ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 16 ottobre 2016

E chi era, allora, costui?

MAI UN UOMO HA PARLATO COSI'

Abbiamo bisogno di parole divine portatrici di vita. Il mistero del Vangelo e della fede sono tutti qui: nel prendere sul serio queste semplici parole pronunciate da persone che erano ostili a Gesù: Mai un uomo ha parlato così! 
di Francesco Lamendola  


Mai un uomo ha parlato così!, dissero le guardie del Tempio di Gerusalemme, che, mandate ad arrestare Gesù mentre predicava in mezzo alla folla, erano rientrate a mani vuote, per giustificare il fatto di non avere eseguito fedelmente gli ordini e di essere tornate senza portare con sé, legato, il prigioniero.
Forse volevano giustificarsi di aver avuto paura di arrestarlo in mezzo al popolo, perché Gesù aveva parecchi seguaci, e, finora, nessuno era riuscito a strappargli di bocca una affermazione apertamente blasfema, pur avendolo tentato con infinite malizie, onde avere il pretesto per catturarlo e tradurlo davanti al Sinedrio. Chi può dirlo? O forse era successo davvero così: che, avendolo udito parlare, ne erano rimaste in qualche modo affascinate, o, quanto meno, turbate e confuse. I sacerdoti e i farisei avevano assicurato che arrestarlo significava compiere un’opera giusta davanti a Dio, perché quel falso profeta stava pericolosamente ingannando la gente con discorsi seducenti, ma menzogneri e temerari, e, oltre tutto, politicamente rischiosi, tali che avrebbero potuto mettere in pericolo la nazione, qualora i Romani se ne fossero sentiti minacciati.
E invece, non avevano udito affatto, da Lui, discorsi di tal genere; non solo, ma quel Gesù non pareva come un falso profeta: parlava con autorità, come uno che sa bene quello che dice, e che lo mette in pratica nella propria vita. In altre parole: non parlava come gli scribi e i farisei, che si riempivano la bocca di grandi discorsi e invocavano continuamente la Legge per proclamarsi giusti davanti a Dio; e poi, invece, si comportavano in maniera completamente diversa nella vita di tutti i giorni, dimostrandosi avidi, prepotenti, superbi, bugiardi e ipocriti.
Mai un uomo ha parlato così!
Questa frase, pronunciata fra lo stupito e l’ammirato, provocò la furia dei farisei e dei capi dei sacerdoti, che la ricevettero come se fosse stata uno schiaffo in pieno viso; e ciò non fece che accrescere il loro malumore e la loro acredine nei confronti di Gesù, tingendosi di gelosia e d’invidia: perché, dunque, quell’uomo si faceva ascoltare e rispettare fino al punto che le guardie, mandate per arrestarlo, erano tornate indietro sconcertate, senza averlo toccato con un dito? Chi era, insomma, e che cosa aveva di tanto speciale, che essi non avevano? Perché invece loro, che conoscevano la Legge a memoria e la osservavano scrupolosamente, e che da anni insegnavano alla gente, nessuno li aveva mai guardati a quel modo, nessuno aveva usato, per loro, delle espressioni così iperboliche?
Mai un uomo ha parlato così!
E chi era, allora, costui: era davvero quel che diceva di essere? Ma chi diceva di essere, infine? Un profeta, un inviato del Signore, il Messia tanto atteso? Eppure, tutti sapevano che veniva dalla Galilea, una regione che i pii Giudei consideravano quasi mezzo pagana, perché in parte ellenizzata; mentre le Scritture dicevano chiaramente che il Messia sarebbe venuto dalla stirpe di Davide e dal cuore della Giudea. Precisamente, le Scritture – attraverso il Libro di Michea (5, 1) - parlavano della cittadina di Betlemme: Ma da te, o Betlemme, Efrata, piccola per essere tra le migliaia di Giuda, da te mi uscirà colui che sarà dominatore di Israele, le cui origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni.
Poco dopo, del resto, Gesù, sempre parlando con gli scribi ed i capi dei sacerdoti, avrebbe lasciato cadere l’ultimo velo sulla natura della sua missione, e sulla sua stessa natura, lasciandoli senza fiato, quando si vantarono di essere stipe di Abramo e di non riconoscere in Lui un inviato divino, facendo la dichiarazione sconvolgente, inaudita: In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono(Giovanni, 8, 58). Non soltanto Egli parlava con autorità; ma rivendicava di essere, Lui stesso, l’autorità; di derivare la sua missione dal Padre divino, presentandosi come il perfetto esecutore del suo volere.
Leggiamo nel Vangelo di Giovanni (7, 37-53):

Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: “Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: ‘Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva’ “. Questo egli disse  dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui; infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato.
All’udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: “Costui è davvero il profeta!”. Altri dicevano: “Costui è il Cristo!”. Altri invece dicevano: “Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: ‘Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo’?”. E tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui. Alcuni volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui.
Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: “Perché non lo avete condotto qui?”. Risposero le guardie: “Mai un uomo ha parlato così!”. Ma i farisei replicarono loro: “Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei?Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!”. Allora Nicodemo, che era andato precedentemente da Gesù, ed era uno di loro, disse: “La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?”. Gli risposero: Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!”. E ciascuno tornò a casa sua.

Il mistero del Vangelo, il mistero della fede, la scommessa della fede, anche, se si vuole, sono tutti qui: nel prendere sul serio, estremamente sul serio, queste semplici parole, pronunciate oltretutto da persone che erano ostili a Gesù, e che avevano avuto l’ordine di mettergli le mani addosso e di tradurlo in arresto: Mai un uomo ha parlato così! Prenderle sul serio, significa prenderle alla lettera, e non in senso metaforico: nessun uomo ha mai parlato a quel modo, con quelle parole, con quella voce, con quella luce nello sguardo, perché Gesù non era semplicemente un uomo, ma era il Verbo incarnato: Dio fattosi uomo e venuto in mezzo agli uomini. Una cosa pressoché inimmaginabile: e, infatti, il mistero dell’Incarnazione - così come l’altro grande mistero del cristianesimo, l’unità e la trinità di Dio – non può, in alcun modo, essere penetrato dalla ragione umana. Questo non significa che sia irragionevole, ma, semplicemente, che appartiene ad un ordine di verità che la mente umana non possiede gli strumenti per comprendere: così come gli occhi della talpa non sono capaci di levarsi verso il sole ed afferrare, in un unico sguardo, tutta la vastità di un grandioso paesaggio di boschi, di montagne e di ghiacciai.
Le parole di Gesù lasciano un’impressione fortissima, sconvolgente, su coloro che le ascoltano; il Vangelo è pieno di testimonianze in tal senso. Alcune, come quella relativa al centurione romano, sono particolarmente significative, appunto perché non provengono da personaggi della sua cerchia, non provengono da individui del suo milieu culturale: Signore, io non sono degno che tu entri nella mia casa; ma di’ soltanto una parola, e il mio servo sarà guarito. Nelle parole di Gesù risuona un accento nuovo; da esse si sprigiona una forza nuova, suggestiva, infinitamente affascinante, che i suoi contemporanei sperimentano in prima persona (Non è forse vero che ci sentivamo ardere il cuore nel petto, mentre egli parlava con noi?, si domandano i discepoli di Emmaus), ma che giunge, attraverso la distanza del tempo e dello spazio, fino a noi, oggi, in qualunque angolo del mondo, a qualunque condizione sociale o culturale si appartenga. Se davvero sei venuto quaggiù, Signore, fra di noi; se ti sei incarnato in mezzo agli uomini, allora che Tu sia benedetto per sempre!, esclama il soldato Tamura, smarrito nelle giungle delle Filippine, al termine della Seconda guerra mondiale, nel romanzo dello scrittore giapponese Shōhei Ōoka, Nobi (Fuochi nella pianura; ma tradotto in italiano con il titolo La guerra del soldato Tamura).
Del resto, la parola di Gesù non può che avere un accento sovrumano, perché è una Parola divina; e Gesù stesso è Parola, Parola divina incarnata, Verbo che si è fatto carne per vivere in mezzo agli uomini e condividere la loro stessa condizione, sino in fondo: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. In greco, Logos è sia il pensiero che la parola, il discorso; dunque, Dio è il Discorso rivolto da Dio agli uomini, anzi, è Dio che si fa Parola per discorrere con gli uomini, per poter parlare nella loro stessa lingua, così da farsi intendere secondo la loro mente e il loro modo di pensare e di sentire. Però, pur esprimendosi in un linguaggio umano, Gesù è la Parola di Dio e il Pensiero di Dio; dunque, nelle sue parole si intuisce un qualcosa che non può essere espresso interamente per mezzo delle parole stesse, un qualcosa d’altro, che rimane inespresso, e rispetto al quale, tuttavia, qualunque discorso umano, anche il più elaborato, anche il più profondo, anche il più veritiero, è pur sempre come un’ombra rispetto alle cose, come un balbettio rispetto a una meravigliosa orazione, o come un suono debole e confuso, appena percettibile, rispetto ad una musica sublime e perfetta, dall’armonia struggente.
