ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 21 ottobre 2016

Allegria di naufraghi

LA MORTE DELLA MORTE

Europa, il cimitero che ha rimosso la morte. Ognissanti sostituita da Halloween: l’uomo europeo è oggi un animale presuntuoso che si è proclamato invano padrone della vita accontentandosi di diventare padrone della morte 

di Roberto Pecchioli    



Il funerale di Dario Fo ha espresso una volta ancora il peggio dell’Italia contemporanea: l’occupazione “laica” del sagrato del Duomo, la presenza della squallida compagnia di giro degli intelligentoni di sinistra, al comando di Gad Lerner e Roberto Saviano, le bandiere rosse ed i pugni chiusi di un’attempata platea grondante un rancore antico sotto la pioggia autunnale, il figlio del morto barbuto ed ultracomunista che ringrazia i compagni, gli imbarazzanti applausi alla bara che sembrano essere diventati copione obbligato dei riti funebri, la banda che ha suonato Bella Ciao ad un milite (pentito, pentito !) della Repubblica Sociale, l’elogio al defunto affidato a Carlin Petrini, quello di Slow Food. Proprio il gastronomo di Bra ha pronunciato la frase che ispira il presente scritto: “oggi andate a casa, e mangiate e bevete, e, se potete, fate l’amore”. Una grossolana rimozione della morte in linea con il personaggio Fo.

Jim Jorge nella giungla..

Bufera all’Istituto Giovanni Paolo II

Mancano ormai pochi giorni al varo ufficiale del nuovo anno accademico presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi sul Matrimonio e la Famiglia: la data fissata è quella del 27 ottobre. Un Istituto, però, che si presenta con un volto profondamente mutato rispetto a quello conosciuto fino a qualche tempo fa.
A tener la prolusione era stato invitato il card. Sarah, ma non sarà così. Ai primi di ottobre si è verificato un colpo di scena, è giunto il contrordine e ad inaugurare l’anno sarà papa Francesco in persona.

Le altezze teologiche..

La Rivelazione di Bergoglio secondo Introvigne

di Patrizia Fermani.

zntrdfMaurizio Vitali a nome di CL e Massimo Introvigne, a nome proprio, hanno dunque sentito l’urgenza di tracciare un accurato organigramma delle varie componenti del tradizionalismo, o fondamentalismo cattolico, che da posizioni molto variegate confluiscono tutte nella critica severa alla dottrina teologico politica bergogliana. Il tutto, anche  a scopo garbatamente minatorio.
Entrambi  gli autori però, mentre spiegano  chi sono i tradizionalisti,  riescono soprattutto a mostrare, per contrasto, il proprio  orizzonte culturale e teologico. Orizzonte già noto nella sostanza, ma che ora appare proprio senza veli.

Il fantomatico movimento oppositivo

Riflessioni marginali da parte di chi è ... marginale ..... ad un'intervista di Giacomo Galeazzi

