Dopo Lund. Le inutili capriole per “giustificare”
Anche in alcuni ambienti cattolici che si definiscono “conservatori” si è cercato, arrampicandosi sui vetri, di nascondere l’enorme gravità di ciò che è avvenuto con l’abbraccio tra Bergoglio e i luterani. Rileggiamo le chiare parole di Pio XI sull’unità dei cristiani.
di Cristiano Lugli
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Lo scandaloso viaggio a Lund ha suscitato le più diverse reazioni nel mondo cattolico e alcune di esse sono ancora, e per l’ennesima volta, all’insegna del “salviamo il salvabile”.
Questo accade anche in sedicenti ambienti tradizionalisti, in cui certuni – e quanti fra i preti – provano come sempre a salvare capra e cavoli, attaccandosi alla forma, al cavillo teologico, piuttosto che ad una realtà dei fatti quanto mai evidente.
Di recente ho potuto leggere il commento a caldo di un sacerdote, conosciuto come “conservatore”, a proposito della dichiarazione congiunta fatta tra Bergoglio e i luterani. Le sue dichiarazioni hanno quell’ambiguità e confusione ormai diffusissime. Questo sacerdote si chiede se Bergoglio sia caduto o meno nell’eresia, e dice:
“La dichiarazione congiunta non è eretica perché non dichiara nulla. Bergoglio è furbo. L’unico errore sta nel fatto che il Papa, firmando, ha accettato quello che affermano i luterani e cioè che ‘la riforma ha portato doni’. Ma questo errore grave –prosegue il nostro – non è ancora eresia in quanto non nega nessuna verità di Fede.”
Soffermiamoci un attimo sull’affermazione che “Bergoglio è furbo”: nessuno vuole negare una certa astuzia da parte del Papa argentino; ma non è questo il problema.
In questo specifico caso – così come in molti altri – Bergoglio si disinteressa assolutamente di ciò che è conforme o meno al Magistero, alle verità di Fede; non gli interessa nemmeno il discorso che nel complesso riprende il rischio di eresia, poiché per lui la legge non esiste, e il Magistero è qualcosa di relativo, adattabile in diverso ed accomodante modo a seconda delle circostanze, e lo stesso fa con il Vangelo.
D’altronde, se ci fermiamo un attimo a pensare al rischio di eresia, dobbiamo nel medesimo istante domandarci: chi mai potrebbe accorgersene? Chi, fra le autorità sarebbe in grado di gridare all’eresia con una conseguente deposizione del Pontefice regnante? La risposta è ovvia: nessuno, poiché i modernisti non hanno interesse per la legge, non si curano di ciò che è conforme o meno al Depositum Fidei.
Ma occupiamoci della “Dichiarazione Congiunta”, la quale non dichiarerebbe nulla di eretico. Lo scritto inizia con queste parole:
“Con questa Dichiarazione Congiunta, esprimiamo gioiosa gratitudine a Dio per questo momento di preghiera comune nella Cattedrale di Lund, con cui iniziamo l’anno commemorativo del cinquecentesimo anniversario della Riforma. Cinquant’anni di costante e fruttuoso dialogo ecumenico tra cattolici e luterani ci hanno aiutato a superare molte differenze e hanno approfondito la comprensione e la fiducia tra di noi”.
Se pur in questa prima parte non si voglia vedere nulla di sfacciatamente eretico, si può oggettivamente riscontrare il nemmeno troppo velato apprezzamento verso una Riforma per la quale si dovrebbe “ringraziare Dio”, che Lutero, insieme alla sua squallida Rivoluzione (Riforma è inesatto) amava bestemmiare. È lo stesso Lutero che ha distrutto la Messa cattolica e tante altre cose, susseguitesi per 500 anni, ma respinte con forza dai Papi, fino ad arrivare al Concilio Ecumenico Vaticano II, al seguito del quale, come tutti sappiamo, sono state spalancate le porte agli eretici in nome dell’Ecumenismo.
Nella medesima Dichiarazione si dice di essere tutti “Uno in Cristo”:
“Nel rinnovare il nostro impegno a progredire dal conflitto alla comunione, lo facciamo come membri dell’unico Corpo di Cristo, al quale siamo incorporati per il Battesimo. Invitiamo i nostri compagni di strada nel cammino ecumenico a ricordarci i nostri impegni e ad incoraggiarci.”
