ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 19 maggio 2016

In bocca al lupo..

È POSSIBILE UN ACCORDO PRATICO TRA CATTOLICI E MODERNISTI?

                                            

                                                                         San Pio X
  
Accordo unilaterale
Recentemente si discute sulla possibilità di un accordo “unilaterale” (1), solamente pratico e non dottrinale, tra neo-modernisti e cattolici fedeli. Molte sono le opinioni a riguardo di questo problema.

Cerchiamo di vedere ciò che ha insegnato su tale questione il campione dell’antimodernismo: papa Giuseppe Sarto, di cui cito nel presente articolo tre documenti non molto noti, in cui egli mostra la gravità dell’errore modernista e la falsità dei modernisti, che sono lupi travestiti da pecore (Mt., VII, 15), per cui - come insegna il Papa - accordarsi con loro significherebbe mettere la pecora in bocca al lupo.

Tre insegnamenti di San Pio X

La Chiesa non teme la persecuzione esterna, ma la guerriglia interna


I

Nell’Allocuzione “Accogliamo” (18 aprile 1907) San Pio X mette bene in evidenza che la Chiesa non teme la persecuzione aperta come “quando gli editti dei Cesari intimarono ai primi cristiani di abbandonare il culto a Gesù Cristo o di morire” (2) .

Ciò che San Pio X teme di più è l’infiltrazione nella Chiesa del morbo modernista, il quale si nasconde nelle sue viscere per distruggerla, se mai fosse possibile. Oggi, purtroppo, tale virus non solo si è infiltrato nel seno della Chiesa, ma è giunto al suo vertice ed opera la “rivoluzione in cappa e tiara”.

Il modernismo è “la grande eresia” (Marcel De Corte), che non è uscita fuori della Chiesa per combatterla faccia a faccia, ma si è celata in essa per cambiarne la sostanza e rimpiazzarla con un falso cristianesimo rinnovato e modernizzato, il quale ha fatto suoi i princìpi fondamentali della modernità: il soggettivismo e il relativismo. Secondo questi princìpi tutto è una produzione della mente dell’uomo, anche la religione e persino Dio, e perciò non v’è una verità oggettiva, certa e assoluta, ma tutto è relativo rispetto a ciò che pensa il soggetto umano, che prende il posto di Dio.

San Pio X chiama i modernisti “ribelli” perché “professano e diffondono sotto forme subdole gli errori mostruosi sulla evoluzione del dogma”. Ecco messe in luce due caratteristiche principali del modernismo:
1°) il nascondimento della sua vera natura sotto apparenza di verità e di ortodossia;
2°) la mostruosità del suo errore, che è talmente grave da portare al cambiamento sostanziale della religione cattolica qualora lo si assecondi. 

Infatti se il dogma muta continuamente, intrinsecamente e sostanzialmente, si passa da una verità ad un’altra totalmente diversa e quindi ad una religione che non è più quella cattolica tradizionale rivelata da Gesù e trasmessa dagli Apostoli, ma quella inventata di sana pianta dal soggettivismo del pensiero umano, che si reputa creatore della realtà (3). 

È per questo che il Papa definisce il modernismo “non un’eresia, ma il compendio e il veleno di tutte le eresie” (4).

Dobbiamo temere la mano tesa dal modernismo

Quindi anche noi come papa Sarto dobbiamo temere non tanto la persecuzione aperta della Tradizione apostolica, quanto la mano tesa del modernismo, che all’inizio vorrebbe farci agire assieme a lui per poi farci diventare speculativamente ammodernati inavvertitamente. “Chi non agisce come pensa finisce per pensare come agisce”. Se il cattolico agisce assieme ai modernisti finirà presto o tardi per pensare come loro senza accorgersene.

II

La guerra occulta e il modernismo

Nell’Enciclica Communium rerum del 21 aprile 1909  San Pio X torna sul tema e stigmatizza soprattutto “un genere di guerra, intestina e domestica, ma quanto più occulta, tanto maggiormente pericolosa. Essa è mossa da figli snaturati che si annidano nel seno stesso della Chiesa per lacerarlo. I loro dardi vengono lanciati contro la stessa anima della Chiesa, come alla radice del tronco, per ferire con colpo sicuro e mirato” (5).

