ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 22 maggio 2016

La porta ad un futuro diverso..


 Dichiarazione di mons. Gänswein sulla istituzione del «Papa emerito»

Ieri 20 maggio alle ore 18, presso l’Aula Magna della Pontificia università Gregoriana, è stato presentato il volume “Oltre la crisi della Chiesa. Il pontificato di Benedetto XVI (Lindau 2016, pp. 512) di Roberto Regoli, direttore del Dipartimento di storia della Chiesa nella stessa Università.
L’incontro era moderato da Paolo Rodari, vaticanista di La Repubblica. Relatori: padre Nuno da Silva Gonçalves, decano della Facoltà di storia e beni culturali della Chiesa; monsignor Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia e lo storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. 
Nel darne notizia, col titolo: Gänswein: nessun corvo o traditore ha spinto Benedetto XVI alla rinuncia,  Radio Vaticana riporta, insieme ad altre sottolineature :
... mons. Gänswein, commentando il libro, ha offerto una sua sintesi della figura di Benedetto XVI, a partire dalla battaglia contro il relativismo: "A una dittatura del relativismo, che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io, aveva contrapposto il Figlio di Dio e vero uomo come misura del vero umanesimo".
La notizia sarebbe interessante di per sé, ma per noi lo diventa ancor più, dal momento che apprendo, da una fonte attendibile che l'ha ascoltata in quel contesto, l'affermazione di Mons. Georg Gänswein secondo cui in buona sostanza
La cosa più grande del pontificato di Benedetto XVI è l'istituzione del Papa emerito, evento che apre la porta ad un futuro diverso.
Dal testo di Radio Vaticana riprendo:
"... Quello scandalo [Vatileaks] era troppo piccolo per una cosa del genere e tanto più grande è stato il ben ponderato passo di millenaria portata storica che Benedetto XVI ha compiuto". "Dall’elezione del suo successore, Papa Francesco - il 13 marzo 2016 - non ci sono dunque due Papi, ma di fatto un ministero allargato con un membro attivo e uno contemplativo. Per questo, Benedetto non ha rinunciato né al suo nome né alla talare bianca. Per questo, l’appellativo corretto con il quale bisogna rivolgersi a lui è ancora 'Santità'. Inoltre, egli non si è ritirato in un monastero isolato, ma all’interno del Vaticano, come se avesse fatto solo un passo di lato per fare spazio al suo Successore e a una nuova tappa della storia del Papato che egli, con quel passo, ha arricchito con la centralità della preghiera e della compassione posta nei Giardini vaticani".
Detta in questi termini, viene meno l'ambiguità che ci consentiva ancora di avere dei dubbi. L'abdicazione di Benedetto XVI con la contestuale istituzione della figura, inedita e non codificata, del papa emerito - peraltro senz'alcuna motivazione teologica o canonica, ma semplicemente agita e rappresentata secondo una prassi che oltrepassa ogni regola -, non è altro che l'ennesima inedita anomala innovazione. Emergerebbe infatti la premeditazione consapevole della svolta incongrua impressa al papato e la variazione che essa comporta. Ne avremo la prova, se i papi continueranno a dimettersi, come lo stesso Bergoglio ha annunciato [qui], «Sessanta o settant’anni fa, il vescovo emerito non esisteva. Venne dopo il Concilio. Oggi è un’istituzione. La stessa cosa deve accadere per il Papa emerito. Benedetto è il primo e forse ce ne saranno altri...».

Poiché nella Chiesa non possono esserci due papi (e nemmeno un "collegio" papale) perché non si tratterebbe di una semplice "anomalia"[1] ma di un'aberrazione metafisica in rapporto al primato petrino ad personam sancito da Gesù, l'atto di Benedetto XVI sembra rientrare nel quadro di quella insana umanizzazione del Papato, che vorrebbe considerare il Pontefice Romano alla stregua di un dirigente d'azienda o di un docente d'ateneo, che può presentare le proprie dimissioni ed esser nominato emerito o di un vescovo qualsiasi, che è posto in pensione ingravescente aetate. L’eventualità peggiore è che questa eccezionale frattura nell’ufficio personale del papa possa divenire prassi “a tempo” per il futuro, sotto un criterio estrinseco come l’efficienza o simili.

Le ragioni profonde che si oppongono alla “renuntiatio” in questi termini convergono nella salvaguardia dell’ufficio dalle conseguenze di un atto che scompone il mirabile equilibrio, anzi l’unità di ordine sacro e di giurisdizione universale nella persona del papa. Da ciò l’allarme di chiunque voglia riflettere e non solo ricamare sentimenti o mascherare problemi.

