Il “colpo da maestro di satana” – come ci insegnava Mons. Lefebvre – è la perversione della fede ottenuta in virtù dell’obbedienza a pastori indegni e traditori… Chi tenta di maneggiare Bergoglio in chiave cattolica può farlo solo per due motivi: per cercare un riparo e magari qualche rendita di posizione, oppure per allargare il consenso a una platea più vasta.
Mercoledì 16 marzo 2016 È pervenuta in redazione:
Caro signor Gnocchi,
tra poco si andrà a votare in più di 1.300 comuni italiani. Vanno al voto anche grandi città come Roma, Milano, Bologna, Napoli, Torino. Abbiamo visto in questi ultimi anni troppi sindaci e assessori vari prendere decisioni inaccettabili per un cattolico. Pensi solo a tanti libri e libretti diffusi nelle scuole materne ed elementari per diffondere le varie idee sul “gender”. Insomma, i maggiori danni li fa la politica nazionale a Roma, ma anche i sindaci possono fare dei bei danni e li hanno già fatti da tante parti. Lei non crede che sarebbe dovere dei parroci e dei vescovi, della chiesa in genere, dare indicazioni chiare agli elettori? Secondo me la chiesa avrebbe questo dovere, perché un cattolico non deve votare per persone che poi agiranno contro la morale, ma tanti elettori possono non essere a sufficienza informati. E non pensa che sarebbe opportuno estrapolare qualche frase dai pur discutibili discorsi di papa Francesco e usarla magari su volantini o brochure da distribuire tra i cattolici? In fondo, se lo “usano” gli altri perché non dovremmo farlo noi?
Mi piacerebbe sapere il suo parere. La ringrazio e la saluto
Emidio Bongiovanni
.
Caro Emidio,
mi permetta di riassumere la risposta in una domanda: lei ci tiene davvero che questa Chiesa e questi preti si pronuncino pubblicamente sulle questioni politiche? Per quanto un po’ di autoflagellazione sia un bene, non bisogna cadere mai nel masochismo, che è un male. È vero che la linea di separazione tra l’ascesi e la perversione, in certi casi, può essere sottile e persino quasi cancellata dal demonio e dalle sue tentazioni, ma in questo caso mi pare un fossato enorme e ben visibile.
In linea di principio, sarebbe bene che la Chiesa e i preti parlassero dal pulpito e senza peli sulla lingua anche delle questioni politiche. Ma oggi, in linea di fatto, per il bene delle anime e dei corpi individuali e sociali, sarebbe molto meglio che stessero zitti. La tragedia sta nel fatto che, invece, parlano, parlano, parlano. La pretaglia nichilista e sovversiva della neochiesa, a cominciare dal Grande Architetto della Casa Comune venuto dalla fine del mondo, non fa altro che parlare di politica, con il linguaggio della politica e con gli scopi della politica. Magari lei non se ne accorge, caro Emidio, perché, come tanti altri fedeli, dopo decenni di martellamento ha finito per considerare questo veleno mondano come nutrimento celeste in forza di un meccanismo molto semplice: se ne parla il prete in chiesa, se lo ribadisce il vescovo sulla sua cattedra, se lo sancisce il Papa ad alta e bassa quota, vuol dire che si tratta di religione. È un equivoco nel quale è facile cadere poiché il cattolico continua a pensare che, fino a prova contraria, deve fidarsi del clero e massimamente dei pastori. E non si rende conto che così cade in quello che monsignor Lefebvre chiamava “il colpo da maestro di satana”, la perversione della fede ottenuta in virtù dell’obbedienza a pastori indegni e traditori. Purtroppo, oggi, del clero e dei pastori, fino a prova contraria, “non” ci si può fidare.
In un certo senso, caro Emidio, si può persino dire che si tratta di religione, ma è la religione del mondo, è la nuova fede della Casa Comune, è il vangelo della Neochiesa arrivata a sovrapporsi quasi completamente alla Chiesa cattolica fino a renderla visibile solo in un piccolo resto difficile da riconoscere. Mi creda, non abbiamo davvero bisogno di un clero che parli di politica. E poi, per far cosa? Per scegliere tra Renzi e Berlusconi, tra Salvini e Grillo, tra Alfano e Verdini? Forse è meglio che quel poco clero cattolico rimasto in circolazione ci inviti a scegliere tra il paradiso e l’inferno: allora sì che farebbe il nostro bene.