Dopo l’articolo di domenica scorsa pubblicato su ben due paginoni centrali dal quotidiano de La Stampa, per parlare di un movimento – asseritamente marginale all’interno della Chiesa – di contrasto al Vescovo di Roma, il co-autore dott. Galeazzi è ritornato sul tema con una sua intervista: Pierluigi Miele, La “Cyber guerra” contro Papa Francesco. Intervista a Giacomo Galeazzi, in Rainews, 18.10.2016. Ci sarebbe da dire: se il fantomatico movimento oppositivo fosse marginale, o pressoché irrilevante, l’enfasi che se ne è data è certamente controproducente, poiché significa tirarlo fuori da quella presunta marginalizzazione o irrilevanza in cui sarebbe confinato, dandogli notorietà (cfr. Goffredo Pistelli, La Stampa cala l’elmo in difesa di Papa Francesco dai putiniani, in Italiaoggi, 20.10.2016).
Forse era questo il vero intento dei dott.ri Tornielli e Galeazzi? Cioè tirar fuori dall’anonimato ed indistinto quel movimento variopinto? Non si attacca se non chi si teme o, forse, guardando al subconscio, quelli che, segretamente, si ammirano o, forse, ancora si bacchettano questi movimenti “marginali”, ma in realtà si vorrebbe bacchettare il Vescovo di Roma … secondo l’adagio Parlare a nuora, perché suocera intenda.
Non abbiamo il tempo di seguire le reazioni a quest’articolo né vogliamo esprimere dirette considerazioni, benché ce ne sarebbero. Francamente, però, questa dimostrazione di “muscoli” non ci interessa, preferendo seguire la nostra strada.
Per chi, con animo più battagliero del nostro, voglia seguire un po’ da vicino queste vicende rinviamo volentieri ai vari aggiornamenti forniti da MiL (v. Lista di proscrizione sui cattolici “cattivi”: numeri di lettori dei blog, altre considerazioni e secondo aggiornamento, in blog MiL – Messa in latino, 20.10.2016Aggiornamenti sugli articoli de La Stampa e La Nuova Europaivi, 17.10.2016Articolo de La Stampa di oggi sui tradizionalisti: alcune nostre riflessioniivi, 16.10.2016MiL annoverato tra gli “adoratori” di Putin antibergogliani. (La Stampa 16.10.2016)iviQui rilancia le risposte di don Nicola Bux già da noi pubblicate qualche giorno fa e che sono state parimenti pubblicate, riprese dal nostro blog, da Chiesa e postconcilio e da Cristianesimo cattolico) così come a Chiesa e postconcilio (La Stampa: Tornielli, Galeazzi & Introvigne inseriscono CHIESA E POSTCONCILIO nel “grande gombloddoh” antibergogliano, in Chiesa e postconcilio, 16.10.2016), a Radiospada (Cristiano Lugli, Le comiche: ‘La Stampa’ e i suoi strafalcioni su Radio Spada & co., in Radiospada, 18.10.2016), a Riscossa cristiana(Alessandro GnocchiFuori moda - La posta di A. Gnocchi, in Riscossa cristiana, 20.10.2016; Paolo DeottoLa Stampa, Galeazzi, Tornielli, Introvigne. C’è un nuovo “cattivo” da mettere alla gogna: chi critica Bergoglio e apprezza Putin. Ma soprattutto c’è il tentativo (goffo) di inoculare un veleno più sottile, in ivi, 17.10.2016), a Libertà e persona(Francesco AgnoliLe terribili poltiglie di Andrea Tornielli, in Libertà e persona, 16.10.2016Id., Gli adoratori di Putin (anche Benedetto XVI e Francesco?)ivi, 17.10.2016;Asianews risponde alle accuseivi, 18.10.2016CaiusCritica a Galeazzi: disinformazione, calunnia e diffamazione?ivi, 19.10.2016), a Sandro Magister (il quale non ha mancato di sottolineare gli errori dozzinali in cui è incorso il Vescovo di Roma: Quanti errori, Santità. E qualcuno da matita blu, in blog www.chiesa, 19.10.2016) ed agli amici Francesco Colafemmina (Vatikan Pravda, in Fides et forma, 16.10.2016) ed Antonio Socci (Ecco perché gli italiani non credono ai giornali (e non li leggono). Ed ecco perché l’opposizione a Bergoglio è esplosa sui siti internet, in Lo Straniero, 20.10.2016). Questi sono molto più qualificati di noi per replicare, punto per punto, come merita l’articolo de La Stampa. L’unico rammarico è che il nostro blog non è stato neppure menzionato, benché spesso sia stato evocato da altri … Forse siamo ancor più marginali. Ed insignificanti. Meglio così. In una prospettiva evangelica ciò che è disprezzato, è appunto marginale, diviene fermento e creta malleabile per essere forgiata da Dio stesso per i suoi fini. 
Ah … dimenticavamo: anche Il Sussidiario si scopre essere un fan di Putin … (v. Carl Larky,Il gioco pericoloso di Obama per incastrare Trump e aiutare Hillary, in Il Sussidiario, 19.10.2016).
No. A noi non interessano molto questi discorsi. A noi è più congeniale un profilo più discreto, più attinente alla dottrina. Per questo riprendiamo dall’articolo di Miele l’intervista al dott. Galeazzi semplicemente per sfatare un mito: che cioè il sostegno di una maggioranza voglia significare giustezza delle ragioni e che una minoranza si coniughi necessariamente e sempre con il torto. 
E questo mito va subito sfatato per una serie di ragioni:
1. in primo luogo non può sfuggire come questa maggioranza/minoranza sia governata dal notevole impatto mass-mediatico che Francesco riceve. Indubbiamente si tratta di un personaggio che gode un forte favore sui maggiori mass-media. Chi lo nega? I media, non servono analisi sociologiche al riguardo, sono in grado di creare la fortuna o la sventura di una persona, buona o pessima che sia. E miti. E così ad es. si è imposto il mito di un “Papa amante dei poveri” o di “Papa ecologico” o altre amenità. Eppure si dimentica che proprio questo papa, o chi per lui (visto che chi lo fa, lo compie in suo nome), non disdegna di voler dare in locazione un enorme immobile a Borgo, nella Città Leonina, alla multinazionale Mac Donald, non certo famosa per il rispetto della biodiversità e l’impegno ecologico, suscitando l’irritazione anche di alcuni prelati; o permettere di aprire in via della Conciliazione un locale di movida dell’Hard rock Cafe in luogo della sacra Elledici. Non si può ancora dimenticare l’affitto, alla nota casa automobilistica Porsche, per un evento mondanissimo … ovviamente “per i poveri”, della Cappella Sistina … quasi che la stessa non fosse più luogo di preghiera, ma auditorium per eventi mondani asseritamente benefici (Domus mea domus orationis vocabitur e non giàspeluncam latronum, esclamerebbe il Salvatore!). 
Philip Alexius de László, Pio XI, 1924,
University of Oxford - Bodleian Library & Radcliffe Camera, Oxford.
Pio XI qui, secondo il parametro dei nostri autori
e fan del Vescovo di Roma, apparirebbe in posa
da ... principe rinascimentale (sic!)
Sempre il nostro vuol degradare Castel Gandolfo a museo, cercando di captare, dietro ovviamente esborso di denaro, le pruriginose curiosità del pubblico odierno dei media che accorrerà, sulle prime, a vedere dove (ci sia permesso usare il tono ironico-sarcastico!) ilbuongustaio Pio XI pranzava, o dove singhiozzava il discusso Pio XII o i passaggi, più o meno segreti, delbonaccione Giovanni XXIII o il letto magnificentissimo in cui l’efferatoBenedetto XV passava i suoi ozi o, infine, lo studio in cui il perfido Paolo VI compose l’Humanae vitae, per poi - dopo qualche mese - reputare tutto un piccolo ammasso di anticaglie e lasciar perdere e magari mettere all’asta per rastrellare il fondo del barile … ovviamente sempre per … i poveri …. dando ovviamente alla notizia la massima enfasi mass-mediatica.
Resterebbe aperto, dunque, l’interrogativo se le figure costruite dai mass-media siano reali o meno. Ma questo sarebbe un altro discorso.
2. In secondo luogo, va rammentata la prospettiva evangelica. Questo consenso “mondiale”, questo plauso coniuga forse l’ottica evangelica? A noi sembra proprio di no. Chi poco poco conoscesse il Vangelo saprebbe benissimo che il consenso “di questo mondo” è, anzi, guardato con estremo sfavore. “Questo mondo”, infatti, è al servizio di colui che Gesù stesso affermò essere il “principe di questo mondo”: quest’ultimo, nelle celebri Tentazioni, volle offrirglielo, perché, diceva: “è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio” (Luc. 4, 6) …. a condizione che, prostrandosi, lo adorasse. In una prospettiva, dunque, evangelica, il plauso “di questo mondo” dovrebbe far inorridire un cattolico e non compiacere. Gesù indica chiaramente, non a caso, la strada del vero discepolato: “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia” (Johan. 15, 18-19). La parola del Signore, dunque, non lascia dubbio alcuno: il mondo ama ciò che è suo, ciò che gli appartiene e gli è proprio e congeniale. Ognuno, dunque, ne tragga le debite e logiche conseguenze. La minoranza, asseritamente di “oppositori”, perciò, lungi dall’essere capodica, è, anzi, composta di quei pochi che, non facendosi abbagliare dalle luci della ribalta e dalle luci del mondo, cerca di leggere gli eventi con obiettività, tenendo, o cercando di tenere, innanzi agli occhi il Vangelo e la Verità.
3. In terzo luogo, ci sarebbe da domandarsi in che misura questo consenso “mondiale” sia sincero. Bisognerebbe domandarsi quanta parte di questo plauso non sia interessato; interessato non al bene delle anime, cioè alla loro salvezza eterna, ma per godere di più limitati e contingenti benefici. Bisognerebbe vedere quanti, ad es., nel clero – a differenza di quanto avveniva in passato – pur consapevoli dell’infondatezza e dell’erroneità delle ragioni del Vescovo di Roma manifestino nondimeno un consenso apparente, magari per beneficiare di qualche promozione ecclesiastica presso la nuova corte dei miracoli o, più semplicemente, per “non avere noie” dai propri superiori. Quanti fedeli, poi, più o meno lontani dalla regolare pratica religiosa e dal depositum fidei, e quindi fedeli solo in quanto registrati nei registri di battesimo, sarebbero consapevoli della fondatezza/infondatezza delle motivazioni del Vescovo di Roma? Francamente ci riesce difficile immaginare che un fedele, che, a malapena fosse in grado di segnarsi con la Croce, poi riesca ad esprimere un consenso o un dissenso consapevoli. Quel che si vuol dire insomma è quanta parte di questo consenso sia costituita da una massa informe ed anodina di “pecore matte” di dantesca memoria, manipolata dai mass-media ed affascinata da zuccherosi, e poco virili, abbracci e bacetti? Quanta poi, in situazione irregolare, esprime un consenso decisamente interessato, pensando al proprio particulare?
Per cui, non si dovrebbe equiparare una minoranza al torto delle ragioni: ciò che certamente non si può fare è l’equiparazione contraria, cioè attribuire al consenso della maggioranza la correttezza delle motivazioni.
Un dettaglio non secondario abbiamo dimenticato: l’analisi dei dottori Tornielli-Galeazzi è parziale perché circoscritta solo al fenomeno italiano, forse neppure molto rappresentativo. Dovrebbero estenderla anche a livello più universale per avere uno sguardo più completo.

Augustinus Hipponensis


giovedì 20 ottobre 2016

La Chiesa 2.0 e l’ermeneutica della confusione

                                    

Tempi difficili per i cattolici. Non bastavano le feroci persecuzioni in Africa e in Medioriente o le leggi bavaglio delle avanguardie mondialiste in Occidente. No, pare che di questi tempi ci si mettano pure i giornalisti cattolici a dare sante “legnate” ai loro fratelli più “intransigenti”. Ormai sembra essere in corso una guerra interna al mondo cattolico. Non è certo questa una novità!
La Chiesa ha sempre visto lo scontro al suo interno di fazioni contrapposte, sin dalla sua origine. Ma allora perché oggi la situazione sembra essere peggiore che nel passato? La risposta sta in quella che possiamo ormai definire “l’ermeneutica della confusione”.

