, detenuto cinese ospite del carcere di Padova. Il sauto introduttivo sarà di don Giuseppe Costa, direttore della Lev, la tavola rotonda moderata dal portavoce vaticano Federico Lombardi. Tutti presenti, ieri a Casa Santa Marta, insieme alla presidente del Gruppo Mondadori, Marina Berlusconi, per donare al Papa la prima copia del libro.
Insieme a Tornielli
Andrea Tornielli, vaticanista, giornalista del quotidiano La Stampa e responsabile del sito Vatican Insider, collabora con varie riviste internazionali. Numerose le sue pubblicazioni, tra cui la prima biografia del Pontefice, Francesco. Il Papa ha voluto vergare personalmente le copertine delle edizioni in lingua italiana, inglese, francese, tedesca, spagnola e portoghese.
(con fonte Askanews)
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Francesco, "il Papa che vende la misericordia a etti". Parola di Benigni
Il vulcanico attore intervenuto insieme al Segretario di Stato Parolin alla presentazione del libro-intervista del Pontefice con il vaticanista Andrea Tornielli, "Il nome di Dio è misericordia"
“Solo a questo Papa poteva venire in mente di organizzare la presentazione del suo libro con un cardinale veneto, un carcerato cinese e un comico toscano”. L’intelligente humour di Roberto Benigni ha allietato il folto pubblico presente nell’auditorium dell’Istituto Patristico Augustinianum dove, stamane, si è svolta la presentazione del libro-intervista di Papa Francesco con il noto vaticanista Andrea Tornielli, Il nome di Dio è Misericordia.
Un volume attesissimo dagli addetti ai lavori e dal popolo di Dio, “prezioso nel contesto dell’Anno Santo” quale “sussidio” indispensabile “per chi amministra misericordia”, come ha evidenziato padre Federico Lombardi che moderava l’incontro al quale erano presenti il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, e il direttore della Lev, don Giuseppe Costa.
Già anticipato domenica da alcuni estratti, il libro viene pubblicato oggi da ben 21 editori (in Italia è Piemme) in contemporanea in 86 Paesi. Una grande accoglienza e diffusione giustificate dal fatto di essere il primo libro-intervista del Pontefice argentino (anche se padre Lombardi preferisce l’accezione di “conversazione”), ma anche dal merito di rivelare un volto nuovo di questo personaggio che, in meno di tre anni, è divenuto “l’uomo più importante del mondo nello stato più piccolo del mondo”, come affermato da Benigni.
Volto che in circa un centinaio di pagine si scopre sempre più segnato dalla misericordia di Dio, perno del suo intero pontificato, “ma anche del suo ministero sacerdotale, episcopale, della sua vita”. La conversazione con Tornielli ha infatti “un carattere esperienzale”, ha annotato Lombardi, che si riflette anzitutto dalla copertina con il titolo scritto di proprio pugno dal Papa e poi con i numerosi racconti e aneddoti riportati nei nove capitoli in cui “c’è tutto il suo cuore di pastore”.
Nessuna morbosità o fatti personali che “alimentano la curiosità” o affrontano “questioni di attualità della Chiesa e del mondo”, ha precisato Parolin, bensì episodi di vita vissuta che hanno inciso il cuore del Papa, il quale “in alcune pagine commuove perché rievoca e cala passi evangelici o parole dei Padri e dei suoi predecessori nella sua esperienza”. Un episodio su tutti: l’incontro con una abuela, una nonna argentina, che lasciò senza parole l’allora mons. Bergoglio, da poco vescovo ausiliare di Buenos Aires, durante una confessione, spiegandogli con profonda e naturale scienza teologica che “senza il dono gratuito della misericordia di Dio il mondo non esisterebbe”.
“Con il libro - ha detto il Segretario di Stato - il Papa ci prende per mano per farci confrontare con il mistero della misericordia di Dio”: un mistero “incalcolabile” per noi che siamo “pellegrini in questo tempo di miserie”. Francesco dunque “non mette paletti, ma lascia porte aperte. Non affronta la casistica per discutere delle scelte di vita delle persone”, ma semplicemente rivela quella che è la “carta d'identità del nostro Dio”: la misericordia appunto. Lo scopo è, quindi, che chi leggerà queste pagine possa “allargare lo sguardo e accendere il desiderio dell'incontro con il Signore”, nella consapevolezza che la “Chiesa non è una dogana ma cerca ogni possibile via per perdonare”.
