ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 27 marzo 2016

Davanti al sepolcro

Meditazioni sulla Pasqua: "Non cercate tra i morti colui che è vivo"

Davanti al sepolcro, seduto sulla pietra che lo chiudeva, un angelo sconvolge le donne con un annuncio inaudito: “Il Crocifisso è risorto!”. Non dice Gesù è risorto, ma il “Crocifisso è risorto” (Mt 28,5s), accentuando il “modo” del suo supplizio, riservato a coloro che commettevano i delitti più infami. Questo il racconto di Matteo. Più articolata è la redazione di Giovanni. La domenica di Pasqua “di buon mattino, quand’era ancora buio”, Maria Maddalena si precipita al sepolcro e lo trova vuoto. Smarrita corre ad avvertire Pietro e Giovanni, che la seguono e verificano l’assenza di Gesù. Nel sepolcro ora ci sono solo le bende e il sudario. Il mistero di Cristo culminante nella Risurrezione prende forma. Maria però non torna con loro a casa, ma rimane lì a piangere.
A lei per prima appaiono gli angeli e poi il Risorto, che le dice: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro” (Gv 20, 17). Col cuore in gola per l’emozione, corre dagli altri discepoli e annuncia festante: “Ho visto il Signore!” (v. 18).
L’agire del Dio cristiano è misterioso e straordinario. Egli sceglie di valersi della testimonianza dei pastori e delle donne per annunciare al mondo la nascita e la risurrezione del suo Unigenito, mentre la Legge giudaica del tempo non riteneva credibile né la testimonianza dei pastori, accusati di bestialità e di abigeato, né quella delle donne e dei bambini. Ma proprio in questo cogliamo un segno della Sua onnipotenza e della storicità dei Vangeli. Se, infatti, tutto fosse stato inventato, gli evangelisti avrebbero affidato la testimonianza non a pastori e a donne, ma ad notabili stimati. Al contrario, illuminati dallo Spirito Santo, comprendono e narrano semplicemente ciò che è avvenuto, fino alla scandalosa incredulità di Tommaso che si scioglie soltanto nel contatto con le piaghe del Redentore. Croce, piaghe e risurrezione compendiano visibilmente l’opera della nostra salvezza.
Agli occhi del Principe di questo mondo, la Passione di Cristo, causa della nostra salvezza e della sua sconfitta, è il peggiore e il più inconcepibile dei crimini, per Dio, invece, la Croce è ad un tempo lo strumento e il prezzo del trionfo della carne sul peccato e sulla morte. “Gesù nostro Signore è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione” (Rom 4, 25). La Croce attua la Pasqua del Signore e la nostra: “chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita” (Gv 5, 24). Pascha è termine ebraico e non greco, come alcuni credono. Esso non deriva dal verbo greco "paskein", "patire", ma dal vocabolo ebraico Pascha, che significa passaggio. Cristo, nostra Pasqua, è passato dalla morte alla vita e ha aperto nella sua carne l’unica via che porta al Padre. “Che cosa mai – esclama sant’Agostino - non devono aspettarsi dalla grazia di Dio i cuori dei fedeli! Infatti al Figlio unigenito di Dio, coeterno al Padre, sembrando troppo poco nascere uomo dagli uomini, volle spingersi fino al punto di morire quale uomo e proprio per mano di quegli uomini che aveva creato lui stesso… Come si può dubitare che egli darà ai suoi fedeli la sua vita, quando per essi, egli non ha esitato a dare anche la sua morte? Perché gli uomini stentano a credere che un giorno vivranno con Dio, quando già si è verificato un fatto molto più incredibile, quello di un Dio morto per gli uomini?” .
Questi misteri noi celebriamo vivendo la Pasqua del Signore. Risorgendo, Gesù si è sottratto allo scorrere del tempo e si è fatto “contemporaneo ad ogni uomo”, fino alla consumazione dei secoli. Padre “Tu hai disposto le cose presenti e le future e quello che tu hai pensato si è compiuto” (Gdt 9,5) e il tuo Cristo, nostro Salvatore, ha rinnovato nel suo sangue la nostra vita “che ha inizio in virtù della fede, perché nella speranza siamo contenti e nella sofferenza siamo pazienti, benché il nostro uomo esteriore si vada disfacendo mentre quello interiore si rinnova di giorno in giorno” (2 Cor 4, 16)  .

di P. Giacobbe Elia

26 marzo 2016 ore 16:40, intelligo
Il Sepolcro vuoto. La più grave ferita della storia
dal Numero 13 del 27 marzo 2016
di Fulton J. Sheen
Il racconto della Risurrezione del Maestro, con le donne che arrivano al sepolcro vuoto e l’annuncio dell’Angelo, il sopraggiungere di Pietro e Giovanni e l’apparizione del Risorto alla Maddalena, non poteva essere più semplice, lineare e al tempo stesso significativo ed esatto per certificare l’evento più importante della storia.