Qui bisogna pesare il significato di ogni singola parola:
1°) “guerra intestina e domestica”, cioè  una sorta di guerra civile, che è la più brutta e la più crudele delle guerre perché in essa combattono fratelli contro fratelli, facenti parte di una stessa società civile temporale. Ora la guerra cui si riferisce Pio X è ancora più brutta perché coloro che si combattono in essa fanno parte della Chiesa di Cristo, che è una società d’ordine soprannaturale, le cui membra formano il Corpo Mistico di Cristo e la Comunione dei Santi. È quindi una guerra interna alla Chiesa. Dunque molto più pericolosa di quella interna alla società temporale;
2°) “quanto più occulta tanto maggiormente pericolosa”:  la guerra che i modernisti combattono contro la Chiesa e i suoi fedeli è pericolosissima perché è una “guerra occulta”, nascosta, segreta. Il carattere segreto del modernismo, definito da San Pio X “foedus clandestinum / setta segreta” (Motu proprio, Sacrorum Antistitum, 1° settembre 1910), lo riallaccia alla massoneria, la setta segreta per eccellenza e nemica giurata della Chiesa, che è all’origine del modernismo, grazie all’occultismo;
3°) “mossa da figli snaturati”: i modernisti che combattono la Chiesa ne sono figli, poiché erano cattolici, ma son diventati eretici, essendo il modernismo “la somma di tutte le eresie”, e quindi sono figli snaturati. Infatti un figlio per natura ama la madre e non la combatte;
4°) “che si annidano nel seno della Chiesa per lacerarlo”, il fine dei modernisti è la lacerazione della Chiesa e la sua trasformazione in una società filantropica e neo-gnostica. Per ottenere questo scopo si nascondono nel suo seno, non si palesano eretici quali sono e cercano di trasformarla silenziosamente dal di dentro. Essi fanno come il lupo, che fa il suo nido nella foresta per uscirne fuori al momento opportuno e far strage di pecore;
5°) che “lanciano i loro dardi contro la stessa anima della Chiesa, come alla radice del tronco”: i modernisti non si accontentano di negare uno o qualche dogma, come han fatto tutti gli eretici prima di essi, ma vogliono colpire l’anima stessa della Chiesa per ucciderla e rifarne una nuova a seconda dei loro gusti e della loro  smania di novità. Essi vanno alla “radice” del “tronco” (ossia della Chiesa) per svellerlo/a o seccarlo/a. Anche questa caratteristica dei modernisti ci mostra il loro odio implacabile verso la Chiesa e la non conciliabilità con i cattolici fedeli alla Tradizione apostolica, alla S. Scrittura e al Magistero costante della Sposa di Cristo. Per cui sarebbe vano pensare di poter collaborare con i modernisti a restaurare la Chiesa quando il loro scopo è la sua distruzione. 

Il modernismo vuole cambiare la sostanza della Chiesa di Cristo

Il Papa prosegue: “Il loro proposito è di intorbidare le sorgenti della vita e della dottrina cristiana e di disperdere il sacro deposito della fede; di sconvolgere i fondamenti della costituzione divina; […] di dare alla Chiesa una forma nuova” (6).

Ancora una volta San Pio X insiste nel mostrare la gravità estrema del modernismo, che attacca le sorgenti e non solo qualche dogma della religione cristiana e quindi vorrebbe inquinarla totalmente “disperdendo il deposito della fede”. Il modernismo attacca i fondamenti della costituzione divina della Chiesa e vorrebbe trasformarla sostanzialmente in un movimento di vaga religiosità sentimentalistica. È per questo motivo che il Papa qualifica il modernismo come “rovinoso morbo”, il quale “cova latente e nascosto, come il veleno, nelle vene e nelle viscere della società moderna” (7).
Questa è la società o il mondo moderno con cui i neo-modernisti hanno voluto dialogare a partire da Giovanni XXIII, non per confutarlo o convertirlo, ma accoglierlo.

Apertura alla modernità 

Papa Giovanni XXIII nel Discorso di apertura del Concilio (11 ottobre 1962) ha detto: “non senza offesa per le Nostre orecchie, ci vengano riferite le voci di alcuni che […]  Nelle attuali condizioni della società umana essi non sono capaci di vedere altro che rovine e guai; vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli passati, risultano del tutto peggiori. […]. A Noi sembra di dover risolutamente dissentire da codesti profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio” (Enchiridion Vaticanum, Documenti. Il Concilio Vaticano II, EDB, Bologna, IX ed., 1971, p. [39]).

