I muri con il Messico non sono uguali a quelli in Israele per la sinistra mondialista
La nuova Amministrazione USA di Trump ha deciso: il muro alla frontiera con il Messico si farà e lo stesso Tump ha firmato il decreto per completare la costruzione del muro, iniziata a suo tempo da Bill Clinton, lungo tutto il confine con il Messico per impedire l’entrata di immigranti illegali e lo sfruttamento della mano d’opera da parte di datori di lavoro senza scrupoli.
Nonostante che il neo presidente stia attuando esattamente il programma per cui è stato votato, questo decreto firmato da Trump ha scatenato le proteste di tutta l’opposizione mondialista, progressista, democratica, globalista, inclusa Amnesty Intenational, il WWWF, le ONG come “NO Borders, No Walls” , la Anti-Defamation League, la “Anti-Racist Action”, e molte altre sigle; quasi tutte le star di Hollywood, persino i Vescovi cattolici americani si sono uniti nella condanna. A tutte queste voci fortemente contrarie alla realizzazione del muro si è aggiunto “El Papa” Bergoglio , tramite un comunicato ufficiale trasmesso dal Vaticano in cui questi si dice preoccupato per “il segnale che si dà al mondo” con la costruzione del muro tra Usa e Messico, voluto dal presidente statunitense Donald Trump per frenare le migrazioni. Ed il Papa si augura che gli altri Paesi, anche in Europa, “non seguano il suo esempio”.
In realtà anche in Europa si sono costruiti muri ed altri se ne costruiranno per fermare l’ondata dei migranti e questo in particolare avviene in Ungheria ed ai confini con la Serbia, in Slovacchia ed altrove, da parte di quei paesi che hanno dichiarato di voler difendere a trutti i costi la propria identità nazionale ed il proprio equilibrio sociale minacciato dall’ondata migratoria, cosa che ha già scatenato molte proteste.
Tuttavia, in questo forte coro di critiche e di condanne scatenatasi in occasione del muro di Trump e in precedenza “contro tutti i muri” in Europa, si nota una strana omissione: da queste organizzazioni e da questi soggetti nessun accenno mai ai muri realizzati già da tempo in Israele a separazione dei villaggi palestinesi dalle zone israeliane. Questo avviene in particolare nella Cisgiordania occupata da Israele e dove lo stato sionista sta realizzando illegalmente decine di migliaia di insediamenti di coloni in violazione di tutte le norme internazionali e nonostante le tante risoluzioni di condanna dell’ONU.
Tuttavia, in questo forte coro di critiche e di condanne scatenatasi in occasione del muro di Trump e in precedenza “contro tutti i muri” in Europa, si nota una strana omissione: da queste organizzazioni e da questi soggetti nessun accenno mai ai muri realizzati già da tempo in Israele a separazione dei villaggi palestinesi dalle zone israeliane. Questo avviene in particolare nella Cisgiordania occupata da Israele e dove lo stato sionista sta realizzando illegalmente decine di migliaia di insediamenti di coloni in violazione di tutte le norme internazionali e nonostante le tante risoluzioni di condanna dell’ONU.
Gli esponenti della sinistra mondialista dimostrano la loro evidente incoerenza, visto che indirizzano le loro grida di indignazione contro Trump che vuole mettere un argine all’immigrazione clandestina , come in precedenza erano stati condannati i governi dell’Ungheria, della Serbia e dell’ Austria per la stessa questione muri. Sembra però strano che le stesse organizzazioni, i Vescovi ed “El Papa”, non si pronuncino a condannare o a manifestare la minima obiezione alla costruzione del nuovo muro che Israele sta realizzando sul confine giordano, che andrà a congiungersi con quello già presente sul Golan (occupato) e che s’integrerà con tutto quell’orwelliano sistema di muri, reticolati e check point in Cisgiordania che i filo-palestinesi hanno definito, correttamente, “muro dell’apartheid”.
Non solo questo ma da ultimo il Governo di Netanyahu ha comunicato anche la sua intenzione di costruire un muro al confine con il Libano per evitare le “infiltrazioni degli Hezbollah”. Strano che “El Papa” non ne abbia parlato neppure nel corso della sua visita in Israele.
La sinistra mondialista e progressista, quella che inonda costantemente gli schermi delle TV con la insopportabile retorica dell’apertura delle frontiere, l’abattimento dei muri e dei ponti, nel caso di Israele, si chiude gli occhi e finge di non vedere. Come mai? Sembra una strana forma di strabismo.
