ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 3 aprile 2016

Code di Paglia?

Bertone, Paglia e la trasparenza a singhiozzo

Il cardinale Bertone
Da alcuni giorni tiene banco su giornali, radio e tv la vicenda del “super-attico” del cardinale Tarcisio Bertone, ex segretario di Stato, i cui lavori di ristrutturazione sarebbero stati pagati con i fondi dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù. A quanto è stato affermato, c’è una formale inchiesta in Vaticano per appurare eventuali illeciti, ma più che il contenuto delle accuse e la responsabilità personale di Bertone in maneggi quantomeno inopportuni, ci sono almeno due aspetti che fanno nascere alcune domande su quello che si muove attorno a questa vicenda.
Anzitutto però, va fatta una premessa: non c’è dubbio che a posteriori si possa affermare che la nomina di Bertone a segretario di Stato sia stata la scelta più infelice del pontificato di Benedetto XVI, ma non anzitutto per i risvolti, diciamo così, economici o di correttezza morale.
Papa Ratzinger, nel suo progetto di riforma, aveva deciso di scavalcare i diplomatici in carriera per puntare su una persona di fiducia che avrebbe dovuto porre anche il lavoro diplomatico a servizio dell’evangelizzazione. Bertone, che non era un diplomatico, era stato collaboratore di Ratzinger già da molti anni alla Congregazione per la Dottrina della Fede, e sembrava quindi la persona giusta per incarnare il progetto di papa Benedetto XVI. Purtroppo le cose sono andate diversamente, e la colpa più grave che si può imputare a Bertone è certamente quella di aver tradito il compito evangelizzatore che gli era stato affidato: sia stato per incapacità, per ambizione personale, per amicizie pericolose, per cattivi consiglieri o per tutte queste cose insieme, fatto sta che l’«amministrazione Bertone» sarà ricordata soprattutto per scelte incomprensibili, gaffe, scontri con vari episcopati, tentazioni politiche, scandali e, ovviamente, strani affari con sempre presente il discusso manager Giuseppe Profiti, personaggio chiave anche nella vicenda del super-attico (peraltro il rapporto d’affari con Profiti ha origine a Genova quando Bertone era l’arcivescovo del capoluogo ligure).
La situazione si era così deteriorata ed era diventata tanto imbarazzante che più volte diversi cardinali e vescovi chiesero a papa Benedetto XVI di rimuovere il cardinale Bertone dalla segreteria di Stato. Invano. Poi arrivò Vatileaks e il resto è storia recente. Di nemici dunque il cardinale Bertone se ne era fatti molti ma malgrado ciò – ed ecco il primo aspetto che suona sospetto – c’è qualcosa di inusuale in questo accanimento nei suoi confronti. Non si discute la legittimità e la necessità di inchieste laddove ce ne siano motivi fondati, ma tutto questo fiorire di inchieste giornalistiche e documenti che escono dal Vaticano e finiscono sulle scrivanie dei cronisti “giusti”, per trasformare il cardinale Bertone nel simbolo stesso del marcio in Vaticano, fa nascere qualche sospetto. Evidentemente tra i tanti nemici, ce n’è qualcuno che non si accontenta di vederlo semplicemente ormai fuori dal gioco, ma gliela vuol fare pagare fino all’ultima goccia. Sarebbe davvero interessante poter dare un volto a questi “giustizieri” e capire i motivi di tanto interessamento. 
A queste domande – per ora senza risposta - si collega il secondo aspetto da mettere in rilievo, che riguarda la narrazione della vicenda. In questi giorni sui media, la lettura più ricorrente lega il caso Bertone al processo di riforma della Curia perseguito da papa Francesco. Così Bertone diventa il simbolo del vecchio e del marcio, contro cui combatte un Papa deciso a fare pulizia. Ieri il Gr1 della Rai scomodava addirittura il paragone storico con la glasnost sovietica per spiegare l’opera di trasparenza in atto, dando ovviamente per scontato che fino all’altro giorno la Chiesa era una grande associazione a delinquere e Bertone il suo profeta. Si tratta di una narrazione coerente con l’immagine che una certa parte di Chiesa e il mondo laico che ha in mano i principali organi di informazione vuole dare di questo pontificato. Così nei servizi giornalistici e nei commenti dei soliti esperti si sente insistentemente parlare di “nuova Chiesa”, la “Chiesa di Bergoglio” e via di questo passo per scavare un fosso tra il presunto vecchio e il presunto nuovo nato nel marzo 2013.
Non solo questa visione è falsa e ideologica, ma nella vicenda di cui stiamo parlando sarebbe addirittura contraddittoria. In realtà noi non sappiamo se davvero papa Francesco abbia qualcosa a che fare con le indagini in corso sull’attico del cardinale Bertone, e se queste rispondono davvero al bisogno di fare pulizia. È strano però che nessuno abbia notato che mentre si dà la caccia a un ex segretario di Stato (che peraltro, non dimentichiamolo, non è stato ancora nemmeno incriminato), continui ad esempio a restare indisturbato al vertice di un dicastero vaticano un vescovo responsabile della bancarotta della diocesi che guidava.