E per avvalorare queste parole, durante la conferenza è intervenuto Zhang Agostino Jianqing, detenuto cinese del carcere di Padova che ha raccontato il suo incontro con la misericordia di Dio. Una storia che comincia nel 1997, quando Zhang arriva a 12 anni in Italia con i suoi genitori. “Studiavo - ha raccontato - ma a scuola mi annoiavo, quindi scappavo e diventavo sempre più cattivo. Litigavo con miei genitori che non mi davano soldi per divertirmi e ho sviluppato un carattere violento e superficiale”. Per me tutto si concentrava su "sballo, soldi e ragazze”, ha detto il detenuto, poi “ho commesso un errore”. Errore che gli è costato 20 anni in carcere.
Tuttavia proprio durante questi anni di reclusione, l’uomo si è convertito al cristianesimo. Lui che era di tradizione buddista. E questo grazie soprattutto al ruolo di sua madre “che si faceva 700 km per venirmi a trovare” e che ha permesso ad Agostino di incontrare Dio e fargli scoprire che anche per lui c’era un perdono. Per questo il nome di Agostino, perché - ha spiegato il giovane - "pensando ad Agostino, alla sua storia, mi ha particolarmente commosso sua madre, Santa Monica, per tutte le lacrime che aveva versato per suo figlio, sperando di ritrovare il figlio perduto. È un po’ come la mia situazione: pensando alla mia mamma e al fiume di lacrime che ha versato per me, sperando che io potessi ritrovare il senso della mia vita”.
Una testimonianza appassionata che il detenuto ha riportato anche al Papa stesso, nell’incontro a Santa Marta di ieri sera durante il quale è stata consegnata al Pontefice la prima copia del libro. "Ieri quando Agostino ha incontrato il Papa gli ha dato una foto sua con i suoi amici e fratelli nel carcere, le firme, le dediche.. - ha spiegato Lombardi - e il Papa ha fatto una bellissima dedica di risposta dicendo che è vicino a loro, prega per loro e chiede di pregare per lui”.
Altre lacrime le ha fatte versare ai presenti in sala Benigni. Non di commozione, però, ma di divertimento. A cominciare dal “grazie a tutti!!!” urlato al microfono con la tipica vulcanica verve per l’opportunità concessa di parlare in Vaticano. “È la mia prima volta! Quando mi hanno telefonato dal Vaticano per la presentazione di oggi, appena ho sentito 'Sua Santità vorrebbe...', ho detto 'Sì!', senza nemmeno far finire. Qualsiasi cosa: fare la guardia svizzera, l’autista... Per questo Papa non dico mai di no'". Risate e applausi li hanno suscitati anche affermazioni tipo: “A chi mi chiedeva a scuola cosa volevo fare da grande rispondevo ‘il Papa’ e tutti si mettevano a ridere. Allora ho capito che dovevo fare il comico.... Probabilmente se si fossero inginocchiati avrei fatto il sacerdote”.
L’attore e regista ha raccontato pure l’emozione provata ieri nell’incontro con il Santo Padre: “Camminavo, mi mettevo sulle punte, mi sentivo come Zaccheo che si arrampica sull’albero per vedere Gesù”. Di episodi evangelici il comico ne ha poi citati parecchi: in modo più serio per far comprendere il significato della misericordia di Dio, "caposaldo" della missione della Chiesa e del Papa; e in tono ironico, come la personale lettura del primo miracolo di Gesù raccontato dal Vangelo di Marco - “il mio preferito” - sulla guarigione della suocera di Pietro. "Gesù la guarì perché poi la suocera cucinò per loro. Gesù gustava le gioie della vita... E Pietro non ha fermato Gesù dicendogli di lasciar stare perché ormai era malata. È la rivincita di tutte le suocere.... - ha scherzato - Gesù la guarisce, perché poi lei si è messa a servirli, in pratica voleva fare un pranzetto".
