ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 20 giugno 2016

Un grazie alla Provvidenza?

Amor di Dio. Preti, parlatene qualche volta! 


zmmgrtGiovedì 9 giugno 2016, nelle pagine di provincia (Saonara) del Gazzettino, edizione di Padova, titolo a tutta pagina: “Il prete a messa: ‘Ospito 5 profughi’ ”. Bravo – vien da osservare: predica bene e razzola altrettanto bene…
Si scorre il testo e si leggono diversi virgolettati dai quali si apprende che la parrocchia in questione un anno fa (circa) ha ereditato un appartamento al secondo piano di una palazzina, eccetera eccetera. Si va avanti e sempre la dichiarazione del parroco annuncia che cinque persone, cinque somali, avranno un’opportunità di vita migliore, e via con la Caritas, la Cooperativa…

Emeritus was impossible?

Giovanni Paolo II nel 2002: "A pope emeritus is impossible"


GPII
L'enigma di un "papa emerito" affiancato al papa regnante, addirittura nella forma di "un ministero in comune" tra un papa "contemplativo" e uno "attivo", continua a pesare  irrisolto sull'attuale stagione del papato:
La figura del "papa emerito" è stata deliberatamente introdotta da Benedetto XVI dopo le sue dimissioni, ma non ha precedenti nella storia.

Prossima enciclica eugenuitica?

PER SCALFARI IL CRISTIANESIMO SE L'È INVENTATO SAN PAOLO. UN ESERCITO DI STUDIOSI SI SBELLICA

Per Scalfari il cristianesimo se l'è inventato san Paolo. Un esercito di studiosi si sbellica
Eugenio Scalfari, fondatore di la Repubblica, ripropone il suo vecchio pallino su san Paolo come vero fondatore del cristianesimo.
Ne ha parlato in un suo recente editoriale: caduto da cavallo, Saulo «svenne e durante lo svenimento, mentre lentamente si riaveva, vide un’immagine affascinante da tutti i punti di vista che la sua mente ancora non totalmente riavutasi interpretò come l’immagine di Gesù. Di fatto fu il tredicesimo apostolo e sostanzialmente fu il vero fondatore della religione cristiana». Il quale inventò anche, sempre secondo Scalfari, lo Spirito Santo, parlandone per primo nella Lettera agli Efesini.

Saldi definitivi: si chiude tutto!?

















Avviene talvolta, nella dinamiche commerciali, che una società decida di assorbire un'altra, non tanto per acquisirne le professionalità e le competenze, quanto piuttosto per eliminare un fastidioso concorrente. Ovviamente, specialmente nella fase in cui sono in corso i colloqui tra le due società, quella che formula l'offerta di fusione afferma l'esatto contrario: ossia che lo scopo dell'acquisizione miri a potenziare il valore del concorrente, fondendo due realtà in modo da non disperdere il patrimonio, le tecnologie, le conoscenze e la clientela di entrambe. In realtà, nel volgere di breve tempo, la fusione si rivela semplicemente un modo per aumentare la posizione dominante della società più forte, facendo scomparire quella più debole. Anche la dirigenza ed i dipendenti, cui inizialmente vengono date garanzie e per i quali si ipotizza il sostanziale mantenimento delle condizioni contrattuali preesistenti, si trovano presto in condizioni di mobilità o addirittura licenziati.

Rimandatelo a scuola..!


Il grave errore di Bergoglio su matrimonio e convivenze


"E Gesù le disse: Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più". In questa semplice frase del Vangelo di Giovanni è racchiuso un po' tutto il senso della dottrina cristiana sul peccato. Cristo non è venuto a dire che i peccati non sono più peccati,ma che Lui ci può perdonare proprio perché abbiamo bisogno del perdono, a patto però  che si cerchi di evitare in futuro il peccato, odiandolo.

Gli manca proprio qualcosa*

Il vescovo di Erbil: “E’ un genocidio, non si aspettino vent’anni per dirlo”

Matteo Matzuzzi, su Il Foglio
Dopo Mosul, potrebbe toccare a Erbil, da più di un anno ancora di salvezza per le minoranze cacciate dalla piana di Ninive dalle milizie del Califatto islamico di Abu Bakr al Baghdadi. L’allarme l’ha dato il vescovo della città curda, Bashar Warda, in viaggio negli Stati Uniti per testimoniare quanto sta accadendo sul terreno, in Iraq. “E’ possibile” che la prossima preda dei jihadisti sia Erbil, ha osservato il presule, “anche se la coalizione, guidata dagli americani, ha fermato l’avanzata del Daesh”. Questo, ha aggiunto parlando a Indianapolis, “ha trasmesso qualche senso di sicurezza alla popolazione, ma Daesh è solo a quaranta chilometri da Erbil. Non è lontano. Tutto può succedere”. Warda, che lo scorso inverno aveva invocato un’azione militare (“non c’è altra scelta, ora”), ha raccontato le storie dei profughi, gente che “terrorizzata che ha camminato otto o dieci ore durante la notte” per cercare di scampare dalla persecuzione.