Per quanto riguarda la sua seconda domanda, devo dirle che mi pare ancora più ingenua della prima. Io mi guarderei bene dal riportare su un volantino, una brochure o altra pubblicazione di una qualsiasi iniziativa pubblica, anche non politica, una sola parola pronunciata da Bergoglio. Non ci si può illudere di utilizzarla a fin di bene, per il semplice motivo che lui l’ha pronunciata a fin di male. L’ho già spiegato in questa rubrica non troppo tempo fa (http://www.riscossacristiana.it/fuori-moda-la-posta-di-alessandro-gnocchi-151215/). È pericoloso il tentativo di utilizzare qualche residuale verità cristiana esposta alla berlina in un quadro ecclesiale capovolto, prendendo come testimonial proprio chi lo ha girato sottosopra. Ripeto quanto dicevo allora: “Non ci si può illudere di raddrizzare la cornice perché le regole del gioco le ha stabilite chi ha voluto appendere il quadro a rovescio. Provi a pensare alle tante persone che hanno cominciato, forse ma non tutte, in buona fede a valorizzare quanto trovavano di “cattolico” in un magistero sempre più alla deriva. Dove sono finite? Alla deriva anche loro, fino a ridursi oggi a giustificare tutto quanto fa e dice Bergoglio e domani tutto quanto farà e dirà il Padrone del mondo, il protagonista del libro preferito dall’attuale Pontefice. Mettere in evidenza ‘il buono’ che dicono i cattivi non fa altro che assecondare la loro strategia”.
Chi tenta di maneggiare Bergoglio in chiave cattolica può farlo solo per due motivi: per cercare un riparo e magari qualche rendita di posizione, oppure per allargare il consenso a una platea più vasta. Nel primo caso, che qui non vale la pena di trattare, è in cattiva fede. Nel secondo, è un illuso disposto a cedere sui principi per guadagnare la piazza, e allora è in fede cattiva. La differenza tra “cattiva fede” e “fede cattiva” non è un semplice gioco di parole, ma mi pare il modo migliore per descrivere sinteticamente la realtà.
In un caso e nell’altro, caro Emidio, si tratta di gente che non ha compreso la natura sdrucciolevole e mondana del “fenomeno Francesco”. Ho già parlato altre volte di Bergoglio come figura pop, ma forse vale la pena di tornarci sopra per spiegare l’assurdità del tentativo di “usarlo” anche per fini buoni. Anzi, per fini “quasi buoni” poiché il fine è sempre inquinato dal mezzo cattivo.
L’inedita natura pop del “fenomeno Francesco” ha trasformato il successore di Pietro in una figura ad uso dei massmedia e del mondo. Di fatto, non ci si trova più davanti alla “persona papae”, che è un’istituzione dalla fisionomia precisa e immutabile, ma a un susseguirsi di immagini che possono essere sovrapposte l’una all’altra, interpretate una come il negativo dell’altra, una come l’attenuazione o il rafforzamento dell’altra e via di questo passo. Secondo le ferree leggi della comunicazione, si è innescato un meccanismo irreversibile di repliche e di rimandi di cui finisce per godere i frutti l’immagine dominante, quella della star, il fenomenale Francesco. Non a caso si dice immagine, poiché ormai conta poco o nulla che cosa sia veramente la realtà.
Di conseguenza, la corsa affannosa ad attribuire un proprio significato ai gesti e alle parole di papa Francesco illudendosi di escludere tutte quelle antagoniste è destinata a fallire, è pura illusione. Si sta solo partecipando alla realizzazione di un’opera collettiva, al grande “Poster universale di papa Francesco”. Chi pensa di fornire una propria esclusiva interpretazione del fenomeno pop per appropriarsene, nella realtà non fa altro che aggiungere la propria pennellata di colore a un’immagine ben più forte della somma di tutte le pennellate.