Nel corso della storia la maggior parte di scontri intestini alla vita della Chiesa erano per lo più su questioni politiche e, non raramente, di potere. Non sono mai mancati, chiaramente, anche scontri dottrinali su principi e dogmi di fede. Su questi però l’ultima voce, quella risolutiva, spettava (e spetta anche oggi) al Magistero guidato dal Romano Pontefice. La differenza abissale con il passato non sta nel deragliamento dei teologi e degli intellettuali, ma in quello apparente dei pastori. I Concili del passato hanno rimesso sempre in ordine errori, eresie, sviamenti, debolezze con autorità e fermezza. Ma dal Concilio Vaticano II in poi assistiamo ad un fenomeno inverso. Non solo il CVII non ha risposto ad alcun errore (eh si che c’è n’erano!!) ma parte della confusione e dei problemi che investono l’attuale stato della Chiesa sembrano provenire proprio da alcune “spericolate” aperture dei documenti conciliari, ma ancora di più, dal famigerato “Spirito del Concilio”.  Di questo hanno veramente scritto e dibattuto i più importanti intellettuali cattolici e non degli ultimi quarant’anni, fino a papa Benedetto XVI. È dunque inutile rivangare ciò. L’attenzione, ormai, va posta sullo stato di cose che inevitabilmente è figlia di quello “spirito”, ovvero la Chiesa attuale. “L’ermeneutica della confusione” è talmente evidente che scrittori, giornalisti, intellettuali, semplici fedeli che hanno passato la loro vita a difendere la Chiesa, pagando spesso cari prezzi in termini di lavoro, carriera, emarginazione, oggi siano considerati mandanti oscuri di trame anti-papiste, squadroni che lavorerebbero alla dissoluzione di quella Chiesa a cui hanno dedicato e offerto quasi tutta la loro vita. La singolarità di ciò è data dall’esercito di accusatori: un’accozzaglia che va dai peggiori anticlericali, atei militanti, cripto-comunisti (che fino a ieri lottavano per la demolizione della Chiesa e del Vicario di Cristo0), al progressismo più radicale fino a giornalisti cattolici costretti ad acrobazie intellettuali pur di difendere ciò che prima, essi stessi, attaccavano fermamente. L’ultimo, in termini di esempio, è la scioccante adesione della CEI alla marcia dei radicali (ovvero di coloro che da anni lottano per l’eutanasia, l’aborto, passando attraverso l’utero in affitto, il divorzio, le unioni omosessuali, l’inseminazione artificiale, ecc..) dopo aver pubblicamente declinato l’invito a partecipare alla “Marcia per la Vita” e al recente “Family Day”. Se a questo aggiungiamo le problematiche affermazioni che accompagnano quasi ogni viaggio del Papa, alla frattura aperta durante i due Sinodi sulla famiglia e mai ricucita (circa la Comunione ai divorziati risposati) a cui l’esortazione “Amoris Laetitia” ha contribuito ad alimentare lo stato di confusione, ai recenti festeggiamenti in Vaticano (con tanto di statua commemorativa) dell’eretico Lutero (proprio il giorno in cui si ricordava l’ultima apparizione della Vergine a Fatima), alle liste di proscrizione di fedeli, sacerdoti e cardinali un tempo considerati dei fari e oggi delle zavorre da lasciar cadere, il quadro è completo. Siamo di fronte, dunque, a contraddizioni talmente palesi con i magisteri precedenti da superare il fine dibattito teologico, ed interessare ormai il semplice fedele che, giorno dopo giorno, è messo di fronte ad un “aggiornamento” della Chiesa nel quale non si riconosce più. È per questo che oggi molti filosofi ed intellettuali cattolici sembrano vivere un torpore confortevole che non li rende consapevoli della reale situazione. Avallano con argomenti deboli e superficialmente ciò che invece, per il ruolo che occupano, dovrebbero trattare con la massima serietà e professionalità. Un tempo le gerarchie, pur con tutti i loro problemi e i loro limiti, sono sempre riuscite a ricucire pericolosi strappi dottrinali e a mantenere intatto il “depositum fidei”. Oggi sembra che il caos provenga proprio dai piani alti della Chiesa, da coloro che sono chiamati a guidare il gregge, coloro a cui lo stesso Gesù un tempio ha detto: “a chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto”.
Gianburrasca


21 ottobre 2016

Dichiarazione di solidarietà cattolica

L'Amicizia San Benedetto Brixia ha diffuso questa Dichiarazione, che ben volentieri riprendiamo.
DICHIARAZIONE DI SOLIDARIETÀ CATTOLICA


L'Amicizia San Benedetto - Brixia, in seguito all'uscita di alcuni articoli de “La stampa” (16/10/2016 e 17/10/2016 ) relativi a veri e presunti oppositori di papa Francesco, è rimasta impressionata dall'arbitrarietà, dall'insipienza e dalla malevolenza degli attacchi in essi contenuti. 

È superfluo citare la sorprendente e inopportuna commistione tra questioni teologico-ecclesiastiche e simpatie politiche, poiché è dal 1983 (anno di revoca della " scomunica ai comunisti") che vi è la libertà personale relativa all'adesione politica, pur rimanendo la responsabilità sulle singole scelte. 

Riteniamo, invece, importante redarguire fraternamente gli autori degli scritti, perché si servano degli strumenti che hanno a disposizione per la sana informazione e per il bene della Chiesa e non per fomentare lo scontro tra cattolici legati a sensibilità diverse. 

Desideriamo, infine, esprimere la nostra vicinanza, la nostra solidarietà e il nostro sostegno a coloro che sono stati ingiustamente accusati; ci rivolgiamo, in modo particolare, ai cardinali Carlo Caffarra e Raymond Leo Burke, che è stato ospite della nostra associazione il 15 maggio 2015, al vescovo Athanasius Schneider e a don Nicola Bux, anch'egli nostro ospite il 31 marzo 2016. 


Facciamo nostra una pubblica presa di posizione del Cardinale Burke riguardo l'Esortazione Apostolica Amoris laetitia



«Questo documento [...] deve essere accolto con quel profondo rispetto dovuto al Romano Pontefice in quanto Vicario di Cristo, che è, secondo le parole del Concilio Ecumenico Vaticano II: “perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli” (Lumen Gentium, n. 23). 
Alcuni commentatori confondono questo rispetto con un presunto obbligo di credere “per fede divina e cattolica” (can. 750, § 1) tutto quanto è contenuto nel documento. Ma la Chiesa cattolica, pur insistendo sul rispetto dovuto all’Ufficio petrino, in quanto istituito da Nostro Signore stesso, non ha mai sostenuto che ogni affermazione del Successore di Pietro debba essere ricevuta come parte del suo Magistero infallibile». 

Affidiamo il senso e l’esito di tale Dichiarazione all’intercessione e mediazione invincibile di Maria, Madre delle Grazie, patrona della nostra diocesi. 

Vos autem dixi amicos

lì Brescia 21/10/2016
Amicizia San Benedetto Brixia


http://blog.messainlatino.it/2016/10/dichiarazione-di-solidarieta-cattolica.html

Ma non facciamo ridere i polli, ops, gli atei!