Una sola tomba v’è stata, nella storia del mondo, dinanzi alla quale sia stata rotolata una pietra e collocata a custodia una guardia di soldati per impedire che il morto che vi era stato deposto avesse a risorgere: la tomba di Cristo, la sera del Venerdì detto poi Santo. Poteva mai darsi uno spettacolo più ridicolo di quegli armati tutti intenti a sorvegliare un cadavere? Ma il fatto è che le sentinelle erano state disposte per il timore che il Morto camminasse, che il Silenzioso parlasse, che il Cuore trafitto si ridestasse al palpito della vita. Dicevano che Egli era morto, sapevano che era morto, affermavano che non sarebbe risuscitato, eppure vigilavano! Lo avevano apertamente definito un ingannatore; ma avrebbe ancora ingannato?...

“Che il Suo sepolcro sia custodito!”

Nelle prime ore del mattino del sabato i principi dei Sacerdoti e i Farisei, violando il riposo settimanale, si erano recati da Pilato e gli avevano detto: «Signore, ci siamo ricordati che quell’impostore da vivo ha detto: “Dopo tre giorni risusciterò”. Da’ ordini dunque che il suo sepolcro sia custodito fino al terzo giorno, affinché i suoi discepoli non vengano a rubare il corpo, e poi dicano al popolo: “È risorto dai morti”. Questo ultimo inganno sarebbe peggiore del primo» (Mt 23,63-64).
Questa richiesta di far custodire il sepolcro sino al terzo giorno era intimamente connessa con le parole pronunziate da Cristo circa la Sua Risurrezione piuttosto che col timore che gli Apostoli rubassero un cadavere e, sorreggendolo come cosa viva, simulassero una risurrezione. Ma Pilato non era disposto a sopportare la vista di quei personaggi, ché per causa loro aveva condannato il Sangue innocente. Si era di persona informato ufficialmente circa la morte di Cristo, e ora non intendeva sottoporsi all’assurdità d’impiegare gli eserciti di Cesare per far custodire un Giudeo morto. E aveva risposto: «Avete la guardia; andate, custodite come vi pare» (Mt 27,65).
La guardia serviva ad impedire la violenza; il sigillo, a impedire la frode. Occorreva un sigillo, e lo avrebbero posto i nemici; occorreva una guardia, e ai nemici toccava di disporla. Dai nemici stessi dovevano essere firmati i certificati della Morte e della Risurrezione.
«Ed essi andarono ad assicurare il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia» (Mt 27,66). Il Re troneggiava circondato dalla Sua guardia. La cosa più stupefacente di questo spettacolo di vigilanza sul morto era che i nemici di Cristo si aspettavano la Risurrezione, e gli amici non se l’aspettavano. Scettici erano quelli che credevano; e creduli quelli che non credevano. Prima d’essere convinti, i seguaci pretesero prove. Nelle tre grandi scene del dramma della Risurrezione, troviamo una nota di tristezza e d’incredulità...

Un singolare “epitaffio”