Attribuire un proprio significato a ciò che ha detto, ma soprattutto fatto, sinora Bergoglio, caro Emidio, non è altro che esercitare a vuoto l’intelligenza per il semplice motivo che i piani su cui ci si muove sono diversi. Scrive Lucio Spaziante in un saggio che si intitola Sociosemiotica del pop: “La cultura pop si contraddistingue come una cultura del fare piuttosto che del sapere, dove per lasciare spazio alla spontaneità si preferisce non sapere, dove la pratica conta più della teoria. Chi ascolta rock sa che in quel mondo è per la prima volta padrone di un territorio. Non ci sono professori, non ci sono migliaia di libri da leggere, la cultura e la politica da capire. Basta amare un cantante, a volte imitarlo, indossare gli stessi abiti mentali e fisici e ‘ci si autogenera socialmente’. Nel pop non c’è un reale sforzo di teorizzazione. I contenuti, per essere esplicitati, devono essere estratti”. E poi ancora: “Il pop riesce a sfondare, in Italia come altrove, nonostante la barriera linguistica dell’inglese. Il motivo risiede probabilmente nel fatto che il senso della parola è l’ultima cosa che si coglie”.
Ecco perché, caro Emidio, è dannoso utilizzare le parole apparentemente buone del “fenomeno Francesco”: il loro senso non interessa a nessuno e il solo fatto di replicarle rafforza solo l’immagine a cui sono attribuite.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
Caro signor Gnocchi,
tra poco si andrà a votare in più di 1.300 comuni italiani. Vanno al voto anche grandi città come Roma, Milano, Bologna, Napoli, Torino. Abbiamo visto in questi ultimi anni troppi sindaci e assessori vari prendere decisioni inaccettabili per un cattolico. Pensi solo a tanti libri e libretti diffusi nelle scuole materne ed elementari per diffondere le varie idee sul “gender”. Insomma, i maggiori danni li fa la politica nazionale a Roma, ma anche i sindaci possono fare dei bei danni e li hanno già fatti da tante parti. Lei non crede che sarebbe dovere dei parroci e dei vescovi, della chiesa in genere, dare indicazioni chiare agli elettori? Secondo me la chiesa avrebbe questo dovere, perché un cattolico non deve votare per persone che poi agiranno contro la morale, ma tanti elettori possono non essere a sufficienza informati. E non pensa che sarebbe opportuno estrapolare qualche frase dai pur discutibili discorsi di papa Francesco e usarla magari su volantini o brochure da distribuire tra i cattolici? In fondo, se lo “usano” gli altri perché non dovremmo farlo noi?
Mi piacerebbe sapere il suo parere. La ringrazio e la saluto
Emidio Bongiovanni
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Caro Emidio,
mi permetta di riassumere la risposta in una domanda: lei ci tiene davvero che questa Chiesa e questi preti si pronuncino pubblicamente sulle questioni politiche? Per quanto un po’ di autoflagellazione sia un bene, non bisogna cadere mai nel masochismo, che è un male. È vero che la linea di separazione tra l’ascesi e la perversione, in certi casi, può essere sottile e persino quasi cancellata dal demonio e dalle sue tentazioni, ma in questo caso mi pare un fossato enorme e ben visibile.
