ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 17 maggio 2016

Eppur si muoveranno...?

Siria, UE: basta sanzioni!
Un appello per dare un aiuto concreto al popolo siriano, tutto il popolo siriano, che vive in condizioni drammatiche non solo a causa della guerra, ma anche delle pressioni economiche imposte dall'Occidente alleato dei jihadisti, è stato lanciato in questi giorni da un gruppo di personalità cattoliche del Paese. Qui il LINK.


Un appello per dare un aiuto concreto al popolo siriano, tutto il popolo siriano, che vive in condizioni drammatiche non solo a causa della guerra, ma anche delle pressioni economiche imposte dall'Occidente alleato dei jihadisti, è stato lanciato in questi giorni da un gruppo di personalità cattoliche del Paese.
L'appello ha trovato riscontro in uomini politici, parlamentari e sindaci anche in Italia, oltre che nelle organizzazioni che cercano di alleviare sul campo le sofferenze della popolazione siriana, e ha trovato la forma di una petizione.
Ecco l'appello:  
Nel 2011 l’Unione Europea, varò le sanzioni contro la Siria, presentandole come “sanzioni a personaggi del regime”, che imponevano al Paese l’embargo del petrolio, il blocco di ogni transazione finanziaria e il divieto di commerciare moltissimi beni e prodotti.  

Una misura che dura ancora oggi, anche se, con decisione alquanto inspiegabile, nel 2012 veniva rimosso l’embargo del petrolio dalle aree controllate dall’opposizione armata e jihadista, allo scopo di fornire risorse economiche alle cosiddette “forze rivoluzionarie e dell’opposizione”.  

In questi cinque anni le sanzioni alla Siria hanno contribuito a distruggere la società siriana condannandola alla fame, alle epidemie, alla miseria, favorendo l’attivismo delle milizie combattenti integraliste e terroriste che oggi colpiscono anche in Europa. E si aggiungono a una guerra, che ha già comportato 250.000 morti e sei milioni di profughi.  

La situazione in Siria è disperata. Carenza di generi alimentari, disoccupazione generalizzata, impossibilità di cure mediche, razionamento di acqua potabile, di elettricità. Non solo, l’embargo rende anche impossibile per i siriani stabilitisi all’estero già prima della guerra di spedire denaro ai loro parenti o familiari rimasti in patria.  

Anche le organizzazioni non governative impegnate in programmi di assistenza sono impossibilitate a spedire denaro ai loro operatori in Siria. Aziende, centrali elettriche, acquedotti, reparti ospedalieri sono costretti a chiudere per l’impossibilità di procurarsi un qualche pezzo di ricambio o benzina.  

Oggi i siriani vedono la possibilità di un futuro vivibile per le loro famiglie solo scappando dalla loro terra. Ma, come si vede, anche questa soluzione incontra non poche difficoltà e causa accese controversie all’interno dell’Unione europea. Né può essere la fuga l’unica soluzione che la comunità internazionale sa proporre a questa povera gente.  

Così sosteniamo tutte le iniziative umanitarie e di pace che la comunità internazionale sta attuando, in particolare attraverso i difficili negoziati di Ginevra, ma in attesa e nella speranza che tali attese trovino concreta risposta, dopo tante amare delusioni, chiediamo che le sanzioni che toccano la vita quotidiana di ogni siriano siano immediatamente tolte.  

L’attesa della sospirata pace non può essere disgiunta da una concreta sollecitudine per quanti oggi soffrono a causa di un embargo il cui peso ricade su un intero popolo.  

Non solo: la retorica sui profughi che scappano dalla guerra siriana appare ipocrita se nello stesso tempo si continua ad affamare, impedire le cure, negare l’acqua potabile, il lavoro, la sicurezza, la dignità a chi rimane in Siria.  

Così ci rivolgiamo ai parlamentari e ai sindaci di ogni Paese affinché l’iniquità delle sanzioni alla Siria sia resa nota ai cittadini dell’Unione Europea (oggi assolutamente ignari) e diventi, finalmente, oggetto di un serio dibattito e di conseguenti deliberazioni".  
Chi fosse interessato all'appello, può trovare il LINK QUI.  
(https://www.change.org/p/parlamentari-sindaci-basta-sanzioni-alla-siria-e-ai-siriani) 
MARCO TOSATTI17/05/2016

Sanzioni alla Siria: inizia il momento della mobilitazione. L’Antidiplomatico sostiene l’Appello dei Cattolici dal paese

Sanzioni alla Siria: inizia il momento della mobilitazione. L’Antidiplomatico sostiene l’Appello dei Cattolici dal paese