Sostanzialmente, in nome della fatidica 'pastorale' conciliare - prassi ateoretica senza spiegazioni o con spiegazioni sommarie sganciate dalla tradizione perenne - de facto se non de iure si incide nella sostanza e si dà concretezza ai cambiamenti che vengono non più sanciti ma operati e rappresentati e addirittura ormai recepiti dall'opinione comune.  E lo si fa in nome della nuova 'tradizione vivente' storicista portata avanti dal nuovo-soggetto Chiesa che ha preso il posto dell'oggetto-Rivelazione. E nessuno può dir nulla, perché contrapporre parole ai fatti non serve a niente, mancando alle parole la materia prima del contendere: cioè la esplicitazione teorica del nuovo corso di volta in volta instaurato. E neppure ce la si può cavare dicendo, insieme al card. Burke, che non è Magistero quanto coincide con l'insegnamento costante della Chiesa ma è riconoscibile come pensiero personale del Papa. Perché contribuisce all'ulteriore deformazione della dottrina anche attraverso l'enfasi mediatica, nonostante sia Magistero liquido, mentre l'insegnamento costante resta confinato in una pastorale tradizionale sempre più marginalizzata quando non avversata.

Il comportamento, sempre più pragmatico e rivoluzionario di Bergoglio, sta completando l'opera, iniziata da Paolo VI e traghettata con una spinta finale da Benedetto XVI [vedi qui : Che n'è del primato di Pietro?]. E l'Autorità, oggi, viene esercitata dispoticamente nel silenziare, oltre che nel disprezzare, ogni ragionevole voce contraria di dissenso che cerchi di ricondurre la Chiesa nell'alveo della sua Via Maestra, della quale si stanno perdendo le tracce. E si continua a dialogare con l'errore, mentre la verità è oscurata e deformata. E, per contro, come si potrà più dialogare con una Tradizione che è stata svuotata del suo contenuto, rovesciando il significato dei termini concettuali che la identificano? 
Nel frattempo, dalla Sala Stampa Vaticana [qui] arriva una secca smentita su una notizia che nei giorni scorsi ha fatto il giro dell'orbe cattolico:
Alcuni articoli apparsi recentemente hanno riportato dichiarazioni attribuite al Prof. Ingo Dollinger, secondo cui il Card. Ratzinger, dopo la pubblicazione del Terzo Segreto di Fatima (avvenuta nel giugno 2000), gli avrebbe confidato che tale pubblicazione non è stata completa. 
A tale proposito, il Papa emerito Benedetto XVI comunica “di non aver mai parlato col prof. Dollinger circa Fatima”, afferma chiaramente che le esternazioni attribuite al prof. Dollinger su questo tema “sono pure invenzioni, assolutamente non vere” e conferma decisamente: “la pubblicazione del Terzo Segreto di Fatima è completa”.
(Maria Guarini)
____________________________________
1. L'anomalia non è nelle dimissioni di Benedetto XVI, previste dal diritto canonico anche se non avvenute nelle circostanze eccezionali consegnateci dalla storia in precedenza. L'anomalia non sta neppure nell'elezione del nuovo papa, regolarmente avvenuta attraverso la scelta dei cardinali e perfezionata dall'accettazione della sua funzione, anche se egli ne ha inopinatamente rifiutato i simboli mentre ne sta svuotando la pregnanza in riferimento all'insegnamento costante della Chiesa. L'anomalia sta nella contestuale presenza di un papa secondo il suo dire "per sempre" ma in "servizio contemplativo" a fianco del papa "in servizio attivo". Due aspetti e dimensioni che possono anzi devono esser compresenti nella stessa persona; tanto più trattandosi di un'investitura divina e non di una funzione amministrativa qualunque.
Ma c'è un'altra incertezza di fondo che nasce dalla circostanza, quanto meno ardita, del munus petrino 'dimidiato' per effetto della impropria e improvvida scissione del Ministero attivo da quello contemplativo esercitato nel 'recinto di Pietro', che così non è tanto un 'luogo' geografico quanto teologico, dal quale Benedetto XVI continua ad esercitare il Ministero spirituale, mentre ha deposto la potestà di governo universale. Questo dato non mi pare sufficientemente affrontato e chiarito da nessuno. In passato ci siamo posti diverse domande, tuttora senza risposta.

4 commenti:

  1. Insomma abbiamo una chiesa bigama. Non un papa ma due. Anzi no . Un ex papa che c'è ma non c'è. Anzi no, c'è ancora ma non fa il papa. Il neo papa allora non è il vero papa, neppure questa è quella giusta. C'è da perdere il senno. Ratzinger si è dimesso senza alcun motivo, cioè per ingravescente aetate ( se la memoria non mi fa difetto ),ma mi pare sia più in gamba di me. Abbiamo un Bergoglio che sta facendo strame di tutto il popolo cattolico, e ripeto del solo popolo cattolico; e quindi secondo monsignor Ganswein tutto ciò è un bene per noi tutti . Avrei voglia di dire un bel po' di parolacce, ma preferisco tacere e chiedere aiuto alla Nostra Cara e Santissima Mamma del Cielo e Signora dei nostri poveri cuori . Nostra Signora di Fatima aiutaci TU. jane

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E se fossero d'accordo? O avesse semplicemente dovuto obbedire al Lupo?

      Elimina
    2. È evidente che sono d'accordo. Il gatto e la volpe. La mente e il braccio. Anatema sit !

      Elimina
  2. C'è del marcio in Danimarca. ma tanto tanto marcio. jane

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.