In linea di principio, sarebbe bene che la Chiesa e i preti parlassero dal pulpito e senza peli sulla lingua anche delle questioni politiche. Ma oggi, in linea di fatto, per il bene delle anime e dei corpi individuali e sociali, sarebbe molto meglio che stessero zitti. La tragedia sta nel fatto che, invece, parlano, parlano, parlano. La pretaglia nichilista e sovversiva della neochiesa, a cominciare dal Grande Architetto della Casa Comune venuto dalla fine del mondo, non fa altro che parlare di politica, con il linguaggio della politica e con gli scopi della politica. Magari lei non se ne accorge, caro Emidio, perché, come tanti altri fedeli, dopo decenni di martellamento ha finito per considerare questo veleno mondano come nutrimento celeste in forza di un meccanismo molto semplice: se ne parla il prete in chiesa, se lo ribadisce il vescovo sulla sua cattedra, se lo sancisce il Papa ad alta e bassa quota, vuol dire che si tratta di religione. È un equivoco nel quale è facile cadere poiché il cattolico continua a pensare che, fino a prova contraria, deve fidarsi del clero e massimamente dei pastori. E non si rende conto che così cade in quello che monsignor Lefebvre chiamava “il colpo da maestro di satana”, la perversione della fede ottenuta in virtù dell’obbedienza a pastori indegni e traditori. Purtroppo, oggi, del clero e dei pastori, fino a prova contraria, “non” ci si può fidare.
In un certo senso, caro Emidio, si può persino dire che si tratta di religione, ma è la religione del mondo, è la nuova fede della Casa Comune, è il vangelo della Neochiesa arrivata a sovrapporsi quasi completamente alla Chiesa cattolica fino a renderla visibile solo in un piccolo resto difficile da riconoscere. Mi creda, non abbiamo davvero bisogno di un clero che parli di politica. E poi, per far cosa? Per scegliere tra Renzi e Berlusconi, tra Salvini e Grillo, tra Alfano e Verdini? Forse è meglio che quel poco clero cattolico rimasto in circolazione ci inviti a scegliere tra il paradiso e l’inferno: allora sì che farebbe il nostro bene.
Per quanto riguarda la sua seconda domanda, devo dirle che mi pare ancora più ingenua della prima. Io mi guarderei bene dal riportare su un volantino, una brochure o altra pubblicazione di una qualsiasi iniziativa pubblica, anche non politica, una sola parola pronunciata da Bergoglio. Non ci si può illudere di utilizzarla a fin di bene, per il semplice motivo che lui l’ha pronunciata a fin di male. L’ho già spiegato in questa rubrica non troppo tempo fa (http://www.riscossacristiana.it/fuori-moda-la-posta-di-alessandro-gnocchi-151215/). È pericoloso il tentativo di utilizzare qualche residuale verità cristiana esposta alla berlina in un quadro ecclesiale capovolto, prendendo come testimonial proprio chi lo ha girato sottosopra. Ripeto quanto dicevo allora: “Non ci si può illudere di raddrizzare la cornice perché le regole del gioco le ha stabilite chi ha voluto appendere il quadro a rovescio. Provi a pensare alle tante persone che hanno cominciato, forse ma non tutte, in buona fede a valorizzare quanto trovavano di “cattolico” in un magistero sempre più alla deriva. Dove sono finite? Alla deriva anche loro, fino a ridursi oggi a giustificare tutto quanto fa e dice Bergoglio e domani tutto quanto farà e dirà il Padrone del mondo, il protagonista del libro preferito dall’attuale Pontefice. Mettere in evidenza ‘il buono’ che dicono i cattivi non fa altro che assecondare la loro strategia”.
Chi tenta di maneggiare Bergoglio in chiave cattolica può farlo solo per due motivi: per cercare un riparo e magari qualche rendita di posizione, oppure per allargare il consenso a una platea più vasta. Nel primo caso, che qui non vale la pena di trattare, è in cattiva fede. Nel secondo, è un illuso disposto a cedere sui principi per guadagnare la piazza, e allora è in fede cattiva. La differenza tra “cattiva fede” e “fede cattiva” non è un semplice gioco di parole, ma mi pare il modo migliore per descrivere sinteticamente la realtà.
In un caso e nell’altro, caro Emidio, si tratta di gente che non ha compreso la natura sdrucciolevole e mondana del “fenomeno Francesco”. Ho già parlato altre volte di Bergoglio come figura pop, ma forse vale la pena di tornarci sopra per spiegare l’assurdità del tentativo di “usarlo” anche per fini buoni. Anzi, per fini “quasi buoni” poiché il fine è sempre inquinato dal mezzo cattivo.