Il muro, quello edificato da Israele, per le cancellerie europee dalla lacrima a comando, per le star superpagate di Hollywood e per gli intellettuali della riserva, è una semplice “barriera di separazione”: “Israele” ha il “diritto di difendersi”, gli ungheresi, gli statunitensi, gli austriaci, gli slovacchi, i ceki no, non devono avere questo diritto e devono accettare come “risorse” le decine o centinaia di migliaia di migranti e profughi che si stanno riversando in Europa sotto l’accorta regia delle centrali di potere mondialista che favoriscono il traffico ed i trasferimenti (finanziato dalle ONG di G. Soros).
Il muro, quello edificato da Israele, per le cancellerie europee dalla lacrima a comando, per le star superpagate di Hollywood e per gli intellettuali della riserva, è una semplice “barriera di separazione”: “Israele” ha il “diritto di difendersi”, gli ungheresi, gli statunitensi, gli austriaci, gli slovacchi, i ceki no, non devono avere questo diritto e devono accettare come “risorse” le decine o centinaia di migliaia di migranti e profughi che si stanno riversando in Europa sotto l’accorta regia delle centrali di potere mondialista che favoriscono il traffico ed i trasferimenti (finanziato dalle ONG di G. Soros).
L’ Italia con il suo governo, è stata sempre la più la più’ lesta nell’ obbedire alle direttive e non si limita ad accogliere ma invia le navi della Marina a cercare i migranti sotto le coste africane della Libia per trasferirli sul territorio italiano e sistemarli in Hotel a 3 e 4 stelle, con pasti assicurati, TV, Wi-FI incluso, schede telefoniche, sigarette e qualche euro per le piccole spese quotidiane. Un trattamento invidiato dai tanti italiani in difficoltà’ economiche e senza alcuna assistenza ma di quelli il governo non si cura, non entrano nel business delle cooperative e non sono inclusi nei piani di assistenza della UE. Tanto che anche le ONG (almeno 12 secondo un raporto di Frontex) si sono attrezzate con il nolleggio di navi che si recano sottocosta libica per attuare l’imbarco ed il contrabbando su scala industriale di migranti con il placet della Marina Militare, del Governo e della magistratura italiana. Il favoreggiamento nel traffico di migranti e nello schiavismo è un reato considerato ormai estinto dalle procure italiane. Più grave sarebbe costruire muri di mattoni e cemento.
Anche il noto intellettuale, guru della sinistra mondialista, Roberto Saviano, aveva detto la sua ed aveva affermato che ” i migranti sarebbero, secondo lui, una risorsa per il Sud d’Italia, loro possono compensare l’esodo dei giovani italiani dalle regioni meridionali, Saviano vorrebbe rimpiazzarli con la gente che arriva a bordo dei barconi, così che alle terre del Sud sarebbe riservato un destino da immenso campo profughi, anzi “il sud Italia potrebbe ripartire, se si riempie di migranti” , secondo Saviano . Mano d’opera a basso costo per le multinazionali, quale migliore occasione. Vedi: Saviano Il sud Italia può ripartire se si riempie di migranti. Aveva poi aggiunto che il suo sogno sarebbe quello di “vedere un primo sinadaco africano in un comune del sud”.
Lo aveva detto a suo tempo anche la Boldrini in Sicilia: “è un bene che ne vengano tanti, saranno utili a sopperire alla carenza di nuovi nati e potranno pagare anche le pensioni degli italiani”. Queste “nobili” parole, delle Boldrini, di Saviano e degli altri, oltre a agli appelli del Papa, a quelli degli oligarchi della UE, senza dimenticare gli appelli delle Star di Hollywood, non hanno però convinto tutti. Gli austriaci, come gli ungheresi e gli slovacchi, sono in allarme: la prospettiva di essere africanizzati ed islamizzati dal flusso inarrestabile che arriva dall’Italia non è’ considerata una prospettiva esaltante e ne vedono i pericoli, non si vogliono convincere dei “vantaggi”.