Il Christo che piace.. verso il nulla

Christo cammina sul lago, quando moltiplicherà i pesci?L’artista “installatore” Christo, per una volta non ha fatto una delle sue solite impacchettate di monumenti, curiose a vedersi, ma sostanzialmente inutili. Invece, l’idea delle passerelle sul lago d’Iseo è finalmente utile, perché i gitanti ci possono passeggiare e vedere le coste del lago senza dover noleggiare una barca.

Con un nome così c’è da chiedersi com’è che non ci abbia pensato prima. Non è riuscito nemmeno a Sophie Neveu, la protagonista del Codice Da Vinci che, per verificare se davvero era l’ultima discendente delle nozze di Gesù e la Maddalena, nel finale del romanzo provava a camminare sull’acqua. Prudentemente, però, ci appoggiava un piede solo e, vedendo che affondava, subito lo ritirava. 

Il carbone acceso

COMUNIONE: LA POSTA IN GIOCO

    Ancora sulla questione della sacra Comunione in bocca o sulla mano. La posta in gioco non è di tipo estetico e nemmeno simbolico: è di tipo teologico: implica un preciso atteggiamento nei confronti dell’atto più importante della Messa
di F. Lamendola  



Athanasius Schneider, tedesco del Kazakhistan, nominato nel 2011, da Benedetto XVI, vescovo ausiliare di Maria Santissima in Astana, la capitale della Repubblica centro-asiatica, è uno dei più fieri e attivi sostenitori della Tradizione cattolica e, quindi, uno dei maggiori critici delle tendenze moderniste e neomoderniste serpeggianti – e, da qualche tempo, neanche tanto serpeggianti, ma potremmo dire trionfanti – all’interno della Chiesa: ragion per cui  si trova, oggi, in una posizione piuttosto scomoda rispetto agli indirizzi liturgici e pastorali instaurati o favoriti da papa Bergoglio e dai sostenitori del rinnovamento radicale, i quali vorrebbero rompere definitivamente i ponti con le ultime vestigia ancora sopravviventi della teologia e della prassi pre-conciliare.
Una delle sue ”battaglie” è quella in difesa della maniera di distribuire l’Eucarestia secondo il vecchio rito, ossia ponendola direttamente in bocca ali fedeli, per mezzo delle mani consacrate del sacerdote, e non di darla direttamente loro in mano. Ne abbiamo già parlato in alcuni precedenti articoli; ritorniamo ancora sulla questione, perché ci sembra che gli argomenti e le riflessioni addotti da monsignor Schneider meritino la massima attenzione da parte di tutti i credenti. Inoltre, per capire la sua posizione, bisogna tener presente che essa viene da un uomo appartenente a una comunità che è stata doppiamente perseguitata ai tempi del regime staliniano, in quanto tedesca e in quanto cattolica (non tutti i tedeschi del Volga, poi deportati nelle remote regioni dell’Asia centrale, erano cattolici; ma lo era la famiglia di monsignor Schneider). Sua madre e altri suoi parenti e conoscenti, in quegli anni terribili, hanno letteralmente rischiato la vita per partecipare alla santa Messa e per ricevere la sacra Comunione, da parte di sacerdoti che agivano di nascosto, rischiando a loro volta la vita. Ma è stata proprio questa esperienza, l’esperienza di una Chiesa dispersa e perseguitata, di una Chiesa di testimoni e di martiri, come quella che visse nei secoli dell’Impero Romano anteriormente all’editto di Costantino, che ha forgiato la temperie spirituale dalla quale è scaturita la vocazione sacerdotale di monsignor Schneider, classe 1961, studi teologici in Germania, Austria, Brasile e Italia, ordinato sacerdote nel 1990, dottore in teologia patristica nel 1997, vescovo ausiliare di Karaganda, sempre in Kazakistan, nel 2006: un uomo coltissimo, che parla correntemente sette lingue fra antiche e moderne: il tedesco, il russo, l’italiano, il francese, il portoghese, il latino e il greco.
Questo è l’uomo che, nel 2015, è stato incaricato dalla Santa Sede di esplorare la possibilità, visitandone direttamente alcune sedi in Europa e negli Stati Uniti, di ricucire lo strappo determinatosi, durante il pontificato di papa Giovanni Paolo II,  tra la Fraternità sacerdotale San Pio X e la Chiesa, allorché, nel 1988, monsignor Lefebvre era stato colpito dalla scomunica ufficiale. La scomunica era stata poi rimessa ai vescovi da lui nominati (Lefebvre frattanto era morto, nel 1991) da Benedetto XVI, nel 2009, non senza che tale remissione scatenasse fortissimi contrasti e le ire dei teologi “progressisti”, come Hans Küng, i quali, con autentico spirito di fraternità e di carità apostolica, avrebbero voluto vedere perennemente esclusi dalla Chiesa quei loro fratelli “separati”, la cui vera colpa era stata quella di voler rimanere fedeli alla dottrina e alla liturgia della Chiesa di sempre. La missione affidata a monsignor Schneider sembra essere nata ed essersi sviluppata sotto buoni auspici. Dopo essersi recato a Flavigny, in Francia, e a Winona, negli Stati Uniti d’America (Minnesota), egli ha dichiarato non esservi dei gravi motivi perché i membri della Fraternità sacerdotale San Pio X – che conta, attualmente 6 seminari, 162 priorati, 750 chiese e cappelle, 2 università, 100 scuole, 3 vescovi, 603 sacerdoti, 215 seminaristi, 186 religiose, 84 suore oblate e 5 conventi di suore carmelitane, sparsi in tutto il mondo – non possano ricevere un definitivo riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa.
Ecco, dunque, cosa scrive l’autorevole prelato nella monografia Dominus est. Riflessioni di un vescovo dell’Asia centrale sulla Sacra Comunione, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2008, pp. 24-26; 45-46; 47-50):

