Trump, Pio XIII e i quattro cardinali. Alcune note
La questione cattolica si complica sempre più, ma nell'evoluzione credo possano valere alcune brevi note.
Lo strano caso Trump. A un mese circa dal maldestro affondo della Stampa, a firma di giornalisti vicini al Papa, affondo in cui ampi gruppi di cattolici sono stati offesi e accusati sia di essere avversi al Pontefice, sia di essere adoratori di Putin, abbiamo assistito alla vittoria di Trump. Spacciato e presentato come un figuro inetto, Trump, tra i pochi politici ad aver subito non troppo velate condanne romane, ha mostrato di essere il più desiderato degli americani. Molti hanno scritto della spaccatura tra lobby, media e popolo reale, aggiungiamo: va forse registrata una spaccatura tra il Sommo Pontefice e l'elettorato cristiano (giudicato più che determinante in queste elezioni)?
Se è così, viene da chiedersi quali siano i criteri regolatori del principio pastorale (l’ideale in voga, secondo cui Magistero e Dottrina andrebbero relativizzati, in nome di una maggior presa sulle masse): che significa pastorale? Quando devo ascoltare il popolo e andargli incontro? Quale scopo in tale movimento? Quale la voce in capitolo concessa al popolo? Chi scrive ammette di non aver fin qui capito la natura di tali criteri, ragione per cui i tanti slogan della chiesa in apertura paiono piuttosto una frittura di chiacchiere retoriche.
Secondo appunto: ho iniziato a seguire The Young Pope e mi ha appassionato. Non sto a dire se sia oggettivamente bello o riuscito, né discuto su possibili obiettivi e mire di Sorrentino, ma la trama ha un che di interessante, sebbene irreale. Reputo interessante l'idea di un Papa ultraconservatore - caricatura dei Pontefici preconciliari, antitesi dei postconciliari o figura a sé stante, non importa -, un Papa estremo, assurdo e improponibile, un Papa evidentemente sbagliato e però Papa e quindi da obbedire senza se e senza ma. Ovviamente tale orizzonte è irrealistico, l’obbedienza incondizionata al Romano Pontefice non esiste più da almeno settant’anni, basti considerare il servilismo opportunista con cui prelati e professionisti obbediscono a Francesco, solo perché hanno la possibilità di agire finalmente secondo la propria indole moderna, e compararla all'ostilità e alla damnatio memoriae comminata de facto alle linee teologico-magisteriali di Benedetto XVI. Restiamo lo stesso nell’utopia: Pio XIII, il Papa assurdamente conservatore che “affonda terra e ponte”, e tutti devono obbedirgli, perché è lui il Papa voluto dallo Spirito Santo, retto interprete dei segni dei tempi. Guardo The Young Pope e continuo a chiedermi: “fin dove può spingersi l’obbedienza ad un Papa?” I franceschisti, se non sono tutti opportunisti ipocriti, farebbero bene a fermarsi e a chiederselo, per onestà intellettuale e coerenza e lungimiranza: “qual è il limite oltre il quale possiamo e dobbiamo prendere le distanze del Papa?”
E poi, notizia fresca e ghiotta, c’è la dichiarazione dei quattro cardinali e, tra questi, di Sua Eminenza il card. Burke. Burke non ha poltrone da difendere, non ha reputazione da difendere, non ha soldi da conservare, non ha titoli da vantare, non ha peccati gravi, pubblici e notori da giustificare, ergo Burke può fare il suo mestiere: è un cardinale e da cardinale offre al Papa il proprio fermo consiglio. Credo sia un bel segno di docilità allo Spirito, nonché una franca attuazione del Concilio, che sulla collegialità e contro l’interpretazione tirannica del pontificato ha speso parole nette. Purtroppo si conferma il clima antidemocratico, antidialogico, maniacale, egomane, violento, irrazionale, pregiudiziale, ignorante e aggressivo della “chiesa della misericordia”: se il Papa dice - e non mi pare l’abbia ancora detto ex auctoritate - di rompere con la Tradizione, bisogna subito obbedire “perché è il Papa”, ma se un cardinale compie un atto coerente con le proprie mansioni, bisogna subito gettare fango e suscitare odio o opposizioni - magari facendo virtuosismi farisaici tra citazioni fanta-teologiche e cabale sociologiche. Lo stile di amore e dialogo in salsa LGBT è ormai, mutatis mutandis (sed paucis mutandis), lo stile della Base nella “chiesa della misericordia”.
Addio ricerca della verità, restano solo gli imperativi categorici, peraltro formulati in contraddizione con le norme della morale universale; addio ricerca della salvezza (secondo la Scaraffia, figura di punta nella stanza dei bottoni dell’intellighentia vaticana, non interessa più).
Concludo queste note, il cui registro rimane aperto per successivi aggiornamenti. Non so se siamo a rischio scisma. Devo dire peraltro che trovo poco interessante il calcolo delle probabilità di scisma o la stima dei possibili aderenti al medesimo. Siamo già in uno stato di spaccatura e confusione totale, né valgono a tranquillizzare i solacia insindacabili dettati da super-intellettuali e super-apostoli servi del Potere. Questi i frutti della cosiddetta “primavera della Chiesa”, traete voi le conclusioni.