Gli statunitensi che hanno votato per Trump, come in Europa gli austriaci e gli ungheresi in particolare, non sono interessati a farsi pagare le pensioni dai messicani o dagli africani, non piace loro la prospettiva di farsi ripopolare le loro vallate dai migranti, loro vogliono mantenere le loro identità’ nazionali e rifiutano di farsi sommergere dall’ondata migratoria. Anche l’America profonda ,come la vecchia Mitteleuropa dimostrano di avere un qualche cosa in comune: sembrano concordi nel voler mantenere la propria cultura ed identità. Saranno solo retrogradi o stanno anticipando i tempi, quelli del “grande rifiuto” del mondialismo e della globalizzazione?
di Luciano Lago
Il Vaticano smonta il muro di Trump: "Santa Sede preoccupata, gli altri Stati non seguano l'esempio"
La Santa Sede è preoccupata per "il segnale che si dà al mondo" con la costruzione del muro tra Usa e Messico, voluto dal presidente Donald Trump per frenare le migrazioni. E si augura che gli altri Paesi, anche in Europa, "non seguano il suo esempio". Il cardinale Peter Turkson, presidente del Dicastero per la promozione dello sviluppo umano integrale, ha espresso così la prima reazione del Vaticano dopo l’annuncio di Trump di rendere esecutiva la sua promessa elettorale. Che si sia espresso Turkson è un segnale importante visto che una sezione del suo dicastero (costituito ex novo pochi mesi fa) si occupa proprio dei migranti e Papa Francesco in persona, con una decisione senza precedenti, ne ha tenuto per sé ad interim la responsabilità.
Dopo l’elezione del nuovo presidente americano, Francesco aveva dichiarato che avrebbe atteso e visto quali sarebbero state le sue mosse concrete, dopo che a febbraio dell’anno scorso aveva dichiarato che “costruire muri” non è cristiano, e che “non è il Vangelo”. E pochi giorni fa, in un’intervista a El Pais, aveva evocato a proposito della crescita dei populismi il rischio di derive autoritarie.
In ogni caso il Papa deve fare i conti non solo con il presidente Usa ma anche con la posizione di una parte dell’episcopato americano che è più sensibile ai temi della salvaguardia della vita, rispetto a quelli dell’immigrazione.
Così in Vaticano si è notato che la nota ufficiale di monsignor Joe Vasquez, responsabile episcopale del Comitato per le migrazioni, molto critica, non è stata pubblicata subito sul sito ufficiale della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti d’America. Ed è stata in un primo tempo caricata solo su alcuni account Twitter oppure distribuita ad alcuni organi di stampa. Sul sito ufficiale non si trovava in nessuna delle due lingue (inglese e spagnolo).
Lo stesso presidente dell'Episcopato, cardinale Daniel Di Nardo, ha pubblicato – ma anche qui solo nel sito della sua diocesi, Galveston/Houston - una dichiarazione preoccupata e critica sulla decisione della Casa Bianca.
Nel caso della revisione dell'Obamacare e la cancellazione dei sostegni finanziari a ong pro-aborto, la dichiarazione dell'Episcopato è stata resa nota sul sito ufficiale della Conferenza episcopale molto tempestivamente.
Il neo cardinale di Newark Joe Tobin (considerato un pupillo di Francesco ) in viaggio a Roma su Twitter è stato invece molto netto: “Una nazione piena di paura parla di costruire muri… dobbiamo affrontare la paura prima che ci conduca nell’oscurità”.
È sulla differenziazione di accenti dei vescovi americani che fa leva il Presidente Trump. In contemporanea all’annuncio sulla costruzione del Muro, il suo vice, Mike Pence, ha reso nota la sua partecipazione alla marcia per la vita che si tiene oggi venerdì negli Stati Uniti, dopo aver ricevuto i leader dei movimenti pro life nel suo ufficio. Sempre oggi Trump ha “benedetto con il suo “pieno appoggio” l’iniziativa.
Ma America Magazine, la rivista dei Gesuiti americani ha pubblicato un commento in cui afferma che essere pro-life non è una una scelta limitata ai non nati, e ha richiamato l’insegnamento in questo senso anche del Papa emerito Benedetto XVI nella sua prima Enciclica in cui parlava dello stretto legame tra l’etica della vita e l’etica sociale.
In un comunicato della Conferenza Episcopale Messicana (Cem), rilanciato dall'agenzia vaticana Fides, i vescovi messicani esprimono invece tutta la loro preoccupazione: "Esprimiamo il nostro dolore e il rifiuto della costruzione di questo muro, e rispettosamente invitiamo tutti a fare una riflessione più approfondita sui modi attraverso i quali si può garantire la sicurezza, lo sviluppo, la creazione di posti di lavoro e altre misure necessarie ed eque, senza causare ulteriori danni a coloro che già soffrono, i più poveri e i più vulnerabili".