Consapevole della grandezza ed importanza del momento della sacra Comunione, la Chiesa nella sua bimillenaria tradizione ha cercato di trovare un’espressione rituale che potesse testimoniare nel modo più perfetto possibile la sua fede, il suo amore e il suo rispetto.  Questo si è verificato quando, NELLA SCIA D’UNO SVILUPPO ORGANICO, a partire almeno dal 6° secolo, la Chiesa cominciò ad adottare  la modalità di distribuire le sacre specie eucaristiche  direttamente in bocca. Così testimonia o:  la biografia di papa Gregorio Magno (pontefice negli anni 590-604) e un’indicazione dello stesso papa (“Dialoghi”, III, PL, 77, 224). Il sinodo di Cordoba dell’anno 839 condannò la setta dei cosiddetti “casiani” a causa dl loro rifiuto di ricevere la sacra Comunione direttamente in bocca. Poi il sinodo di Rouen nell’anno 878 ribadiva la norma vigente della distribuzione del corpo del Signore sulla lingua, minacciando i ministri sacri della sospensione dal loro ufficio, se avessero distribuito ai laici la sacra Comunione sulla mano. In Occidente, il gesto di prostrarsi e inginocchiarsi prima di ricevere il corpo del Signore si osserva negli ambienti monastici già a partire dal 6° secolo (per esempio nei monasteri di san Colombano). Più tardi (nei secoli 10° e 11°), questo gesto si è divulgato ancora di più. Alla fine dell’età patristica la prassi di ricevere la sacra Comunione direttamente in bocca divenne quindi una prassi ormai diffusa e quasi universale. Questo sviluppo organico si può considerare come UN FRUTTO DELLA SPIRITUALITÀ E DELLA DEVOZIONE EUCARISTICA DEL TEMPO DEI PADRI DELLA CHIESA.  Di fatto ci sono parecchie esortazioni dei Padri  della Chiesa sulla massima venerazione e circa verso il Corpo eucaristico del Signore, in particolare a proposito dei frammenti del pane consacrato. Quando si cominciò a notare che non esistevano più le condizioni nelle quali si potevano garantire le esigenze del rispetto e del carattere altamente sacro del pane eucaristico, LA CHIESA SIA IN OCCIDENTE SIA IN ORIENTE IN UN AMMIREVOLE CONSENSO E QUASI ISTINTIVAMENTE  HA PERCEPITO L’URGENZA DI DISTRIBUIRE  LA SACRA COMUNIONE AI LAICI SOLAMENTE IN BOCCA.  […]
Nell’antica Chiesa siriaca il rito della distribuzione della Comunione era comparato con la scena della purificazione del profeta Isaia da parte di uno dei serafini. In uno dei suoi sermoni sant’Efrem lascia parlare Cristo con queste espressioni: “Il carbone portato santificò le labbra di Isaia. Sono Io che, portato adesso a voi per mezzo del pane, vi ho santificato. Le molle che ha visto il profeta e con le quali fu preso il carbone dall’altare, erano la figura di Me nel grande sacramento. Isaia ha visto Me, così come voi vedete Me adesso stendendo la Mia mano destra e portando alle vostre bocche il pane vivo. Le molle sono la Mia mano destra. Io faccio le veci del serafino. Il carbone è il Mio corpo. Tutti voi siete Isaia”. Questa descrizione permette di concludere che nella Chiesa siriaca al tempo di sant’Efrem la sacra Comunione era distribuita direttamente in bocca. Ciò si può constatare anche nella liturgia detta di san Giacomo, che era ancora pi antica di quella detta di san Giovanni Crisostomo. Nella liturgia di san Giacomo, prima di distribuire ai fedeli la sacra Comunione, il sacerdote recita questa preghiera, Il Signore ci benedica e ci renda degni di ricevere con mani immacolate il carbone acceso, mettendolo nella bocca dei fedeli”. […]