A fine maggio il Consiglio europeo dovrà pronunciarsi per il rinnovo della sanzioni alla Siria; votazione che, ai sensi del Regolamento dell’Unione Euopea richiede l’unanimità, per cui anche se uno solo dei membri del Consiglio votasse NO le sanzioni decadrebbero.
Già un anno fa la Mogherini sulle sanzioni alla Siria - e, sopratutto, su quelle alla Russia - tolse la castagne dal fuoco a Italia e Ungheria dichiarando che il voto in Consiglio poteva essere “sublimato” dalla Conferenza segreta degli ambasciatori dei paesi UE (che si era espressa, appunto all’unanimità). Oggi, con l’arrivo di centinaia di migliaia di profughi dalla Siria, i mugugni contro i miliardi che la UE deve pagare a Erdogan per chiudere i profughi siriani da qualche parte e il successo elettorale di numerosi partiti “antieuropeisti” è probabile che la crepa apertasi nel Consiglio possa allargarsi.
Anche per questo, oggi più che mai, è indispensabile mobilitarsi contro le sanzioni alla Siria. Sanzioni che – guarda caso – continuano ad essere derogate per i “ribelli” i quali, nelle aree da essi controllate, possono “legalmente” esportare il petrolio rubato allo stato siriano e ricevere armi. Sanzioni che, come quelle all’Iraq hanno già provocato un numero enorme di vittime e profughi. Sanzioni contro le quali ora si esprime un appello firmato da esponenti del mondo cattolico siriano che l’Antiplomatico vi invita a sostenere. Apponendo la vostra firma qui.



Questo il testo dell’Appello:

Basta sanzioni alla Siria e ai siriani

Nel 2011 l’Unione Europea, varò le sanzioni contro la Siria, presentandole come “sanzioni a personaggi del regime”, che  imponevano al Paese l’embargo del petrolio, il blocco di ogni transazione finanziaria e il divieto di commerciare moltissimi beni e prodotti. Una misura che dura ancora oggi, anche se, con decisione alquanto inspiegabile, nel 2012 veniva rimosso l’embargo del petrolio dalle aree controllate dall’opposizione armata e jihadista, allo scopo di fornire risorse economiche alle cosiddette “forze rivoluzionarie e dell’opposizione”.
In questi cinque anni le sanzioni alla Siria hanno contribuito a distruggere la società siriana condannandola alla fame, alle epidemie, alla miseria, favorendo l’attivismo delle milizie combattenti integraliste e terroriste che oggi colpiscono anche in Europa. E si aggiungono a una guerra, che ha già comportato 250.000 morti e sei milioni di profughi.
La situazione in Siria è disperata. Carenza di generi alimentari, disoccupazione generalizzata, impossibilità di cure mediche, razionamento di acqua potabile, di elettricità. Non solo, l’embargo rende anche impossibile per i siriani stabilitisi all’estero già prima della guerra di spedire denaro ai loro parenti o familiari rimasti in patria. Anche le organizzazioni non governative impegnate in programmi di assistenza sono impossibilitate a spedire denaro ai loro operatori in Siria. Aziende, centrali elettriche, acquedotti, reparti ospedalieri sono costretti a chiudere per l’impossibilità di procurarsi un qualche pezzo di ricambio o benzina.
Oggi i siriani vedono la possibilità di un futuro vivibile per le loro famiglie solo scappando dalla loro terra. Ma, come si vede, anche questa soluzione incontra non poche difficoltà e causa accese controversie all’interno dell’Unione europea. Né può essere la fuga l’unica soluzione che la comunità internazionale sa proporre a questa povera gente.
Così sosteniamo tutte le iniziative umanitarie e di pace che la comunità internazionale sta attuando, in particolare attraverso i difficili negoziati di Ginevra, ma in attesa e nella speranza che tali attese trovino concreta risposta, dopo tante amare delusioni, chiediamo che le sanzioni  che toccano la vita quotidiana di ogni siriano siano immediatamente sospese. L’attesa della sospirata pace non può essere disgiunta da una concreta sollecitudine per quanti oggi soffrono a causa di un embargo il cui peso ricade su un intero popolo.
Non solo:  la retorica sui profughi che scappano dalla guerra siriana appare ipocrita se nello stesso tempo si continua ad affamare, impedire le cure, negare l’acqua potabile, il lavoro, la sicurezza, la dignità a chi rimane in Siria.
Così ci rivolgiamo ai parlamentari e ai sindaci di ogni Paese affinché l’iniquità delle sanzioni alla Siria sia resa nota ai cittadini dell’Unione Europea (oggi assolutamente ignari) e diventi, finalmente,  oggetto di un serio dibattito e di conseguenti deliberazioni.