La portata di questa falsità è evidente dal momento in cui non si può essere Uno in Cristo se si rinnega anche solo una Verità di Fede – e nel caso dei luterani è ben più di una – come già accade con il Battesimo al quale Bergoglio fa riferimento per dimostrare la “fraterna unione”, rimarcata più volte e specialmente nel discorso generale in cui ha detto che “ciò che ci unisce è molto più di ciò che ci divide”.
Come è noto i luterani veri riconoscono solo il Battesimo come Sacramento – se pur vi siano tante altre fazioni di sette protestanti che ne riconoscono di più – ma hanno di esso una visione assolutamente diversa rispetto alla nostra. Infatti, se per i cattolici il Battesimo serve a essere liberati dal peccato originale e rigenerati come figli di Dio, per i seguaci dell’eresiarca agostiniano la macula originalis non può essere eliminata a causa dell’invincibilità del peccato, che corrompe la natura umana fino a renderla incapace di fare qualsiasi cosa per salvarsi ( da qui la falsa dottrina della Giustificazione su cui torneremo in un secondo momento ).
Il Giudizio particolare si fonda dunque su una casualità contingente in cui Dio, per infinita misericordia, deciderebbe chi mandare all’Inferno o chi in Paradiso: ergo, una colossale eresia.
Se vogliamo sviscerare i falli della scabrosa Dichiarazione, in cui “non si dice nulla”, è interessante menzionare quanto diceva San Giovanni Bosco a proposito del concetto di “Une”:
“D. Le chiese di Valdesi e dei Protestanti non possono avere i caratteri della vera Chiesa?
R. Le chiese dei Valdesi e dei Protestanti non possono avere i caratteri della vera Chiesa. Non sono Une, perché non hanno la medesima Fede, né la medesima dottrina, né uno stesso capo. Anzi è difficile trovare due ministri di una medesima setta eretica, i quali cadano d’accordo sopra tutti i punti principali di lor credenza. Ne vengono continue divisioni in cose di primaria importanza. La sola chiesa protestante, non molto dopo la sua fondazione, era già divisa in più di duecento sette.”
In questo breve stralcio di dottrina sulla religione cattolica, San Giovanni Bosco spiega magistralmente una fra le tante ed insuperabili divisioni che separano gli eretici luterani dall’Unica e Vera Fede Cattolica.
Non siamo dunque assolutamente “Uno in Cristo” dal momento che di Egli si rinnega il mandato affidato alla Chiesa di portare le anime alla Gloria eterna.
Già qui siamo nel grave scandalo che nessuna disquisizione teologica può nascondere. E dal momento che si nega una verità di Fede, siamo nell’eresia.
Le molteplici dichiarazioni di Bergoglio dicono già tanto, troppo e obbligano a prendere le dovute distanze e non a dichiarare che forse “poteva andare peggio”.
Le altrettante parole usate nei vari discorsi od omelie sono poi la fluttuante coronazione dell’eresia sotto forma di una non-forma, sotto la neo-chiesa astratta che tanto piace a Bergoglio, fatta di una “spiritualità” che ha i suoi antesignani nell’Esperienzialismo pratico pel quale tutto è lecito dire o fare, purché sia soggettivo.
Le altrettante parole usate nei vari discorsi od omelie sono poi la fluttuante coronazione dell’eresia sotto forma di una non-forma, sotto la neo-chiesa astratta che tanto piace a Bergoglio, fatta di una “spiritualità” che ha i suoi antesignani nell’Esperienzialismo pratico pel quale tutto è lecito dire o fare, purché sia soggettivo.
In un baleno infatti, il grande eresiarca sassone viene mutato in maestro di vita spirituale, trasformato nell’insegnante che ha capito tutto su Dio:
“L’esperienza spirituale di Martin Lutero ci ricorda che non possiamo fare nulla senza Dio.
(…) Come posso avere un Dio misericordioso – si domandava Lutero – “.
“Come è noto Lutero ha scoperto questo Dio misericordioso nella buona novella di Gesù Cristo incarnato, morto e risorto. E con il concetto di ‘solo per Grazia divina’ ci fa capire che Dio ha sempre l’iniziativa e che precede qualsiasi risposta umana, nel momento stesso in cui cerca di suscitare tale risposta”.