Benigni ha inoltre letto alcuni brani del Pontefice contenuti nel volume, “un libro bellissimo, da leggere in 5 minuti quando il treno è in ritardo... Fa sembrare di avere il Papa sempre in tasca. Lo puoi prendere e dire: ‘Francesco tu che pensi di questo?’ e trovi la risposta”. Ha poi elogiato l’incessante impegno del Vescovo di Roma a diffondere la misericordia che - ha precisato - “non va confusa con la pietà” ma si identifica con “la gioia che è il gigantesco segreto del cristianesimo”. Per questo, ha affermato il comico, “dobbiamo diffidare degli infelici. Amate invece le persone felici che sono umili, gioiose e vicine a Dio".
“Papa Francesco - ha infine aggiunto - cammina e non si ferma mai, anche se sembra faticare, perché sta traghettando tutta la Chiesa verso il cristianesimo, verso il Vangelo, verso Gesù. La sta tirando dietro di sé. Un’opera incredibile. È un rivoluzionario”. “In mezzo al dolore del mondo - ha proseguito Benigni - Francesco sta cercando la misericordia. Una sfida sociale, politica. Va a cercare la misericordia tra gli ultimi degli ultimi. A Lampedusa, o a Bangui... Perché Francesco va in mezzo al dolore? Perché la sofferenza è propria di Dio, è più forte del male. In questo libro si dice che ogni atto di misericordia è una resurrezione e ogni atto di odio è un atto di morte".
E il Papa “è una cascata di misericordia", "è pieno di misericordia, è lì che la prende a piene mani in mezzo agli ultimi degli ultimi, la potrebbe vendere ad etti. Vuoi un etto di misericordia? Il Papa te la dà”.
Benigni: questo libro è come avere il Papa tascabile
L’artista lo afferma alla presentazione del libro-intervista di
Tornielli a Papa Francesco «Il nome di Dio è Misericordia». Con lui
Parolin, Lombardi e Zhang Agostino Jianqing, ospite del carcere di
Padova
Padre Federico Lombardi, il
cardinale Pietro Parolin e Roberto Benigni presentano all’Augustinianum
di Roma il libro-intervista di Andrea Tornielli con Papa Francesco «Il
nome di Dio è Misericordia»
ROMA
«È un libro bellissimo che ci “misericordia”». Un libro da «portare in tasca», da «leggere in 5 minuti, quando il treno è in ritardo...». Così Roberto Benigni alla presentazione del volume «Il nome di Dio è Misericordia - una conversazione con Andrea Tornielli di Sua Santità Francesco». Il comico toscano si è detto emozionato di essere presente «nello Stato più piccolo del mondo con l’uomo più grande del mondo». «Non si può parlare moderatamente del Papa. È un rivoluzionario, è meraviglioso. Ho fatto di tutto per vederlo», ha detto di Francesco che durante l’ultima omelia del 2014, citò Roberto Benigni, al tempo impegnato con «I dieci comandamenti» in televisione, senza nominarlo ma definendolo «un grande artista italiano».
L’intervento di Benigni è vulcanico e divertente, come da suo stile. «Solo a papa Francesco poteva venire in mente di presentare un libro con un cardinale veneto, un carcerato cinese e un comico toscano...», ha detto riferendosi alle persone che prima di lui sono intervenute, all’Istituto Patristico Augustinianum: il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, e il carcerato cinese Zhang Agostino Jianqing. moderatore dell’incontro è padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa della Santa Sede.
«Da piccolo volevo fare il sacerdote - ha raccontato Benigni -. Quando a scuola mi chiedevano “cosa vuoi fare da grande?”, rispondevo “il Papa”. Tutti si mettevano a ridere, e allora ho capito che dovevo fare il comico...», ha aggiunto, tra le risate del pubblico in sala.
Sempre con la sua inimitabile verve, l’attore e regista toscano ha raccontato anche della telefonata avuta dal Vaticano per il suo intervento alla presentazione di oggi: «Come ho saputo “Sua Santità” non ho voluto sapere il seguito e ho risposto subito sì. Sono disposto a fare la guardia svizzera, l’autista per Francesco...».