Nell’alba oscura della Domenica, parecchie donne furon viste avviarsi alla tomba; e il fatto stesso che recassero aromi sta a provare che non si aspettavano una Risurrezione... Quando la pietra era stata rotolata dinanzi alla porta del sepolcro, non soltanto Cristo era stato sepolto, ma anche tutte le loro speranze... Non v’è affermazione più antistorica di quella che le pie donne si aspettavano che Cristo risuscitasse dai morti: la Risurrezione era una cosa che non si erano mai aspettata. Ma quando si avvicinarono, si accorsero che la pietra era stata rimossa. Prima che esse giungessero c’era stato un gran terremoto, e un Angelo del Signore, disceso dal Cielo, aveva rimosso la pietra e vi si era seduto sopra. «Il suo aspetto era come di folgore e la sua veste come di neve. Per paura di lui, le guardie si spaventarono e rimasero mezze morte» (Mt 28,4).
Invece del Corpo del Maestro, videro un Angelo il cui aspetto era come di folgore: «Non vi spaventate! Voi cercate Gesù di Nazareth, che è stato crocifisso; egli è risorto; non è qui, ecco il luogo dove lo avevano deposto. Ma andate a dire ai suoi discepoli, e a Pietro, che egli vi precede in Galilea; lì lo vedrete, come vi ha detto» (Mc 16,6-7).
Per un Angelo, la Risurrezione non era un mistero, bensì lo era la Sua morte; per gli uomini, la Sua morte non fu un mistero, ma lo sarebbe stata la Sua Risurrezione. Ciò che all’Angelo era parso naturale divenne ora il soggetto dell’annunzio... Le parole dell’Angelo furono il primo Vangelo predicato dopo la Risurrezione, ed è il solo che rievochi la Passione, perché per designar Lui l’Angelo aveva detto: «Gesù di Nazareth, che è stato crocifisso». Queste parole recavano il nome della Sua natura umana, l’umiltà della Sua residenza, l’ignominia della Sua morte: in tutt’e tre, la modestia, l’ignominia e la vergogna vengono poste a confronto con la Sua Risurrezione dai morti. Betlemme, Nazareth e Gerusalemme diventano i segni d’identificazione della Sua Risurrezione.
Le parole dell’Angelo, «Ecco il luogo dove lo avevan deposto», confermavano la realtà della Sua morte e l’adempimento delle antiche profezie. Le pietre tombali recano l’iscrizione Hic jacet (Qui giace...), seguita dal nome e, qualche volta, da alcune parole di elogio del defunto. Ora invece l’Angelo non scrisse, ma espresse un ben diverso epitaffio: «Non è qui». L’Angelo invitò le donne a osservare il luogo ove Egli era stato deposto, benché il sepolcro vuoto bastasse di per sé a far palese la realtà della Risurrezione...
Le donne che avevan visto il sepolcro vuoto ricevettero l’ordine di andare da Pietro, il quale tre volte lo aveva negato. Il peccato e la negazione non potevano soffocare l’amor di Dio... Per le pecorelle smarrite ansimanti nel deserto Egli era venuto; ai pubblicani e alle prostitute, ai vari Pietri negatori e ai vari Paoli persecutori furon mandate le più convincenti suppliche d’amore...
La medesima significativa preminenza data a Pietro durante la vita pubblica venne continuata nella Risurrezione; ma sebbene ora Pietro fosse menzionato insieme con gli Apostoli dei quali era il capo, a Pietro il Signore apparve soltanto dopo essersi rivelato ai Discepoli nel villaggio di Emmaus; il che risulta dal fatto che più tardi i Discepoli avrebbero detto che Egli era apparso a Pietro. La lieta novella della Redenzione fu data quindi a una donna che aveva peccato e ad un Apostolo che aveva negato; ma entrambi si erano pentiti.

Ancora non sapevano...

Maria Maddalena, che nell’oscurità aveva preceduto le compagne, osservò che la pietra era stata già rovesciata e che l’ingresso era spalancato. Un rapido sguardo le rivelò che il sepolcro era vuoto. Il suo primo pensiero, allora, fu per gli Apostoli Pietro e Giovanni, dai quali corse tutta eccitata... ma non portò loro la notizia della Risurrezione: non ci pensava neppure. Credeva che Egli fosse ancora sotto il potere della morte, perché a Pietro e a Giovanni disse: «Han levato dal sepolcro il Signore, e non sappiamo dove l’abbiano posto» (Gv 20,2).
Tutti eccitati, Pietro e Giovanni corsero al sepolcro, lasciandosi quindi dietro, a grande distanza, Maria. Dei due, Giovanni era il più veloce nella corsa e arrivò primo; e quando giunse Pietro, entrarono entrambi nel sepolcro, dove videro i lini deposti, com’anche il sudario che era stato messo sul capo di Gesù e che però non stava tra gli altri lini, ma piegato e da parte. Ciò che era avvenuto era stato fatto diligentemente, ordinatamente, e non da un ladro e neppure da un amico. Il Corpo era uscito dalla tomba: le bende che lo avevano avvolto giacevano arrotolate. Se fossero stati i Discepoli a rubare il Corpo, nella fretta non lo avrebbero sciolto, non avrebbero deposto i lini: Cristo se ne era liberato in virtù del Suo potere divino. Il fatto è che Pietro e Giovanni «ancora non sapevano la Scrittura, che egli doveva risuscitare dai morti» (Gv 20,9).
Dinanzi a loro stavano i fatti, l’evidenza della Risurrezione; della quale però essi non intendevano ancora il pieno significato. Ed ecco il Signore intraprendere la prima delle undici Apparizioni, di cui si abbia conoscenza, effettuate tra la Risurrezione e l’Ascensione.

