ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 30 settembre 2016

Cucina argentina

COME VUOLE LA BISTECCA

 Come la desidera signore? Ben cotta o al sangue? Gastronomia e marketing del teologo-cameriere. Il teologo-cameriere sta operando una trasmutazione del cattolicesimo: da religione della Trinità a culto dell’uomo 
di Francesco Lamendola  
  

Come la desidera, signore? Ben cotta, o al sangue?, domanda premuroso il cameriere, dopo che il cliente ha ordinato, come secondo piatto, una bistecca svizzera.
Fa il suo mestiere; e lo fa bene. Bisogna sforzarsi di far contento il cliente, specie in questi tempi di crisi; un cliente soddisfatto, è un cliente che paga senza discutere e che ritornerà alla prossima occasione.
Oggi, però, questo stile, diciamo così, di marketing, è passato dai camerieri ai teologi: Che genere di Dio le piace di più, signore? Come lo preferisce: misericordioso, vero? Qui, infatti, si va sul sicuro: chi, potendo scegliersi un dio, lo vorrebbe troppo severo, troppo esigente, o anche solamente - diciamo la verità - giusto? Nessuno, tranne un masochista.
E come vorrebbe la vita eterna, signore? Paradiso per tutti e niente Inferno, vero? 
E anche qui, senza ombra di dubbio, si va sul terreno sicuro: a chi piacerebbe l'idea dell'Inferno, l'idea della dannazione eterna? E a chi piacerebbe l'idea che, se la dannazione esiste, potrebbe essere il destino riservato proprio a lui, a lui personalmente, in conseguenza dei suoi peccati? E allora - è molto semplice, dopotutto - via l'Inferno: ci si tira un rigo sopra. Il teologo-cameriere ha questa funzione: esaudire le richieste del cliente, anzi, se possibile, prevenire addirittura i suoi desideri più segreti, quelli che forse non osa confessare.
Tuttavia, un dubbio potrebbe sorgere, nella mente di qualche cliente insolitamente scrupoloso, insolitamente onesto: se l'uomo possiede il bene del libero arbitrio, è semplicemente giusto che esistano sia il premio per i buon, che il castigo per i malvagi, cioè per coloro che scientemente, deliberatamente, ostinatamente, hanno rifiutato il bene. E allora cosa fa, il bravo e solerte teologo-cameriere? Affronta il problema alla radice, tagliando il nodo del peccato. Che cos'è il peccato, se non la trasgressione della legge divina, che è la legge del bene e dell'amore? Tuttavia, se si toglie il peccato, si tolgono anche i presupposti, logici e morali, del castigo eterno.
No, caro signore, stia tranquillo: nel nostro ristorante abbiamo solo vivande di prima qualità; abbiamo solo cose buone e nessuna cosa cattiva. Non troverà ombra di peccato, nel nostro ristorante: si rassicuri. Ed ecco che il nostro baldo teologo-cameriere, con un solo colpo, bene assestato, di bacchetta magica, fa sparire, come per incanto, le ombre minacciose dell'Inferno, e le sostituisce con un giardino ridente e con una eterna primavera, un vero e proprio locus amoenus da fare invidia a Teocrito e a Virgilio, anzi, da fare invidia all'autore del Libro della genesi, là dove descrive il Paradiso terrestre, così come si presentava ad Adamo ed Eva prima che commettessero il Peccato originale.
Niente peccato, quindi, e, a maggior ragione, nessun Peccato originale; niente dannazione, niente Inferno, ma solo Paradiso: dunque, niente Giudizio, né individuale, né universale; e niente Giustizia divina, ma solo Bontà divina, vale a dire, solo Buonismo divino. Un buonismo all'ingrosso, generalizzato, indiscriminato: un buonismo che scusa tutto, che giustifica tutto, che assolve tutti, con o senza pentimento; che cos'è il pentimento, dopo tutto? Una mera formalità, un dettaglio di cui la Misericordia divina può anche fare a meno. Dio, infatti, è così buono (buonista), che non respinge nessuno, ma proprio nessuno. E siccome sarebbe uno sproposito troppo grosso, perfino per siffatti teologi-camerieri, affermare che Dio perdona anche il peccatore impenitente, che accoglie anche colui che non vuol essere accolto (perché, in tal caso, annullerebbe il bene impareggiabile della libertà umana, annullando l'opera delle Sue stesse mani), è molto più semplice e "pulito" azzerare l'idea stessa di peccato. Così, necessariamente, se non c'è più il peccato, non ci sono neppure i peccatori; e, se non ci sono i peccatori (ma, tutt'al più, delle povere pecorelle traviate, che hanno commesso degli errori, sì, ma pur sempre in buona fede), è logico che non vi sia neanche l'Inferno.
