Arcivescovo maronita di Aleppo: "Ai politici europei dico: se avete un po' d'umanità non rinnovate le sanzioni alla Siria"
Mons. Joseph TOBJI: "...si è taciuto, perché i sistemi dell'informazione mondiale sanno, però nascondono quì, e amplificano lì... Perché? Semplice: sono COMPLICI".
di Alessandro Bianchi
Avete ascoltato tanti "servizi" di telegiornali e letto tanti "editoriali" sulla guerra in Siria in questi giorni. A parlare e scrivere non era mai nessuno dal paese direttamente.
Come Antidiplomatico abbiamo intervistato Joseph Tobji, Arcivescovo Maronita di Aleppo, città massacrata da anni di assedio e massacri. Una testimonianza diretta e autorevole.
Della storia dell'ospedale Al Quds, non ne so niente! Aleppo è un'altra Berlino da 4 anni, è divisa in parte occidentale sotto il controllo del governo e l'esercito Siriano - n questa parte della città risiede quasi l'80% degli Aleppini e stiamo anche noi Cristiani - e una parte orientale controllata dai Jihadisti armati. E per quanto dichiara Nabil Antaki, gli credo perché è un medico serio e sa meglio di me sull'esistenza o meno di un presunto ospedale. D'altro canto uno che abita a Trastevere non può per forza sapere se all'Eur ci sia un ospedale che si chiama X o no. Aleppo contava 4 millioni di abitanti. Comunque sia, non è "umano" bombardare un ospedale.
Come mai tutti ignorano i crimini commessi dai gruppi armati dei ribelli contro gli ospedali e i civili di Aleppo?
Il nostro grande Shock, è che si sia amplificato il fatto dell'ospedale al Quds, ma si sia taciuto sul bombardamento dell'Ospedale pediatrico Dabbit, e dell'Ospedale Al Tib Al Arabi, e dell'Ospedale St. Louis, e altri. Tra parentesi, la bugìa della morte dell'ultimo pediatra ad Aleppo, è così grande che non può essere creduta nemmeno dagli idioti. Personalmente possono indicarvi in questo momento, se volete, decine di Pediatri che stanno in città.
Si è taciuto di oltre 150 morti e più di 1100 feriti; della distruzione di palazzi interi (vuol dire gente senza tetto), tutto in meno di 10 giorni, a causa di oltre 2500 lanci tutti sui civili. Dico "si è taciuto", perché i sistemi dell'informazione mondiale sanno, però nascondono quì, e amplificano lì. Perché? Semplice: sono COMPLICI.
Perché secondo lei in occidente, in Italia, in particolare l'informazione è così distorta sulla Siria con i giornali che citano come fonte di verità assoluta quanto riportato dal cosiddetto Osservatorio siriano dei diritti umani con sede (e finanziamenti) a Londra?
Dall'inizio di questa guerra progettata dal diavolo, citano ininterrottamente la "sacrosanta" fonte del cosiddetto "Osservatorio Siriano dei diritti umani", il quale "osserva" da Londra con 3 impiegati che stanno dietro allo schermo. Lascio a voi dedurre da dove prende questo "osservatorio" le sue "osservazioni", meglio: i suoi ORDINI.
Poi se parliamo dei mezzi di informazione ufficiali, ci viene da piangere! Sono arrettrati 100 anni, non hanno nè i mezzi nè il personale adeguato, in più gli hanno impedito di trasmettere via satellitare se non a pochissimi. Il che vuol dire che non hanno il permesso di parlare (questa è la benedetta DEMOCRAZIA mondiale che l'Occidente vuol insegnarci). Esportazione di democrazia, tutti voi sapete che questa è la più grande bugìa mai esistita: l'imporrere la democrazia con gli armi!
Che cosa può dire ai politici europei che a fine maggio dovranno decidere se rinnovare o meno le sanzioni alla Siria?
Ai politici europei che a fine maggio dovranno decidere se rinnovare o no le sanzioni alla Siria, dico: Se avete delle coscienze, se avete dei cuori, se avete un pò di umanità, salvate il popolo Siriano impoverito, danneggiato, sfinito, dalle ingiuste e tremende sanzioni. Permettete ai malati la medicina, permettete ai bambini il latte, permettete ai disoccupati il lavoro. Voi pensate che le sanzioni portano "bene"? Portano prosperità? Portano libertà? Le sanzioni non apportano che l'odio del popolo siriano verso l'Europa. A causa delle sanzioni avrete ancora e ancora dei rifugiati. Dite "NO" alle sanzioni ingiuste, e state sicuri che così salvate un popolo intero dalla guerra economica che uguaglia quella bellica.