Ci riferiamo ovviamente a monsignor Vincenzo Paglia, dal giugno 2012 presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, che ha lasciato alla piccola diocesi di Terni un debito mostruoso (si parla di 35 milioni di euro) più una serie di ricordi, in quanto a disinvoltura negli affari, non propriamente edificanti. Ci sarebbe ovviamente molto altro da aggiungere ma dovrebbe bastare questo per indurre alla prudenza e sconsigliare incarichi delicati e prestigiosi a un vescovo da tempo nel mirino della magistratura. Eppure ciò non avviene, e anche le domande su questa contraddizione (l’esigenza di trasparenza vale solo per vescovi e cardinali in pensione?) sono per il momento destinate a restare senza risposta. Ma sicuramente sconsigliano di prendere per oro colato certi racconti.  

Il falso scandalo del cardinal Bertone letto attraverso i giornali che lo alimentano

L’attico di Bertone non esiste. Non esistendo l’attico, non esiste nemmeno la terrazza di Bertone, che è comunale. L’appartamento al terzo piano di Bertone è come metri quadrati la metà di quanto scritto dai giornali e inculcato nella testa scema dell’opinione pubblica galvanizzata contro le superspese dei cardinali Faraoni
di Giuliano Ferrara | 03 Aprile 2016 
Alcune precisazioni preliminari. Non ero alla famosa cena da Vespa, in via Gregoriana, con i potenti e il cardinal Bertone. Mi sarei aspettato una reazione allo scandalo da parte loro, che so io, un plastico, un dibbbbbattito, ma pazienza. L’unica volta che ho visto Bertone, a parte forse una stretta di mano all’ambasciata italiana presso la Santa Sede nel corso di un ricevimento, è stato in tv, guardacaso proprio da Vespa. C’era anche Andreotti. Si discuteva di Giovanni Paolo II e del famoso attentato. Andreotti e Bertone sostennero che era un affare di trafficanti di droga; nel mio candore notorio io dissi, e mi guardarono come un pazzo, che si trattava di Kgb, e che Andropov non era certo uno stupido, come dimostravano le indagini prima dei depistaggi da Ragion di stato: sapeva che eliminare con un sicario turco Giovanni Paolo II, Papa polacco, era una garanzia di quieto vivere per il comunismo internazionale e il regime sovietico. Il salesiano Bertone era seduto vicino a me, se non ricordo male, e provava fastidio fisico per l’impertinenza: la teoria ufficiale era “spaccio di droga più intervento divino della Madonna di Fatima”, io in quel contesto ero in effetti un po’ spiazzato. Devoto ma laico, chissà.
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Svolgimento del tema sul filo dei fatti. L’attico di Bertone non esiste. Non esistendo l’attico, non esiste nemmeno la terrazza di Bertone, che è comunale. L’appartamento al terzo piano di Bertone è come metri quadrati la metà di quanto scritto dai giornali e inculcato nella testa scema dell’opinione pubblica galvanizzata contro le superspese dei cardinali Faraoni. Ma l’appartamento di Bertone, quale che sia la quadratura attribuita, non esiste, non è di Bertone: è del Governatorato, cioè del Vaticano, è un appartamento di servizio come ce ne sono a decine, a centinaia nella vasta foresta romana del Real Estate