Tuttavia - una menzogna ne chiama un'altra; uno sproposito chiama un altro sproposito; e una ipocrisia chiama una ulteriore ipocrisia - se non c'è l'Inferno, non ci sarà neanche il Giudizio; e se non ci sarà il Giudizio, non ci sarà nemmeno l'oggetto del Giudizio, ossia la distinzione del Bene e del Male. Dunque, bisogna abolire anche l'idea del Bene e del Male; cioè, bisogna abolire l'etica. E una volta abolita l'etica, che cosa rimane, se non il naturalismo assoluto, che è appunto, guarda caso, la felice condizione di Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre? Ora, è pur vero che il naturalismo è incompatibile con il cristianesimo, così come il ghiaccio è incompatibile con il fuoco: o ci sarà l'uno, o ci sarà l'altro. Ma il teologo-cameriere non è tipo da turbarsi o da scoraggiarsi per così poco; la sua faccia di bronzo è a prova di bomba, il suo sorriso di pretta marca New Age non si scompone mai, neanche davanti alle bestemmie più clamorose; ci vorrebbe ben altro, per mandare in crisi un simile individuo, la cui norma fondamentale - che egli non perde mai di vista, così come il timoniere non perde mai d'occhio l'ago della bussola - è, e rimane sempre, a dispetto di tutto, l'aurea massima di tutti i camerieri di questo mondo: il cliente ha sempre ragione; bisogna far di tutto perché sia soddisfatto. 
E allora, avanti senza paura, per l'audace strada che ha intrapreso, nell'interesse del suo pubblico (pagante), dei lettori dei suoi libri, e per non deludere l'audience televisiva, nelle sue frequenti apparizioni sul piccolo schermo, donde ha la possibilità di somministrare, in formato-famiglia, tutti gli spropositi più bestiali e tutte le eresie più inverosimili, a dispetto delle sue origini cattoliche e del fatto che, sovente, ha studiato in seminario, si è fatto conoscere all'ombra dei preti o di qualche vescovo "progressista" e neo-modernista, quando non è un prete addirittura, o magari un vescovo, o un cardinale. Rimosso ogni residuo, eventuale scrupolo, e lanciato ormai al galoppo, anzi, a briglia sciolta, giù per la china dell'apostasia totale, il teologo-cameriere non si farà scrupolo di sciogliere l'ultimo nodo e di insinuare, dapprima, con tono mellifluo, poi, di dire con più convinzione, infine di mettere per iscritto, magari con la piena approvazione della grande stampa cattolica e, magari, della stessa gerarchia vaticana, che il cristianesimo, in fondo, non è che una forma di naturalismo e di antropocentrismo, perché mette al centro del proprio discorso la natura e l'uomo, i bisogni dell'uomo, la ricerca della felicità da parte dell'uomo.
Questo, poi, è lo sproposito più grosso di tutti: dire che Dio, in fondo, altro non vuole per noi, altro non desidera, altro non ci riserva, che la felicità in questa vita. Pure, alcuni teologi-camerieri hanno compiuto anche quest'ultimo passo e non si sono vergognati di affermare questo concetto: che Dio ci vuole felici, ma felici secondo il mondo, secondo la carne (questo, magari, lo hanno lasciato implicito, e tuttavia chiarissimo) e non secondo la vita divina. Ma è il "giusto" e naturale coronamento di tutti gli altri spropositi e di tutte le altre eresie e bestemmie: altrimenti, come si potrebbero giustificare tutti i vizi che il "credente" moderno vuol conservare impunemente, senza doverne pagare il prezzo? Come giustificare il divorzio, l'aborto, l'eutanasia, le unioni di fatto, i matrimoni omosessuali, se non ricorrendo al zuccheroso, ma suggestivo argomento, che Dio ci vuole felici e che non desidera, per noi, null'altro che la felicità? Strano: avevamo capito, leggendo il Vangelo, che Gesù non ci ha promesso la felicità in questa vita, ma, semmai, la croce; e che il Suo desiderio non è che noi "siamo felici", ma che noi cerchiamo la Verità, praticando il Bene, anche a costo di affrontare tribolazioni e persecuzioni.
Niente paura: anche per questo c'è un rimedio, vi dirà, sollecito, il teologo-cameriere. Prendiamo la questione di petto, senza complessi, senza soggezione alcuna, e domandiamoci: ma chi è Gesù, in fondo? Che Gesù sia il Cristo, che Egli sia il Figlio di Dio, e Dio Lui stesso, la seconda Persona della santissima Trinità, è cosa che il teologo-cameriere preferisce lasciare sullo sfondo; sulla quale preferisce sorvolare: troppo impegnativa, troppo categorica, troppo "compromettente". Espertissimo delle espressioni a significato multiplo, maestro dell’ambiguità calcolata, del qui lo dico e qui lo nego, del navigare a pelo d’acqua destreggiandosi fra secche e rocce sommerse, il teologo-cameriere evita sempre d’impegnarsi a fondo, di compromettersi con asserzioni univoche, di tagliarsi le vie della possibile ritirata. Il suo grande modello è quel Martin Heidegger, sedicente maestro del pensiero moderno, il quale, pur essendo cattolico, mai una volta si degnò si spiegare, in maniera chiara ed esplicita, se l’Essere di cui parlava, l’Essere intorno al quale ruota tutta la sua filosofia, è, o non