Autore: Mondinelli, Andrea  Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele
Fonte: CulturaCattolica.it
venerdì 21 ottobre 2016

Una congregazione che protesta verso i protestanti
Una congregazione che protesta verso i protestanti

Cari amici,
veramente gustoso, chi l’avrebbe mai detto, questo articolo di Massimo Maiurana sul blog dell’uaar (unione atei agnostici razionalisti):

Perché la laicità sta a un livello superiore sia rispetto alla fede che all’ateismo, non è sinonimo né dell’una né dell’altro e certamente le due dimensioni non possono coesistere nella stessa persona. Ci mancherebbe altro. O possono?
La risposta arriva dal freddo Canada ed è quasi sconcertante: sì, si può appartenere a una congregazione religiosa e allo stesso tempo non credere in Dio, non è un ossimoro . Anzi, si può perfino creare una congregazione di fede che paradossalmente della fede non tiene proprio conto, parola della pastora reverenda Gretta Vosper, della West Hill United Church di Toronto, che dichiara apertamente «noi non parliamo di Dio». Caspita, una Chiesa che non parla di Dio. Più o meno come un’associazione ambientalista che non parla di alberi, o un circolo della caccia dove non si parla di armi da fuoco . Ma Vosper insiste sostenendo che la sua Chiesa, che è senz’altro tale per sua stessa denominazione, si rivolge a coloro i quali sono «in cerca di una comunità che li aiuti a riempire la loro vita di significato senza ricorrere a Dio».Anzi, per lei sarebbe addirittura tempo che la Chiesa in generale la smetta di «idolatrare un Dio teistico».
[…] Non può prescindere dalla fede senza rinnegare se stessa. Se lo fa non è una ChiesaDevo ammettere che faccio fatica ad assimilare concetti così contraddittori . Anzi, diciamo pure che non ci riesco proprio, è qualcosa che esula dalle mie capacità cognitive, probabilmente un difetto mio. Una Chiesa, per come la intendo io, è una comunità di fede e quindi non può prescindere dalla fede senza rinnegare se stessa. Se lo fa non è semplicemente una Chiesa, è qualcosa di diverso .

Il problema della Chiesa di Vosper però non è la sua identità, anche perché in tal caso non sarebbe nemmeno un problema per il semplice fatto che non riguarda gli altri. Uno può anche definirsi vegano e addentare una costoletta, e sarebbe senza dubbio libero di vivere la propria contraddizione finché non pretende che un altro vegano lo sostenga mandando giù a sua volta una salsiccia. Il problema di Vosper è infatti proprio questo: convincere la United Church of Canada, federazione a cui aderiscono varie Chiese cristiane, a mantenere affiliata la sua Chiesa pur riconoscendola come atea.
Un po’ troppo anche per la liberale Chiesa protestante canadese, tant’è che Don Schweitzer, uno dei suoi esponenti di punta, ammette: Il problema di Vosper è infatti proprio questo: convincere la United Church of Canada, federazione a cui aderiscono varie Chiese cristiane, a mantenere affiliata la sua Chiesa pur riconoscendola come atea.


E’ la prova evidente che padre Cornelio Fabro aveva proprio ragione:

Il momento negativo esprime la liberazione raggiunta dall’uomo moderno – con un processo iniziato già nel secolo tredicesimo – da ogni strettoia metafisica ed esteriorità di fede ecclesiastica e quindi la compiutezza della sua libertà. Qui la guida Bonhoeffer: «L’uomo ha così imparato ad affrontare qualsiasi problema, anche importante, senza far ricorso all’ipotesi dell’esistenza e dell’intervento di Dio». E questo non solo nella scienza, nell’arte e perfino nell’etica ma ormai, e in un modo sempre più chiaro, anche nelle questioni religiose: «È ormai evidente che tutto può andare avanti anche senza Dio». Il segno e la prova di questo è che più si insiste nelle prove dell’apologetica tradizionale, più si ottiene l’effetto contrario, di allontanare
l’uomo moderno da Dio. L’uomo moderno è ormai consapevole di aver rotto i lacci dell’infanzia e di aver conseguito la propria maturità, è convinto di poter ormai fare da sé. Secondo Bonhoeffer, «…Dio stesso c’insegna che la nostra vita di uomini deve ormai proseguire come se egli non esistesse».


A forza di vivere come se Dio non esistesse si diventa atei o al più deisti.
Oggi le comiche…



"Il proselitismo è il veleno dell'ecumenismo! "

La statua di Lutero sotto i riflettori in Vaticano
per volontà di Francesco - 13 ott 2016

Giovedi, mese di ottobre 13, 2016, anniversario della Miracolo del Sole a Fatima ,
la statua di Lutero è venuto in Vaticano per volontà di Papa Francesco !

"  Ciò che ci unisce è molto più di ciò che ci divide  ". Questo è ciò che ripete fino alla nausea, il Pontefice quando vuole, a marcia forzata, promuovere un ecumenismo che va contro l'insegnamento della prima Magistero del disastroso Concilio Vaticano II.
Così sarà volontari e partecipe testimone del 500 ° anniversario della Riforma di Martin Lutero , a fianco dei protestanti svedesi nel 500 ° anniversario da celebrare per tutto il 2017 e che si inscriverà largamente nel  dialogo"luterano-cattolico".
Proprio colui che è stato uno dei più grandi eretici della storia cattolica romana e ha generato uno dei più drammatici scismi, uno la cui dottrina è stata ufficialmente condannata da papa Leone X, il 15 giugno 1520, tramite la bolla Exsurge Domine , si vede sempre più ejevato ai cieli.

Il vero servizio al papa

Buttiglione traduce papa Francesco. Ma dal Cile un filosofo lo boccia


Buttiglione
Ricevo e pubblico. L'autore, nato e cresciuto in Venezuela, emigrato in Cile, filosofo, insegna nella Pontificia Universidad Católica de Chile e dirige il Centro de Estudios Tomistas della Universidad Santo Tomás. Ha un blog di nome "El abejorro".
Settimo Cielo ha pubblicato tempo fa un suo commento sul ruolo della Chiesa nella crisi del Venezuela.
Questa che segue è la sua critica all'interpretazione di "Amoris laetitia" fatta da Rocco Buttiglione su "L'Osservatore Romano", un'interpretazione condivisa e apprezzata da vescovi e cardinali vicini a papa Francesco, tra i quali l'arcivescovo di Chicago Blase Cupich, prossimo a ricevere la porpora.
Dal 18 ottobre il professor Buttiglione è titolare di una nuova cattedra di filosofia e storia delle istituzioni europee intitolata a Giovanni Paolo II, nella Pontificia università lateranense di Roma.

I leoni di sanJorge


La CEI aderisce alla Marcia dei radicali. Si chiama tradimento. Se Bagnasco è un uomo, si dimetta

di Paolo Deotto

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zgiuda
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C’è ben poco da dire, i fatti parlano da soli. I radicali annunciano gioiosamente che la CEI aderisce alla “Marcia per la Giustizia, l’Amnistia, la Libertà”, intitolata a Marco Pannella e Papa Francesco. L’adesione è stata comunicata dal portavoce della CEI, Don Maffeis, che specifica che si è trattato di una decisione maturata con il Segretario generale, Mons. Nunzio Galantino. Bagnasco, cardinale e presidente della CEI, “è stato informato e condivide le finalità dell’iniziativa”.
Intanto su Avvenire, organo della CEI, il direttore Tarquinio ha uno scambio di amorosi sensi per via epistolare con gli esponenti radicali.

«Ciò che è fermo, che non cammina, si corrompe», e ciò che torna indietro?