Firmatari:
Padre Georges Abou Khazen – Vicario apostolico dei Latini ad Aleppo
Padre Pierbattista Pizzaballa  – Emerito Custode di Terrasanta
Padre Joseph Tobji  – Arcivescovo maronita di Aleppo
Padre Boutros Marayati – Vescovo armeno di Aleppo
Suore della Congregazione di San Giuseppe dell’Apparizione dell’Ospedale “Saint Louis” di Aleppo
Comunità Monache Trappiste in Siria
Dottor Nabil Antaki – Medico, ad Aleppo, dei Fratelli Maristi
Suore della  Congregazione del Perpetuo Soccorso – Centro per minori e orfani sfollati di Marmarita
Padre Firas Loufti – Francescano
Monsignor Jean-Clément Jeanbart – Arcivescovo greco-cattolico di Aleppo  

Appello promosso in Italia dal
Comitato italiano “Basta sanzioni alla Siria e ai Siriani”

Immigrazione, guerre, obiezione: Papa a 360°
di Lorenzo Bertocchi17-05-2016
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Mentre in Italia il Papa interveniva all’assemblea generale della CEI, al di là delle Alpi il quotidiano cattolico francese La Croix ha pubblicato ieri pomeriggio una lunga intervista esclusiva che lo stesso Francesco ha concesso al direttore Guillaume Goubert e al vaticanista Sébastien Maillard. Di seguito i passaggi più rilevanti.
LE RADICI DELL’EUROPA
«Dobbiamo parlare di radici al plurale perché ve ne sono tante. In questo senso quando sento parlare di radici cristiane dell’Europa, a volte temo il tono, che può essere trionfalista o vendicativo. Questo allora diventa colonialismo. Giovanni Paolo II ne parlava con tono tranquillo. L’Europa sì, ha delle radici cristiane. (…) Il dovere del cristianesimo per l’Europa è il servizio».
ACCOGLIENZA DEI MIGRANTI
Alla domanda se l’Europa può accogliere così tanti migranti, il Papa ha risposto che questa «è una domanda giusta e responsabile, perché non si possono aprire le porte in modo irrazionale. Ma la questione di fondo da porsi è perché ci sono tanti migranti oggi. Il problema iniziale sono le guerre in Medio Oriente e in Africa e il sottosviluppo del continente africano che provoca la fame. Se ci sono delle guerre è perché ci sono dei fabbricanti di armi - che possono essere giustificati per propositi difensivi - e soprattutto trafficanti di armi. Se c’è così tanta disoccupazione, è per mancanza di investimenti capaci di portare il lavoro di cui l’Africa ha così tanto bisogno».
INTEGRARE E NON GHETTIZZARE
«L’accoglienza peggiore [per i migranti] è ghettizzarli, invece, di integrarli. A Bruxelles i terroristi erano belgi, figli di migranti, ma venivano da un ghetto. A Londra il nuovo sindaco (Sadiq Khan, musulmano, figlio di pachistani NdA) ha prestato giuramento in una cattedrale e sarà senza dubbio ricevuto dalla regina. Questo dimostra per l’Europa l’importanza di ritrovare la sua capacità di integrare. Penso a Gregorio Magno che ha negoziato con quelli che venivano chiamati barbari, che si sono di seguito integrati».
INTEGRAZIONE E DENATALITA’
«Questa integrazione è ancora più necessaria oggi che l’Europa sta vivendo un grave problema di denatalità, a causa di una ricerca egoistica del benessere. Un vuoto demografico si sviluppa. In Francia, invece, grazie a politiche per la famiglia, questa tendenza è mitigata».
L’ISLAM
«Non credo che vi sia oggi una paura dell’islam in quanto tale, ma dell’Isis e della sua guerra di conquista che è in parte tratta dall’islam. È vero che l’idea della conquista appartiene allo spirito dell’islam. Ma si potrebbe interpretare secondo la stessa idea di conquista la fine del Vangelo di Matteo, quando Gesù invia i suoi discepoli a tutte le nazioni. Di fronte al terrorismo islamico, sarebbe meglio interrogarci sul modo in cui un modello troppo occidentale di democrazia è stato esportato in paesi come l’Iraq, dove un governo forte esisteva in precedenza. Oppure, in Libia, dove esiste una struttura tribale. Non possiamo andare avanti senza prendere in considerazione queste culture. (…)
Nel merito, la convivenza tra cristiani e musulmani è possibile. Io vengo da un paese in cui vivono insieme in buona familiarità. I musulmani venerano la Vergine Maria e San Giorgio. In un paese africano, mi è stato segnalato che per il Giubileo della misericordia, i musulmani fanno una lunga coda nella Cattedrale per passare la porta santa e pregare la Vergine Maria. Nella Repubblica Centrafricana, prima della guerra, cristiani e musulmani vivevano insieme e devono impararlo di nuovo oggi. Anche il Libano mostra che è possibile».
IL MERCATO COMPLETAMENTE LIBERO NON FUNZIONA