Papa Francesco «è così pieno di misericordia che la potrebbe vendere a etti. «Vuoi un etto di misericordia? Lui te la dà...», afferma Roberto Benigni. «Il cuore del ministero di Francesco è proprio la misericordia». Lui «sta camminando verso qualcosa e non si ferma mai. A volte sembra affaticato perché traghetta la Chiesa in un luogo del quale ci siamo dimenticati, verso il Cristianesimo», e «la forza per questa sfida gliela dà la medicina della misericordia che va a cercare tra gli sconfitti, gli ultimi degli ultimi...».
Francesco «trova la misericordia nel dolore perché il dolore è più forte del male, la sofferenza è l’unica forza superiore al male: divinum est pati. Senza dolore la vita apparirebbe enigmatica, la gioia inaccessibile».
La misericordia «è il caposaldo della missione di papa Francesco». Basta guardare il Pontefice per capire che per lui «la vita è compassione, amore, e che il perdono è alla base del suo pontificato». Benigni evidenzia che «la misericordia è la giustizia più grande, non la cancella, non la corrompe, non la abolisce». Insomma la misericordia è il «caposaldo» della missione di Papa Francesco: «Il miserere mei Deus Secundum misericordiam tuam del salmo 50 di Davide che mi commuove sempre». «Un peccato così grande come quello di Davide, se lo ha perdonato, può perdonare tutti noi», aggiunge.
«Papa Francesco sta traghettando la Chiesa verso un luogo del quale ci eravamo dimenticati: il cristianesimo - scandisce Benigni - E lo fa attraverso la misericordia. Una sfida sociale, politica. Va a cercare la misericordia tra gli ultimi degli ultimi». Il Papa «è come una cascata di misericordia, ne è pieno. Il nostro mondo ormai è irriconoscibile, vuole il dolore, la condanna. Perché Francesco va in mezzo al dolore? Perché la sofferenza è propria di Dio, è più forte del male. In questo libro si dice che ogni atto di misericordia è una resurrezione e ogni atto di odio è un atto di morte».
«La gioia è il gigantesco segreto del cristianesimo - continua - È l’elemento costitutivo. Chi ha sofferto senza perdere la gioia cristiana è vicinissimo al Signore». L’artista ammonisce: «Dobbiamo diffidare degli infelici. Amate le persone felici che sono umili, gioiose e vicine a Dio» e citando il primo miracolo di Gesù nel Vangelo di Marco, la guarigione della suocera di Pietro, aggiunge: «La guarì perché poi la suocera cucinò per loro. Gesù gustava le gioie della vita...». «È la rivincita di tutte le suocere - scherza - questo è il primo miracolo del vangelo di Marco. E Pietro non ha fermato Gesù dicendogli di lasciar stare perché ormai era malata». E ha concluso: «Ma Gesù la guarisce, perché poi lei si è messa a servirli, in pratica voleva fare un pranzetto».
L’attore e regista poi riprende le parole di Benedetto XVI sulla misericordia che contiene «la gioia e il dolore: due colonne portanti nel Cristianesimo. Ma mentre il dolore è sempre presente nel Cristianesimo , la gioia la teniamo spesso nascosta».
«Chi è alla ricerca di rivelazioni rimarrà forse un po’ deluso scorrendo queste pagine», premette il cardinale Parolin, perché questo «non è un libro in cui Francesco racconta inedite curiosità o particolari aneddoti su se stesso. Neppure si tratta di un’intervista a tutto campo, su questioni di attualità che riguardano la vita della Chiesa e del mondo, come solitamente accade nelle conferenze stampa sull’aereo, durante i voli di ritorno dai Paesi visitati». Invece questo è un libro «con il quale il Papa ci apre il suo cuore. Vuole farci entrare, quasi prendendoci per mano, nel grande e confortante mistero della misericordia di Dio. Un mistero così lontano dai nostri calcoli umani eppure così necessario e atteso da noi pellegrini smarriti in questi tempi di sfide e di prove».
Prosegue Parolin: «”La misericordia è vera”», dice il Papa rispondendo a una domanda dell’intervistatore a proposito del rapporto tra misericordia e dottrina. La misericordia, aggiunge Francesco, è “la carta d’identità del nostro Dio”: un’espressione esemplificativa, un’immagine che ci aiuta a comprendere la reale portata di questa verità cristiana. La carta d’identità, infatti, ci definisce, descrive le nozioni basilari e oggettive da sapere su ciascuno di noi».