Dialogo con i protestanti. Da Bergoglio a Francesco. Il come, il quando e il perché di un cambiamento radicale

    Si avvicina la visita di Francesco a Lund, in Svezia, per la «commemorazione» dei cinquecento anni della riforma luterana, e i rapporti del papa con la galassia protestante appaiono ottimi. Dopo essere stato, l’anno scorso, nella chiesa luterana di Roma e dopo aver detto (nel viaggio di ritorno dall’Armenia) che Lutero fu una «medicina» per la Chiesa cattolica, di recente il papa ha addirittura ricevuto in Vaticano un gruppo di pellegrini luterani, con tanto di statua di Martin Lutero sul palco.
A conferma del clima di grande amicizia, in vista dell’appuntamento svedese  il cardinale presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e il reverendo segretario generale della Federazione luterana mondiale hanno scritto insieme un articolo — diffuso sul sito della Lutheran World Federation e ripreso dall’«Osservatore romano» — che sottolinea i passi avanti compiuti in quasi cinquant’anni di dialogo internazionale tra le due comunità.

giovedì 20 ottobre 2016

Lontani anni luce dalla fede?

Difendersi dalla deriva masso-protestante. Domande e risposte sotto forma di catechismo

PAPA FRANCESCO VITELLO D ORO
Recentemente il quotidiano la Stampa ha dedicato ben due pagine di articolo dedicate alle divisioni che si stanno irresponsabilmente creando all’interno della Chiesa. L’articolo, dal titolo Quei cattolici contro Francesco che adorano Putin, secondo gli autori Galeazzi e Tornielli i Cattolici non in armonia con Francesco (il buono) vedrebbero in Putin (il cattivo) un modello di Cristianità che si contrapporrebbe al modello bergogliano. Eppure proprio Bergoglio quando i toni contro la Russia non erano così aspri, nel 2015 definì Putin “Angelo della pace”(clicca qui) Chissà se oggi Bergoglio pronuncerebbe quelle parole dopo l’intensificazione della propaganda anti-russa. Ad ogni modo, secondo la Costituzione (che i signori citano solo quando conviene loro) l’Italia non può minacciare la libertà di un paese sovrano e quindi non può approvare l’aggressione di USA-NATO nei confronti della Russia. Molti Cattolici dotati di buonsenso hanno semplicemente compreso questa situazione. Tutto qui! Da qui a dire che vedano nel presidente russo una figura da contrapporre al Romano Pontefice sembra eccessivo e anche molto stupido.

Battaglia in terra che sarà il riflesso di una battaglia in cielo

Introvigne e le liste di proscrizione. Volendolo, ma più probabilmente non volendolo, i bravi colleghi della “Stampa”, grazie ai suggerimenti dell’uccellino che suggerisce tante informative a Introvigne, ci hanno detto che si sta preparando una battaglia in terra che sarà il riflesso di una battaglia in cielo.

Giovedì 20 ottobre 2016
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È pervenuta in Redazione:
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Gentile dottor Gnocchi,
ho letto l’articolo della “Stampa” di cui si è parlato pochi giorni fa su “Riscossa Cristiana”, per intenderci quello che fa la lista dei nemici di papa Bergoglio e li addita al pubblico ludibrio anche come sostenitori di Putin, due volte cattivi. Ora leggo un’intervista di uno dei due autori della cosiddetta inchiesta, Giacomo Galeazzi, il quale sostiene di aver fatto un lavoro ineccepibile e che le reazioni dei tradizionalisti sono arrampicate sugli specchi. Visto che lei è tirato in ballo in prima persona come, mi pare di capire, il più perfido dei nemici di Bergoglio, cosa mi dice?
Grazie per la pazienza, buon lavoro e tanti saluti,
Luca Battion 

Esiste un solo Vangelo, quello basato sulla Grazia di Cristo

GESU', IL VANGELO E IL MONDO

    Gesù Cristo ha dato se stesso per i nostri peccati per sottrarci a questo mondo perverso. Il concetto di tentazione e peccato non è stato affatto un'invenzione della teologia della paura ma fanno parte del linguaggio del divino Maestro 
di F.Lamendola  
  

Da un certo periodo di tempo, specialmente dopo il Concilio Vaticano II - ma non prima, per quasi duemila anni! - la Chiesa ha smesso di parlare del mondo come della realtà che si oppone al Vangelo di Gesù: una realtà segnata dalla ferita del Peccato originale e bisognosa della redenzione di Cristo, senza la quale non vi sarebbe speranza di salvezza per nessuna delle sue creature; una realtà che, quantunque non malvagia in sé, anzi, buona in origine, perché uscita dalla sapiente mano creatrice di Dio, è poi decaduta e si trova attualmente sotto il dominio del Diavolo, chiamato in più punti del Nuovo Testamento “il signore di questo mondo di tenebra”.
Da qualche anno, da due o tre decenni almeno, la musica, nella cultura cattolica, e perfino in certe espressioni del sacro Magistero, sembra essere cambiata: del “mondo” non si parla più, e non si parla affatto, in questi termini; al contrario, sembra quasi che il mondo sia divenuto un prolungamento diretto di Dio stesso, e che, perciò, in questo sottinteso panteismo, non vi sia posto per il male, se non in forme marginali e, a livello complessivo, irrilevanti: come delle piccole imperfezioni in un quadro stupendo. Contemporaneamente, si è quasi smesso di parlar del peccato, e, quindi, della assoluta necessità della Redenzione, come pure della sua totale gratuità; si è praticamente smesso di parlare di uno dei due dogmi basilari, sui quali si regge tutto l’edificio della Rivelazione: il mistero dell’Incarnazione (l’altro, è quello della unità e trinità di Dio). Sembra quasi che il Verbo si sia incarnato perché non aveva nulla di meglio da fare, oppure per confermare gli uomini di essere già sulla buona strada; sembra quasi che Egli sia venuto come un maestro di saggezza, come un Socrate o come un Buddha, e non come Dio fattosi uomo, per assumere su di sé tutto il male del mondo, compresa la morte, e per vincerlo, riscattando le sue creature da ogni forma di schiavitù. Implicitamente, per questa via, si finirà per non parlare più della divinità di Cristo; per metterla fra parentesi; per suggerire, ora qui, ora là - ma con molta prudenza, oh!, con molta, moltissima astuzia e capacità di pazientare – che sì, in fondo, Cristo non era proprio Dio, che lo era in senso metaforico, che era il Figlio dell’uomo, così come lo siamo tutti: insomma, il vecchio arianesimo tornerà a far capolino, con l’avallo della cultura profana dominante, materialista e scientista, secondo la quale un profeta umano è ancora accettabile, ma un Messia divino, no, proprio no. E i cattolici progressisti e neomodernisti ci tengono molto, moltissimo, a non sfigurare agli occhi della cultura laica, essendo anzi il loro obiettivo finale proprio quello di celebrare le nozze perfette fra cattolicesimo e civiltà moderna, beninteso alle condizioni di quest’ultima, e quindi accettandone tutti i dogmi, i pregiudizi, i diktat e i ricatti.
In fondo, quel che si vuole far passare è l’dea che, così come l’uomo non è bisognoso di una Redenzione che venga da Dio, perché può fare tutto da solo, allo stesso modo il mondo non è una realtà negativa, contrapposta al Vangelo, ma una realtà bella e gioiosa in se stessa, ingiustamente denigrata dalla “vecchia” teologia, imbevuta di pessimismo e d’incorreggibile tetraggine, e tutta basata su una pedagogia della paura: i diavoli, l’Inferno, la dannazione eterna… Insomma, roba da Medio Evo e indegna di quella meravigliosa età di progresso, dominata dalla ragione umana, in cui abbiamo avuto la fortuna di essere chiamati a vivere. E allora, per mostrarsi all’altezza di una così grande fortuna, il minimo che possano fare i cattolici è di smetterla di rattristare gli uomini con le vecchie geremiadi sul peccato, sull’espiazione e sulla necessità della Redenzione, ma unirsi al coro dei laudatori e degli araldi di questo meraviglioso progresso, che sta portando a delle forme sempre più spettacolari di dominio dell’uomo sulla natura: dalla clonazione, alla fecondazione eterologa, alla modifica genetica degli organismi viventi, senza più freni, né limiti, né complessi, né vecchi e superati tabù superstiziosi, retaggio di una religione oscurantista, buona, forse, per i nostri antenati rozzi e ignoranti, ma non certo adatta a noi, cittadini del terzo millennio, giustamente fieri della nostra scienza e della nostra tecnologia, e più che mai proiettati in avanti, verso il futuro, per costruire un mondo sempre più conforme alle nostre convinzioni: materialiste, edoniste, razionaliste, relativiste e, in ultima analisi, scettiche. Scettiche su tutto, e specialmente su Dio, tranne su una cosa: la ferma pretesa di auto-glorificazione dell’uomo stesso.
Ebbene: tutto questo è un sovvertimento, un autentico capovolgimento, della Buona Novella di Gesù. La Buona Novella, il Vangelo, non consiste nell’approvazione entusiastica del “modo”, tutto il contrario; consiste nel richiamo dell’uomo verso Dio, nella lotta contro la schiavitù del peccato, e, di conseguenza, nella emancipazione dalla sudditanza alla logica del “mondo”. Per questo Satana viene chiamato “il principe del mondo”: perché la logica del mondo è basata sull’avidità, sulla superbia, sulla lussuria, su tutti gli aspetti più turpi e sugli istinti più bestiali e primitivi che albergano nell’anima umana. Gesù Cristo è venuto a mostrare la strada per vincere simili debolezze, simili pulsioni, che chiama, giustamente, “tentazioni”: pregate e vegliate per non cadere in tentazione, raccomanda ai suoi discepoli fino all’ultimo, nell’Orto degli ulivi, la notte in cui sta per essere tradito e consegnato ai suoi nemici, che lo metteranno in croce. Il concetto di tentazione e di peccato non è stato affatto una “invenzione” della teologia della paura, come l’ha chiamata, improvvidamente, un sacerdote piuttosto importante, visto che predicava gli esercizi spirituali in Vaticano; ma fanno parte del linguaggio abituale del divino Maestro, che non si stancava di mettere gli uomini in guardia contro le insidie del Maligno.
Gesù stesso, nel corso dell’Ultima Cena, aveva detto ai suoi discepoli (Vangelo di Giovanni, 15, 18-23; 16, 9-11):