Davanti a queste affermazioni ogni scusante formale diventa insostenibile, per lasciare spazio allo scandalo di chi conferma la “bontà” primordiale del pensiero luterano. L’idea circa la dottrina della Giustificazione, definita da Bergoglio come comunanza fra cattolici e protestanti, è falsa e priva di fondamento, poiché se è vero che è la Misericordia di Dio a salvarci, è altrettanto vero che saranno le nostre opere terrene a garantirci meriti o demeriti dinnanzi al Giudizio divino, come insegna magistralmente san Giacomo [1].
Non vi può essere nessun dogma comune, né tanto meno una remota idea di cristianità similare dal momento che il Protestantesimo ha dissolto il dogma, lasciandone emergere una molliccia quanto diabolica parodia, ed è ciò che potremmo definire il “moralismo umanitario”, anticipazione del “moralismo laico”, ovvero l’anti-religiosità per eccellenza.
La sfacciataggine del motto di vita luterano, “pecca fortiter”, esclude nel modo più totale la possibilità che i cattolici possano credere nella medesima dottrina della Giustificazione:
“Sii peccatore e pecca fortemente (esto peccator et pecca fortiter) ma con ancora più fermezza credi e rallegrati in Cristo, vincitore del peccato, della morte e del mondo. Durante la vita presente dobbiamo peccare. E’ sufficiente che, grazie alla misericordia di Dio, conosciamo l’Agnello che toglie i peccati del mondo. Da lui non deve separarci il peccato, perfino se commettessimo mille omicidi e mille adulteri ogni giorno”. [2]
E che dire poi dell’inquietante immagine che immortala l’abbraccio cordiale fra Bergoglio e la “vescova” luterana lesbica, convivente con un’altra “pastora”? Ebbene, in questa visione c’è qualcosa di veramente tetro e raccapricciante, specie se si pensa al modo di agire di Satana il quale, nonostante il suo metodo sempre particolarmente fine ed astuto, ama poi lasciare il suo marchio bestiale in modo che esso sia evidente e sotto gli occhi di tutti. Questo marchio satanico si concretizza proprio nella “vescova” lesbica, perfetta rappresentazione della strafottenza del Demonio. È la presa in giro palese del sacramento dell’Ordine, del sacerdozio di Cristo, della Liturgia e dell’importanza dei paramenti, sbeffeggiati sotto il marchio invalido e perverso della luterana lesbica.
Questo incontro sincretista condito con appoggi allo stile di vita omosessuale, non poteva non essere ben accolto dai veri poltronai radical-chic, ospiti graditi a Santa Marta.
L’amico di merende Scalfari ha dichiarato su Repubblica di aver avuto una telefonata con Bergoglio poco tempo prima della sua partenza. L’argentino avrebbe a lui chiesto pareri in merito alla setta protestante, ben sapendo gli studi approfonditi (e te pareva) fatti da Scalfari su Lutero e la sua “riforma”.
Da questa telefonata sarebbe emerso il pensiero esplicito di Bergoglio circa l’unicità di Dio, riportato direttamente nell’articolo del 31 ottobre:
“Francesco – è bene ricordarlo – crede nell’unicità di Dio. Questo significa che tutte le religioni, a cominciare da quelle monoteistiche ma anche le altre, credono in quel Dio al quale arrivano ciascuna attraverso le sue Scritture, la sua teologia, la sua dottrina e i suoi canoni. Tutte quindi dovrebbero affratellarsi e questo è il risultato che Francesco persegue pur essendo ben consapevole che ci vorranno molti e molti anni per ottenerlo.”
Secondo Scalfari – ormai fonte più attendibile della stessa Sala Stampa Vaticana – sarebbe proprio questa l’intenzione di Bergoglio, un “affratellarsi” comune, agghiacciante ritratto di ciò che già Simon Peres propose al Papa: l’ Organizzazione Mondiale delle Religioni unite. Si badi bene che le affermazioni riportate dal laicista numero uno di Repubblica sono a dir poco sconvolgenti e annunciano qualcosa di ben peggiore, che ha ancora da venire in tutta la sua portata dissolutrice.
In nome della falsa misericordia si vogliono accomunare tutte le religioni, facendone un supermercato New-Age in cui si possono a piacere comporre i più stravaganti accoppiamenti. Non è in fondo altro che la costruzione del famigerato regno dell’Anticristo, su cui da secoli si dibatte e si tenta di “profetizzarne” la venuta.
