L'immagine simbolo delle lotte proletarie debutta in un francobollo di Papa Bergoglio
di Franca Giansoldati
CITTA' DEL VATICANO - L’immagine simbolo del socialismo e della lotta del proletariato debutta in Vaticano sotto forma di francobollo. Una emissione speciale per il Giubileo delle Poste Vaticane. Si tratta di una prossima emissione in cui appare evidente la citazione iconografica tratta dal «Quarto Stato», il famoso dipinto di Pelizza da Volpedo e conservato nel Museo del Novecento a Milano che da fine Ottocento in poi racchiude in sé la denuncia della condizione dei poveri e dei braccianti.
Il Quarto Stato raffigura un gruppo di operai agricoli che marcia in segno di protesta in una piazza, presumibilmente quella Malaspina di Volpedo. L'avanzare del corteo non è violento, bensì lento e sicuro, a suggerire un'inevitabile sensazione di vittoria: era proprio nelle intenzioni dell’artista dare vita ad «una massa di popolo, di lavoratori della terra, i quali intelligenti, forti, robusti, uniti, s'avanzano come fiumana travolgente ogni ostacolo che si frappone per raggiungere luogo ov'ella trova equilibrio”. Pellizza da Volpedo agli inizi del Novecento scriveva: « La questione sociale s'impone; molti si son dedicati ad essa e studiano alacremente per risolverla. Anche l’arte non dev'essere estranea a questo movimento verso una meta che è ancora un’incognita ma che pure si intuisce dover essere migliore a petto delle condizioni presenti”.
Il bollo vaticano è stato approvato dall'Ufficio Filatelico e Numismatico. Due francobolli (da 95 centesimi e un euro) saranno emessi il 10 maggio prossimo nell'ambito delle celebrazioni dell'Anno Santo e saranno dedicati a due delle «opere di misericordia»: vestire gli ignudi e alloggiare i pellegrini. Nel francobollo da un euro che mostra una coppia che accoglie una famiglia di persone bisognose compare la figura di una donna con un bimbo in braccio: a parte il colore dell'abito (e le scarpe invece dei piedi nudi), il disegnatore del francobollo ha preso a modello proprio la donna con bambino che compare tra le figure in primo piano del quadro di Pelizza da Volpedo conservato a Milano. Il panneggio della veste, la posizione drammatica del braccio sinistro, il modo di sorreggere il bimbo sono inconfondibili.
Il Quarto Stato raffigura un gruppo di operai agricoli che marcia in segno di protesta in una piazza, presumibilmente quella Malaspina di Volpedo. L'avanzare del corteo non è violento, bensì lento e sicuro, a suggerire un'inevitabile sensazione di vittoria: era proprio nelle intenzioni dell’artista dare vita ad «una massa di popolo, di lavoratori della terra, i quali intelligenti, forti, robusti, uniti, s'avanzano come fiumana travolgente ogni ostacolo che si frappone per raggiungere luogo ov'ella trova equilibrio”. Pellizza da Volpedo agli inizi del Novecento scriveva: « La questione sociale s'impone; molti si son dedicati ad essa e studiano alacremente per risolverla. Anche l’arte non dev'essere estranea a questo movimento verso una meta che è ancora un’incognita ma che pure si intuisce dover essere migliore a petto delle condizioni presenti”.
Il bollo vaticano è stato approvato dall'Ufficio Filatelico e Numismatico. Due francobolli (da 95 centesimi e un euro) saranno emessi il 10 maggio prossimo nell'ambito delle celebrazioni dell'Anno Santo e saranno dedicati a due delle «opere di misericordia»: vestire gli ignudi e alloggiare i pellegrini. Nel francobollo da un euro che mostra una coppia che accoglie una famiglia di persone bisognose compare la figura di una donna con un bimbo in braccio: a parte il colore dell'abito (e le scarpe invece dei piedi nudi), il disegnatore del francobollo ha preso a modello proprio la donna con bambino che compare tra le figure in primo piano del quadro di Pelizza da Volpedo conservato a Milano. Il panneggio della veste, la posizione drammatica del braccio sinistro, il modo di sorreggere il bimbo sono inconfondibili.
La Chiesa ai tempi del cinema. Anche pirata
Dalla riforma dei media vaticani sul modello Disney, alla pirateria cinematografica nel mirino dei vescovi spagnoli: tutto il cinema della Chiesa.
Che il cinema avrebbe assunto un ruolo di peso anche all’interno della Chiesa lo si sarebbe potuto sospettare. Negli ultimi anni si sono infatti moltiplicati i film e le produzioni televisive sulla vita di santi e papi – da Francesco d’Assisi a papa Francesco – alle quali si sono aggiunte più recentemente la canonizzazione in 3D di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II e la controversa proiezione, l’8 dicembre scorso, dello spettacolo «Fiat lux: illuminare la nostra casa comune» sulla facciata della basilica di San Pietro.