Il Cardinale assicura: «Il volume che oggi presentiamo si legge agevolmente: introduce sia il credente sia il non credente nel mistero della misericordia di Dio». In più, rappresenta fedelmente il «suo principale autore, cioè papa Francesco: è infatti un libro che apre delle porte, che vuole mantenere aperte delle porte e indicare delle possibilità, che desidera far almeno balenare, se non brillare, il dono gratuito dell’infinita misericordia di Dio, senza la quale “il mondo non esisterebbe”, come ebbe a dire una vecchietta - un’”abuela” - all’allora monsignor Bergoglio da poco vescovo ausiliare di Buenos Aires: episodio che il Santo Padre ha raccontato nel suo primo Angelus, domenica 17 marzo 2013, che ha ripetuto di recente in un’omelia di Santa Marta e che nel libro descrive con l’aggiunta di qualche particolare in più».
Il Papa «non ha, in queste pagine, lo scopo di “definire”, delimitare, mettere paletti o affrontare la casistica scendendo nei singoli aspetti particolari riguardanti le scelte di vita delle persone. Lo scopo di queste pagine, almeno così io l’ho compreso, non è appunto quello di scendere nei singoli casi, ma è piuttosto quello di allargare lo sguardo, di accendere nel cuore di tutti il desiderio dell’incontro con l’amore infinito del Signore, il desiderio di sperimentare nelle nostre vite questo dono divino, così lontano dalle nostre logiche umane e così necessario per sostenerci, incoraggiarci, risollevarci, renderci capaci di ricominciare sempre».
E proprio perché «lascia aperte delle porte e cerca di far intravvedere la misericordia di Dio, è un libro che in alcune pagine commuove. Commuove perché papa Francesco, rievocando, facendo propri e calando nella sua esperienza i passi evangelici, le citazioni dei padri della Chiesa, alcune parole dei suoi predecessori, presenta il Volto del Dio di misericordia, il Padre che tocca i cuori e che cerca instancabilmente di raggiungerci per donarci il suo amore e il suo perdono. Cerca ogni spiraglio, spiega il Papa, ogni fessura anche minima del nostro cuore, per raggiungerci con la sua grazia».
Ecco una domanda cruciale a cui Francesco nel libro risponde – sottolinea il Segretario di Stato - perché oggi l’umanità ha così bisogno di misericordia: «Perché è un’umanità ferita, un’umanità che porta ferite profonde. Non sa come curarle o crede che non sia proprio possibile curarle. E non ci sono soltanto le malattie sociali e le persone ferite dalla povertà, dall’esclusione sociale, dalle tante schiavitù del terzo millennio. Anche il relativismo ferisce tanto le persone: tutto sembra uguale, tutto sembra lo stesso.
Per Parolin, «abbiamo smarrito il senso del peccato, ma abbiamo anche smarrito la fiducia nella possibilità di trovare una luce, un appiglio che ci permetta di uscire dalla disperazione, dal nostro errore, dalle gabbie che talvolta ci costruiamo. La nostra società, che oggi amiamo definire “liquida”, sembra aver perduto non soltanto il senso di ciò che è male, ma anche la fede nell’esistenza di Qualcuno che possa salvarci, rigenerarci, accoglierci sempre, risollevarci quando cadiamo».
Il Cardinale racconta «la reazione degli alunni di una scuola del nord Italia di fronte alla proposta dell’insegnante di religione che aveva chiesto di scrivere un tema libero basato sulla parabola del “Figliol prodigo”. Il finale scelto dalla stragrande maggioranza dei ragazzi è stato questo: il padre riceve il “Figliol prodigo”, lo punisce severamente e lo fa vivere con i suoi servi. Così impara a sperperare tutte le ricchezze di famiglia... Una reazione tutto sommato molto umana - osserva - tipica di chi sperimentando troppo poco la misericordia di Dio, fatica a comprenderla. Non possiamo nascondercelo: noi, tutti noi, saremmo, in fondo, portati a ragionare nello stesso modo»; invece il Papa «commenta questo episodio con poche efficaci parole: “Ma questa - dice - è una reazione umana. La reazione del figlio maggiore, è umana. Invece la misericordia di Dio è divina”. La misericordia di Dio è l’irruzione nelle nostre vite di un altro criterio, di un criterio nuovo: lontanissimo dai nostri calcoli, dai nostri umani ragionamenti sulla giustizia, dalla nostra “etica del bilancino”. Eppure a ben guardare - e ciò emerge a ogni pagina del libro che presentiamo oggi - è proprio di questo che abbiamo bisogno noi e tutti coloro che ci capita di incontrare per strada, nei luoghi di lavoro, nella vita di ogni giorno».
