ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 12 dicembre 2016

Serve nequam!



Appena terminati i Mattutini, dopo una notte insonne trascorsa nelle più aspre penitenze, scende nella cappella di Santa Marta il novello Savonarola. Emaciato di digiuni, il volto austero, nel freddo più rigido dell'inverno come nella canicola dell'estate romana, il fustigatore dei vizj si appresta a celebrare il divin Sacrificio, circondato da pochi eletti desiderosi di far tesoro delle sue alate parole.

La penombra del sacello, che profuma di cera e di incenso, risuona dei passi di qualche prelato, delle voci sommesse di pie monache, del ritmato ticchettio della piccola pendola della sacristia che, alle cinque in punto, scandisce i suoi rintocchi proprio mentre egli sale all'altare, preceduto da due monsignori in cotta. La Messa è celebrata nel silenzio più assoluto, mentre i famigli recitano il Rosario ed un anziano Cardinale dice l'ufficio, muovendo le labbra in silenzio, la veste caudata raccolta compostamente.

Detto il Vangelo e baciato il Messale, il pio vegliardo depone il manipolo, genuflette un istante ai piedi dell'altare per una breve preghiera, quindi si volge ai fedeli per un fervorino:
E' venuto da me un anziano monsignore della curia, che lavora, un uomo normale, un uomo buono, innamorato di Gesù, e mi ha raccontato che era andato all’Euroclero a comprarsi un paio di camicie e ha visto davanti allo specchio un ragazzo — lui pensa non avesse più di venticinque anni, o prete giovane o che stava per diventare prete — davanti allo specchio, con un mantello, grande, largo, col velluto, la catena d’argento, e si guardava. E poi ha preso il saturnio, l’ha messo e si guardava: un rigido mondano.

Un mormorio di disapprovazione percorre la cappellina, il cappellone di Figlie della Carità ondeggia di costernazione, il breviario dell'anziano Prelato cade al suolo, in uno svolazzare di santini.

E d'altronde si può ben comprendere come, pur nella compostezza richiesta dal luogo e dall'augusto celebrante, le sue parole destino sconcerto nelle anime timorate degli astanti.

Sono passati i tempi in cui le mollezze della Corte Papale erano ancora tollerate, in cui il rilassamento dei costumi era diffuso nell'Alma Urbe. Da quando la Santità di Nostro Signore il Papa si è degnata promulgare la Bolla Terribilis castitatis munus, è tutto un fiorir di vocazioni, un moltiplicarsi di zelo apostolico, un ritorno alla fedeltà alla Regola degli Ordini. Ed i membri della Curia Romana rivaleggiano in fedeltà alla dottrina, ascetica morigeratezza, ineguagliata santità di vita.

Lo stesso Pontefice, che dall'alto della sedia gestatoria volge benigno lo sguardo alle folle inginocchiate al suo passare, quando pontifica nelle  Basiliche Romane, è modello di virtù non solo per i devoti figli che si onorano del nome cristiano, ma anche per le moltitudini di quanti, illuminati dalla Grazia celeste, abbandonano le tenebre dell'idolatria e dell'errore per accorrere ai suoi piedi, onde ricevere il lavacro rigeneratore del Battesimo, od esser riaccolti in seno all'unica Chiesa di Cristo dopo aver ripudiato l'eresia e lo scisma.

Vi sono, è vero, ancora pochi sventurati che indulgono nel vizio e nel peccato, e su di loro - monito severo del Padre Comune - si abbattono gli strali della giustizia apostolica, che pur non nega misericordia e perdono per i traviati pentiti.

Ma come non scandalizzarci - ci chiediamo - davanti al povero levita che, come un novello Narciso, osa rimirar la propria effigie sulle vetrine d'una sartoria ecclesiastica? Come non provar dolore, nell'apprendere che l'infelice, lungi dall'indossare il soprabito ecclesiastico prescritto dal Sinodo Romano del 2016, osa proditoriamente usare il mantello a ruota dei Monsignori e dei Presuli? Come non comprendere lo sdegno del Pontefice, che con la sua parola ammonitrice esclama Serve nequam! per quel miserabile che, proprio dietro il Colonnato di San Pietro indulge a mollezze sibaritiche, osando temerariamente calzare il saturnio, senza prima aver coperto la Sacra Tonsura con lo zucchetto?

Ahi, quale abisso di turpitudini si deve celare in questo miserabile! Quale sentina di vizi deve nascondere, un chierico che dimostra tanto disprezzo per i Sacri Canoni, da mostrarsi senza zucchetto e - cosa ancor più grave - con il tabarro a fermaglio d'argento prescritto per i Prelati? Quale voragine infernale si dovrà mai spalancare sotto i suoi piedi, per quel gesto di scandalosa mollezza, ch'è il rimirarsi allo specchio?

Nel silenzio commosso della cappella, l'augusto vegliardo riprende il manipolo posato sul Messale, si porta al centro dell'altare e, volgendosi ai fedeli, prosegue la celebrazione del divin Sacrificio, scandendo austero: Dominus vobiscum.

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