Se il mondo vi odia, pensate che prima di voi ha odiato me. Se voi apparteneste al mondo, il mondo vi amerebbe come suoi. Invece voi non appartenete al mondo, perché io vi ho scelti e vi ho strappati al potere del mondo. Perciò il mondo vi odia., Ricordatevi quel che vi ho detto: un servo non è più importante del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno messo in pratica la mia parola, metteranno in pratica anche la vostra. Vi tratteranno così per causa mia, perché non conoscono il Padre che mi ha mandato. Se io non fossi venuto in mezzo a loro a insegnare, non avrebbero colpa. Ora invece non hanno alcuna scusa per il loro peccato. Chi odia me odia anche il Padre mio. […]
Il peccato del mondo è questo: che non hanno creduto in me. La giustizia sta dalla mia parte, perché torno al Padre e on mi vedrete più. Il giudizio consiste in questo: che Satana, il dominatore di questo mondo, è già stato giudicato.

Anche negli altri testi del Nuovo Testamento, sia nelle Lettere, sia, ancor più, nel Libro dell’Apocalisse, il “mondo” viene contrapposto al Regno di Dio, al Vangelo e alla missione di Gesù Cristo; ma anche nell’Antico Testamento vi sono dei passi che delineano, in una maniera molto esplicita, una analoga contrapposizione. Per esempio, nel Libro di Geremia si parla della Gerusalemme celeste che verrà a sostituire la Gerusalemme terrena, soggetta alle offese dei nemici e alla umana fragilità dei suoi stessi abitanti, incapaci di perseverare fedelmente, con le loro sole forze, nella alleanza con Dio. E nel Libro di Isaia, con parole altamente commoventi, il profeta annunzia la nuova Gerusalemme, che, dopo molte tribolazioni, Dio farà sorgere in luogo della vecchia, risanando le sue ferite e avvolgendola di splendore incomparabile: Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace, dice il Signore che ti usa misericordia (54, 10). Al presente, però, quando parla della generazione attuale, anche il mite Isaia assume un tono estremamente severo e pronunzia oracoli tremendi contro gli uomini, accusati d’infedeltà e ingratitudine nei confronti del Signore e della santa alleanza con Lui.
Quanto a san Paolo, ecco cosa dice nella Lettera ai Galati (1, 1-11):

Io, Paolo, Apostolo non da parte di uomini, né per mezzo di un uomo, ma per mezzo di Cristo Gesù e di Dio Padre che lo ha risuscitato da morte, invio i miei saluti, assieme a tutti i fratelli che sono con me, alle comunità della Galazia. Grazia e pace a voi da Dio Padre e dal Signore nostro Gesù Cristo, che ha dato se stesso per i nostri peccati, per sottrarci a questo mondo perverso, secondo la volontà del nostro Dio e Padre, al quale sia gloria nei tempi dei tempi. Amen.
Mi meraviglio che così presto, da Colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo, voi passiate a un altro vangelo. Che poi non c’è un altro vangelo; ci sono però alcuni che vi turbano e vogliono stravolgere il Vangelo di Cristo. Sia anatema a chiunque vi annunci un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato; anche se fossimo noi stessi o un Angelo dal Cielo! Come abbiamo detto prima, lo ripeto di nuovo anche adesso se qualcuno vi annunzia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema!
Infatti, è forse il consenso degli uomini che vado cercando, o quello di Dio?  Cerco fosse di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo!
Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo da me annunziato non è di origine umana, perché io stesso non l’ho ricevuto né l’ho imparato da un uomo, ma l’ho ricevuto per rivelazione di Gesù Cristo.

Dunque, esiste un solo Vangelo, quello basato sulla Grazia di Cristo: qualunque altro vangelo non è quello autentico, non è il Vangelo di Gesù. Per cui sorge la domanda: è ancora il Vangelo di Gesù, quello di cui parlano certi teologi modernisti e che predicano certi sacerdoti progressisti? È ancora il Vangelo, quel vangelo in cui si parla poco o nulla del peccato, del giudizio, del premio e del castigo; e in cui, di conseguenza, si parla anche poco o nulla della Grazia, quasi che gli uomini, pur dicendosi cristiani, possano far tutto da sé, riscattarsi dal male con le loro forze, redimersi da soli? Ed è ancora il Vangelo di Gesù quello in cui si sostiene che Dio vuole la “felicità” per tutti gli uomini (ma in senso estremamente terreno) e, quindi, non riprova nessuno, non condanna nessuno, non vuole che alcuno sia costretto a reprimere il proprio bisogno di felicità, anche se, per farlo, si deve calpestare la legge di Dio e la stessa legge morale naturale? Che cosa significa dire che Dio benedice l’amore, sempre e comunque, compreso il cosiddetto matrimonio omosessuale? È ancora il Vangelo di Gesù, questo? Eppure, ci sono sedicenti cristiani che lo affermano, e ci sono preti e vescovi traviati, che lo confermano. E sempre san Paolo, nella Seconda lettera ai Corinzi (4, 1-7):

È Dio che ha avuto misericordia di noi e ci ha affidato questo compito: perciò non ci scoraggiamo. Rifiutiamo ogni azione segreta e disonesta, non ci comportiamo con malizia e non falsifichiamo la parola di Dio. Anzi, facciamo chiaramente conoscere la verità, e così presentiamo noi stessi di fronte al giudizio di tutti gli uomini e dinanzi a Dio.
Se poi la nostra predicazione è oscura, essa è oscura per quelli che sono sulla via della perdizione.: Satana, il dio di questo mondo, acceca le loro menti perché non risplenda per loro la luce gloriosa dell’annunzio di Cristo, immagine di Dio, e così essi non credono. Infatti noi non esaltiamo noi stessi: annunziamo che Gesù Cristo è il Signore. Noi siamo soltanto vostri servi a causa di Gesù. E Dio che ha detto: “Risplenda la luce nelle tenebre”, ha fatto risplendere in noi la luce per farci riconoscere la gloria di Dio riflessa sul volto di Cristo.
Noi portiamo noi stessi questo tesoro come vasi di terra, perché sia chiaro che questa straordinaria potenza viene da Dio e non da noi.