vaticano. Bertone dunque non ha fatto alcuna speculazione immobiliare, non si è fatto ristrutturare il “suo” appartamento gigantesco con terrazza dalla Fondazione che governa l’Ospedale del Bambin Gesù, per la cura del manager finanziario vaticano dottor Giuseppe Profiti. Siamo lontani dalle case al Colosseo acquistate ad insaputa dell’acquirente, lontani dai gentili contributi di ristrutturazione per alloggetti di proprietà di politici e altre persone pubbliche da parte dei famosi “criccaroli” (Anemone e compagnia).
Lo scandalo non esiste né per dritto né per rovescio, e l’Espresso imprudente sputtana la sua stessa origine, “Capitale corrotta=Nazione infetta”, con la raccolta di espettorazioni del personale di sottocuria intriso di corruttela attualmente sotto processo in Vaticano, gentucola nevroticamente attaccata al potere e al denaro, che aveva carpito la buona fede del Papa francescano facendosi nominare, come la famosa femme fatale dal nome esotico, al vertice della finanza vaticana con un chirografo del pontefice (una nomina scritta a penna). Si è fatto di un sordido pettegolezzo lo spunto per una campagna ex post contro il papato ingenuo di Ratzinger, e contro il suo callido segretario di Stato.
Ora voi direte: ma come fai a dire queste cose? Io vi rispondo: le dico perché ho letto i giornali, in particolare l’Espresso e gli altri organi della gogna laicista e anticuriale. Le dico perché so leggere. Non sono scemo come l’opinione pubblica percepita. Non mi faccio impressionare. Non ho mai cenato con Bertone e i potenti, sono un puro fiore della pubblicistica nostrana, un tipo magari rozzo ma schietto che sa come l’uomo, creatura ondeggiante e vanagloriosa, s’impaurisce di fronte alla verità, in particolare quando affetta di dirla e sa e non sa di mentire, sa e non sa di spargere calunnia per motivi abietti. Mi domanderete: ma che cosa hai mai letto? Ho letto la lettera in cui, su carta intestata e con linguaggio più che ufficiale e repertoriato, il professor Profiti informa il cardinale che la Fondazione Bambin Gesù ha raccolto quasi il doppio dei fondi dell’anno prima dopo gli sforzi salesiani della combriccola che la custodisce e la protegge, e aggiunge che nella sua nuova residenza di ex, sua per modo di dire, terrazza o non terrazza, al terzo piano saliranno altri donatori che godono di questa occasione di esclusività e di intimità vaticana, e quindi cacceranno ancora più soldi per i bambini malati e per la ricerca. Dunque Bertone avrà la disponibilità, per lui e per le suore della sua piccola comunità, di un appartamento non suo, come cardinale emerito, in cui svolgere la funzione di fundraiser che ha già svolto con tanto successo, e le modalità sono queste e quelle, conclude il Profiti.

L'ATTICO DI BERTONE E IL MISTERO DEL DOPPIO PAGAMENTO

02/04/2016  L’indagine aperta in Vaticano sul giro di soldi per la ristrutturazione dell’appartamento dell’ex Segretario di Stato va avanti da mesi e coinvolge il Bambino Gesù. Il cardinale sostiene di aver sostenuto lui personalmente tutte le spese e che l’ospedale avrebbe pagato a sua insaputa. Questo il groviglio che dovrà sciogliere l’inchiesta