"Noi continueremo a sostenere in modo stretto e solidale tanti nostri fratelli che vengono dal Centro e dal Sud America, che attraversano il nostro paese verso gli Stati Uniti", dice l'episcopato messicano, che invita le autorità del paese a "continuare nella ricerca di accordi" con il paese vicino, perché alla fine "siano salvaguardati la dignità e il rispetto" dei migranti, che cercano solo migliori opportunità di vita.
Messico, dietro il Muro bipartisan - Manlio Dinucci
di Manlio Dinucci* - Il manifesto, 28 gennaio 2017
È il 29 settembre 2006, al Senato degli Stati uniti si vota la legge «Secure Fence Act» presentata dall’amministrazione repubblicana di George W. Bush, che stabilisce la costruzione di 1100 km di «barriere fisiche», fortemente presidiate, al confine col Messico per impedire gli «ingressi illegali» di lavoratori messicani.
Dei due senatori democratici dell’Illinois, uno, Richard Durbin, vota «No»; l’altro invece vota «Sì»: il suo nome è Barack Obama, quello che due anni dopo sarà eletto presidente degli Stati uniti. Tra i 26 democratici che votano «Sì», facendo passare la legge, spicca il nome di Hillary Clinton, senatrice dello stato di New York, che due anni dopo diverrà segretaria di stato dell’amministrazione Obama.
Hillary Clinton, nel 2006, è già esperta della barriera anti-migranti, che ha promosso in veste di first lady. È stato infatti il presidente democratico Bill Clinton a iniziarne la costruzione nel 1994. Nel momento in cui entra in vigore il Nafta, l’Accordo di «libero» commercio nord-americano tra Stati uniti, Canada e Messico. Accordo che apre le porte alla libera circolazione di capitali e capitalisti, ma sbarra l’ingresso di lavoratori messicani negli Stati uniti e in Canada.
Il Nafta ha un effetto dirompente in Messico: il suo mercato viene inondato da prodotti agricoli statunitensi e canadesi a basso prezzo (grazie alle sovvenzioni statali), provocando il crollo della produzione agricola con devastanti effetti sociali per la popolazione rurale. Si crea in tal modo un bacino di manodopera a basso prezzo, che viene reclutata nelle maquiladoras: migliaia di stabilimenti industriali lungo la linea di confine in territorio messicano, posseduti o controllati per lo più da società statunitensi che, grazie al regime di esenzione fiscale, vi esportano semilavorati o componenti da assemblare, reimportando negli Usa i prodotti finiti da cui ricavano profitti molto più alti grazie al costo molto più basso della manodopera messicana e ad altre agevolazioni.
È il 29 settembre 2006, al Senato degli Stati uniti si vota la legge «Secure Fence Act» presentata dall’amministrazione repubblicana di George W. Bush, che stabilisce la costruzione di 1100 km di «barriere fisiche», fortemente presidiate, al confine col Messico per impedire gli «ingressi illegali» di lavoratori messicani.
Dei due senatori democratici dell’Illinois, uno, Richard Durbin, vota «No»; l’altro invece vota «Sì»: il suo nome è Barack Obama, quello che due anni dopo sarà eletto presidente degli Stati uniti. Tra i 26 democratici che votano «Sì», facendo passare la legge, spicca il nome di Hillary Clinton, senatrice dello stato di New York, che due anni dopo diverrà segretaria di stato dell’amministrazione Obama.
Hillary Clinton, nel 2006, è già esperta della barriera anti-migranti, che ha promosso in veste di first lady. È stato infatti il presidente democratico Bill Clinton a iniziarne la costruzione nel 1994. Nel momento in cui entra in vigore il Nafta, l’Accordo di «libero» commercio nord-americano tra Stati uniti, Canada e Messico. Accordo che apre le porte alla libera circolazione di capitali e capitalisti, ma sbarra l’ingresso di lavoratori messicani negli Stati uniti e in Canada.