Dalle lacrime al sorriso

La prima apparizione fu a Maria Maddalena, la quale era ritornata al sepolcro dopo che Pietro e Giovanni se n’erano allontanati. Nella sua mente, a quanto pare, l’idea della Risurrezione non entrava neppure, quantunque proprio lei fosse risorta da una tomba sigillata dai sette demoni del peccato. Trovando il sepolcro vuoto, ella ruppe di nuovo in lacrime; e se ne stava con gli occhi bassi, mentre la luce del primo sole spazzava l’erba coperta di rugiada, quando udì vagamente qualcuno vicino a lei domandarle: «Donna, perché piangi?» (Gv 20,13).
Piangeva per ciò che era perduto, ma la domanda di Lui cancellò la maledizione delle lacrime imponendo a lei di fermare le sue. Ed ella rispose: «Perché hanno preso il mio Signore, e non so dove l’abbiano posto» (Gv 20,13). Alla vista degli Angeli non si terrorizzò, ché il mondo in fiamme non avrebbe potuto commuoverla, a tal punto il dolore si era impossessato di quell’anima. Nel pronunziare quelle parole, si voltò e vide Gesù ritto in piedi, e non lo riconobbe. Credette fosse il giardiniere, il giardiniere di Giuseppe d’Arimatea. E supponendo che quell’uomo potesse sapere dove ritrovare Colui che ella aveva perduto, si inginocchiò, Maria Maddalena, e disse: «Signore, se tu l’hai portato via, dimmi dove l’hai messo, ed io lo prenderò» (Gv 20,15).
Povera Maddalena! Logorata dal Venerdì Santo, stremata dal Sabato Santo, con la vita ridotta ad un’ombra e le forze al lumicino, voleva “prenderLo”. Tre volte aveva parlato di Lui senza pronunziarne il nome: tanta era in lei la forza dell’amore da indurla a supporre che nessun altro potesse intendersi se non Lui. E Gesù le disse: «Maria!» (Gv 20,15).