Padre George Abou Khazen, Vicario Apostolico di Aleppo ha dichiarato recentemente: "Per fermare l’Isis e gli altri terroristi, bisogna prima di tutto tagliare qualunque rifornimento o finanziamento agli assassini, anche quelli per vie traverse come è successo in Siria con il sostegno alle varie bande armate. E poi chi compra a buon mercato il petrolio venduto da questi tagliagole? Io sono con il Santo padre, che ha detto di fermarli, non di bombardare paesi". E' d'accordo?
Sono d'accordo al 100% con S. Ecc. Georges Abou Khazen. Perché fermando il sostentamento a Daesh, Al Nusra, e compagnìa, questi terroristi si scioglieranno anche senza guerra, perché sono mercenari non altro, non avranno più ragione di esistere. D'altro canto io con S. Ecc. Georges Abou Khazen, con gli altri 4 Vescovi Cattolici delle diverse Chiese Sui Iuris in Aleppo, abbiamo sempre la medesima visione sui fatti che viviamo quotidianamente insieme.
Sono d'accordo al 100% con S. Ecc. Georges Abou Khazen. Perché fermando il sostentamento a Daesh, Al Nusra, e compagnìa, questi terroristi si scioglieranno anche senza guerra, perché sono mercenari non altro, non avranno più ragione di esistere. D'altro canto io con S. Ecc. Georges Abou Khazen, con gli altri 4 Vescovi Cattolici delle diverse Chiese Sui Iuris in Aleppo, abbiamo sempre la medesima visione sui fatti che viviamo quotidianamente insieme.
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=5496&pg=15667
I cristiani fuggono dal medio oriente ma non dalle persecuzioni
“Sì, gli attacchi e le violenze nei campi profughi hanno motivazioni religiose”. A dirlo al Foglio è Ado Greve, portavoce dell’ufficio tedesco di Open Doors
di Giulia Pompili | 15 Maggio 2016
Un gruppo di cristiani rifugiati (foto LaPresse)
Roma. “Sì, gli attacchi e le violenze contro i cristiani nei campi profughi hanno motivazioni religiose”. A dirlo al Foglio è Ado Greve, portavoce dell’ufficio tedesco di Open Doors, una missione internazionale che dal 1955 si occupa di dare supporto ai cristiani perseguitati nel mondo. In una conferenza stampa tenuta domenica scorsa a Berlino, Open Doors ha presentato il rapporto sugli atti di violenza contro i cristiani rifugiati nei campi profughi in Germania. Greve dice al Foglio: “I leader politici e quelli della società civile finora non si sono resi conto di quanti casi ci sono, perché probabilmente c’è carenza di informazioni, o forse nessuno è andato a cercarle, quelle informazioni”.
ARTICOLI CORRELATI Asia Bibi come Maria Stuarda Il ministro belga che vede l’Europa islamizzata: “Colpa dei cristiani” I martiri cristiani alla Fontana di Trevi, Bruxelles si mobilita per Asia Bibi Tutti i pericoli mortali della minaccia islamista per l’occidenteNelle 36 pagine del rapporto, Open Doors ha elencato i casi di violenze e vessazioni cui sono stati sottoposti i profughi appartenenti alle minoranze cristiane, quando sono stati ospitati nei campi profughi tedeschi. Ne viene fuori un quadro inquietante: i cristiani che arrivano in Germania cercando un rifugio sicuro, spesso sono aggrediti e discriminati non solo dagli altri rifugiati musulmani, ma anche dal personale della sicurezza degli alloggi di prima accoglienza. Nel report, Open Doors ha studiato e verificato 200 casi di violenza, avvenuti in Germania tra il febbraio e l’aprile di quest’anno. Tra questi, almeno 86 casi di violenza fisica. Secondo Open Doors, gli incidenti inclusi nel rapporto sono solo “la punta di un iceberg”. Ma perché il governo di Angela Merkel, che ha protetto a lungo la politica dell’accoglienza in Germania, non si accorge delle discriminazioni cui sono sottoposte le minoranze religiose all’interno dei campi profughi? “Accade spesso che le autorità ricevano notizie di incidenti senza che sia specificato il movente religioso, dunque il governo non ha motivo di intervenire.