Paolo VI nel Discorso di apertura del 2° periodo del Concilio (29 settembre 1963) ha detto: “Il Concilio cercherà di lanciare un ponte verso il mondo contemporaneo” (Enchiridion Vaticanum, Documenti. Il Concilio Vaticano II, EDB, Bologna, IX ed., 1971, p. [109]).

Ancora Paolo VI nell’Omelia della nona sessione del Concilio (7 dicembre 1965) ha detto: “La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? uno scontro, una lotta, un anatema? poteva essere; ma non è avvenuto. […] Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso. […]. Dategli merito di questo almeno, voi umanisti moderni, rinunciatari alla trascendenza delle cose supreme, e riconoscerete il nostro nuovo umanesimoanche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo!. […] Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano moderno. […] Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti presagi, messaggi di fiducia sono partiti dal Concilio verso il mondo contemporaneo: i suoi valori sono stati non solo rispettati, ma onorati, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette.” (Enchiridion Vaticanum, Documenti. Il Concilio Vaticano II, EDB, Bologna, IX ed., 1971,  p. [282-283]).

Sempre Paolo VI ha detto che la Chiesa contemporanea va cercando “alcuni punti di convergenza tra il pensiero della Chiesa e la mentalità caratteristica del nostro tempo” (Osservatore Romano, 25 luglio 1974).

Francesco I ha risposto a Eugenio Scalfari: “Il Vaticano II, ispirato da papa Giovanni e da Paolo VI, decise di guardare al futuro con spirito moderno e di aprire alla cultura moderna. I padri conciliari sapevano che aprire alla cultura moderna significava ecumenismo religioso e dialogo con i non credenti. Dopo di allora fu fatto molto poco in quella direzione. Io ho l’umiltà e l’ambizione di volerlo fare” (Repubblica, 1° ottobre 2013, pag. 3).

Nuove forme della guerra eterna

In tutto ciò  Pio X vede delle nuove forme della guerra eterna che si combatte contro la verità divina e che nel tempo presente è tanto più pericolosa quanto più sono insidiose le armi di una vaga religiosità, di cui si servono e dietro cui si nascondono i nemici della Chiesa. Queste armi son definite da Pio X : “strumenti con i quali si vogliono conciliare le cose più diverse, come il delirare della falsa scienza umana e l’insegnamento della fede divina, tra l’ondeggiare frivolo del mondo” (8).
In breve non si può conciliar l’inconciliabile: il Vaticano II e la Tradizione apostolica.

III

Apostasia universale dalla fede

Nell’Enciclica “Editae saepe” (26 maggio 1910) papa Sarto ci avverte che i modernisti “sovvertono la dottrina, le leggi e le istituzioni della Chiesa, avendo sulle labbra il grido di un’umanità più colta […] perché con questi nomi grandiosi possono più agevolmente celare la malvagità dei loro intendimenti” (9).

Quindi aggiunge: “E quali in realtà siano le loro mire, quali le loro trame, qual la via che intendono percorrere, nessuno di voi lo ignora, e i loro disegni furono già da Noi denunciati e condannati. Essi si propongono un’apostasia universale dalla fede e dalla disciplina della Chiesa, un’apostasia tanto peggiore di quella antica eresia che mise in pericolo il secolo di Carlo Borromeo; un’apostasia che tanto più astutamente serpeggia occulta nelle vene stesse della Chiesa, quanto più sottilmente trae da princìpi erronei le conseguenze estreme” (10).

Anche qui occorre pesare ogni singola parola:
1°)  i modernisti si propongono “un’apostasia universale dalla fede e dalla disciplina della Chiesa”, ossia il fine del modernismo è non solo l’eresia o la negazione di uno o più dogmi, ma il cambiamento sostanziale di religione, che si chiama apostasia o l’abbandono di tutta la dottrina della fede;
2°)  “un’apostasia tanto peggiore di quella antica eresia che mise in pericolo il secolo di Carlo Borromeo”; infatti nel secolo di San Carlo serpeggiava l’eresia luterana, che negava molti dogmi della fede, ma non tutta la dottrina della fede;
3°)  un’apostasia che “tanto più astutamente serpeggia occulta nelle vene stesse della Chiesa, quanto più sottilmente trae da princìpi erronei le conseguenze estreme”: la novità e la forza del modernismo è il voler serpeggiare, come una vipera velenosa, nel più intimo della Chiesa, senza uscirne come avevano fatto i luterani; inoltre esso trae dai suoi perversi princìpi le conclusioni più radicali ed estreme; il modernista non si ferma alle mezze misure, ma arriva alle conseguenze più estreme, se inizialmente non lo fa pubblicamente e apertamente (Giovanni XXIII) è solo per non venire scoperto e continuare a serpeggiare nell’interno della Chiesa per guastarla, trasformarla e spargere di lì il suo veleno a piene mani (Francesco I).  