Tutto il Cielo in una parola

Quella voce la sorprese più che non l’avrebbe sorpresa lo scoppio improvviso d’un tuono. Una volta aveva udito Gesù affermare che le Sue pecore Egli le chiamava per nome; ed ora, voltatasi verso Colui che individuava tutto il peccato, tutto il dolore, tutte le lacrime del mondo, e distingueva ogni anima con un amore personale, particolare, differenziale, e vedendogli alle mani e ai piedi le cicatrici livide, ella non proferì che una parola: «Rabbonì» (Gv 20,16). Che in ebraico vuol dire “Maestro”. Cristo aveva esclamato: «Maria!», e tutto il Cielo era in quella parola. E una sola parola ella aveva pronunziato, e in essa era tutta la terra. Dopo la mezzanotte della mente, ecco quello splendore; dopo le ore della disperazione, quella speranza; dopo la ricerca, quella scoperta; dopo la perdita, quel ritrovamento. La Maddalena era preparata solo a versare lacrime riverenti sul sepolcro; ciò a cui non era preparata era di vederLo camminare sulle ali del mattino... Soltanto una peccatrice pentita, risorta ella stessa dal sepolcro del peccato alla vita nuova di Dio, poteva adeguatamente comprendere il trionfo sul peccato.
Maria stette sempre ai piedi di Lui: vi era stata quando Glieli avevano unti per la sepoltura; vi era stata quando s’era fermata presso la Croce; ed ecco adesso, nella gioia di vedere il Maestro, gettarsi ancora una volta ai piedi di Lui per abbracciarli. Ma trattenendola con un gesto Egli le disse: «Non mi toccare, perché non sono ancora salito al Padre mio» (Gv 20,17).
Quelle tenere manifestazioni di affetto eran rivolte a Lui più come Figlio dell’Uomo che come Figlio di Dio. Ragion per cui Egli le ordinò di non toccarLo. E san Paolo avrebbe insegnato poi ai Corinti e ai Colossesi la stessa lezione: «...e se anche abbiamo conosciuto secondo la carne Cristo, ora non lo conosciamo più così» (2Cor 5,16); «...pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Poiché siete morti e la vita vostra è nascosta con Cristo in Dio» (Col 3,2).
Ella doveva asciugar le sue lacrime, Egli intendeva dire, non perché Lo aveva rivisto, ma perché Egli era il Signore del Cielo. Quando Egli sarebbe asceso alla destra del Padre, il che significava il potere del Padre, e quando avrebbe mandato lo Spirito della Verità, che sarebbe stato il loro nuovo Consolatore e la sua Presenza intima, allora davvero ella Lo avrebbe avuto quale Lo desiderava: il Cristo risorto e glorificato. E fu la sua prima allusione, dopo la Risurrezione, al nuovo rapporto che Egli avrebbe stabilito con gli uomini.
Sebbene umiliata dal divieto del Nostro Salvatore, la Maddalena fu tuttavia designata a sentire l’esaltazione del compito a lei commesso di recar la notizia della Sua Risurrezione: ella avrebbe rotto il prezioso vaso di alabastro della Sua Risurrezione perché quel profumo potesse riempire il mondo. Egli infatti le disse: «Va’ dai miei fratelli e di’ loro che salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gv 20,17). Era la prima volta che chiamava gli Apostoli «miei fratelli». Perché l’uomo potesse diventare figlio adottivo di Dio, occorreva che fosse redento dall’inimicizia verso Dio. Ed Egli si era sottoposto alla Crocifissione per moltiplicare la Sua condizione di Figlio in altri figli di Dio.
http://www.settimanaleppio.it/dinamico.asp?idsez=31&id=1034
Risorto contro tutti
dal Numero 13 del 27 marzo 2016
di Paolo Risso
Oggi come ieri i “razionalisti” vorrebbero negare la Risurrezione gloriosa di Cristo. Con grande incoerenza non tengono conto dei dati storici – quanto mai “scientifici” – che garantiscono la veridicità di un evento tanto grandioso quanto reale. Persino i nemici di Gesù non dubitarono un istante all’annuncio immortale: “è davvero risorto!”.
Razionalisti. Quelli che con la ragione umana vogliono saperla più lunga di Dio. E osano dire che la ragione umana spiega tutto. Negatori del Cristo Figlio di Dio. Negatori della Risurrezione di Lui. Alfred Loisy (1857-1840) scrisse che «il lavoro interiore dell’anima entusiasta dei dodici Discepoli di Gesù suggerì loro la visione della sua risurrezione». Goguel, un altro razionalista, dice che «la fede messianica degli apostoli è stata rimessa in sesto, ma non solo: è stata esaltata. Hanno confuso la risurrezione della loro fede con quella di Gesù medesimo». Charles Guignebert aggiunge: «La loro tensione di desiderio e di fede, nella mente e nel cuore di uomini rozzi e mistici come loro, esaltati nell’ansiosa attesa ha avuto uno sfogo nella visione».
Tutti soggettivisti. Insomma, hanno creduto di vedere Gesù Risorto, ma Lui è rimasto nella tomba. Allucinati. Esaltati. Visionari. Sono tutti professori costoro, si può pensare, di un passato ormai passato, nel secolo scorso. Ma ci sono “teologi” di oggi che non insegnano molto diversamente, professori universitari, illustri accademici. Non si vuole mancare di rispetto a personaggi così altolocati di titoli, ma la loro concezione degli uomini e la loro esperienza di vita vissuta si rivelano quanto di più puerile possa esistere.
Un esempio della storia d’oggi. Interi popoli attendevano e desideravano il crollo del muro di Berlino. Ma nessuno si è sognato di dire che il muro è crollato per esempio nel 1979. Hanno detto e diffuso nel mondo che è crollato, solo dopo il 9 novembre 1989! La Risurrezione di Gesù – un morto crocifisso, macellato, svenato – è infinitamente più grande del crollo del muro di Berlino. Nessuna attesa, nessun desiderio, nessuna fabulazione di esaltati poteva inventarla e farla credere, se non è davvero avvenuta.