Il Nafta ha un effetto dirompente in Messico: il suo mercato viene inondato da prodotti agricoli statunitensi e canadesi a basso prezzo (grazie alle sovvenzioni statali), provocando il crollo della produzione agricola con devastanti effetti sociali per la popolazione rurale. Si crea in tal modo un bacino di manodopera a basso prezzo, che viene reclutata nelle maquiladoras: migliaia di stabilimenti industriali lungo la linea di confine in territorio messicano, posseduti o controllati per lo più da società statunitensi che, grazie al regime di esenzione fiscale, vi esportano semilavorati o componenti da assemblare, reimportando negli Usa i prodotti finiti da cui ricavano profitti molto più alti grazie al costo molto più basso della manodopera messicana e ad altre agevolazioni.
Nelle maquiladoras lavorano soprattutto ragazze e giovani donne. I turni sono massacranti, il nocivo altissimo, i salari molto bassi, i diritti sindacali praticamente inesistenti. La diffusa povertà, il traffico di droga, la prostituzione, la dilagante criminalità rendono estremamente degradata la vita in queste zone. Basti ricordare Ciudad Juárez, alla frontiera con il Texas, divenuta tristemente famosa per gli innumerevoli omicidi di giovani donne, per lo più operaie delle maquiladoras.
Questa è la realtà al di là del muro: quello iniziato dal democratico Clinton, proseguito dal repubblicano Bush, rafforzato dal democratico Obama, lo stesso che il repubblicano Trump vuole completare su tutti i 3000 km di confine.
Ciò spiega perché tanti messicani rischiano la vita (sono migliaia i morti) per entrare negli Stati uniti, dove possono guadagnare di più, lavorando al nero a beneficio di altri sfruttatori. Attraversare il confine è come andare in guerra, per sfuggire agli elicotteri e ai droni, alle barriere di filo spinato, alle pattuglie armate (molte formate da veterani delle guerre in Iraq e Afghanistan), che vengono addestrate dai militari con le tecniche usate nei teatri bellici.
Emblematico il fatto che, per costruire alcuni tratti della barriera col Messico, l’amministrazione democratica Clinton usò negli anni Novanta le piattaforme metalliche delle piste da cui erano decollati gli aerei per bombardare l’Iraq nella prima guerra del Golfo, fatta dall’amministrazione repubblicana di George H.W. Bush. Utilizzando i materiali delle guerre successive, si può sicuramente completare la barriera bipartisan.
*Pubblichiamo su gentile concessione dell'Autore
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-messico_dietro_il_muro_bipartisan_manlio_dinucci/5871_18766/
MINESTRA BOLDRINI & GALANTINO
Boldrini, Galantino e & C. pretendono che mangiamo questa minestra e diciamo che è ottima. Una signora di 72 anni pensionata è stata condannata a una multa di 20.000 euro per aver insultato un ragazzino
di Francesco Lamendola
A Vicenza, una signora di 72 anni, pensionata, è stata condannata dal tribunale, dopo tre anni di iter processuale, al pagamento di una multa di 20.000 euro, ai quali se ne aggiungono altri 8.000 che ha già versato a titolo di risarcimento al querelante, per aver insultato un ragazzino in un supermercato, il figlio di un italiano e una africana, con delle frasi di tipo razzista. La stampa locale ne ha parlato con enfasi, felicitandosi per la giusta severità della sentenza ed esprimendo l'auspicio che ciò serva da monito a tutti quelli che nutrono sentimenti razzisti nei confronti degli immigrati. Si tratta, peraltro, della stessa stampa locale che, nel riferire gli episodi, pressoché quotidiani, di illegalità, prepotenza e violenza commessi dagli immigrati, dentro e fuori i centri di accoglienza (dentro, anzi, non ne parla proprio: eppure sappiamo come vengono trattati i migranti di religione cristiana, dai loro compagni musulmani), cerca, per quanto possibile, di tacere perfino la nazionalità dei delinquenti, se sono africani, magrebini o asiatici; oppure ricorre all'ipocrisia di dire che tali persone sono residenti nel comune X o Y, ma senza specificare che non sono italiani, anzi, lasciandolo credere. Se, però, si tratta di italiani che hanno commesso dei reati, magari provenienti da un'altra regione, l'informazione viene data, eccome, proprio da quei giornali e da quelle reti televisive: una cinquantenne meridionale è stata tenuta prigioniera in casa sua dal giovane amico di Noventa di Piave: bisogna bene che tutti sappiano che razza di gente viene dal Nordest, razzista e violenta, e che cosa è capace di fare. Qualora, invece, un africano trova per strada un portafoglio, e lo porta dai Carabinieri, tutta la stampa, questa volta nazionale, ne parla a più non posso: il messaggio