L’indagine aperta in Vaticano sul giro di soldi attorno alla ristrutturazione dell’appartamento del cardinale Tarcisio Bertone, ex Segretario di Stato, va avanti da mesi ed è scattata quando dalla nuova presidenza del Bambino Gesù sono state fornite al Promotore di Giustizia del Tribunale vaticano, una sorta di Pubblico ministero, una serie di carte che facevano sospettare movimentazioni di denaro sui conti allo Ior e all’Apsa del Bambino Gesù non finalizzate al bene dell’ospedale. Giovedì 31 marzo, dopo le notizie pubblicate dal settimanale L’Espresso sull’apertura dell’inchiesta in Vaticano, confermate dal vice-direttore della Sala Stampa della Santa Sede Greg Burke, che vede indagati l’ex presidente della Fondazione Bambino Gesù Giuseppe Profiti e l’allora tesoriere Massimo Spina, Mariella Enoc, la presidente dell’ospedale nominata al vertice dell’ente dal cardinale Pietro Parolin per fare pulizia e cambiare le cose, ha confermato in una nota che “a suo tempo abbiamo consegnato tutte le carte a nostra disposizione al promotore di giustizia del Vaticano”.
Poco prima di Natale, il 20 dicembre 2015, Mariella Enoc aveva spiegato in modo ancora più chiaro che “altre responsabilità del passato di tipo amministrativo su eventuali movimentazioni di denaro non finalizzati al bene dell’ospedale sono all’attenzione del Vaticano e della giustizia vaticana”. Dunque l’inchiesta non è nuova, né è stata avviata in seguito agli articoli del settimanale, né, secondo quando ha rivelato la presidente Enoc riguarderebbe solo le spese per la ristrutturazione dell’appartamento di Bertone.

Il settimanale L’Espresso ha pubblicato ieri due lettere, una dell’ex presidente Giuseppe Profiti e una dell’ex-Segretario di Stato Tarcisio Bertone. Nella prima Profiti spiega a Bertone che il Bambino Gesù è disposto a pagare la ristrutturazione dell’appartamento, o parte di esso, perché poi nell’appartamento potrebbero essere ospitati ricevimenti con personalità disposte a donare fondi all’ospedale, le quali, a detta di Profiti, potrebbero essere maggiormente sollecitate alla generosità dalla location dell’incontro, in Vaticano a due passi da Santa Marta, la residenza del papa. Nella seconda, la risposta di Bertone alla proposta di Profiti, il cardinale conviene sulla bontà dell’iniziativa, ma spiega con chiarezza che nessun denaro deve sborsare il Bambino Gesù per la ristrutturazione e che anzi ci pensa lui a cercare soldi per evitare che ci sia qualcosa a carico del Bambino Gesù. Ecco la frase: “Tengo a confermare che sarà mia cura fare in modo che la copertura economica occorrente alla realizzazione degli interventi proposti nella documentazione che allego, venga messa a disposizione della Fondazione a cura di terzi, affinché nulla risulti a carico di codesta istituzione”.
L'appartamento del cardinale Bertone in Vaticano al centro dell'inchiesta
L'appartamento del cardinale Bertone in Vaticano al centro dell'inchiesta