Fatto storico

Se contro la storicità – la verità dei Vangeli – i razionalisti non hanno che queste idiozie, è meglio che tacciano. Ovviamente anche i razionalisti di oggi, che sono ancora legione. Ma non dicono nulla di davvero razionale.
- La Risurrezione di Gesù è innanzi tutto un fatto storico. Non è un fatto leggendario o mitologico o semplicemente “mistico e religioso”. È un fatto storico la cui autenticità, come quella di qualsiasi fatto storico, ci è provata dalle testimonianze e dal vaglio critico delle medesime. Oltre che fatto storico accertato in modo irrefutabile, la Risurrezione di Gesù è un fatto prodigioso, del tutto inspiegabile con l’intervento di forze naturali.
- È un fatto assolutamente unico fino ad oggi e sempre. Vi sono stati morti risuscitati da Gesù, come narrano i Vangeli, o da Santi per il potere di Gesù, ma i risuscitati – come Lazzaro – sono di nuovo morti. La Risurrezione di Gesù ha un carattere del tutto diverso. È un cambiamento di stato e di condizione. Con essa Gesù è entrato con il suo Corpo – vero Corpo – nell’Eternità e così ha aperto per sempre la porta dell’Eternità all’uomo, corpo e anima. La sua Risurrezione è una promozione irreversibile: Gesù Risorto non  muore più, ma è il Vivente!
- Gesù Risorto ha un significato e conseguenze irreversibili e universali. Come la creazione del mondo, come il peccato di Adamo, infinitamente di più che l’invenzione del fuoco o della ruota o la liberazione dell’energia atomica. Gesù Risorto impegna l’umanità intera in una solidarietà universale ed è il nuovo centro di gravità attorno al quale gira l’Universo umano tutto intero, e corregge e cambia tutti i movimenti di tutti i destini umani, si voglia o non si voglia.
Il fatto storico unico è raccontato dagli Evangelisti Matteo, Marco, Luca e Giovanni che si completano a vicenda. Essi si preoccupano non tanto dei dettagli, quanto di stabilire la loro testimonianza sul fatto essenziale. Qual è questo essenziale? La morte sacrificale di Gesù in croce, il suo seppellimento nel sepolcro di Giuseppe d’Arimatea come prova della sua morte, le sue apparizioni corporali che provano la sua Risurrezione da morte.
È lo stesso Gesù che fu seppellito, Colui che tre giorni dopo apparve ai suoi Discepoli, invitandoli a toccare il suo corpo vivo e a mangiare pane e pesce arrostito con Lui. Non è solo una visione mentale, ma testimonianza di uomini concreti che hanno mangiato e bevuto con Lui dopo la sua Risurrezione dai morti (cf. At 10,41; Gv 21,9-14; Lc 24,38-42).

I suoi nemici credettero!