è chiaro, gli stranieri sono brava gente, i cattivi, se ci sono, sono i nostri connazionali. Lo ha detto anche il papa. Che significa che i terroristi islamici ammazzano qualche migliaio di cristiani e ne mettono in fuga qualche altro milione? Che significa se fanno stragi nelle nostre città e se entrano nelle chiese a sgozzare i sacerdoti, nel bel mezzo della Messa? Anche i cattolici sono tanto, tanto cattivi: al punto che – lo sanno tutti - uccidono le loro mogli e le loro suocere... Un ragionamento che non fa una grinza, come si vede, né sul piano logico, né su quello storico e fattuale, e che alimenta il clima di autentico lavaggio del cervello cui il popolo italiano è da tempo sottoposto: quel che conta non è la realtà, ma come essa viene raccontata. Ed ecco che tutti i mass media la raccontano in maniera favorevole all'immigrazionismo, all'omosessualismo, al femminismo, all'abortismo, al sionismo, ripetendo gli stessi stereotipi, mille, diecimila, centomila volte, fino a quando il lavaggio del cervello non sia stato pienamente realizzato, e l’operazione d’indottrinamento non sia stata portata a termine. Repetita iuvant.
Tornando alla signora vicentina, noi non sappiamo dove troverà i circa 30.000 euro che quella denuncia per razzismo le è costata; le pignoreranno la casa, forse: di regola, una pensionata ultrasettantenne non ha decine di migliaia di euro da spendere; ma quello, evidentemente, è un problema suo. Poteva riflettere prima di aprir bocca. In verità, non sappiamo esattamente cosa sia successo: grazie alla stampa asservita che ci ritroviamo, sappiamo solo che, giunta alla cassa di un supermercato, si è messa ad inveire contro il bambino, il quale è rimasto così traumatizzato che suo padre, più tardi, l'ha rintracciata e poi denunciata. Non lo sappiamo esattamente, perché quei giornali pretendono che noi crediamo che una anziana pensionata, a freddo, senza provocazione alcuna, così, tanto per dare aria alla bocca, si sia messa a sbraitare contro un bambino di 10 anni, semplicemente perché di colore. Se è andata davvero così, allora vuol dire che quella signora, più che di una condanna penale, ha bisogno di una cura psichiatrica contro la depressione o qualche altro disturbo comportamentale. Ad ogni modo, tutta l'Italia progressista e antirazzista, cioè immigrazionista, ha motivo di rallegrarsi, perché giustizia è stata fatta. La signora Boldrini, la signora Kienge, monsignor Nunzio Galantino, hanno avuto la soddisfazione di vedere quanto sappia essere severa, ma giusta, la legge italiana, contro chi non la pensa come loro. C'è però una cosa che non sanno, e cioè come si vive nelle città italiane, nei paesi e nei quartieri italiani, letteralmente invasi da un numero inarrestabile di sedicenti profughi. Non lo sanno, anche perché la loro vita è fatta di altre cose, e poi perché, materialmente, si svolge altrove, in ambienti assai diversi. Non sanno che ormai non c'è quartiere, né bottega, né appartamento, che non siano stati rapinati, o che non vivano nell'incubo di una rapina; ci sono tabaccherie, bar ed esercizi commerciali che, di rapine, ne hanno subite sei o sette. E i responsabili sono in gran parte immigrati stranieri. Come immigrati stranieri sono gran parte degli spacciatori di droga, che vendono la loro merce alla luce del sole, per le strade o ai giardinetti pubblici; che sugli autobus, sulle corriere o sui treni non pagano il biglietto, e prendono a botte o a coltellate l'autista o il controllore che abbiano l'ardire di domandarglielo, o d’invitarli a scendere; che rubano biciclette, motorini, perfino vasi di fiori in cimitero, o pezzi di metallo dalle linee ferroviarie, qualsiasi cosa rimanga per un momento incustodita, come le borse e gli asciugamani sulla spiaggia; che costringono le famiglie a chiudesi in casa la sera, a fare la spesa con paura, ad andare all'ufficio postale guardandosi alle spalle, perché ovunque seguiti e insidiati da aspiranti rapinatori. E le malattie che erano scomparse da tempo, e ora stanno ritornando - la meningite, la scabbia, i pidocchi - da dove vengono? Come sono arrivate? E gli arruolatori dell'ISIS, i ragazzi come il tunisino che ha compiuto la strage di Berlino, da dove venivano, da dove vengono? E le classi scolastiche tenute in ostaggio da qualche ragazzino bullo, violento, che terrorizza i suoi compagni e perfino i professori, li minaccia di morte, viene a scuola col coltello: il più delle volte, da dove provengono questi soggetti socialmente pericolosi? Ed è giusto che venticinque ragazzi siano privati del diritto allo studio, in nome del buonismo e dell'accoglienza verso un piccolo delinquente?