Se la luce del Vangelo deve risplendere nelle tenebre, ciò significa che il mondo è nelle tenebre. O si parte da questo assunto, oppure si è fuori della Rivelazione, fuori del cristianesimo. Se il mondo non fosse nelle tenebre, ma fosse già nella luce, non vi sarebbe stato alcun bisogno della Incarnazione; e, in tal caso, il cristianesimo si ridurrebbe a una serie di precetti morali, di pie raccomandazioni, di esortazioni generiche al bene. Ma non è così. Gesù è venuto a dire che chi vuol seguirlo deve prendere la propria croce; e che sarà perseguitato, così come è stato perseguitato Lui...

«Gesù Cristo ha dato se stesso per i nostri peccati, per sottrarci a questo mondo perverso»

di Francesco Lamendola
http://www.ilcorrieredelleregioni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=9894:gesu-il-vangelo-e-il-mondo&catid=70:chiesa-cattolica&Itemid=96


SENZA LA GRAZIA L'UOMO E' MORTO

    La Grazia senza la quale l’uomo è come morto, è la vita di Dio in lui. Dice Gesù è come l’innesto dei tralci nella vite. La svolta antropologica e la pretesa dell’uomo di vivere nel peccato che Dio stesso sarebbe ansioso di approvare 

di F. Lamendola  



Ave o Maria, piena di grazia… Di solito si pensa alla Grazia come a un dono di Dio; non è sempre ben chiaro, però, di che tipo di dono si tratti. Anche se adopera continuamente questa parola, ad esempio nel recitare le sue preghiere, il cristiano, sovente, ha una certa confusione in testa, riguardo al suo autentico significato; figuriamoci il non cristiano. E questo la dice lunga sull’ignoranza che caratterizza ormai il credente, sempre più spesso, riguardo alle cose della sua fede; sulla decadenza dell’insegnamento della religione cattolica, tanto nei corsi parrocchiali di catechismo, quanto nell’ora settimanale prevista nella scuola pubblica; sulla insipienza e sul velleitarismo di una teologia, come quella odierna, che si sbizzarrisce nella ricerca di sempre nuovi significati nelle Scritture – beninteso, di segno sempre più progressista e modernista – mentre tralascia di diffondere e approfondire i concetti basilari della Rivelazione, divenuti pressoché sconosciuti ed estranei alla massa dei fedeli, un po’ come quel nuovo ricco che ostenta vestiti all’ultima moda e orologi costosi, ma trascura le nozioni più elementari della pulizia e dell’igiene personale.

C’è poco da fare: il cristiano medio, al presente, è povero, poverissimo: povero di cultura e di formazione religiosa; povero di conoscenze di base e degli stessi pre-requisiti delle conoscenze, come l’umiltà intellettuale, la fiducia e l’obbedienza nei confronti del Magistero ecclesiastico, la confidenza in Dio e la disponibilità a lasciarsi guidare, orientare, dirigere da Lui, mediante la capacità di vedere e valutare ogni cosa non secondo un criterio puramente umano, cioè secondo un principio di convenienza immediata e di comprensione esclusivamente razionale, ma secondo la misura dell’amore divino e la docilità nell’abbandonarsi ad esso. E di questo dobbiamo ringraziare, fra le altre cose, uno spirito “umano, troppo umano”, come direbbe il buon vecchio Nietzsche, che è penetrato da tempo nel cuore della Chiesa stessa e che ha sospinto non solo i laici, ma, prima ancora e quasi più di loro, i sacerdoti e i vescovi stessi, da tempo – ma non tutti, per fortuna – ad inseguire posizioni sempre più avanzate, sempre più audaci, sempre più innovative, quasi che l’insegnamento finora impartito sia tutto da buttare, e quasi che il cristianesimo consista nel correre perennemente dietro, con la lingua penzoloni, a un non meglio specificato “progresso” e alla marcia incessante della modernità, invece che nel contrapporre alla civiltà moderna, impregnata radicalmente di materialismo, edonismo e relativismo, i valori perenni della Rivelazione, basati sulla roccia incrollabile della Scrittura e della Tradizione.
In base a questa scellerata “teologia”, non di rado accompagnata da aggettivi che ne tradiscono la radice tutta umana e l’intenzionalità tutta progressista e niente affatto “cristiana” senz’altra specificazione – per esempio, la cosiddetta “teologia della liberazione” – bisogna che un cristiano si liberi dai “complessi” del passato, in particolare dal timore del giudizio di Dio e dalla paura dell’Inferno: perché, si sa, Dio è anzitutto misericordia; che la smetta di giudicare non solo il peccatore, ma anche il peccato, sempre per il medesimo principio, ovviamente frainteso e capovolto, quasi che Gesù sia venuto nel mondo per approvarlo e benedirlo così com’esso è, e non già per redimerlo, esortandolo alla conversione; e che si concentri nella vita di quaggiù, nella dimensione terrena, specialmente nell’azione sociale, onde raddrizzare le storture dell’economia, della politica, eccetera, non importa se trascurando gravemente la dimensione spirituale, dimenticando il valore della preghiera, e non tenendo in alcun conto le parole stesse del divino Maestro, che raccomanda di non anteporre l’agire alla contemplazione: Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una sola cosa c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta (Luca, 10, 41-42).
Dunque: la Grazia. Possiamo definirla non come un generico “dono” di Dio all’uomo, ma come il dono specifico e totale di farlo partecipe della sua stessa vita, della vita divina, rendendolo così suo figlio adottivo, nel senso più pieno della parola; ed essa può manifestarsi in due forme, come Grazia santificante, donata agli uomini principalmente attraverso l’azione dei sacramenti, e come Grazia attuale, che si esprime come un intervento straordinario diretto all’uomo – ad esempio, come avvenne nella rivelazione di Gesù Cristo a Saulo di Tarso, il futuro san Paolo, sulla via di Damasco - per suscitarne la conversione e per disporlo ad accogliere la Grazia santificante.
Scriveva Cleto Patelli nel suo corso di religione per la Scuola media (e in quei manuali, concepiti prima dalla enorme confusione  e del vero e proprio relativismo introdotti da un certo qual “spirito conciliare” a partire dalla fine degli anni ’60 del Novecento, ancora fedeli alla sacra Tradizione e immuni da tendenze neomoderniste, si trova una dottrina teologica più chiara e veritiera, per quanto semplice ed essenziale, di quella contenuta in certe astruse e “troppo umane” opere teologiche degli anni successivi), a proposito della Grazia (in: La Scala di Giacobbe, Torino, Società Editrice Internazionale, 1966, vol. II, La Grazia, pp. 2-4):