Sempre in nome della falsa misericordia si è andati a Lund invece che scendere a Norcia a visitare le radici di una cristianità distrutta, di un’Europa marcita sotto il peso della corruzione laicista e senza Dio, con la corresponsabilità del Protestantesimo. In questo caso crollano anche tutti i dubbi sul misericordismo sociale, che davanti ad un danno così immane come quella avvenuto in centro Italia, se davvero fosse vero e perlomeno socialmente interessato, avrebbe annullato il volo per Lund e si sarebbe recato a visitare quella povera gente. Ma sempre “dai loro frutti li riconoscerete“.
Dinanzi a questo spregevole insieme di fatti e di dichiarazioni verrebbe quasi da chiedersi – per ritornare al punto iniziale – “ma chi se ne importa se l’eresia non è firmata e sottoscritta in una dichiarazione?” Non ci si può nascondere dietro ad un dito e nemmeno si deve precipitare nella classica trappola del modernismo, che a furia di non pronunciarsi in modo chiaro ha distrutto il Cattolicesimo. Chi ancora resta a guardare questi escamotage vuol dire che non ha per nulla chiaro il panorama della scacchiera, e le conseguenti mosse che si consumano su di essa a scapito di tante coscienze e anime cattoliche.
Un altro errore in cui non bisogna cadere, in ultimo ma non per minore importanza, è quello di chi vede in Bergoglio il distruttore e il “satanasso” di turno (mi si passi il termine solo per rendere l’idea), arrivato per sgretolare tutto ciò che di bello vi era prima. Bergoglio non ha fatto altro che sfondare una porta aperta, non ha fatto altro che percorrere il sentiero spianatogli da più di cinquant’anni, per sparare gli ultimi colpi di mortaio, che ora sono semplicemente più evidenti.
La strada all’Ecumenismo è stata aperta dal Concilio Vaticano II e le varie opere dei “conservatori” Wojtyla e Ratzinger non hanno fatto che precedere tutta questa sfacciataggine. È intellettualmente disonesto isolare l’operato di Bergoglio senza agganciarci tutto ciò che hanno fatto coloro che lo hanno preceduto.
Tutti – e diciamo tutti – hanno messo in discussione e contraddetto il Magistero della Santa Madre Chiesa, che già si era pronunciata fermamente sul grande inganno dell’Ecumenismo con la “Mortalium Animos” di Pio XI. Rileggiamo le chiare parole di questa enciclica:
“Ma dove, sotto l’apparenza di bene, si cela più facilmente l’inganno, è quando si tratta di promuovere l’unità fra tutti i cristiani. Non è forse giusto — si va ripetendo — anzi non è forse conforme al dovere che quanti invocano il nome di Cristo si astengano dalle reciproche recriminazioni e si stringano una buona volta con i vincoli della vicendevole carità? E chi oserebbe dire che ama Cristo se non si adopera con tutte le forze ad eseguire il desiderio di Lui, che pregò il Padre perché i suoi discepoli « fossero una cosa sola »? [1]. E lo stesso Gesù Cristo non volle forse che i suoi discepoli si contrassegnassero e si distinguessero dagli altri per questa nota dell’amore vicendevole: « In ciò conosceranno tutti che siete miei discepoli se vi amerete l’un l’altro»? [2]. E volesse il Cielo, soggiungono, che tutti quanti i cristiani fossero « una cosa sola »; sarebbero assai più forti nell’allontanare la peste dell’empietà, la quale, serpeggiando e diffondendosi ogni giorno più, minaccia di travolgere il Vangelo.
Questi ed altri simili argomenti esaltano ed eccitano coloro che si chiamano pancristiani, i quali, anziché restringersi in piccoli e rari gruppi, sono invece cresciuti, per così dire, a schiere compatte, riunendosi in società largamente diffuse, per lo più sotto la direzione di uomini acattolici, pur fra di loro dissenzienti in materia di fede. E intanto si promuove l’impresa con tale operosità, da conciliarsi qua e là numerose adesioni e da cattivarsi perfino l’animo di molti cattolici con l’allettante speranza di riuscire ad un’unione che sembra rispondere ai desideri di Santa Madre Chiesa, alla quale certo nulla sta maggiormente a cuore che il richiamo e il ritorno dei figli erranti al suo grembo. Ma sotto queste insinuanti blandizie di parole si nasconde un errore assai grave che varrebbe a scalzare totalmente i fondamenti della fede cattolica.