Secondo il Papa occorre porsi il problema di «un sistema economico mondiale caduto nell’idolatria del denaro. Più dell’80% della ricchezza dell’umanità è nelle mani del 16% della popolazione. Un mercato completamente libero non funziona. I mercati in sé sono un bene ma richiedono una parte terza o uno stato che li monitori e li bilanci. In altre parole ciò che serve è un’economia sociale di mercato».
LO STATO LAICO E LA LIBERTA’ RELIGIOSA.
«Uno Stato deve essere laico. Gli stati confessionali finiscono male. Sono contro la storia. Io credo che una versione della laicità, accompagnata da una solida legge che garantisca la libertà di religione, offra un quadro di riferimento per andare avanti. Siamo tutti figli e figlie di Dio, con la nostra personale dignità. Ognuno deve avere la libertà di esprimere la propria fede. Se una donna musulmana vuole indossare il velo, deve poterlo fare. Allo stesso modo, se un cattolico vuole indossare una croce. Le persone devono essere libere di professare la loro fede nel cuore delle loro proprie culture e non ai loro margini. La modesta critica che io vorrei rivolgere alla Francia riguarda il fatto che esagera con la laicità. Questo porta a considerare le religioni come sotto-culture, piuttosto che culture a pieno titolo con i loro diritti. Temo che questo approccio, un comprensibile patrimonio dei Lumi, continui ad esistere. La Francia ha bisogno di fare un passo avanti su questo tema al fine di accettare il fatto che l’apertura alla trascendenza è un diritto per tutti». 
I CATTOLICI, LE LEGGI E L’OBIEZIONE DI COSCIENZA
«Spetta la parlamento discutere, argomentare, spiegare, dare le ragioni. È così che una società cresce. Tuttavia, una volta che una legge è stata approvata, lo Stato deve anche rispettare le coscienze. Il diritto all’obiezione di coscienza deve essere riconosciuto all’interno di ogni struttura giuridica, perché è un diritto umano. Anche per un funzionario pubblico, che è una persona umana. Lo Stato deve anche prendere in considerazione le critiche. Questa sarebbe una vera e propria forma di laicità. Non si possono accantonare gli argomenti proposti dai cattolici dicendo semplicemente che “parlano come un prete”. No, essi si fondano su quel tipo di pensiero cristiano che la Francia ha così notevolmente sviluppato». 
IL CLERICALISMO
 «E’ lo Spirito Santo il protagonista di ciò che fa la Chiesa, il suo motore. Troppi cristiani lo ignorano. Un pericolo per la Chiesa è il clericalismo. È un peccato che si commette in due, come il tango! I preti vogliono clericalizzare i laici, e i laici domandano di essere clericalizzati con facilità. A Buoenos Aires ho conosciuto numerosi buoni preti che, visto un laico capace, hanno subito esclamato: “Facciamone un diacono!”  e "No, bisogna lasciarlo laico"».
LA FRATERNITA’ S.PIO X
«A Buenos Aires ho sempre parlato con loro. Mi hanno salutato, mi hanno chiesto una benedizione in ginocchio. Si fanno chiamare cattolici. Amano la Chiesa. Fellay è un uomo con cui si può parlare. Questo non è il caso di alcuni altri un po’ strani, come il vescovo Williamson, e altri che si sono radicalizzati. Penso che, come avevo detto in Argentina, questi sono cattolici in cammino verso la piena comunione. Nel corso di questo anno di misericordia, ho sentito che dovevo permettere ai loro confessori di perdonare il peccato di aborto. Mi hanno ringraziato per questo gesto. (…)». A proposito di una riconciliazione e della concessione di una prelatura personale alla Fraternità il Papa ha detto che «sarebbe una soluzione possibile, ma prima ci deve essere un accordo fondamentale con loro. Il Concilio Vaticano II ha il suo valore. Avanziamo lentamente, pazientemente».
IL SINODO SULLA FAMIGLIA E LA SINODALITA’ 
«Nell'esortazione post-sinodale (Amoris laetitia, ndr), ho cercato di rispettare al massimo il Sinodo. Non troverete i dettagli canonici su ciò che si può o non si deve fare. Si tratta di una riflessione serena, tranquilla, sulla bellezza dell'amore, come educare i bambini, come prepararsi per il matrimonio ...
Al di là di questo processo, noi dobbiamo pensare alla vera sinodalità, almeno a quello che significa la vera sinodalità cattolica. I Vescovi sono cum Pietro, sub Pietro. Questo è diverso dalla sinodalità ortodossa e da quella delle Chiese greco-cattoliche, in cui il patriarca conta solo per un voto. Il Concilio Vaticano II dà un ideale di sinodalità e di comunione episcopale. Eppure dobbiamo farlo crescere, compreso il livello parrocchiale. Ci sono parrocchie che non sono dotate né di un consiglio pastorale o di un Consiglio degli affari economici, mentre il Codice di Diritto Canonico li obbliga. La sinodalità è giocata anche lì».






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