Mai un uomo ha parlato così!
Eppure, nella storia, quante volte qualcuno - talvolta delle intere folle, talvolta addirittura dei popoli e delle alleanze di popoli - ha creduto di riconoscere, nelle parole di questo o di quel personaggio, un accento sovrumano: e invece erano solo parole umane, umanissime: portatrici di verità, di bene e di vita, quando si sono fatte messaggio di una verità che trascendeva la loro misura, quando sono state dette da uomini che si erano svuotati del loro ego e che si erano resi docilissimi strumenti nelle mani della Verità divina; parole, al contrario, di menzogna, di disinganno e di morte, tutte le volte che hanno preteso di avere, in quanto parole umane, un significato assoluto, auto-evidente. La parola umana chiusa in se stessa, e che pretende di essere sufficiente a se stessa, è l’Inferno; per essere parola di vita, la parola umana deve farsi tersa e trasparente come un cristallo, come un torrente di montagna presso la sorgente, e lasciarsi attraversare dai raggi luminosi della Verità divina, che la vivificano e ne garantiscono la fedeltà. Il problema, pertanto, è quello del discernimento, di come arrivare a distinguere le parole di vita dalle parole di morte; di come riconoscere il loro grado di partecipazione all’Essere, il loro farsi strumento della Verità divina, oppure la loro adesione al livello esclusivamente umano dell’esistenza, dominato dalle leggi della brama e della paura, dove ben raramente si affaccia un raggio di sole a rischiarare la triste, monotona vicenda della guerra di ciascun io contro tutti gli altri.
Qualsiasi parola umana che pretenda di avere in se stessa il criterio della verità assoluta, e di saper condurre alla scoperta della verità assoluta, non può essere che impostura ed inganno. Esistono dei grandi, abilissimi illusionisti, i quali sanno trascinare gli uomini dietro di sé, come il pifferaio magico della fiaba, sino a farli precipitare nel baratro: perché il potere della parola è ambiguo, e la seduzione che essa, talvolta, sa esercitare, potrebbe spingere l’umanità nell’Inferno. E vi sono molte parole ingannevoli, quasi diaboliche, che celano il veleno mortale dietro un’apparenza piacevole e desiderabile: dialogo è una di queste. “Dialogo” e “parola” sembrano due correlati necessari, legati da una relazione logica e storica; e invece poche parole più di questa, “dialogo”, hanno saputo dissimulare il veleno di cui erano portatrici, e si sono rivelate parole di morte. Uno dei mezzi del male è il dialogo, annotava, sul suo diario, Franz Kafka: il quale, pur da una prospettiva atea e immanentista, fiutava puzza di bruciato allorché sentiva adoperare, con tanta disinvoltura e con tante “buone” intenzioni, quella parola appunto (in: F. Kafka, Confessioni e diari, Milano, Meridiani Mondadori, 1972, p, 717). Intuizione notevole. Siamo debitori ad un amico di averci segnalato questa pagina di Kafka; ma, in effetti, per chi sappia davvero pensare e non si limiti a ripetere vuoti slogan e formule politically correct sempre più logore e usurate e sempre meno credibili, la cosa è evidente: chi cerca per davvero la verità non “dialoga”, ma fa silenzio in se stesso e tenta di distinguere, nel rumore di fondo d’innumerevoli voci, la sola voce che merita tutta la sua attenzione, quella della Verità. Gesù, come si vede nei Vangeli, non cercava il “dialogo” con il mondo, ma l’apertura dei cuori e la loro disponibilità alla conversione. Non dialogò con Simon Pietro e con gli altri apostoli, quando li chiamò a sé, per farne dei pescatori di uomini; né dialogò con san Paolo, quando lo rovesciò da cavallo, sulla via di Damasco, e gli chiese perché lo stesse perseguitando. Senza la conversione dell’anima, gli uomini non troveranno mai il discernimento necessario per distinguere le parole ingannevoli, portatrici di morte, dalle parole veritiere,  donatrici di vita; quelle puramente umane dalle divine. Noi abbiamo bisogno di parole divine, portatrici di vita: In verità, in verità vi dico; chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita (Giovanni, 5, 24)…

Mai un uomo ha parlato così!

di Francesco Lamendola

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