ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 27 marzo 2016

Il papa deve essere cattivo. O quantomeno severo".


Paolo Poli: "La Chiesa è l'unica cosa seria che abbiamo in Italia"


poli
Paolo Poli è morto a Roma di venerdì santo, come il buon ladrone. Aveva 86 anni. Attore e uomo grandissimo e geniale, ha calcato le scene fino all'ultimo, con prodigiosa vitalità.
Quella che segue è l'intervista raccolta da Aldo Cazzullo per il "Corriere della sera" del 26 aprile 2009, al compiere dei suoi ottant'anni.
Un autoritratto impareggiabile. E controcorrente.
*

"Io ho sempre votato comunista e ho passato la vita a travestirmi da prete e fare satira sulla Chiesa, ma ora, arrivato a ottant'anni, posso dirlo: la Chiesa è l'unica cosa seria che abbiamo in Italia.
"Sul piano estetico: alla Chiesa dobbiamo le meraviglie della pittura e l'incanto del gregoriano; duemila anni di prove generali della messa cantata.
"E soprattutto sul piano politico. L'unico capo riconosciuto è il papa. Il vero fondatore e per trent'anni il vero segretario della DC è stato Montini. L'ultimo leader italiano di statura planetaria è stato Roncalli: con il Concilio cui ha invitato anglicani e ugonotti ha cambiato la storia del mondo, con Krusciov e Kennedy ha salvato la pace, e tra lo scaltro mugìco e il brillante bostoniano il più astuto era lui, il figlio di contadini di Bergamo; sapeva anche cogliere le gioie della vita, in un ristorante a Trieste ho visto la sua foto mentre gustava una palacinka, tutto felice.
"Oggi, poi, il miglior talento politico d'Italia è palesemente il cardinale Ruini. Una faina: intelligentissimo. Meglio di Fini e D'Alema messi insieme: l'uno guarda la sostanza, gli altri si accontentano della bella presenza. Anche se devo ammettere che D'Alema mi garba molto". Politicamente? "Ma no. Fisicamente, è ovvio". E di Berlusconi, cosa pensa? "Non penso. Preferisco dimenticare. Non ho mai cercato lustro attaccandomi ai forti. Come Parise, guardo ai deboli, ai poveretti, agli inadeguati. Se in scena c'è un cane, non è mai di razza, è un cane bastardo".
Paolo Poli festeggia gli ottant'anni a teatro, appunto con i "Sillabari" di Goffredo Parise, in questi giorni all'Eliseo di Roma. A Roma vive, lui profondamente fiorentino, in un piccolo appartamento vicino al Tevere da studente fuori corso, dove si è accolti da una grande statua di Santa Cecilia e altri arredi religiosi.
"Sono cresciuto in parrocchia, a Rifredi, periferia di Firenze. L'alternativa era fare il balilla: e, tra i fascisti e i preti, ho sempre preferito i preti. Conobbi don Milani, ho ancora una foto con lui. Cantavo l'Agnus Dei, avevo una bella voce bianca; poi purtroppo sono cresciuto, mi si sono allungate le corde vocali, e l'ho persa.
Amavo la musica sacra, gli organi, i ceri, e soprattutto i paramenti. Papa Ratzinger fa bene a recuperare certi bellissimi ornamenti rinascimentali e barocchi. Quanto al resto, il papa deve essere cattivo. O quantomeno severo".
La "cattiveria", per Poli, è un talento: sinonimo di serietà. "Cattivo era Visconti, un grandissimo".
"Il 1939 per me fu l'anno del conclave. Papà si era ammalato di tubercolosi, io vivevo con lui sul lago di Como, alla radio ascoltavamo le cronache dal Vaticano. Finalmente, fumata bianca: era Pacelli. Il papa tedesco".
Quindi non le piaceva? "Ma che dice? Mi piaceva moltissimo. Grande papa, grande presenza scenica, come si vede dal film "Pastor angelicus", e dalle straordinarie immagini della sua visita alle macerie di San Lorenzo. Quando arrivarono i tedeschi, quelli veri, mio padre partì con me e le mie sorellastre e passammo le linee per raggiungere gli americani, lasciando mamma con mia sorella Lucia, la più piccola. I tedeschi presero mia madre e la violentarono. Io ero sconvolto: 'Cosa ti hanno fatto!'. Lei tirò via: 'Una doccia, ed è come non mi avessero fatto niente'. Donna forte, mia madre".