Lo strano caso Trump. A un mese circa dal maldestro affondo della Stampa, a firma di giornalisti vicini al Papa, affondo in cui ampi gruppi di cattolici sono stati offesi e accusati sia di essere avversi al Pontefice, sia di essere adoratori di Putin, abbiamo assistito alla vittoria di Trump. Spacciato e presentato come un figuro inetto, Trump, tra i pochi politici ad aver subito non troppo velate condanne romane, ha mostrato di essere il più desiderato degli americani. Molti hanno scritto della spaccatura tra lobby, media e popolo reale, aggiungiamo: va forse registrata una spaccatura tra il Sommo Pontefice e l'elettorato cristiano (giudicato più che determinante in queste elezioni)?
Se è così, viene da chiedersi quali siano i criteri regolatori del principio pastorale (l’ideale in voga, secondo cui Magistero e Dottrina andrebbero relativizzati, in nome di una maggior presa sulle masse): che significa pastorale? Quando devo ascoltare il popolo e andargli incontro? Quale scopo in tale movimento? Quale la voce in capitolo concessa al popolo? Chi scrive ammette di non aver fin qui capito la natura di tali criteri, ragione per cui i tanti slogan della chiesa in apertura paiono piuttosto una frittura di chiacchiere retoriche.
Secondo appunto: ho iniziato a seguire The Young Pope e mi ha appassionato. Non sto a dire se sia oggettivamente bello o riuscito, né discuto su possibili obiettivi e mire di Sorrentino, ma la trama ha un che di interessante, sebbene irreale. Reputo interessante l'idea di un Papa ultraconservatore - caricatura dei Pontefici preconciliari, antitesi dei postconciliari o figura a sé stante, non importa -, un Papa estremo, assurdo e improponibile, un Papa evidentemente sbagliato e però Papa e quindi da obbedire senza se e senza ma. Ovviamente tale orizzonte è irrealistico, l’obbedienza incondizionata al Romano Pontefice non esiste più da almeno settant’anni, basti considerare il servilismo opportunista con cui prelati e professionisti obbediscono a Francesco, solo perché hanno la possibilità di agire finalmente secondo la propria indole moderna, e compararla all'ostilità e alla damnatio memoriae comminata de facto alle linee teologico-magisteriali di Benedetto XVI. Restiamo lo stesso nell’utopia: Pio XIII, il Papa assurdamente conservatore che “affonda terra e ponte”, e tutti devono obbedirgli, perché è lui il Papa voluto dallo Spirito Santo, retto interprete dei segni dei tempi. Guardo The Young Pope e continuo a chiedermi: “fin dove può spingersi l’obbedienza ad un Papa?” I franceschisti, se non sono tutti opportunisti ipocriti, farebbero bene a fermarsi e a chiederselo, per onestà intellettuale e coerenza e lungimiranza: “qual è il limite oltre il quale possiamo e dobbiamo prendere le distanze del Papa?”
E poi, notizia fresca e ghiotta, c’è la dichiarazione dei quattro cardinali e, tra questi, di Sua Eminenza il card. Burke. Burke non ha poltrone da difendere, non ha reputazione da difendere, non ha soldi da conservare, non ha titoli da vantare, non ha peccati gravi, pubblici e notori da giustificare, ergo Burke può fare il suo mestiere: è un cardinale e da cardinale offre al Papa il proprio fermo consiglio. Credo sia un bel segno di docilità allo Spirito, nonché una franca attuazione del Concilio, che sulla collegialità e contro l’interpretazione tirannica del pontificato ha speso parole nette. Purtroppo si conferma il clima antidemocratico, antidialogico, maniacale, egomane, violento, irrazionale, pregiudiziale, ignorante e aggressivo della “chiesa della misericordia”: se il Papa dice - e non mi pare l’abbia ancora detto ex auctoritate - di rompere con la Tradizione, bisogna subito obbedire “perché è il Papa”, ma se un cardinale compie un atto coerente con le proprie mansioni, bisogna subito gettare fango e suscitare odio o opposizioni - magari facendo virtuosismi farisaici tra citazioni fanta-teologiche e cabale sociologiche. Lo stile di amore e dialogo in salsa LGBT è ormai, mutatis mutandis (sed paucis mutandis), lo stile della Base nella “chiesa della misericordia”.
Addio ricerca della verità, restano solo gli imperativi categorici, peraltro formulati in contraddizione con le norme della morale universale; addio ricerca della salvezza (secondo la Scaraffia, figura di punta nella stanza dei bottoni dell’intellighentia vaticana, non interessa più).
Concludo queste note, il cui registro rimane aperto per successivi aggiornamenti. Non so se siamo a rischio scisma. Devo dire peraltro che trovo poco interessante il calcolo delle probabilità di scisma o la stima dei possibili aderenti al medesimo. Siamo già in uno stato di spaccatura e confusione totale, né valgono a tranquillizzare i solacia insindacabili dettati da super-intellettuali e super-apostoli servi del Potere. Questi i frutti della cosiddetta “primavera della Chiesa”, traete voi le conclusioni.
di Satiricus
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