Inoltre, vi è una generale riluttanza, da parte della società, della chiesa, del governo, di dire qualcosa di negativo sull’islam e i musulmani. E questo è generalmente un atteggiamento positivo, ma ignorare i fatti non è utile a nessuno. E alcuni fatti sono stati ignorati decisamente per troppo tempo”. Avete ricevuto accuse di islamofobia: “Noi stiamo semplicemente riportando dei fatti. Solidi, concreti. Non possiamo e non dobbiamo ignorarli. Altrimenti i miglioramenti saranno impossibili. E’ facile provare che tutte le violenze [nei confronti dei cristiani] provengono da altri rifugiati musulmani o dallo staff della sicurezza. La missione ha anche delle risposte concrete. Nel report si suggerisce al governo di organizzare dei settori, nei centri di accoglienza, adibiti solo per le minoranze religiose. Di formare staff preparato, e di aumentare la quota di personale non musulmano: “Se avranno modo di accogliere le nostre richieste, qualcosa cambierà”.
Open Doors – che si occupa delle minoranze cristiane in tutto il mondo ed è una missione di stampo protestante-evangelico – ha un ufficio anche in Italia: “Noi non abbiamo lo stesso sostegno economico che possiede l’ufficio tedesco per fare un lavoro statistico e di ricerca simile nei centri di accoglienza italiani”, dice al Foglio Cristina Merola di Porte Aperte: “Qui è difficile avere informazioni”. E aggiunge: “Noi continuiamo a fare quello che possiamo, sostenendo le comunità cristiane nei paesi di provenienza, perché la chiesa non venga cancellata in medio oriente”. Ma come mai alcune minoranze non riescono a far sentire la propria voce? “Il mondo in cui le persecuzioni si sviluppano e si manifestano”, dice Ado Greve, “ha molto a che fare con il modo in cui reagiscono i gruppi perseguitati. Le varie chiese cristiane hanno reazioni diverse. La chiesa in un paese può essere omertosa e nascondere, la chiesa in un altro paese può reagire alle violenze e resistere, con il perdono – penso alla chiesa egiziana, per esempio. Una chiesa tollerante e misericordiosa ha un grande impatto sulla società”.
Asia Bibi come Maria Stuarda
Dieci milioni di pakistani vogliono uccidere la ragazza che da duemilacinquecento giorni vive in carcere con una condanna a morte soltanto perché cattolica e perché aveva sete
di Giulio Meotti | 01 Maggio 2016
Giovani donne della minoranza cristiana in Pakistan in preghiera. Asia Bibi non ha mai ucciso nessuno, ma per la giustizia del suo paese ha fatto di peggio: si è macchiata di blasfemia
La condanna a morte di Asia Bibi è come la nube tossica di Chernobyl, contamina chiunque gli stia intorno. Dopo il suo arresto, il marito Masih e i figli sono andati a nascondersi e da allora hanno vissuto come cani in fuga, cambiando casa quindici volte nell’arco di cinque anni. Non potevano neppure andare in tribunale per assistere alle udienze del processo alla moglie. Troppo pericoloso. Dal loro villaggio di Ittanwali si sono trasferiti a Lahore, ma anche lì sono stati riconosciuti e minacciati di morte. Per nascondersi, il marito ha dovuto smettere di lavorare. E’ minacciato anche l’avvocato, Saiful Malook .
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Asia Bibi
Un commando di uomini armati un giorno blocca la macchina di Bhatti, appena uscito dalla casa della madre, e lo uccide in pieno giorno nel cuore di Islamabad. Un’esecuzione preparata da tempo con cura e, soprattutto, effettuata con estrema facilità. Tutti sapevano che, in mancanza di una protezione, la condanna a morte prima o poi sarebbe stata eseguita. A partire dallo stesso Bhatti, che non volle tirarsi indietro abbandonando alla loro sorte i veri “fuori casta” del Pakistan: i cristiani.
Adesso proteste di piazza si susseguono da quando Qadri è stato giustiziato per impiccagione il 29 febbraio 2016, per aver ucciso il suo capo. Dietro le proteste contro Asia Bibi c’è il Jamaat-e-Islami, il più vecchio partito politico islamico del Pakistan, nato con il paese, dopo la divisione del 1947. Un alto funzionario del governo del Punjab ha confidato alla stampa pakistana che la sicurezza della signora Bibi è stata aumentata dopo i rapporti di intelligence secondo cui i gruppi islamisti stanno cospirando per ucciderla dentro al carcere per vendicare l’impiccagione di Qadri. Attivisti e organizzazioni per i diritti umani chiedono che l’appello di Asia Bibi, sempre rimandato, si svolga in cella e fra imponenti misure di sicurezza, perché i timori per la vita della donna sono sempre più fondati. Il trasferimento di Asia Bibi dovrebbe rimanere segreto, perché i fondamentalisti sarebbero pronti a sfruttare qualsiasi opportunità per ucciderla. Per questo andrebbe spostata in elicottero.