Parecchi ani fa il cardinale Joseph Ratzinger ha fatto la seguente constatazione preoccupante  riguardi al momento della Comunione in parecchi luoghi: “Noi non ascendiamo più alla grandezza dell’evento della Comunione, ma trasciniamo il dono del Signore giù all’ordinario della libera disposizione, alla quotidianità”. Queste parole dell’allora cardinale Joseph Ratzinger sono quasi un’eco delle ammonizioni dei Padri della Chiesa riguardo al momento della Comunione come lo si può percepire per esempio nelle seguenti espressioni di San Giovanni Crisostomo, dottore eucaristico:”Pensa quanta santità è necessaria che tu abbia, dal momento che hai ricevuti dei segni ancora più grandi  di quelli che i Giudei ricevettero nel Santo dei Santi? Ad abitare in te, infatti, non tieni i Cherubini, ma il Signore degli stessi Cherubini,  non hai né l’arca, né la manna, né le tavole di pietra e neppure la verga di Aronne, ma il corpo e il sangue del Signore, lo Spirito al posto della lettera, un dono inenarrabile. Ebbene, con quanti più grandi segni  e più venerabili misteri sei stato onorato, di tanta maggiore santità sei tenuto a rendere conto”. […] La Santa Sede in una recente Istruzione per le Chiese orientali cattoliche, parlando del modo di distribuire la Comunione, specialmente dell’usanza che soltanto i sacerdoti tocchino il pane eucaristico, esprime un criterio che è in se se stesso valido per la prassi liturgica di tutta la Chiesa: “Anche se ciò esclude la valorizzazione di altri criteri, pur legittimi, e implica la rinuncia a qualche comodità, una modifica dell’usanza  tradizionale rischia di comportare un’intrusione non organica rispetto al quadro spirituale che si è richiamato”. Nella misura in cui si è constatata una cultura , che si è allontanata dalla fede e che non conosce più Colui di fronte al quale inginocchiarsi, il gesto liturgico dell’inginocchiarsi “è il gesto giusto, anzi quello interiormente necessario”, come osservava il cardinale Joseph Ratzinger.  Il grande papa Giovanni Paolo II insisteva sul fatti che, in vista della cultura anti-sacrale del tempo modero, la Chiesa di oggi  debba sentire uno speciale dovere riguardo alla sacralità dell’Eucaristia: “Bisogna ricordarlo sempre, e forse soprattutto nel nostro tempo, nel quale osserviamo una tendenza a cancellare la distinzione tra “sacrum” e “profanum”, data la generale diffusa tendenza (almeno in certi luoghi) alla dissacrazione di ogni cosa. In tale realtà la Chiesa ha il particolare dovere di assicurare e corroborare il “sacrum” dell’eucaristia. Nella nostra società pluralistica, e spesso anche deliberatamente secolarizzata, la viva fede della comunità cristiana garantisce a questo “sacrum” il diritto di cittadinanza” (Lettera apostolica “Dominicae cenae”, n. 8).