La conciliazione tra cattolicesimo tradizionale e modernismo è inattuabile

Perciò l’accordo, la conciliazione tra cattolicesimo tradizionale e modernismo è inattuabile. Infatti o il modernista si converte, abbandona il soggettivismo relativista e si fa cattolico; oppure il cattolico, inavvertitamente, pian piano, diventa almeno praticamente, se non teoreticamente, modernista.

Attenzione alla mano tesa e all’accordo presentato come unilaterale, che, se accettato, diventa bilaterale.

Ieri la “mano tesa” al cattolicesimo era quella del comunismo dal “volto umano” (Gramsci, Bloch, Rodano) e molti cattolici son divenuti apostati passando al comunismo materialista e ateo asserendo: “come si fa a rifiutare una ‘mano tesa’ unilateralmente da un’entità che sembrava tanto temibile, ma che si è mostrata così caritatevole?”.

Oggi è quella del neo-modernismo, che sembra (11) aver abbandonato l’odio verso la Tradizione (palpabile ai tempi di Paolo VI) ed esser disposto a concederle dei diritti o almeno una pratica tolleranza. Purtroppo lo stesso ritornello che stava in bocca ai cattolici progressisti di ieri lo si ritrova in bocca ai tradizionalisti di oggi: “finalmente un modernista dal ‘volto umano’: Francesco I. Come si fa a rifiutare la sua ‘mano tesa’ alla Tradizione?”.

Atteniamoci, invece, al monito di Leone XIII, il quale, raccomandando la concordia e l’unità nel combattere l’errore, aggiunge: “…e qui bisogna stare in guardia di non lasciarsi andare ad essere conniventi con l’errore, o ad opporgli più debole resistenza che la verità non comporti” (12).

I veri cattolici, che si sentono in sicuro possesso della verità e della giustizia, non vengono a transazioni e non cercano di annacquare il cristianesimo. Essi esigono il pieno rispetto dei loro diritti, che son quelli di Dio. Coloro invece che non si sentono sicuri del possesso della verità (poiché stanchi o ingenui) non riescono ad esigere di tener soli il campo, senza farne parte a chi reclama il rispetto dei propri diritti in base ad altri princìpi. Ecco la trappola del “compromesso storico/teologico”! ecco Davide stringere la mano a Golia e non colpirlo in fronte con la fionda, la pietra e l’aiuto del Signore!

Il concetto di parità di culto (messa di San Pio V e Novus Ordo Missae) e di tolleranza per  principio (doppia appartenenza alla Tradizione e al Modernismo) è un prodotto del soggettivismo relativista filosofico (Cartesio), del libero esame religioso (Lutero) e della molteplicità delle confessioni (Locke) e delle concezioni socio-politiche (Rousseau). Infine è una logica conseguenza delle opinioni dei modernisti che ritengono, in fatto di religione, non esservi posto per i dogmi e le formule dogmatiche, e che soltanto la coscienza o meglio “l’esperienza religiosa” dei singoli individui dia il criterio e la norma per la professione della fede e l’esercizio del culto. È l’accettazione del dialogo con la Modernità, iniziato da Giovanni XXIII e portato alle estreme conseguenze da Francesco I, fatto solo con la misericordia, o meglio, l’arrendevolezza e senza la giustizia, ossia senza confutarne gli errori.

Conseguenze funeste di un accordo col modernismo

Un accordo pratico  col neo-modernismo porterebbe immancabilmente poco a poco al rinchiudersi della Tradizione in sagrestia con il riconoscimento ufficiale da parte del modernismo come è avvenuto agli Indiani d’America, rinchiusi nelle riserve e regolarmente riconosciuti.