Perché dice "sorellastre"? Avevano un altro genitore? "No, sono sorelle a tutti gli effetti. Ma quando rivelai la mia omosessualità, non la accettarono. Ora non si parla d'altro; a quel tempo non era facile. Andavo a trovare Rosai e gli chiedevo: 'Ma perché hai preso moglie?'. E lui: 'È così piccina...'. Più tardi, dalle riviste che leggevano dal parrucchiere, le sorellastre scoprirono che avevo avuto successo, e si pentirono. Troppo tardi".
Lucia Poli è invece presente in casa del fratello con bellissime fotografie. "Ha undici anni meno di me, è come fosse mia figlia. A Moravia mia sorella garbava molto. Quando si sentiva solo, la sera, telefonava per chiedere di lei. Rispondevo io e andavo a fargli compagnia. Passavamo ore sul terrazzo, a guardare le prostitute e i clienti: 'Ma come fanno ad andare con uomini così brutti? – mi chiedeva Moravia –. Tu Paolo quello lì lo vorresti?'. Io lo facevo ridere. Quanto ho fatto l'oca giuliva, per i nostri grandi vecchi! Quando andavo da Fellini mi preparava la piadina: per la nostra generazione il cibo è importante, anche Fellini aveva in testa la fame, la guerra. Nel '44 non vedevi in giro un cane, un gatto, un piccione. Si era mangiato tutto.
"In fondo dobbiamo alla Chiesa anche Dante, che pure era antipapista. Se la Chiesa non avesse inventato il Purgatorio giusto qualche anno prima, non avremmo avuto la cantica più bella. Non amo l'Inferno: una scopiazzatura di Guinizelli. Preferisco il Paradiso: la poesia d'amore applicata al tomismo; e la donna amata personifica la religione.
"Io la religione non la detesto affatto, al contrario di quanto è stato scritto. Dall'età di diciotto anni non ho più fede; credo però nell'uomo. Come il san Tommaso del Caravaggio di Potsdam, che allunga il dito e tocca. È una tela straordinaria: il volto di Gesù non si vede; la luce cade dall'alto, obliqua, come spesso in Caravaggio. A Palazzo Madama il cardinal Dal Monte l'aveva alloggiato nei sotterranei, mica al piano nobile. Ho imparato ad amarlo da Roberto Longhi, che però ne parlava dal 1912 e si era un po' annoiato. Con Longhi concordammo che Caravaggio non era omosessuale. A quell'epoca si era tutti un po' misti, come Michelangelo. Leonardo invece no, lui era proprio dei nostri.
"Amori con uomini importanti non ne no mai avuti. Visconti mi ammoniva: 'Ridi ridi, che prima o poi succede...'. Invece niente. Quanto a Pasolini, era lui a non volere me: gli stavo antipatico. Con Laura Betti, che allora si chiamava Trombetti, ho vissuto a casa di Zeffirelli, che mi accolse a Roma dopo la guerra: ma per me Franco era come una mamma, buona e generosa. Molto ospitale fu anche Mario Soldati. Un giorno incontra me e Laura per strada, affamati, e ci invita a pranzo. Solo che non ha niente per condire la pasta. Così ci prepara spaghetti al whisky".
E i colleghi, gli uomini di teatro? "In Italia non abbiamo una grande letteratura teatrale. Tolti la 'Mandragola', Goldoni e Pirandello, il resto è da buttare. Poca cosa, in confronto a Molière, Shakespeare, Calderón, Lopez. Noi abbiamo Pulcinella, da cui discendono Carmelo Bene e Dario Fo: grande presenza scenica, come Wanda Osiris, anche se quando comincia con il gramelot non si capisce nulla".
Eduardo? "Meglio il fratello, Peppino. Eduardo non mi è mai piaciuto. Antipatico. Testa da morto". Gassman? "Un grande. Apriva le braccia e riempiva la scena". Albertazzi? "Bravissimo in tv: leggeva guardando la telecamera. Ha una bella bocca che fa innamorare. Ma non mi piace che si vanti di essere stato a Salò".
Benigni? "Lo conosco poco. I giovani non li seguo. Paolo Rossi è bravo, ma non dovrebbe portarsi il fiasco e bere in scena". Arnoldo Foà? "Amoroso. Scrive commedie che Dio liberi; ma che voce! E quanto l'abbiamo ascoltata! Ha presente i vecchi film: 'Mosè, libera il tuo popolo...'; è sempre lui, Foà. Con la forza misteriosa, biblica del popolo ebraico".

Settimo Cielo di Sandro Magister 26 marhttp://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/03/26/paolo-poli-lunica-cosa-seria-che-abbiamo-in-italia-e-la-chiesa/


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