La questione, come ben si capisce, travalica alquanto il fatto, strettamente materiale, di ricevere la sacra Eucarestia direttamente in bocca, oppure di prenderla sulla mano. La posta in gioco non è di tipo estetico e nemmeno simbolico: è di tipo teologico.Da sempre, la liturgia è l’espressione del soprannaturale nella realtà terrena della Chiesa, cioè di quella parte della Chiesa che vive nella dimensione terrena (mentre una parte è formata dalle anime dei sacerdoti e dei fedeli defunti; e un’altra, la più importante, dalla presenza dello Spirito santo, dagli Angeli e dai Santi, che ispira e sostiene i vivi e che garantisce l’infallibilità (ma non l’impeccabilità) del sommo Magistero ecclesiastico. Il fatto di ricevere l’Ostia direttamente sulla mano – e vi sono dei sacerdoti i quali, abusando indegnamente della loro autorità e della loro veste, sgridano addirittura i fedeli, spesso di una certa età, i quali si accostano all’altare aprendo la bocca, ed impongono loro di prendere la sacra Particola con le mani! – non è una questione di ordine puramente personale, né puramente esteriore, perché implica un preciso atteggiamento nei confronti dell’atto più importante della santa Messa, la quale, a sua volta, è l’atto più importante - sia in senso liturgico, sia in senso teologico – di tutto il culto cristiano.
Ora, sappiamo bene che Gesù Cristo, quando ha istituito questo Sacramento, non ha preteso di mettere in bocca agli apostoli il pane consacrato, ma li ha esortati a mangiare e bere, consapevoli che si trattava del suo corpo (e, per il vino, del suo sangue). Tuttavia, i comuni fedeli non sono gli Apostoli: questi ultimi ebbero l’immenso privilegio di vedere Gesù e di condividere, per qualche tempo, la sua presenza sulla terra; i comuni fedeli delle epoche successive, no. Quindi, il richiamo all’Ultima cena, che taluni fanno, per giustificare l’uso liturgico di consegnare in mano la divina Particola ai fedeli, è sbagliato. Non solo. A partire dal sesto secolo, sia nelle Chiese latine che in quelle greche si diffuse la Tradizione di distribuire la santa Comunione direttamente in bocca i fedeli; e tale uso è stato confermato e corroborato da autorevolissimi pararei teologici di svariati Padri della Chiesa, e ribadito, anche recentemente, dai pontefici, fino a Benedetto XVI. Come abbiamo visto, secondo molti di essi non solo è più giusto ricevere la Comunione in bocca, per manifestare quella umiltà, quel rispetto, quel “farsi fanciulli”, secondo l’esortazione evangelica (e i bambini piccoli ricevono, appunto, il cibo direttamente dai genitori), ma sarebbe doveroso ritornare anche all’usanza di ricevere la Comunione non stando ritti in piedi, ma inginocchiandosi, per sottolineare l’atteggiamento di umiltà e di rispetto: come facevano i nostri nonni.
Anche Benedetto XVI, la Messa, la celebrava così: distribuendo la Comunione ai fedeli che stavano in ginocchio. Forse che Benedetto XVI era un fanatico, oppure un uomo affetto da una scrupolosità morbosa, e quasi patologica? Lo dicano apertamente, tutti coloro i quali trovano cosa normalissima, e anzi una sorta di “diritto” dei cristiani che si auto-definiscono adulti, e non bambini, quello di ricevere la Comunione sulla mano, standosene ben ritti in piedi davanti al sacerdote: sacerdote che, in quel momento, è Cristo stesso. Sì, è vero: il centurione disse a Gesù: O Signore, non sono degno che tu entri nella mia casa, ma di’ soltanto una parola…; ma questo non ci autorizza a trarne la conclusione di essere “degni” che Gesù venga a noi come farebbe un amico qualsiasi, e che noi ci permettiamo con Lui una familiarità eccessiva e, comunque, sconveniente. Al contrario: più si riflette sul mistero eucaristico, e più, a nostro avviso, si arriva alla conclusione che si tratta di un dono talmente immenso, anzi, di un dono così incommensurabile, che le manifestazioni di umiltà, di rispetto, di auto-mortificazione, da parte dei fedeli, per quanto grandi, non saranno mai esagerate.
Non è un fatto di pura discrezionalità soggettiva, ma un qualcosa che investe direttamente la sostanza della relazione fra Dio e l’uomo.
Il cristiano, certamente, è stato chiamato da Gesù ad essere suo “amico” (Vi ho chiamati amici, e non servi, perché il servo non sa cosa fa il padrone, mentre io vi ho fatto conoscere tutto quel che mi ha rivelato il Padre mio, dice Gesù durante l’Ultima Cena, secondo il Vangelo di Giovanni); nondimeno, l’amicizia di Dio non può voler dire che la differenza ontologica fra Lui e noi sia stata abolita, e neppure sospesa. Di quella differenza, noi siamo e dobbiamo restare ben consapevoli, e, quindi, accostarci a Lui con timore e tremore. Questa è la parte che spetta a noi, nel momento in cui riconosciamo la nostra piccolezza, la nostra fragilità e la nostra natura di peccatori penitenti: sarà Lui, poi, a farci alzare in piedi, e ad abbracciarci con l’amore che il Padre ha mostrato per il ritorno del figlio perduto…

