Il Fertility Day nella rete dei censori anti life Natalità parola tabù: Renzi smentito da se stesso
Che l’Italia, come del resto
l'Europa, sia in debito cronico di nuovi nati per pareggiare e superare
il conto dei decessi è cosa nota. Se Stati come la Danimarca hanno fatto
campagne promozionali per invitare i concittadini “a fare l’amore”
significa che il tema demografico e della denatalità inizia a diventare
materia non solo per sociologi bigotti, ma anche dei governi. In Italia
però non c’è ancora la maturità per poterne parlare serenamente e
soprattutto fattivamente. Lo dimostra il corto circuito mediatico sul Fertility Day
che si svolgerà il 22 settembre in molti comuni italiani. L’iniziativa,
voluta dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin è stata fatta in
accordo con l’Anci, l’unione dei comuni italiani ed è volta a dare una
corretta informazione tanto sulle tecniche di cura dell’infertilità,
maschile e femminile, quanto sulla necessità di ascoltare l’orologio
biologico della donna, che non aspetta.
Apriti cielo. Il primo a tuonare contro l’iniziativa della Lorenzin
è stato lo scrittore Roberto Saviano, il quale, dopo essere diventato
autore di successo con il filone dell’antimafia è adesso impegnato nella
sfida di moralizzare il Paese. Va da sé che Saviano, il quale incarna
perfettamente il cliché del miglior intellò di sinistra, sia diventato
il primo consigliere mediatico della grande stampa. Capace di dettare le
agende e i tempi al governo di Matteo Renzi.
I fatti sono molto semplici. Il
Ministero mercoledì ha diffuso un comunicato stampa in cui illustrava le
caratteristiche del primo Fertility Day. Due sono gli obiettivi:
affrontare il tema dell’infertilità dal punto di vista della salute e
dunque dei soldi dei cittadini, visto che il curarla grava sulle nostre
tasche e, non meno importante, far riflettere sul tema della denatalità,
argomento tabù che più tabù non si può e che questo governo, grazie
alla Lorenzin, ha per la prima volta sdoganato.
Per pubblicizzare gli eventi che si terranno sparsi
qua e là nei comuni con esperti di tutti i tipi, si va dalla
fecondazione assistita ai metodi naturali, la Lorenzin ha licenziato una
campagna comunicativa che potesse fare presa. Ovviamente i bigotti del
benpensare si sono concentrati sulle immagini. In una c’è una donna che,
tenendo in mano una clessidra e toccandosi il ventre dice: “La bellezza
non ha età. La fertilità sì”; in un altro c’è un rubinetto che
sgocciola e la scritta: “la fertilità è un bene comune” alludendo al
tema dell’acqua come bene comune. E ancora: “Datti una mossa, non
aspettare la cicogna”, “Genitori giovani, il modo migliore per essere
creativi” e così via. Il messaggio veicolato sottotraccia? Fate figli da
giovani e ricordatevi che la fecondazione assistita è soltanto un
ultimo passaggio, non per tutti e non sicuro. Insomma: prima di
ricorrervi sappiate che la scienza medica ha fatto passi da gigante
nello studio e nella cura dei problemi derivanti da infertilità.
Il giorno dopo la polemica era già sul braciere. Il Giornale
ha titolato con un “Renzi vuole più figli per la Patria”. Gli altri
sono andati a ruota. Ma a tenere banco, come fosse un aruspice è lo
scrittore di Gomorra: “Il #fertilityday è un insulto a tutti - scrive - a
chi non riesce a procreare e a chi vorrebbe ma non ha lavoro. E il 22
mi rovinerà il compleanno”. Da Saviano in giù la rete si è scatenata
accusando il ministro di voler tornare ai tempi del Ventennio, di non
avere pietà di chi non riesce ad avere figli e via andare.
Non poteva mancare il premier Renzi,
che sensibile com’è agli umori della rete, non ha avuto altro di meglio
da dire, nel corso di un’intervista su Rtl che “non sapevo niente della
campagna del Ministero, non l'avevo vista, avevo problemi più
importanti da seguire. Certo non conosco nemmeno un amico che fa un
figlio perché ha visto un cartellone, se vuoi creare una società che
scommette sul futuro devi creare le condizioni strutturali, gli asili
nido, i servizi, creare lavoro. Nei paesi dove si fanno figli non credo
che sia per effetto di una campagna”.
Ma le cose stanno così? Ovviamente no.