L’inedita natura pop del “fenomeno Francesco” ha trasformato il successore di Pietro in una figura ad uso dei massmedia e del mondo. Di fatto, non ci si trova più davanti alla “persona papae”, che è un’istituzione dalla fisionomia precisa e immutabile, ma a un susseguirsi di immagini che possono essere sovrapposte l’una all’altra, interpretate una come il negativo dell’altra, una come l’attenuazione o il rafforzamento dell’altra e via di questo passo. Secondo le ferree leggi della comunicazione, si è innescato un meccanismo irreversibile di repliche e di rimandi di cui finisce per godere i frutti l’immagine dominante, quella della star, il fenomenale Francesco. Non a caso si dice immagine, poiché ormai conta poco o nulla che cosa sia veramente la realtà.
Di conseguenza, la corsa affannosa ad attribuire un proprio significato ai gesti e alle parole di papa Francesco illudendosi di escludere tutte quelle antagoniste è destinata a fallire, è pura illusione. Si sta solo partecipando alla realizzazione di un’opera collettiva, al grande “Poster universale di papa Francesco”. Chi pensa di fornire una propria esclusiva interpretazione del fenomeno pop per appropriarsene, nella realtà non fa altro che aggiungere la propria pennellata di colore a un’immagine ben più forte della somma di tutte le pennellate.
Attribuire un proprio significato a ciò che ha detto, ma soprattutto fatto, sinora Bergoglio, caro Emidio, non è altro che esercitare a vuoto l’intelligenza per il semplice motivo che i piani su cui ci si muove sono diversi. Scrive Lucio Spaziante in un saggio che si intitola Sociosemiotica del pop: “La cultura pop si contraddistingue come una cultura del fare piuttosto che del sapere, dove per lasciare spazio alla spontaneità si preferisce non sapere, dove la pratica conta più della teoria. Chi ascolta rock sa che in quel mondo è per la prima volta padrone di un territorio. Non ci sono professori, non ci sono migliaia di libri da leggere, la cultura e la politica da capire. Basta amare un cantante, a volte imitarlo, indossare gli stessi abiti mentali e fisici e ‘ci si autogenera socialmente’. Nel pop non c’è un reale sforzo di teorizzazione. I contenuti, per essere esplicitati, devono essere estratti”. E poi ancora: “Il pop riesce a sfondare, in Italia come altrove, nonostante la barriera linguistica dell’inglese. Il motivo risiede probabilmente nel fatto che il senso della parola è l’ultima cosa che si coglie”.
Ecco perché, caro Emidio, è dannoso utilizzare le parole apparentemente buone del “fenomeno Francesco”: il loro senso non interessa a nessuno e il solo fatto di replicarle rafforza solo l’immagine a cui sono attribuite.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
Sono lontani i tempi di "Io speriamo che resto cattolico". Mi pare che Gnocchi stia scivolando su una china pericolosa e priva di speranze, più vicina alle posizioni sedevacantiste , dove pare sia ben accetto. E' vero che la situazione nel frattempo è peggiorata parecchio ma parlare di "Neochiesa" è la spia che forse si sta facendo un passo azzardato. L'uso strumentale di Lefebvre , che mai ha appoggiato tale scelta (oggi per screditarlo lo fanno passare pure per 'indemoniato' ) è indicativo. L'improvvisa ostilità verso Benedetto XVI , la rinuncia a qualsiasi impegno politico , il dissenso verso il Family day ecc.
RispondiEliminaappaiono
Non credo che stia scivolando al vacantismo, i quali adepti poi mi pare lo odino, almeno in molti commenti alle sue rubriche di qualche tempo fa..
EliminaChe usi il termine neochiesa mi pare sia purtroppo un'evidenza sempre maggiore ai tempi del bergoglismo, ...in attesa del 19/3, visto come stanno godendo i suoi scherani..
E Ratzinger ha una grossa, grossissima, responsabilità ( e non da adesso) e anche ieri ha espresso il suo placet http://www.uccronline.it/2016/03/16/benedetto-xvi-sostiene-papa-francesco-del-tutto-daccordo-con-lui/, per il godimento di tanti tiepidi...