Un interesse, quello della Chiesa per il cinema, che negli ultimi anni non ha mancato di coinvolgere, talvolta loro malgrado, anche i successori di Pietro, dei quali sempre più spesso si è indagata la personale passione per il cinema. Se per Benedetto XVI questa prendeva corpo e pellicola nell’intramontabile Don Camillo e nei film sul Vaticano – poi drammaticamente superati dalla realtà dell’intrigo di palazzo e dai fotogrammi del colossal firmato Viganò dell’addio ai colli di papa Ratzinger – con papa Francesco si sono fatti strada in Vaticano il neorealismo italiano e il celebre – da allora – Pranzo di Babette, meritevole anche di una citazione nell’Amoris laetitia.
Capofila della valorizzazione del cinema nella Chiesa è l’Italia, forte del suo vivace circuito di sale cinematografiche parrocchiali e festival del cinema, nella cui gerarchia si incontrano sempre più spesso prelati che affiancano una formazione comunicativa ad una passione cinematografica. Esemplificativa è la cordata nordica di mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione e principale incaricato della riforma dei mezzi di comunicazione vaticani con la Disney per modello, don Ivan Maffeis, direttore dell’Ufficio nazionale comunicazioni sociali della Cei e portavoce dei vescovi italiani, e don Davide Milani, responsabile della comunicazione della Diocesi di Milano, portavoce del card. Angelo Scola e presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo e direttore dellaRivista del cinematografo.
Una passione per il cinema che sembra aver contagiato anche la Chiesa spagnola, che in vista della 50a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che ricorrerà domenica 8 maggio, ha diffuso questa settimana, tramite la Commissione episcopale dei mezzi di comunicazione sociale (Cemcs), un documento intitolato “La pirateria nel cinema. Uno sguardo dalla Dottrina sociale della Chiesa”.
Ricordando come il cinema sia «un supporto di grande valore per la diffusione della cultura», nonché «un prezioso strumento per l’evangelizzazione», la Cemcs – guidata dal marzo 2014 da mons. Ginés Ramón García Beltrán, giurista specializzato in diritto matrimoniale e già membro della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti – ha rivendicato per il cinema un’importante dimensione sociale, in quanto «rinnova la società, facendola progredire».
Uno strumento tanto importante quanto minacciato, almeno stando ai vescovi spagnoli, dalla mancanza di «un’educazione morale rilevante», che attraverso i film resi disponibili su internet o venduti illegalmente per strada finirebbe con il «danneggiare i legittimi diritti e gli interessi di un vasto numero di professionisti che operano nel settore cinematografico». Da qui l’allarme dei vescovi sulla diffusione della pirateria, che «mette in pericolo la continuità di questa espressione culturale preziosa per la diffusione di idee a beneficio del popolo». In particolare, i prelati spagnoli individuano nel settimo e nel decimo icomandamenti violati dalla pirateria – “non rubare” e “non desiderare la roba d’altri” – sempre più spesso al centro di una «certa indifferenza morale, se non una palese giustificazione» quando il maltolto è un’opera cinematografica.
L’auspicio dei vescovi spagnoli è quindi che «il fenomeno della pirateria nel mondo del cinema diminuisca fino a scomparire», facendo appello alle coscienze dei giovani e dei loro educatori, ma anche invitando l’industria cinematografica a dotarsi degli ultimi ritrovati tecnologici in materia di difesa del diritto d’autore, come ha già fatto il settore musicale. Una minaccia, quella della pirateria cinematografica, nulla affatto nuova e che secondo taluni sarebbe tutta da dimostrare.
In principio fu il “Betamax case“. Agli inizi degli anni Settanta Disney e Universal Studios fecero causa alla Sony per aver commercializzato uno strano aggeggio che combinato al televisore avrebbe rivoluzionato la vita dello spettatore statunitense: il videoregistratore. Durante il processo, però, i cinema finirono con il riempirsi sempre di più e, complice anche una sentenza d’ultimo grado a favore del videoregistratore, il diabolico marchingegno sopravvisse per decenni nelle case di mezzo mondo.
Negli anni Novanta, affermatisi i personal computer e internet, l’attenzione si spostò verso i nuovi tranelli della tecnologia digitale, che prometteva – mantenendo – di soppiantare il vecchio mercato dell’immagine analogica. A farne le spese il colosso Blockbuster e le videoteche, ma non un’industria cinematografica, parimenti in grado di reinventare sé stessa e piangere prematuramente sulle proprie ceneri. Ciò che non è dimostrato – e probabilmente non è dimostrabile – è infatti l’esistenza di una relazione diretta fra la pirateria senza scopo di lucro e il mancato guadagno delle majors. Al tempo stesso, a nulla sono finora serviti i proclami contro la pirateria, che in molti casi hanno ottenuto l’effetto di trasformare un certo tipo di essa in quella che viene definita una “battaglia etica”, che si rifà ai principi della free culture.
I dati del 2015, infine, sembrano scongiurare una crisi del cinema. Positivi gli indici dell’industria cinematografica in Spagna, che registrano un guadagno totale di 571 milioni di euro (+8% rispetto al 2014) e oltre 94 milioni di spettatori (+7% rispetto all’anno precedente. Dati comScore/Rentak). Salvo, almeno stando alle rilevazioni di Cinetel, anche ilcinema italiano, che fa registrare nel 2015 un aumento dei biglietti venduti pari all’8,56%. Buon 8 maggio al cinema, dunque. Magari parrocchiale e con la mamma.
Nell’immagine: una scena del film Il pranzo di Babette (Babettes gæstebud).
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