Francesco inoltre «guarda con favore che “anche nella giustizia terrena, nelle norme giudiziarie”, si stia facendo strada “una consapevolezza nuova... Pensiamo a quanto è cresciuta la coscienza mondiale nel rifiuto della pena di morte. Pensiamo a quanto si sta cercando di fare per il reinserimento sociale dei carcerati, affinché chi ha sbagliato, dopo aver pagato il suo debito con la giustizia, possa trovare più facilmente un lavoro e non restare ai margini della società”. Il Papa ha voluto che l’Anno Santo straordinario della Misericordia fosse rivolto in modo speciale a chi vive questa esperienza».
E dopo Parolin, è proprio il momento di ascoltare come le parole di Papa Bergoglio sono state accolte da chi trascorre la sua esistenza dietro le sbarre, nella cella di un carcere. «Ho 30 anni e vengo dalla Cina, più precisamente da Zhe Jiang. Può sembrare strano che un cinese porti anche il nome di Agostino ma più avanti capirete il perché». Si presenta così Zhang Agostino Jianqing. «La mia famiglia, di tradizione buddista è una famiglia di brave persone che nella loro vita si sono sempre comportate bene ed hanno lavorato sia in Cina che in Italia. Nel 1997, all’età di 12 anni, sono arrivato in Italia con mio papà, la mia mamma era in Italia già da due anni. Sono passati 18 anni da quel 1997, la maggior parte dei quali passati in carcere, tutt’ora sono in carcere». Ecco com’è andata: «Arrivato in Italia ho studiato un paio di anni, ma a scuola mi annoiavo, così spesso mancavo le lezioni, scappavo dalla scuola all’insaputa dei miei genitori. Anno dopo anno diventavo sempre più cattivo, iniziavo a litigare con i miei genitori perché non mi davano i soldi per potermi divertire. All’età di 16 anni mi sono inventato la storia che andavo a lavorare lontano dalla nostra abitazione per poter stare fuori la notte. Spesso passavo la notte in discoteca, mi interessava solo divertirmi e sentirmi potente, così in poco tempo mi sono plasmato un carattere violento e superficiale, mi interessavano solo lo sballo, i soldi e le ragazze». A questo punto, «ho commesso un grave errore. E così all’età di 19 anni sono entrato in carcere per la seconda volta con una condanna di 20 anni».
Dietro le sbarre della prigione di Belluno, «dentro di me emergeva il desiderio di cambiare in meglio per non fare più soffrire la mia cara mamma. Nasceva in me il desiderio che questa sofferenza si potesse trasformare in felicità».
Il motivo del nome Zhang Agostino? «Agostino perché pensando a sant’Agostino, alla sua storia, mi ha particolarmente commosso sua madre santa Monica per tutte le lacrime che aveva versato per il suo figlio, sperando di ritrovare il figlio perduto. È un po’ come la mia situazione, pensando alla mia mamma e al fiume di lacrime che ha versato per me sperando che io potessi ritrovare il senso della vita».
Nel 2007 «vengo trasferito al carcere di Padova. La prima persona che ho incontrato è stato un mio connazionale, Je Wu poi Andrea. Un detenuto cinese come me che aveva iniziato a lavorare in carcere a Padova e che mi è stato vicino e mi ha aiutato. Dopo pochi mesi dall’arrivo ho iniziato anch’io a lavorare con la cooperativa sociale Giotto, prima assemblando confezioni di gioielli, poi valige. Oggi sempre in carcere lavoro nel settore della digitalizzazione e delle chiavette per la firma digitale».