L’Evangelista Matteo – che era uno dei 12 Apostoli di Gesù – scriveva in aramaico a Gerusalemme poco dopo l’Avvenimento ed è il solo che riporta l’episodio delle guardie messe davanti alla tomba del Maestro (cf. Mt 27,62-66). Questo episodio finisce nel ridicolo. Gesù, che in quel giorno, con la sua Risurrezione, era passato alla vita gloriosa, non doveva forse sentirsi alquanto divertito del fatto?! Divertito a spese di coloro che erano stati i suoi nemici e forse anche a spese di coloro che erano i suoi amici.
Il comportamento di un uomo è diverso quando si trova nel mezzo della battaglia e quando invece ha conseguito vittoria. E che vittoria per Gesù! Questa è la sua giornata. Nei giorni del più grande trionfo i grandi capitani conservano sempre una punta di umorismo. Risorto da morte, Gesù non smette di essere uomo, un grande uomo e un grande capitano!
Egli butta il ridicolo su quelli che lo hanno condannato a morte. Costoro erano ormai persuasi di aver vinto per sempre la partita contro quel Rabbi che dava troppo fastidio, di averlo finalmente in pugno e si sentivano ormai tranquilli. Gesù era morto, morto per davvero e se ne stava allungato su un tavolo di pietra all’oscuro del loculo di una tomba. Si chiuda bene la tomba, ci si mettano i sigilli del sommo sacerdote e per maggior sicurezza, si piazzi una scorta armata e delle sentinelle davanti al sepolcro.
Ma Matteo racconta imperterrito: «Ed ecco un gran terremoto. L’angelo del Signore, disceso dal cielo, si avvicinò, fece rotolare da un lato la pietra e vi si pose a sedere sopra. Era il suo aspetto come folgore e la sua veste candida come neve. Tremarono le guardie dal timore che ebbero di lui ed erano come morte...» (Mt 28,1-4).
I soldati furono terrorizzati, poi si tastarono per accertarsi che erano ancora vivi, contarono le loro membra, raccolsero a tastoni le loro armi, diedero un’occhiata circospetta all’interno della tomba – era loro dovere – e scoprirono con terrore che era vuota. Non capivano più nulla. Chinarono la testa e, incolonnati, se ne tornarono al centro di Gerusalemme per informare dell’accaduto – Gesù è risorto! – il sommo sacerdote, quella “barba unta” di Caifa, che si era stracciato le vesti al sentire Gesù che si proclamava Figlio di Dio!
Dovevano avere una bella faccia quei soldati che si erano lasciati scappare un morto... Già si vedevano deferiti al tribunale militare. Brutta faccenda! I sacerdoti li accolsero però in modo sorprendente. Non si arrabbiarono, non denunciarono quella scorta armata per abbandono del posto di guardia, ingoiarono la notizia – la Risurrezione di Gesù – con facilità da sbalordire. I sacerdoti non dubitarono nemmeno un istante: la Risurrezione era certamente un nuovo prodigio di Colui che essi chiamavano “il Seduttore” (“Seductor ille”, Mt 27,63). Essi, i nemici di Gesù, credettero all’istante al persistente potere di Gesù di far miracoli, e vi credettero più prontamente che la maggior parte dei suoi amici. Non erano riusciti a schiacciarlo e ora era più vivo che mai: il Vivente!
Ma che fare? Occorreva negarlo, anzi nasconderlo, non lasciare diffondere la notizia (la bella Notizia, cioè il Vangelo!). I sacerdoti decisero di comprare i soldati. Dall’inizio del mondo, si sa che con i soldi, si compra tutto. O quasi. Diedero allora una bella somma di denaro ai soldati e consigliarono loro di dire che mentre essi dormivano, i Discepoli di Gesù avevano portato via il suo corpo. Ma se dormivano, come hanno fatto a vedere il furto di quel Corpo? Ma quelli presero il denaro (e chi non lo prenderebbe?) e ripeterono in giro la lezione che era stata dettata loro dalle “barbe unte”.
«Quel discorso [da farabutti] – dice Matteo – si propagò tra gli ebrei fino a oggi» (Mt 28,11-15). Sono duemila anni che i nemici di Gesù propalano la fandonia. Ci sono dei nemici di Gesù che sanno che Egli è risorto ed è il Vivente, ma ciò non va detto, va negato, va combattuto. «Non vogliamo che Lui regni sopra di noi». E allora mobilitano i soldi, la cultura, la pubblicità, gli scritti, i discorsi, i video, tutto contro di Lui.
Ma Gesù Cristo è davvero risorto: lo hanno riconosciuto anche i suoi nemici che l’avevano mandato a morte. Non hanno dubbi su quanto hanno sentito e appreso dalle guardie che hanno visto Gesù uscire vivo dal sepolcro. Per colmo di ironia, invece di far imprigionare quelle guardie per abbandono del posto di guardia e inadempienza ai loro doveri militari, pagano loro da bere perché vadano in giro a raccontare a tutti la storia della loro imperdonabile negligenza. Quelli bevvero di certo in abbondanza alla salute del sommo sacerdote e anche di quel Morto favoloso che sapeva passare attraverso un muro di pietra!
Dunque, il nostro Gesù è davvero risorto. Oggi è vivo, lo capite? Il Vivente in eterno e il suo Cuore di carne oggi palpita di amore caldissimo per noi, come se ognuno di noi fosse il solo ad essere amato. Niente paura, niente soggezione, nessun complesso di inferiorità, ma l’orgoglio santo di essere suoi, di Gesù, il Vivente, Vincitore perché vittima sulla croce, di dilatare il suo Regno, che non avrà fine!

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.