Che se è facile trovare molti acattolici che predicano con belle parole la fraterna comunione in Gesù Cristo, non se ne rinviene uno solo a cui cada in mente di sottomettersi al governo del Vicario di Gesù Cristo o di ubbidire al suo magistero. E intanto affermano di voler ben volentieri trattare con la Chiesa Romana, ma con eguaglianza di diritti, cioè da pari a pari; e certamente se potessero così trattare, lo farebbero con l’intento di giungere a una convenzione la quale permettesse loro di conservare quelle opinioni che li tengono finora vaganti ed erranti fuori dell’unico ovile di Cristo.
A tali condizioni è chiaro che la Sede Apostolica non può in nessun modo partecipare alle loro riunioni e che in nessun modo i cattolici possono aderire o prestare aiuto a siffatti tentativi; se ciò facessero, darebbero autorità ad una falsa religione cristiana, assai lontana dall’unica Chiesa di Cristo.”
Davanti a parole così chiare c’è ben poco da aggiungere e se anche nei fatti di Lund l’eresia non fosse palese, comunque lo scandalo grave già paventato da Pio XI è evidente e ingiustificabile.
Per concludere ritorniamo per un attimo al nostro sacerdote, modello di “conservatorismo” pratico.
Egli conclude asserendo che “noi non abbiamo le forze per affrontare frontalmente il nemico in quanto nessuno di noi è vescovo e non possiamo combattere ad armi pari”. Questa considerazione è bislacca, perché non tratteggia ciò a cui il piccolo gregge è chiamato: il nostro dovere non è certo quello di affrontare in qualsivoglia modo il nemico, foss’anche per un modo trasversale e, diciamo così, astuto.
La piccola grande opera a cui tutti dovremmo votarci è il servizio integrale alla Verità, la totale adesione alla bimillenaria Tradizione, senza nessun tipo di compromesso.
D’altronde cosa cambierebbe se anche fossimo vescovi? Come ci ricorda l’Apostolo delle genti “La nostra battaglia non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti”.
Volgiamo il pensiero pieno di gratitudine a Mons. Marcel Lefebvre, a Mons. De Castro Mayer, e a quei pochi che, essendo vescovi, hanno resistito. Cosa sono riusciti a fare? E soprattutto, di che cosa si sono occupati? Si sono occupati di preservare il buon seme dall’ondata di Modernismo dilagante e in questo modo hanno anche, di fatto, affrontato il nemico.
Molti di coloro che parlano e si lamentano della visita di Bergoglio a Lund sono gli stessi che, dimostrandosi contraddittori, continuano a celebrare la nuova Messa. Come è possibile lamentarsi di Lutero continuando a celebrare un rito ambiguo e formulato insieme ai seguaci di lui?
La resistenza di quei pochi vescovi era vera e sincera, e oggi più che mai presenta i copiosi raccolti. Non perdiamoci dunque in inutili sofismi, ma ritorniamo e custodiamo ciò che vi è di essenziale per la nostra vita spirituale e per la Gloria di Dio e delle Chiesa, il Sacerdozio e la Santa Messa, inesauribili ed imprescindibili fonti da cui trasuda la Grazia del Crocefisso (disdegnato dai luterani), Colui che ci insegna che solo abbracciando il Sacrificio della Croce si giunge alla vita Eterna.
Così spiegò tanto sublimemente quel catecumeno di cui parla don Bosco, vale a dire un protestante che si stava facendo istruire alla Religione Cattolica, il quale dopo aver incontrato un suo parente protestante che lo detestava per aver abbracciato il Cattolicesimo, gli disse: «Altra volta, diss’ egli, noi leggevamo la Bibbia, e non la intendevamo; ma nella Religione Cattolica troviamo il senso di molte cose, che prima ci erano inconcepibili. Si legge, per esempio, in S. Luca, che un Angelo apparì a Zacaria alla diritta dell’altare. In ogni luogo della Bibbia si parla dell’altare. Ove dunque sono gli altari vostri? Sapete voi quello ch’e’ siano? Ma andate dai Cattolici: presso di loro troverete un altare.»
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[1] Gm. 2, 14-18
[2] a Melantone, del 1° agosto 1521 (Briefe, Sendschreiben und Bedenke, ed. cit., II, p. 37; cfr. op. cit., p. 439.)
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