Ma lo spirito cattolico “non si lascerà mai chiudere nelle quattro mura del tempio. La separazione fra la religione e la vita, fra la Chiesa e il mondo è contraria alla idea cristiana e cattolica” (Pio XII, Discorso ai Parroci e quaresimalisti di Roma, del 16-03-1946).

“La Società moderna è travagliata da una febbre di rinnovamento che fa paura ed è infestata da uomini che si prevalgono di tanta nostra sofferenza per costruirvi l’impero dei loro arbìtri, la tirannide dei loro vizi, il nido delle lussurie e delle rapine. Mai il male ha assunto caratteristiche tanto vaste e apocalittiche, mai abbiam conosciuto altrettanto pericolo. Da un’ora all’altra noi possiamo perdere non la vita soltanto, ma tutta la civiltà e ogni speranza. Sembra che anche a noi il Signore dica ‘non è ancor giunta la mia ora’, ma l’Immacolata, la Madre di Dio, la Vergine che è l’immagine e la tutela della Chiesa, Essa ci ha dato, già a Cana, la prova di saper e poter ottenere l’anticipo dell’ora di Dio. E noi abbiamo bisogno che quest’ora venga presto, venga anticipata, venga resa immediata, poiché quasi potremmo dire: ‘O Madre, noi non ne possiamo più! ’. Per i nostri peccati noi meritiamo gli ultimi eccidi, le più spietate esecuzioni. Noi abbiamo cacciato il suo Figlio dalle scuole e dalle officine, dai campi e dalle città, dalle vie e dalle case. L’abbiam cacciato dalle stesse chiese, abbiamo preferito Barabba. È veramente l’ora di Barabba [...]. Con tutto ciò, fiduciosi in Maria, sentiamo che è l’ora di Gesù, l’ora della redenzione [...]. Dica Maria, come a Cana: ‘Non hanno più vino’; e lo dica con la stessa potenza d’intercessione e, se Egli esita, se si nega, vinca le sue esitazioni come vince, per materna pietà, le nostre indegnità. Sia Madre pietosa a noi, Madre imperiosa a Lui. Acceleri l’ora sua, che è l’ora nostra. Non ne possiamo più, o Maria. L’umana generazione perisce, se tu non ti muovi. Parla per noi, o silenziosa, parla per noi, o Maria! ” (13).  

di Don Curzio Nitoglia


NOTE

1 - Un accordo (“accordare: unità di idee e di intenti. Convenire tra due o più persone”, N. Zingarelli) per definizione si fa tra due parti, per cui, se esso è proposto da una sola parte, deve essere accettato dall’altra e così diventa un accordo bilaterale, altrimenti non c’è accordo ma disaccordo o dissenso. L’escamotage dell’accordo “unilaterale” è unacontraddictio in terminis e mostra la mancanza di sincerità di chi lo propone e la sua intenzione di offrire una polpetta avvelenata all’altra parte con la speranza che essa la accetti.
2 - U. Bellocchi (a cura di), Tutte le Encicliche e i principali Documenti pontifici emanati dal 1740, Città del Vaticano, LEV, vol. VII, Pio X, 1999, p. 232.
3 - Cfr. Pio X, Enciclica Pascendi, 8 settembre 1907; Decreto Lamentabili, 3 luglio 1907; Pio XII, Enciclica Humani generis, 12 agosto 1950; R. Garrigou-Lagrange, Le sens commun. La philosophie de l’etre et les formules dogmatiques, Parigi, 1909; F. Marin Sola, L’évolution homogène du dogme catholique, Parigi, 1924. 
4 Ibidem, pag. 232.
5 - U. Bellocchi (a cura di), Tutte le Encicliche e i principali Documenti pontifici emanati dal 1740, Città del Vaticano, LEV, vol. VII, Pio X, 1999, p. 354.    
6 Ivi.
7 - Ivi.
8 - Ib., p. 356.
9 Ib., p. 396.
10 - Ib., p. 397.
11 - In realtà non è assolutamente vero: vedasi il caso dei Francescani dell’Immacolata di p. Manelli; il non stare ai patti stipulati con l’Istituto del “Buon Pastore”...
12 - Leone XIII, Enciclica Immortale Dei, dell’1-11-1885.
13 - A. Ottaviani, Il baluardo, Ares, Roma, 1961, pp. 279-283. 

http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1524_Nitoglia_Cattolicesimo_e_modernismo.html

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