Anzitutto perché quello che dice Renzi è falso. Attribuire
l'insufficiente natalità a problemi economici è una leggenda nera. Tutti
i paesi europei sono abbondantemente al di sotto del tasso di
sostituzione che è di 2.1 figli a coppia. Compresa la Germania, paese
notoriamente più ricco del nostro dove il tasso è addirittura più basso
di quello italiano. Ma a qualcuno giova far credere alla favola del
mancato figlio per precarietà. Quel che non si vuole vedere è che non si
fanno figli perché non c’è più fiducia nella vita e nella relazione
stabile di amore reciproco. E’ questo il cuore del problema, che però il
ministro non ha potuto evidenziare.
La campagna infatti nasce come conseguenza di un documento di 137 pagine chiamato Piano nazionale per la fertilità elaborato
dal Ministero dopo un anno di lavoro attorno a un tavolo che ha visto
confrontarsi esponenti di mondi eterogenei: ginecologi, andrologi,
psicologi e ancora difensori della procreazione medicalmente assistita e
sostenitori dei metodi naturali e di una visione ancora cristiana della
maternità e della paternità.
Il lavoro è stato duro e pieno di scontri,
ma alla fine ne è uscito un documento che, al di là di alcuni passaggi
discutibili, come appunto la difesa giustificata del preservativo o il
ricorso alla Fivet, però come extrema ratio, si stabilisce un
concetto: la fertilità è un bene da promuovere. Così come si sancisce
che per la prima volta un governo prende atto del problema demografico
come urgente.
Il documento parte proprio da lì facendo vedere con un grafico
di Eurostat come nessun paese europeo, neanche la Svezia abbia tassi di
natalità accettabili a garantire un ricambio. Eppure in quei paesi il
tenore di vita non è certo misero.
A fronte di questa inversione di rotta rispetto al trend
ideologico che ha prediletto sempre per le politiche di informazione
sessuale la diffusione del preservativo, degli anticoncezionali e
dell’aborto, il documento ribadisce due criteri fondamentali: la
maternità ha un prestigio che va difeso e che i figli vadano fatti da
giovani. Concetto che, quando venne presentato, lodò anche Repubblica. Ma si vede che non avevano ancora sentito Saviano.
Successivamente a questo tavolo il Ministero
ha pensato a come veicolare il libretto di 137 pagine ovviamente per
addetti ai lavori. E ha trovato diverse iniziative, una di queste è
l’istituzione del Fertility Day. La Lorenzin così il 26 luglio ha
portato in Consiglio dei Ministri la cosa e il presidente del Consiglio
dei Ministri, altrimenti detto Renzi, ha firmato un decreto con il quale
ha istituito ogni 22 settembre che Iddio manda in terra la Giornata
della fertilità. Giornata tra l’altro suggerita dall’articolo 2 della
Legge 40, articolo questo ancora non cassato dalla Corte Costituzionale.
Evidentemente neanche Renzi aveva ancora sentito Saviano. Non si spiega come mai, senza temere di essere sbugiardato, abbia detto a Rtl
non solo che non ha visto la campagna, e questo può starci, ma che non è
nemmeno informato della campagna stessa. Cosa falsa, dato che l’ha
firmata non più tardi di un mese fa. Ma ovviamente nel suo entourage
questo nessuno glielo farà notare. Anche perché adesso graverà tutto
sulle spalle della Lorenzin il compito di difendere la Giornata perché
non sia un flop e non si arrivi a boicottarla. Conoscendo gli
orientamenti della maggior parte dei comuni italiani non è escluso.
Ora il rischio potrebbe essere quello di vanificare il tutto
concentrandosi solo sulla fecondazione medicalmente assistita, che è
pratica di grandi business e molti interessi e non risolve il problema
dell'infertilità che quando non irreversibile è derivante da patologie o
da comportamenti di vita erronei che la Fivet non può guarire. Ma è
pratica che deve essere spinta a più non posso. Non sia mai che curando
la sterilità non si incrini il business...
Insomma: un polverone abilmente orchestrato
dai giornali su cui anche Renzi sembra voler soffiare. Il che la dice
lunga sull’iniziativa della Lorenzin, in aperta controtendenza con gli
standard a cui questo governo ci ha abituato: tra matrimoni gay,
adozioni tramite fivet e altre tematiche anti vita e anti famiglia,
qualcuno si era quasi illuso che il Governo avesse volto affrontare un
problema serio, non solo sanitario, ma culturale e sociale destinato ad
incidere nell’economia reale del Paese e nel suo futuro. Un problema che
va preso di petto in prospettiva senza avere la smania di vedere oggi
risultati che si vedranno tra 30 anni: quello della denatalità. Ma a
raffreddare gli animi ci ha pensato lo stesso Renzi quando ha detto che
in questi giorni ha avuto ben altri problemi più gravi cui pensare.
Chissà se si riferiva al terremoto o all’incontro con il guru di
Facebook Marc Zuckerberg?