è, Dio: non diciamo il Dio del cristianesimo, ma, almeno, e comunque, Dio. Nossignori: Heidegger evitò sempre di lasciarsi “intrappolare” in una affermazione così recisa ed univoca: lasciò intendere che l’Essere è Dio, sì, ma, al tempo stesso, che non lo è; che lo è per certi aspetti e sotto certi riguardi, ma non per altri: e via temporeggiando, chiacchierando e tergiversando. Il teologo-cameriere, infatti, si domanda sempre: Che cosa può mettere a suo agio il mio cliente? In questo caso, ciò che può metterlo maggiormente a suo agio è parlare di Gesù come di uno di noi, come un uomo, come un compagno di strada, un po' più saggio, certo, un po' più evoluto, un po' più perfetto, ma insomma, come di un essere umano. Oh, quanto insistono, i teologi-camerieri, su questo punto: Gesù è uno di noi; prendiamo esempio da Lui. Ma come si può prendere esempio da Lui, se lo si considera solo nella sua natura umana, e non in quella divina? Ecco: questo è un classico esempio della disonestà intellettuale e della suprema ipocrisia del teologo-cameriere: egli non dice menzogne; dice delle mezze verità. Parla della natura umana di Gesù, della sua fragilità, delle sue tentazioni; sorvola bellamente sulla sua natura divina, e quindi, per forza di cose, sia sui miracoli, sia sulla Resurrezione ed Ascensione.
Certo: tolta la divinità di Cristo e tolta la Resurrezione, che cosa resta? Un cristianesimo che non è più tale; una serie di apologhi e di parabole edificanti; una dottrina spirituale (fra le tante); però il cristianesimo, come tale, è sparito: liquefatto, evaporato, dissolto. Ma che importa? In fondo, non è a questo che miravano i teologi-progressisti, per statuto e per necessità, non per accidente? Una volta posto il principio che bisogna accontentare il cliente, e che il cliente ha sempre ragione, non bisogna meravigliarsi troppo, né, tanto meno, scandalizzarsi, per le logiche conclusioni che ne derivano: la distruzione del cristianesimo, ma senza la franchezza e l'onestà di dichiararlo apertamente; e la sostituzione, al posto del suo cadavere, di una "religione" nuova, naturalista e antropocentrica (la cosa è partita da lontano: si ricordi la tanto strombazzata "svolta antropologica" del Concilio Vaticano II!), di timbro vagamente New Age, permissiva, buonista, zuccherosa, "misericordiosa", relativista e, in definitiva, indifferentista. Non importa quale Dio si adori; l'importante è che si adori un dio; e non importa se quel dio è solo una proiezione e una  maschera dei nostri egoismi e delle nostre passioni, nonché del nostro bisogno di auto-giustificazione nell'ingiustizia e nell'iniquità: l'importante è che rimanga in piedi la facciata di una "religione" purchessia. Venghino, signori, avanti: c'è posto per tutti: cristiani, maomettani, giudei, buddisti, confuciani, taoisti, scintoisti, eccetera, eccetera. Tutti insieme appassionatamente, come nelle marce, nei raduni e nelle veglie di Assisi (povero san Francesco, chissà cosa penserebbe di queste ammucchiate, lui che andò fino in Egitto non per “dialogare” col Sultano islamico, ma per cercare di convertirlo alla fede in Cristo!).
Riassumendo. Il teologo-cameriere sta operando silenziosamente, abilmente (si fa per dire), una trasmutazione del cattolicesimo: da religione della Trinità a culto dell’uomo; da redenzione di Cristo ad auto-promozione dell’uomo; da libera scelta fra il bene e il male, ad accettazione entusiastica di tutto l’esistente, al di là del bene e del male; da fede in Cristo risorto a racconto su Gesù uomo; da ricerca della Verità e della vita eterna, a ricerca della felicità nella vita presente. Una bella trasmutazione, non c’è che dire: al punto che, alla fine dell’opera – se quest’opera scellerata dovesse mai giungere al termine – il cattolicesimo sarà divenuto non solo irriconoscibile, ma avrà cessato di esistere, e, al suo posto, non resterà che un cadavere, inerte e in via di rapida decomposizione. Pure, noi crediamo che quel momento non sia poi così vicino come i tanti, troppi teologi (e vescovi, e cardinali, e preti e suore) camerieri, pensano e credono. Gesù in prima persona ha promesso che le porte degli Inferi non prevarranno sulla sua Chiesa, e che Egli sarà insieme ai suoi seguaci, fino all’ultimo giorno. E la promessa di Gesù vale infinitamente di più che un milione di sofismi di codesti teologi in giacca bianca, sempre pronti ad ossequiare i gusti del mondo. Eppure, lo fanno per interpretare il vero Vangelo, dicono! Davvero, non hanno vergogna di nulla…

Come la desidera, signore? Ben cotta, o al sangue? Gastronomia e marketing del teologo-cameriere

di Francesco Lamendola

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