Ancora sulla questione della sacra Comunione in bocca o sulla mano

di Francesco Lamendola

Comunione in ginocchio: «Nella nostra parrocchia stiamo diventando un "caso strano"»


Una ragazza è "emarginata" nella sua stesssa comunità parrocchiale   perchè assieme ad altri amici di un gruppetto legato alla Riparazione Eucaristica si ...inginocchia per ricevere la Santa Comunione. 
Pubblichiamo alcuni passi di un toccante intervento della giovane salvaguardando l'identità e la località dei giovani, alcuni giovanissimi  oggetto di scherno e di emerginazione da parte dei  stessi fratelli e delle sorelle della loro comunità parrocchiale.
Il doloroso  sfogo della giovane  ci mostra il reale volto attuale della chiesa "della misericordia" nella quale "nessuno deve essere emarginato" ma che invece perseguita crudelmente  coloro che vogliono adorare in ginocchio, come hanno fatto tutti i Santi,  il Signore Gesù Cristo presente "nell'Ostia radiosa".
Quei supponenti persecutori , chierici o laici, che sentono puzza di "setta" solo in aerea "tradizionale" invece di emarginare  "e a presentarsi alla porta di casa" dei ragazzi che si mettono in ginocchio per accogliere Gesù Sacramentato potrebbero almeno cercare di capirne le motivazioni spirituali. 
Rinnoviamo ai giovani, che qualcuno vorrebbere affidare alle cure psichiatriche (siamo a questo punto!!!),  la nostra fraterna ammirazione accompagnata da un duplice consiglio:
- rimanete sempre ostinatamente ancorati alla vostra comunità parrocchiale che, per quanto disastrata e crudele, è la vostra casa dalla quale non dovreste mai allontanarvi: mai gruppi o gruppetti isolati! Mai!
Il vostro parroco e i vostri fratelli parrocchiani siano sempre degli onesti"notai" di ogni vostro fare;
- permanete nel vostro santo proposito di comunicarvi in ginocchio perchè la Chiesa di sempre vi sostiene. 
Da parte nostra continueremo a segnalare alla competente Congregazione Vaticana anche questo caso di violenza psicologica nei confronti di alcuni normalissimi giovani dotati di una particolare devozione eucaristica.
AC 
Allora.....siamo al ridicolo. 
Nella nostra parrocchia stiamo diventando un "caso strano"

" ... Nella nostra parrocchia stiamo diventando un "caso strano".
Alcuni ricevono la comunione in ginocchioper sua scelta estremamente personale.
Ci conosciamo benissimo. 
Siamo amici e anche fratelli, ma tra di noi non ci siamo fatti la domanda "perché tu ti inginocchi? " Sono talmente fissati che possiamo essere vittime di una setta o di una psicopatica .., che vanno a fare domande e a presentarsi alla porta di casa "perché siamo preoccupati per voi. Forse non state bene". Basterebbe conoscere l' ABC del catechismo e il significato della liturgia per non porre razionalmente la domanda più stupida del mondo. 
Sappiate che stiamo benissimo. godiamo di ottima salute psichica e fisica. 
Anche nelle nostre famiglie vaa tutto bene ..grazie. 
E sì....qualcuno ci dice di metterci in ginocchio davanti a Dio: è la nostra coscienza individuale e personale che ce lo chiede !
Cercate nel Catechismo il significato di Coscienza o Primo Maestro interiore ecc..ecc. .e leggete meno cose inutili. ... 

P.S. Alla veglia di Pentecoste ci siamo inginocchiati anche davanti al  Arcivescovo. e non ha mosso obiezione alcuna. né in quel momento né in seguito. ... "

domenica 19 giugno 2016

In nome del pietismo

Il partito ricco e potente che nella Chiesa vuole smantellare la morale in nome del pietismoIl Sinodo sulla famiglia ha messo in evidenza la determinazione con cui un gruppo di pastori e teologi non esitano a minare la coesione dottrinale della Chiesa. Opera con l'appoggio di alcune delle più alte autorità della Chiesa. E agisce come un partito che cerca il favore dei media e del potere politico. Schooyans: «La santità della Chiesa è in pericolo là dove i casuisti sfruttano la debolezza degli uomini e predicano una devozione facile e dimentica della Croce»

Pubblichiamo in esclusiva per l'Italia la terza e ultima parte di un breve saggio di monsignor Michel Schooyans (Dalla casuistica alla misericordia - Verso una nuova arte di piacere?), dedicato all'eclissi della morale cattolica perseguita da teologi e pastori della Chiesa. Monsignor Schooyans è professore emerito dell'Università di Louvain-la-Neuve (Belgio), membro della Pontificia Accademia di Scienze Sociali e consulente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. È autore di numerosi libri e saggi su bioetica, demografia, politiche globali dell'Onu. Su richiesta personale di Giovanni Paolo II, che lo volle come collaboratore della Santa Sede, ha scritto anche una Via Crucis per le famiglie (2001). 

I santi non sono “grandi”, gli basta essere santi.