Agostino notava «che questo mio amico era sempre più contento fino a decidere di diventare cristiano e di battezzarsi. Vedere accadere queste cose, lavorare con queste persone mi ha fatto sorgere la domanda e il desiderio di essere anch’io felice come loro»; infatti «vedendo questi miei amici tornare dalla messa contenti, ho deciso di andare a vedere che cosa succedeva e se c’era qualcosa di utile per me».
Così, ascoltando il Vangelo, «dentro di me emergeva una gioia che non avevo mai provato prima. Non vedevo l’ora che fosse domenica. Ma questo desiderio era di tutti i giorni, perciò ho deciso di partecipare con alcuni amici detenuti e della cooperativa a un momento settimanale di incontro per poter condividere e amare al meglio la mia vita. Questo cammino mi ha fatto nascere il desiderio di diventare cristiano».
E l’11 aprile del 2015 «mi sono battezzato, cresimato e ho fatto la prima comunione: tutto in carcere. Anche se avrei potuto ottenere il permesso dal magistrato di celebrarlo fuori dal carcere ho scelto di farlo nel luogo e con gli amici dove Gesù è venuto a incontrarmi e dove io ho incontrato Gesù».
Infine, un ringraziamento speciale a Francesco «per l’attenzione particolare che ha verso noi carcerati. Mai avrei pensato di essere invitato a partecipare alla presentazione di un libro del Papa, né di avere la possibilità di stringere la sua mano, com’è avvenuto ieri».
Dunque, «sono qui con la mia storia a testimoniare come la Misericordia di Dio ha cambiato la mia vita».
Qui l’intervento completo di Zhang Agostino Jianqing alla presentazione del libro-intervista di Tornielli a papa Francesco
http://www.lastampa.it/2016/01/12/vaticaninsider/ita/vaticano/benigni-questo-libro-del-papa-come-avere-il-papa-tascabile-z9ToAx7NXTiTA7aCCG3sIJ/pagina.html
Quando il Comico, incontra il Papa, il Poeta e i dotti
Cita Benedetto XVI e papa Francesco, insieme all’immancabile Alighieri. Un discorso, come nello stile di Benigni, che sembra buttato lì un po’ grullo, ma che tradisce invece la consueta sottigliezza del comico di razza. Pronunciato poco fa in occasione della presentazione del libro-intervista del vaticanista Andrea Tornielli, quello di Roberto Benigni è stato un discorso appassionato – l’omelia mancata di un mancato sacerdote con una «vocazione sin da bambino», nel bene e nel male diventata vocazione di comico – che è il riassunto di un pontificato e l’apertura di una Commedia («Miserere di me», Inf. I, 65), che squarcia il velo del silenzio dei primi versi. Un discorso che contribuisce – si vedrà quanto e i conti si faranno poi – a chiarezza e distensione.Critica al pauperismo semplicistico ed ipocrita, di quanti non andrebbero a pranzo da Zaccheo – non si sa quanto per pregiudizio verso i pubblicani o verso i banchetti – e che forse invierebbero l’angelo ai pastori, ma certo non la cometa ai Magi.
Puntualizzazione di una misericordia che non è «condiscendenza» o «buonismo», che «non è una virtù che sta ferma, seduta in poltrona», ma vivace e vitale radice prima ed ultima del Vangelo. Misericordia, fatto serio, che non esclude la giustizia – «il minimo della misericordia» – dal mondo, ma neppure il mondo dal perdono di un Dio che non teme di soffrire, di Cristo fattosi «il Sì di Dio» per il sì di Maria. «La misericordia non cancella la giustizia», ma «un mondo senza misericordia è un mondo freddo». Una misericordia «che non va confusa con la pietà. Dentro alla misericordia c’è la gioia, la levità del perdono», perché «è la gioia il grande segreto del Cristianesimo».
Misericordia di cui è emblema anche la Madre di Dio, fra i cui numerosi e più poetici appellativi figura anche quello di fontana della Misericordia, in riferimento a Cristo-Misericordia. Magnificata con una passione che accosta a Dante e che contribuisce a silenziare le polemiche sorte nei giorni scorsi attorno ad alcune frasi sulla Vergine, il Cattolicesimo e la riconciliazione con i protestantesimi pronunciate da padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia.
http://www.caffestoria.it/quando-il-comico-incontra-il-papa-il-poeta-e-i-dotti/
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