Asia Bibi attualmente si trova in una cella da sola ed è controllata a vista da due guardie, mentre due telecamere la riprendono notte e giorno. Le sue compagne di prigionia sono quasi tutte accusate di adulterio. Inoltre il cibo che le viene somministrato è rigidamente controllato. Asia deve prepararsi da mangiare da sola, per evitare che qualcuno la avveleni. Le portano gli alimenti crudi e lei li cucina, nella sua unica gavetta. La vita di Asia Bibi va avanti così da cinque anni.
Persino i secondini la odiano. A svegliarla di soprassalto è sempre Khalil, che apre la porta della cella per portarle il rancio: Khalil le dà il cibo trattandola peggio di un cane. Un giorno sogghigna e le urla in faccia: “Il tuo angelo custode è appena stato assassinato per colpa tua. Finalmente il tuo adorato governatore, Salman Taseer, quel traditore dei musulmani, è affogato nel suo sangue. Per aver preso le tue difese, è stato ammazzato con venticinque pallottole, a Islamabad. Ce lo siamo tolto dai piedi! Hai tutto l’interesse a startene tranquilla!”. Poi la porta della cella si chiude. I secondini si divertono a tormentarla: “Sta’ attenta! Non perché stai chiusa qua dentro sei al sicuro…”.
Nel suo buco senza aperture sul cielo, Asia Bibi non vede né sente ciò che accade fuori. Da quando è in isolamento, Asia Bibi non esce mai dalla cella e nessuno è autorizzato a entrare per pulirla. Deve farlo da sola. La prigione non le dà nessun prodotto per la pulizia. Nella piccola cella, che misura tre metri per due, accanto al letto c’è quella che i secondini, per deriderla, chiamano la “stanza da bagno”. E’ un tubo dell’acqua che sporge dal muro e un buco nel terreno. Ma il buco non è molto profondo e non va a finire da nessuna parte, e Asia non ha niente per coprire i propri escrementi.
Questa “detenuta speciale” deve arrangiarsi anche con i vestiti, lavandoli da sola. Ma nella sua minuscola cella senza finestre né ventilatore non è possibile asciugarli. Il solo punto in cui Asia Bibi può appenderli è il letto, che è anche il solo posto in cui può sedersi, se non vuole sedersi per terra nella polvere. Durante il giorno, dopo avere ben strizzato la veste, la stende sulla branda, lasciando libero un angolino dove sedersi. Ma la notte è costretta a dormirci sopra, non avendo altri posti in cui appenderla. E siccome nella cella fa sempre freddo e c’è umido, Asia finisce per asciugarsi addosso i vestiti.
Nel carcere ogni giorno Asia Bibi sente “una mistura di disinfettante e grasso bruciato”. Quando la convocano in tribunale i suoi passi echeggiano sul pavimento gelido del corridoio, composto da una ventina di celle per lato. Un intonaco giallastro cade a pezzi sul cemento. E’ come la cripta di un cimitero. Dalle spesse porte giunge spesso come una voce d’oltretomba: “Sei fottuta, Asia, è la tua ora. Stai per morire…”. E’ diventata come una cantilena. A oggi pare impossibile fissare la data del prossimo dibattito della Corte suprema sul caso. Si parla di tre anni d’attesa. E molti sono convinti che la posticipazione del suo caso sia voluta dalle autorità pakistane nel tentativo di sovvertire la giustizia attraverso il decesso prematuro della cristiana. Se verrà riconosciuta innocente e riuscirà a lasciare indenne l’aula di tribunale e il carcere, Asia Bibi non continuerà a vivere in Pakistan. E’ comunque condannata a lasciare la sua terra natia.