L’allegro integrismo del card. Biffi, apostolo del sorriso e della verità

Un libro ricorda l’ex vescovo di Bologna. Principe della chiesa e critico letterario, denunciò il politicamente corretto e la fede intossicata dal troppo dialogo

Cardinale Giacomo Biffi Foto LaPresse
Giacomo Biffi fu apostolo del sorriso, della polemica pugnace e beffarda, di una verità fortemente sentita, creduta, ragionata, mai esposta con malevolenza ed esclusivismo. Secondo Romano Guardini, che ne ha scritto a proposito di Pascal e della sua scelta finale del silenzio, non esistono “grandi cristiani”. I santi non sono “grandi”, gli basta essere santi, che non è notoriamente poca roba. E l’intelligenza cristiana delle cose è un essere contenuti nel più piccolo, un loyoliano contineri a minimo, che non prevede, appunto grandezze. Tuttavia le qualità intellettuali e le virtù pubbliche di personalità del mondo cristiano, che giganteggiano nel loro tempo, possono essere definite grandi. Nel caso di Giacomo Biffi questo è per me sicuro.

Una chiesa più povera di dottrina

Chiesa di Bologna: in marcia verso la povertà!
 Svolta "misericordiosa" anche a Bologna; la priorità va a: dialogo con l'islam, lotta all'omofobia, celebrazione della CGIL e accoglienza a immigrati e carcerati.
 Il plauso del "Manifesto - quotidiano comunista": dalla nuova pastorale sembrano scomparsi divorzio, aborto, droga e valori non negoziabili.

Il nuovo arcivescovo di Bologna, insediatosi nel dicembre 2015, procede con decisione a rendere la Chiesa felsinea più povera:

Er mejo "fico" der bigoncio

Papa Bergoglio: “Gesù fa un pò lo scemo…” e altre inaudite espressioni

(di Antonio Socci su www.antoniosocci.com) E’ clamoroso – per un papa – confondere il diavolo (dalla doppia faccia) con Gesù. E’ successo giovedì quando Bergoglio ha evocato erroneamente un capitello della cattedrale di Vézelay: uno “scambio di persone” emblematico di questo pontificato, anche se dovuto probabilmente a qualche ghost writer superficiale.
E’ invece farina del suo sacco il confonderli (Gesù e il diavolo) addirittura per prospettare che Giuda si sia salvato (senza essersi pentito) dando ad intendere così che nemmeno lui è finito all’inferno… Non si sa se questo papa creda all’inferno, ma – a sentire lui – se c’è sembra che ci vadano solo quelli che sono contrari all’immigrazione di massa, quelli che usano condizionatori o bicchieri di plastica e i cristiani che seguono il Vangelo alla lettera.

Le foglie del fico

   Una Chiesa sempre più divisa


La Chiesa della Misericordia continua a colpire. Ricordate i Francescani dell’Immacolata di Padre Stefano Manelli?Ordine fiorente, centinaia di frati e di suore, benvoluto da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI. Alcuni anni orsono è iniziata l’opera di demolizione, canonica e mediatica. Su Manelli si è detto di tutto, ogni accusa è stata rilanciata da giornalisti compiacenti legati alla Curia, ma sino ad ora non si è visto nulla di concreto.

Orlando..Sardinia, Italy

Se il mostro è un prete contrario alle unioni gayUn sacerdote sardo critica nell'omelia la legge sulle unioni civili, condanna gli atti omosessuali citando San Paolo. E così scoppia il caso, con una petizione online indirizzata al Papa per chiederne la rimozione. È ormai questo il modo per intimidire i preti e ridurre al silenzio qualsiasi forma di dissenso. Senza neanche bisogno della legge Scalfarotto.

Stai a vedere che il vero responsabile della strage di Orlando è un prete della diocesi di Cagliari. È il sospetto che viene leggendo l’ampio servizio che il sito del Corriere della Sera ha dedicato a don Massimiliano Pusceddu, definito «prete anti-gay», e ora addirittura oggetto di una petizione indirizzata al Papa, in cui se ne chiede la rimozione, e che – dice il Corriere – ha già raccolto migliaia di firme.

«Non era infatti quella la stagione dei fichi...»

Lo strano caso del fico di Betania
Cosa si cela dietro il sorprendente episodio del fico di Betania? La ripugnanza divina verso tutto ciò che ha apparenza ipocrita e nessuna consistenza di vera carità verso Dio e il prossimo. Gesù elimina ciò che non dà frutti per la Vita eterna, e andando verso Gerusalemme si dispone ad essere il vero Frutto che, sul legno sterile della croce, dà la Vita agli uomini.

Nostro Signore Gesù Cristo è il Maestro perfetto, il sommo Docente, l’Insegnante sapientissimo e insuperabile della Parola di Dio. Nei tre anni di vita pubblica non cessò mai di predicare nelle sinagoghe, di annunciare il Regno dei cieli in parabole, opere e miracoli strepitosi.
Non perdeva neanche un’occasione per rafforzare la fede, la speranza e la carità nei suoi Discepoli che spesso rimanevano sorpresi, e qualche volta anche sconcertati, per la novità della dottrina e per la potenza taumaturgica che promanava dalla sua Persona.