IL CARDINALE BERTONE NON È INDAGATO DAL TRIBUNALE VATICANO

In realtà le due lettere sono note da mesi. Le ha pubblicate il quotidiano romano Il Tempo il 7 novembre. Dimostrano che Bertone sapeva che il Bambino Gesù aveva cercato di pagare la ristrutturazione, ma lui lo aveva fermato. Ed è quanto ha sottolineato ieri l’avvocato del cardinale. Bertone non è indagato dal Tribunale vaticano, né lo può essere, poiché essendo cardinale può essere indagato ed eventualmente giudicato solo dalla Corte di Cassazione vaticana presieduta dal cardinale Dominique Mamberti e composta da due cardinali con un suo proprio promotore di giustizia.
Invece l’ex Segretario di Stato ha sempre sostenuto di non sapere nulla dell’interessamento di Profiti al suo appartamento e di aver saldato personalmente il conto della ristrutturazione con un assegno di 300 mila euro e ancora oggi lo spiega in un’intervista al Corriere della Sera. Qualche mese fa inoltre, consapevole del danno di immagine recato dalla vicenda al Bambino Gesù (si è scritto che venivano stornati fondi destinati ai bambini per altri usi) ha fatto una “donazione volontaria”, negando con forza che essa possa essere letta come un ammissione di colpa o anche come un risarcimento. Il cardinale dopo aver fatto la donazione spiegò che “altri hanno commesso azioni illecite”. E qui si apre un mistero fitto. Per cercare di diradare la nebbia occorre andare indietro nel tempo a quando il Vaticano affida ad una società di revisione esterna, l’americana PriceWaterhouseCoopers (PwC), un’indagine sui conti del Bambino Gesù.
La società invia due Rapporti molto severi e preoccupanti nei quali parla di spese non documentate, di controlli deboli, di somme non destinate alle finalità dell’ospedale, di transazioni strane, sulle quali le informazioni sono state inviate all’AIF, l’autorità di controllo finanziaria vaticana per la lotta al riciclaggio istituita da Benedetto XVI nel 2010. I Rapporti della PwC vengono consegnati alla Cosea, la Commissione incaricata da Bergoglio di analizzare tutti i conti di tutti gli enti vaticani, eccetto lo Ior per le quali era stata istituita un’altra commissione. Molte carte della Cosea poi finiranno nei due libri di Nuzzi e di Fittipaldi, per i quali sono finiti sotto processo, oltre ai due giornalisti, anche mons.Lucio Vallejo Balda e la consulente italiana Francesca Immacolata Chaouqui. Nel libro di Fittipaldi “Avarizia” c’è un capitolo intero intitolato “Sua Sanità” nel quale assai interessanti sono le parti dedicate ai Rapporti degli americani sulla gestione dei soldi al Bambino Gesù. Fittipaldi, è bene ricordarlo, non è sotto processo per le cose scritte nel libro, ma per concorso nella diffusione di documenti riservati. Ed è anche bene ricordare che Papa Francesco ha censurato la diffusione dei documenti, spiegando che tutto era noto a lui e che provvedimenti erano stati presi. Al Bambino Gesù le cose sono andate proprio così e la sostituzione di Profiti con Mariella Enoc è avvenuta ben prima della pubblicazione dei libri. Profiti e Spina sono indagati per peculato, cioè uso illecito di fondi in denaro. Quello che si sospetta è un doppio pagamento dei lavori di ristrutturazione: nonostante gli assegni di Bertone il Bambino di Gesù di Profiti avrebbe proceduto al saldo. Perché lo ha fatto? E qui il mistero torna fitto. I lavori erano stati appalti ad un società che si chiama “Castelli Re” dell’imprenditore Gianantonio Bandera, ingegnere genovese, che per conto della diocesi allora guidata da Bertone eseguì diversi lavori. La sua impresa a Roma ha lavorato molto per il Bambino Gesù, realizzando il nuovo polo ospedaliero a San Paolo. Profiti a lui chiede il preventivo per la ristrutturazione dell’appartamento vaticano di Bertone al termine del mandato di segretario di Stato nel 2013. Secondo quanto è stato ricostruito dal quotidiano Il Tempo e dall’Espresso il preventivo è di 620 mila euro che però subito la ditta abbatte del 50 per cento, promettendo in cambio, come ha confermato più volte lo stesso Profiti, una donazione all’ospedale in macchinari per la cura. In pratica il prezzo dei lavori sarebbe poi stato girato come liberalità all’ospedale. Dunque paga Bertone e paga anche il Bambino Gesù all’insaputa di Bertone, almeno lui così dice. E i soldi transitano sui conti dell’Ior e dell’Apsa. Ma Profiti dice anche, a Radio 24, che quei soldi non sono mai ritornati. L’azienda di Bandera nel frattempo è fallita e le fatture vengono pagate ad una holding britannica con sede a Londra, la LG Contractor, controllata dello stesso Bandera. Se è vero quello che sostiene Profiti i soldi sono spariti. È di questo che parla Bertone quando denuncia il fatto che “altri hanno commesso azioni illecite”? Infine, è davvero la prima volta che accade oppure, stando alle parole di Mariella Enoc, vi sono “altre responsabilità del passato di tipo amministrativo” oltre quelle che girano intorno all’appartamento del cardinale?  

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