Ora, si vorrebbe far passare l'idea che parlare di queste cose, porre queste domande, sia razzismo. Per non essere razzisti, per non favorire il razzismo, bisognerebbe auto-censurarsi, tacere. In compenso, però, ci si chiede di indignarci, di scandalizzarci ogni qual volta un cittadino esasperato, o un gruppi di cittadini esasperati, la cui vita è diventata insicura, triste, ansiosa, a causa della invadenza e del pessimo comportamento di persone straniere, esplode e si ribella; allora è giusto e doveroso sbattere il mostro in prima pagina, additare l'incivile al massimo disprezzo: aggiungere alla condanna penale anche la condanna morale dell'opinione pubblica. Non stiamo affatto dicendo che quella pensionata di Vicenza, se davvero ha detto quelle cose, e se le ha dette a freddo, non provocata, ha fatto bene: niente affatto. Però, come non vedere quanto sa essere severa la legge, in un caso del genere, contro una indifesa signora ultrasettantenne, e quanto invece è debole quando i delinquenti sono africani immigrati? A Padova, uno spacciatore nigeriano che si oppose all'arresto e prese a coltellate due Carabinieri, ferendoli, venne poi subito scarcerato dal solito giudice buonista e comprensivo, che non lo ritenne socialmente pericoloso. Allora domandiamo: se è pericolosa una pensionata di 72 anni che pronuncia frasi razziste, non lo è un pezzo d'uomo armato di coltello, che spaccia droga tutto il giorno e che non esita nemmeno a tentar di accoltellare due tutori dell'ordine? Come vivranno i suoi vicini di casa, italiani che pagano le tasse e che rispettano la legge, che osservano il regolamento di condominio? Come vivranno dei pensionati i quali, dopo una vita di lavoro, speravano di trascorrere i loro ultimi anni in santa pace, e si trovano a convivere nella stessa casa, nello steso quartiere di gente simile, arrivata non si sa da dove e accolta per non si sa quale spirito umanitario e solidaristico? Basta scendere in strada, andare alla stazione dei treni, anche in una grande città, come Milano, per vedere che i cittadini onesti, gli italiani onesti, vivono sotto assedio, nell'insicurezza e nella paura, fra prostitute, spacciatori, rapinatori, soggetti violenti. Sono circondati, tenuti d'occhio, da chi è pronto ad approfittarsi della minima distrazione.
Ma queste cose non le sanno le Boldrini o i Galantino; o, se le sanno, preferiscono non saperle: smentirebbero i loro pregiudizi buonisti e umanitari, il loro razzismo all'incontrario. La razza da difendere, ormai – anche se costoro sono convinti del contrario - è l’italiana; e si tratta di difenderla in casa sua. Essa non pretende d'imporsi a casa d'altri; vorrebbe soltanto vivere in pace in casa propria. Oppure non si può dire che l'Italia è la casa degli Italiani? Forse anche questa è una forma di razzismo, di xenofobia, di chiusura, o, come dice papa Francesco, un “alzare muri” invece di gettare ponti? Già, forse, tra poco, non si potrà dire. L'Italia è l'unico Paese al mondo che usa le sue Forze Armate per favorire la propria auto-invasione. E se l'ingresso clandestino in Italia non è un reato, ma qualcosa che molti, troppi, incoraggiano e benedicono – a cominciare dalla Conferenza Episcopale Italiana e dal pontefice - allora perché mai la marea dei migranti/invasori dovrebbe diminuire? Se le nostre navi “da guerra” li vanno a prendere, invece di difendere i confini marittimi e la sovranità dello Stato italiano? Al contrario, tutto lascia pensare che continuerà a crescere sempre di più. Che faranno i prefetti, allora, per contro del governo? Useranno le forze dell'ordine per reprimere le proteste dei cittadini italiani? Sequestreranno, dopo gli alberghi, pure le abitazioni private dei cittadini italiani, sulle quali essi pagano fior di tasse, per ospitare i clandestini? Se non si chiude il rubinetto; se non si scoraggiano gli arrivi; se non si bloccano le partenze, pattugliando le coste della Libia non per favorire, ma per chiudere le rotte dei barconi clandestini, il fenomeno non finirà mai: e presto o tardi, un brutto giorno, scoppierà una guerra civile. Anche i popoli più miti e pazienti, quando sono messi con le spalle al muro, lottano per sopravvivere: nessuno si lascia sommergere senza reagire. E quel che è in atto va perfino oltre il classico concetto di “invasione”: qui si tratta di qualcosa di ancora più radicale e irreversibile: di una vera e propria sostituzione di popolazione. Complice il divario enorme fra il tasso d’incremento demografico degli italiani e degli stranieri, nel giro di poche generazioni il popolo italiano non esisterà più, e, al suo posto, vi sarà una razza mista, principalmente di origine africana e magrebina, e, ovviamente, di religione islamica.