I loro frutti..


GIOVANNI XXIII, PAOLO VI,
GIOVANNI PAOLO II, FRANCESCO I
E LA MODERNITÀ



Ripreso da SI SI NO NO, anno XLII, n. 10, del 31 maggio 2016

via Madonna degli Angeli, 78, 00043 Velletri
tel. 06. 963.55.68; fax 06.963.69.14
sisinono@tiscali.it


L'immagine sottostante è nostra





1°) Giovanni XXIII nel Discorso di apertura del Concilio (11 ottobre 1962) disse: “feriscono talora l’ orecchio suggestioni di persone […]  che nei tempi moderni non vedono che prevaricazione e rovina; vanno dicendo che la nostra età, in confronto con quelle passate, è andata peggiorando. […]. A Noi sembra di dover dissentire da codesti profeti di sventura (1),  che annunziano sempre eventi infausti […]. Sempre la Chiesa si è opposta agli errori, spesso li ha condannati con la massima severità. Ora, tuttavia, la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che della severità. […]. Non già che manchino dottrine fallaci […], ma oramai sembra che gli uomini di oggi siano propensi a condannarle da se stessi ” (Enchiridion Vaticanum, Documenti. Il Concilio Vaticano II, EDB, Bologna, IX ed., 1971, p. [39] e p. [47]).

Insensato, oltre che banale

Il papa e i matrimoni superficiali«Allora è 

meglio prima convivere»

Francesco ammorbidisce nel testo scritto la frase sull’entità delle nozze nulle

Luigi Accattoli  


No ai matrimoni facili, mondani, riparatori: cioè quando lei è incinta e si fa tutto in fretta. Chi si sposa dev’essere consapevole di un impegno che è «per tutta la vita». Meglio un buon matrimonio dopo una convivenza che un matrimonio improvvisato. Tanti matrimoni sono nulli per mancanza di consapevolezza. L’ha detto il Papa giovedì aprendo il convegno annuale della Diocesi di Roma.
I CULTORI DELLE REGOLE
Ce ne sarebbe già abbastanza per far saltare sulla sedia i cultori delle regole, sempre numerosi nella Chiesa. Ma c’è di più: svolgendo la sua argomentazione Francesco, che rispondeva a braccio alla domanda di un convegnista, ha detto che a motivo dell’impreparazione degli sposi «una grande maggioranza dei nostri matrimoni sacramentali sono nulli»; ma il giorno dopo — aveva parlato in serata, dopo le 20 — il testo pubblicato dalla Sala Stampa era meno tranciante: «Una parte dei nostri matrimoni sacramentali sono nulli».

sabato 18 giugno 2016

Qual è la vera Chiesa?


http://www.libertaepersona.org/wordpress/2016/06/qual-e-la-vera-chiesa/

In questo tempo di crisi religiosa

L'Apocalisse secondo i Padri della Chiesa

e l'annientamento dell'anticristo
Il Piccolo Numero degli Eletti, la Mancanza di Fede alla Parusia e il Messaggio dell’Apocalisse: dichiarazioni e documenti dei Padri della Chiesa
di Don Curzio Nitoglia
L'Apocalisse e l'annientamento dell'anticristo, secondo i Padri
 1 – I pochi eletti rispetto ai molti dannati                                                      
Roma – di Don Curzio Nitoglia – In questo tempo di crisi religiosa, che attanaglia specialmente il cattolicesimo, molti interpretano la parabola di Luca (XVIII, 6 ss.) in modo strettamente letterale e la applicano alla maniera di esistere della Chiesa verso la fine del mondo (grande apostasia, anticristo e parusia). Ne deducono, quindi, che la Chiesa allora (e analogicamente nella crisi odierna) non sarà più visibile nella sua gerarchia (Papa e Vescovi); essa si ridurrà a pochissime anime pie, che manterranno la vera fede in maniera totalmente nascosta. Questa concezione, però, cozza contro la natura della Chiesa come è stata istituita da Cristo e si avvicina impressionantemente al concetto luterano di Chiesa, condannato dal magistero ecclesiastico, come società invisibile composta di soli santiPer capire il significato genuino della parabola di Luca (XVIII, 6 ss.) è bene esporre l’analogia che intercorre tra la dottrina del piccolo numero di coloro che si salveranno (Mt., VII, 13) e quella sul piccolo numero di coloro che manterranno la fede verso la fine del mondo. Alla domanda se son più quelli che si salvano o quelli che si dannano, Gesù risponde che la strada la quale porta alla perdizione è larga e sono molti ad imboccarla, mentre la strada che conduce alla salvezza è stretta e son pochi a prenderla. Quindi esorta a fare tutto il possibile per entrare in Paradiso attraverso la via stretta.