Gesù alla Samaritana parla di un dono di Dio, dono eccezionale, che è capace di portare l’uomo fino alle altezze di Dio: questo dono è la grazia.
Dio, creando l’uomo, l’aveva ornato di attributi che lo facevano signor del creato: oltre ad un’anima spirituale, gli aveva dato il dono del’immortalità, il dono della scienza infusa, il dono dell’equilibrio delle passioni.
Ma il massimo dono che Dio aveva atto all’uomo era la grazia santificante, per cui l’uomo viene innalzato alla dignità di figlio adottivo di Dio, fratello di Gesù Cristo e può meritare di andare a godere della visione di Dio nel Paradiso.
Che cos’è la grazia?
Leggiamo cosa dice Gesù: “Io sono la vera vite, e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, Egli lo recide; ed ogni tralcio, che porta frutto, lo rimonda, affinché ne porti ancora di più. Voi siete già mondi a motivo della parola, che vi ho detta. Rimanete in me ed io in voi. Siccome il tralcio da sé non può portare frutto, se non rimane congiunto con la vite, così nemmeno voi, se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, ed io in lui, produce molto frutto; perché senza di me, voi non potete far nulla.
Chi poi in me non rimane, è gettato via come il tralcio e si dissecca, e lo raccolgono, e lo buttano nel fuoco, dove brucia” (Giovanni, 15, 1-6).
I tralci innestati nel tronco della vite, vivono della vita del tronco. Gli uomini, inseriti in Gesù con la grazia, vivono della sua vita divina.
La Grazia è la vita di Dio in noi.
Ci insegna san Pietro: “Per tale mezzo (la grazia) diveniste partecipi della divina natura (2 Pietro, 1, 4); per cui possiamo chiamare l’uomo in grazia: Figlio di Dio. Non figlio della sostanza del Padre, bensì Figlio adottivo, ma sempre figlio. Avete ricevuto lo spirito di adozione filiale, per il quale esclamiamo: “Abba! O Padre” (Romani, 8, 15), afferma san Paolo; senza che perdiamo nulla della nostra natura umana.
L’innesto, applicato sul tronco selvatico, gli comunica una forza di natura nuova, che lo fende idoneo a produrre frutti, che prima era incapace di dare; ma non gli toglie nulla della sua natura: resta l’albero di prima.
“Tu – insegna san Paolo ai Gentili convertiti – sei stato troncato dall’olivastro, al quale per natura appartenevi, e, contrariamente alla tua natura, sei stato innestato sopra un olivo domestico” (Romani, 11, 24).
Osserviamo una lampada elettrica. Dentro vi è un filo sottile, che appena si vede. Se però, girando l’interruttore, attraverso quel filamento facciamo passare la corrente elettrica, essa subito irraggia una luce smagliante. Una forza misteriosa ha penetrato quel filo nella sua sostanza, e lo ha reso incandescente e luminoso; ma il filamento che si è acceso rimane sempre per sua natura un filamento opaco e quasi invisibile. Così anche l’uomo, investito dalla grazia, rimane sempre uomo, essere ragionevole composto di anima e di corpo; ma la sua natura, compenetrata dalla grazia, si eleva dall’ordine naturale all’ordine sopranaturale. E si trasforma in abitazione di Dio.
Afferma Gesù: “Se uno mi ama, osserverà le mie parole, e il Padre lo amerà, e noi verremo a lui, e in lui faremo dimora” (Giovanni, 14, 23).
La Grazia è la dimora stabile, è la presenza duratura di Dio nell’anima umana, diventata sua abitazione, suo tempio. “Non sapete che voi siete tempio di Dio, e che lo Spirito di Dio dimora in voi?” (Romani, 3, 16).

La Grazia, dunque, è l’innesto della vita divina sul tronco della nostra condizione umana, che ci proietta verso le altezze del soprannaturale e ci fa partecipi della stessa vita di Dio, realizzando, così, pienamente, la nostra umanità, secondo la bellissima ed efficacissima similitudine, fatta da Gesù stesso, della vite e dei tralci. Questo dovrebbe essere ben chiaro al cristiano: che la vita umana, senza la Grazia, regredisce al livello della vita animale, anzi, bestiale: perché l’animale vive senza colpa la propria inconsapevolezza, mentre l’uomo che ignora sia la natura che il valore della Grazia, e che tralascia di cercarla con tutte le sue forze, abdica al proprio statuto ontologico di creatura razionale dotata di un’anima spirituale, e si riduce al livello dei bruti.
Ne consegue che l’uomo, per realizzarsi autenticamente in quanto uomo, per attuare sino in fondo la propria umanità, deve andare oltre se stesso: egli non può accontentarsi di una vita vegetativa o di una vita animale; deve puntare a realizzare, nella forma più consapevole e mettendo a frutto i propri talenti spirituali, la vocazione cui è stato chiamato fin da prima di essere concepito, anzi, fin da prima della creazione del mondo: perché ciascuna creatura è stata presente, nella mente di Dio, sin dall’eternità, quando ancora il mondo non esisteva allo stato materiale, ciascuna con la propria speciale missione e ciascuna dotata di una specifica dignità.
I teologi (o i sedicenti teologi) progressisti e modernisti, i quali parlano e blaterano incessantemente del “diritto” dell’uomo alla felicità, e sproloquiano sul fatto che Dio desidera la nostra felicità, non sanno, letteralmente, quel che stanno dicendo: a nessuna creatura, e tanto meno all’uomo, la creatura ragionevole su tutte le altre, e la più simile a Lui, Dio si è mai sognato di promettere la felicità, secondo il concetto che gli uomini hanno di essa; perché le Sue vie non sono le nostre vie, i Suoi disegni non sono i nostri disegni. Ciò che Dio chiede all’uomo – e lo sappiamo dall’esempio di Gesù Cristo, nonché dalle sue parabole e dalle sue raccomandazioni – è di aprirsi all’azione della Grazia, di lasciarsi riempire da Lui, di lasciarsi condurre da Lui verso la piena realizzazione di se stesso, che è altra cosa, per non dire opposta, alla “realizzazione” dell’uomo di cui parlano psicologi e filosofi in chiave puramente laica ed umana, e, purtroppo, sempre più spesso, anche sedicenti teologi cattolici, e perfino vescovi e sacerdoti.
La pessima dottrina, secondo cui Dio desidera per l’uomo nient’altro che la sua “felicità”, nasce dalla pretesa – veramente satanica – di giustificare davanti a Dio ciò che non viene da Dio, ossia la pretesa dell’uomo di vivere nel peccato, spacciando il peccato per una condizione “naturale”, che Dio stesso – suprema blasfemia – sarebbe pronto e ansioso di approvare, appunto perché non desidererebbe che la nostra umana felicità. Secondo questo falso insegnamento, Dio sarebbe pronto ad approvare tutto quel che l’uomo fa e brama, solo perché ciò, in base a un criterio esclusivamente umano, lo renderebbe “felice”: Ma come potrà mai l’uomo essere felice, se volta le spalle alla vita divina e si rotola nel fango di una condizione umana chiusa in se stessa e compiaciuta di se stessa, quasi che Dio non sia altro che un sollecito notaio, chiamato ad avallare e a legalizzare tutto ciò che il suo cliente desidera, comprese le più evidenti violazioni dell’ordine divino? Ci vengono in mente, a questo proposito, le scellerate esternazioni di certi teologi e di certi vescovi e preti, i quali non cessano di dare scandalo ai fedeli, predicando una dottrina relativista e un’etica possibilista, tutta incentrata sull’uomo – la chiamano, infatti, “svolta antropologica”, e se ne vantano, mentre dovrebbero, semmai, vergognarsene. Un esempio per tutti: il vescovo di Anversa, Johan Bonny, che benedice le nozze gay. Se questa è la “svolta antropologica”, ha un inconfondibile sentore di zolfo...

La Grazia, senza la quale l’uomo è come morto, 
è la vita di Dio in lui

di Francesco Lamendola