Comunque, il problema non sono soltanto gli sbarchi dei clandestini, posto che si voglia e si sappia porvi un argine, il che, se l’Italia fosse un Paese normale, e se la sua classe dirigente non fosse messa lì per ostacolare l’interesse nazionale, essendo al servizio d’interessi stranieri, sarebbe un’impresa tutt’altro che difficile; il vero problema è, da un lato, il crollo demografico delle famiglie italiane – per nulla sostenute dalle politiche dei vari governi, sia di centro-destra che di centro-sinistra – e, dall’altro, la presenza massiccia di immigrati regolari che già si sono stabiliti nel nostro Paese, nel corso degli ultimi venti o trenta anni, profittando dell’ingenuità e della buona fede del popolo italiano. Al quale era stato detto che bisognava essere accoglienti ed ospitali,che bisognava essere generosi con chi si trovava in condizioni di necessità; e, inoltre, che le società plurietniche e multiculturali sono la cosa più bella del mondo, oltre che la più semplice da realizzare. Qui non si tratta di essere razzisti, ma di decidere il futuro dell’Italia e del popolo italiano. L’ospitalità verso gli immigrati non può configgere con il bene supremo della nazione; e non si può trasformare un popolo, come quello italiano, in un agglomerato di cento etnie diverse, senza aver nemmeno chiesto agli interessati quel che ne pensano. In molte zone d’Italia la presenza della popolazione straniera è già del 15% e oltre. Ci si dirà che molti di questi stranieri sono, ormai, cittadini italiani, o si apprestano a diventarlo; e le leggi sulla cittadinanza auspicate dalla sinistra e dalla Chiesa di monsignor Galantino, vanno nella stessa direzione. Ma non basta esser nati in Italia o esservi giunti da qualche anno, per creare una vera cittadinanza. La quale non è un pezzo di carta, non è una condizione formale, ma qualcosa di assai più profondo; e non è neppure solo un fatti di colore della pelle. Se uno stranero si innamora dell’Italia, della sua cultura, della sua civiltà; se fa suoi i valori sui quali è fondata; se apprezza, stima ed ammira ciò che essa rappresenta, nel mondo, in fatto di cultura, pensiero, bellezza, allora costui è degno della cittadinanza. Ma se è venuto qui con la mentalità del cuculo, per gettare fuori dal nido i figli degli italiani – metaforicamente parlando – e mettervi, al loro posto, i suoi; se non ha né amore, né rispetto per la società che lo ospita, gli offre un lavoro, una casa, un futuro: ebbene, allora costui è indegno della cittadinanza, e dovrebbe tornarsene al suo Paese, o essere indotto a farlo. Ma i politici italiani non pensano a questo, bensì a rendere sempre più facili gli aborti e i divorzi, sempre più normali le coppie di fatto, sempre più frequenti quelle omosessuali, con relativa adozione di bambini, di solito stranieri anch’essi; e, intanto, a concedere la cittadinanza il più presto possibile, magari per il diritto di ius soli, cioè per il semplice fatto di esser nati in Italia. Come si può sopportare ancora simili politiche?
Boldrini, Galantino e & C. pretendono che mangiamo questa minestra, e diciamo che è ottima
di
Francesco Lamendola
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