Intanto gli islamisti si portano avanti con il lavoro. E’ stata appena alzata la taglia sulla testa di Asia Bibi a cinquanta milioni di rupie (quattrocentomila euro). Il suo avvocato le ha spiegato che molti cristiani accusati di blasfemia non fanno in tempo neppure ad arrivare in giudizio, perché vengono uccisi nella loro cella prima ancora di potersi presentare al processo. Da qui l’esigenza di una taglia. Qualcuno ha paragonato la sorte di questa piccola donna pakistana a quella di Maria Stuarda, la regina inglese condannata a morte perché cattolica in un paese che aveva scelto la fede protestante. Asia Bibi non ha mai ucciso nessuno. Ma per la giustizia del suo paese ha fatto di peggio: si è macchiata di blasfemia.Il crimine dei crimini, l’oltraggio più assoluto. La si accusa di aver parlato male del Profeta. Un’accusa con cui si può togliere di mezzo chiunque, quali che siano il suo credo religioso, il suo status, la sua ricchezza o le sue idee. Il tribunale di Nankana non si è limitato a gettarla in una cella umida e fredda, le ha anche tolto il diritto di vedere i cinque figli.
I delinquenti, gli assassini, gli stupratori sono trattati meglio di chi è accusato d’avere “insultato il Corano” o Maometto. Fra le molte persone uccise a causa di questa legge vi fu un altro Bhatti, il giudice islamico Arif Iqbal Bhatti, che avendo prosciolto due cristiani falsamente accusati di blasfemia venne assassinato da fanatici islamici nel 1996. I due cristiani vennero bruciati vivi davanti all’Alta corte di Lahore dove affrontavano il processo per blasfemia. Il giudice di Asia Bibi è avvertito. Guai ad assolverla! Secondo i media nazionali, dieci milioni di pakistani sarebbero quindi pronti a uccidere Asia Bibi con le proprie mani. Ma qual è la sua vera colpa? Aver bevuto dell’acqua proveniente da un pozzo di alcune donne musulmane usando il loro bicchiere, quando c’erano quaranta gradi di temperatura. Condannata a morte perché aveva sete. Perché ha usato lo stesso bicchiere delle musulmane.
“Sei solo una lurida cristiana” le dicono. “Hai contaminato la nostra acqua. Cagna, lo sai almeno che Gesù è un bastardo, perché non ha un padre legittimo? Maometto sì che aveva un padre che lo ha riconosciuto. Si chiamava Abdullah. Ti dice qualcosa, Abdullah? Gesù è impuro, come te”. Asia commette l’affronto di ribattere: “Non è vero”. Le donne la aggrediscono: “Puoi fare solo una sola: convertirti all’islam per riscattarti dalla tua sozza religione”. Asia fa un profondo respiro per riempirsi i polmoni di coraggio e replica: “Non voglio convertirmi. Io credo nella mia religione e in Gesù Cristo. E perchè dovrei essere io a convertirmi e non voi?”.
Il suo destino è segnato. L’8 novembre 2010, dopo appena cinque minuti di camera di consiglio, la sentenza si abbatte su di lei come un fulmine. Asia Noreen Bibi, ai sensi dell’articolo 295 del codice pakistano, viene condannata alla pena capitale per impiccagione. La folla esulta per il verdetto. Asia scoppia a piangere. Di fianco a lei ci sono due poliziotti visibilmente soddisfatti.
Fuori i manifestanti acclamano il giudice Naveed Iqbal. “A morte, a morte! Allah akbar!”. Nei giorni successivi 50 mila persone a Karachi e in 40 mila a Lahore scendono per strada per brandire un’immagine di Asia Bibi con la corda al collo. Per questa donna minuta e coraggiosa nessuno in Europa è sceso per strada chiedendone la liberazione. Per lei non si scrivono editoriali. E neppure Papa Francesco si è speso troppo.
L’emblema di questa reticenza è nei dodici secondi del faccia a faccia che il Papa ha avuto in piazza San Pietro, il 15 aprile di un anno fa, col marito e la figlia più piccola di Asia. Francesco appena sfiora i due. Benedetto XVI aveva invocato pubblicamente che ad Asia Bibi fosse restituita la vita e la libertà. Adesso su questa regina pakistana vige soltanto un silenzio mortale. Ma lei, come Maria Stuarda, cui nessuno poteva togliere il sangue reale e la religione cattolica, non abiurerà e continuerà a lottare finché avrà respiro, anche se la terranno rinchiusa in quella fossa. La guerra contro i “blasfemi” ha riverberi profondi anche in Europa, dove non si contano più casi di giornalisti, vignettisti e scrittori minacciati di morte per lo stesso “crimine” di Asia Bibi: l’offesa all’islam, vera o presunta. La liberazione e il riscatto in nome della verità di questa madre analfabeta non riguarda soltanto il lontano Pakistan o i suoi derelitti cristiani. Riguarda tutti noi.
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