02-09-2016Saviano e il Fertility Day
di Camillo Langone
| 02 Settembre 2016
Roberto Saviano (foto LaPresse)
Non solo fertiliy day: le donne sono arrabbiate e hanno ragione a esserlo
Vignetta Vincino, Il Foglio
di Flavia Perina, Linkiesta1 Settembre 2016
Viene quasi da solidarizzare con la povera ministra Beatrice Lorenzin, sommersa dalle critiche e dagli insulti per questa campagna del Fertility Day alla quale, ipotizziamo, si sarà limitata a dare un'occhiata distratta dicendo: «Va benissimo, mi fido, mettete in rete», senza neanche immaginare il disastro combinato da copywriter e creativi in un associazione di testo e immagini più ridicola che scandalosa: basti pensare che il primo slogan riguardava «Le dimensioni che non contano» e metteva in guardia contro «la sindrome da spogliatoio o da Pollicino», immagino per rassicurare uomini scarsamente dotati o le loro compagne.
Lo scorso 7 maggio si era celebrata un'analoga Giornata (la prima in Italia: resta misterioso perché se ne sia indetta una seconda così vicina) e nessuno ci aveva fatto caso più di tanto: consisteva in una campagna di sensibilizzazione rivolta a medici e altri operatori riguardo alla lotta all'infertilità. Ordinaria routine insomma, che non aveva suscitato alcuna curiosità specifica né sui media né in Rete. Ma è bastato associare a quelle informazioni alcuni slogan pasticciati destinati al grande pubblico – «La bellezza è per sempre, la fertilità no»; «I giorni fertili: quando farlo?» – che davano l'idea di prescrizioni ministeriali su sesso, maternità e dintorni, per scatenare un ovvio putiferio. Risultato. Pagina bloccata. Lorenzin messa in croce. Fertility Day equiparato alle campagne del Ventennio per dare “figli alla Patria”.
È una vicenda che rivela i nervi scoperti delle donne italiane e la necessità di usare le molle ogni volta che si attraversa la sfera del loro privato, messo alla prova molto duramente in quest'epoca di disagio. La si può raccontare come si vuole, ma sono le donne che hanno sorretto la gran parte del peso della crisi con le loro pensioni (cinque anni di lavoro o di disoccupazione in più non sono uno scherzo), con il welfare domestico garantito a infanti e anziani, con i salti mortali per tappare i buchi di un marito o un compagno disoccupato, sottoccupato, precario, e spesso sistematicamente depresso. Andare a fargli l'elogio della fertilità come «bene comune» è una cosa da matti. Dirgli che «il modo migliore di essere creativi» è diventare «genitori giovani» fa arrabbiare anche i settantenni, che quei possibili «genitori giovani» li mantengono spizzicando la pensione e ci mancano solo i nipotini neonati per andare definitivamente alla deriva. Più in là e più oltre, da mezzo secolo si è socialmente stabilito che come, quando, dove e perché procreare è affare delle singole donne e non dello Stato o di chiunque altro (famiglie, mariti, datori di lavoro): dare l'idea di un'inversione di tendenza attraverso “pubbliche avvertenze” in tema di fertilità è un grave scivolone culturale, anche se l'intenzione non era questa.
Se si potesse dare un consiglio alle signore del governo, il governo “più rosa della storia”, dal quale le donne si aspettavano moltissimo, si vorrebbe dir loro: lasciate stare i temi che attraversano il terreno minato delle felicità o infelicità individuali, il grumo delle emozioni spesso sofferenti legate alla scelta della maternità, o alla sua rinuncia, alla fatica di diventare madri e poi esserlo, o di scegliere la non-maternità e sopportare lo stigma della “infertile”, che ci sono dentro sentimenti esplosivi, non controllabili, e una rabbia accumulata da molto tempo. Occupatevi piuttosto di quel che ci gira intorno – i reparti ospedalieri, gli asili, il lavoro, gli sconti Isee, i centri antiviolenza – e quindi della vostra sfera di elezione, il pubblico, che fa acqua da tutte le parti. Campagne sulla fertilità molto belle sono state fatte nel Nord Europa, in Australia e negli Usa, con grande successo. Ma in Italia non si possono fare. In Italia le donne sono troppo arrabbiate per sopportare “istruzioni per l'uso” del loro corpo e delle loro vite. Da noi non c'è pubblicitario, per quanto eccellente, che potrebbe rendere amichevoli e popolari suggerimenti di governo sul modo migliore di restare incinta, che tra l'altro, per dirla tutta, lo sappiamo da sole che a venticinque anni è meglio che a quaranta...
http://www.simofin.com/simofin/index.php/italia/11127-non-solo-fertiliy-day
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