ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 2 gennaio 2017

Il Cuore Immacolato trionferà quest'anno?

Il riassunto del Lunedì/5

26-12-2016/02-01-2017

È iniziato il 2017, anno che per noi sarà principalmente dedicato alla Madonna di Fatima. Stanno davvero finendo i fatidici 100 anni di scatenamento demoniaco? Il Cuore Immacolato trionferà quest'anno? Non lo sappiamo, ma il caos globale lascia presagire un anno molto difficile. La prima notizia dell'anno nuovo è un attentato sanguinoso a Istanbul.



Leonardo Boff è stato riesumato dalla discarica ideologica in cui l'avevano sbattuto Ratzinger e Giovanni Paolo II. Il vecchissimo fondatore della teologia della liberazione è stato recuperato dall'attuale pontefice, che ormai si comporta un po' come un rigattiere: va a prendere tutto il fallimento ideologico di 40 anni fa e lo ricicla (forse è per questo che Boff ha scritto nella Laudato si' che si deve fare la raccolta differenziata?). D'altronde anche Kasper sta vivendo una seconda giovinezza. Il pontificato della baggina è servito. Sconfitti dalla storia cercansi. Per la cronaca, anche il fratello di Boff ne ha disconosciuto le idiozie.

Che succede in Vaticano? Fra delazioni e clima di terrore, a quanto pare in Vaticano stanno tutti allineati e coperti. Da segnalare che Galantino passerà alla storia come il segretario della Cei che non ha mai letto la Bibbia e Parolin come il Segretario di Stato che ha creato un incidente diplomatico pagliaccesco con l'Ordine di Malta.
Va segnalato fra l'altro che tutti i passati detrattori della figura del Papa si sono riscoperti propugnatori dell'assolutismo: a sentire loro un pontefice sarebbe un sovrano assoluto che può fare quello che vuole, senza dare spiegazioni, come la regina di Alice nel Paese delle Meraviglie. Solo perché il Papa adesso piace a loro. Quando c'erano i predecessori, l'insulto era libero: basti ricordare la diffamazione violenta subita da Paolo VI o le disobbedienze quotidiane ai danni di san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Ci ricordiamo gli insulti e il boicottaggio in occasione del Summorum Pontificum? Se questi personaggi fossero davvero convinti dell'assolutismo papale, avrebbero dovuto comportarsi diversamente. Ma sono solo in malafede.
Si conferma ancora una volta l'immagine che abbiamo di queste persone, che dicono di essere cattoliche, ma vogliono disfarsi del cattolicesimo. Una pletora di ignoranti sconclusionati che però combinano danni apparentemente irreparabili, e ci spiace che la figura del Papa ne esca sporcata. Sembra in effetti che Bergoglio sia rimasto imprigionato nelle loro trame. Il clima di terrore è stato certamente instaurato da altri, i quali gli mandando anche ultimatum pubblici. "Nomina altri cardinali che piacciono a noi, così quando non ci sarai più potremo andare avanti a fare danni". Leggere per credere. Altro che l'ultimatum di Burke. (L'ottica della maggioranza progressista in conclave potrebbe essere legata anche al nuovo arcivescovo di Milano, che presumibilmente riceverà la berretta).

Introvigne ha sparato i botti di capodanno qualche giorno prima. A Natale qualcuno deve avere mangiato troppo, non si spiega altrimenti la conclusione di un recente articolo del sociologo Introvigne che si conclude con "Papa Francesco non ama i gesti drastici. Ma, per quanto abbia ottant’anni, sa che il tempo è dalla sua parte". Le epurazioni e le nomine totalmente inadeguate infatti, secondo il pezzo pubblicato sul Mattino di Napoli, "lentamente plasmano una Chiesa che assomiglierà sempre di più a Papa Francesco". Finalmente l'hanno detto. Il corpo mistico che stanno cercando di preservare non è più quello di Cristo, ma quello di una Nuova chiesa che a noi non piace granché. Perché non è La Chiesa.

Scalfari ha le orecchie d'asino. Nota Socci che il gran visir della sinistra italiana ha scritto su Repubblica una serie di bombe su Cristo e i Vangeli. Quelli sinottici sarebbero quattro e l'unico evangelista che è stato anche apostolo sarebbe stato Giovanni. Ma l'esegesi scalfariana non si ferma qui: vi rimandiamo al blog di Socci. Il problema è che le informazioni scritte da Scalfari sono tutte sbagliate e sorge il dubbio che questo signore che pontifica da anni su tutto e tutti non abbia mai tenuto in mano una Bibbia. E sia ignorante come una capra.

Grandi successi pastoraliIn Brasile 9 milioni di persone hanno lasciato il cattolicesimo. E il presidente della conferenza episcopale brasiliana ha dichiarato che non gliene frega niente.

E' morta Carrie Fisher e ci spiace molto. Nonostante la notorietà non ha avuto una vita facile: il suo viso angelico, di quando interpretò la principessa Leila, rimarrà stampato nei nostri ricordi. D'altronde, noi proseguiamo la sua lotta contro l'impero della sopraffazione anti-religiosa e dell'omologazione.

Obama delirium. Il primo presidente nero degli USA passerà anche alla storia come il primo presidente completamente scemo. Quello che di solito è un mese di rappresentanza, si è trasformato nell'ultimo colpo di coda di un mandato da dimenticare: in cauda venenum. Solo ed esclusivamente per avvelenare i pozzi a Trump, l'improvvido sta facendo di tutto per alzare la tensione con la Russia. Inoltre per la prima volta all'Onu gli USA non hanno posto il veto a difesa di Israele, su una risoluzione riguardante le colonie sul territorio palestinese. Il problema è che agli USA e a Obama dei palestinesi non interessa un tubo. L'obiettivo è solo creare caos, ma noi crediamo nell'eterogenesi dei fini.

Vescovo di Milano. Sappiamo probabilmente chi sarà. Diciamo che è in buona Compagnia. Un altro indizio la settimana prossima, se non lo scoprite prima.

Buon anno a tutti
di Francesco Filipazzi
http://www.campariedemaistre.com/2017/01/il-riassunto-del-lunedi5.html


Dopo l’ultimo sanguinoso attentato terroristico di Istambul, avvenuto nella notte di capodanno, dalla condanna espressa dai governi occidentali e dal commento prevalente che viene fatto dai grandi media, si tende a spiegare come il terrorismo sia finalizzato a creare un clima di paura e di vendetta e come questo  rappresenti una strategia del terrore svolta da alcuni fanatici invasati che colpiscono seguendo una loro ideologia fanatica e distorta.
Se qualcuno domanda (ingenuamente) quali possono essere i reali obiettivi dei terroristi, i commentatori cercano di convincere il loro pubblico con argomenti risibili quali, ” ci colpiscono perchè odiano le nostra libertà” indicando i terroristi islamici come dei fanatici che commettono azioni di brutalità insensata, finalizzate ad una strategia per creare l’inferno nelle città dove si svolge una vita normale.  Gli atti di terrorismo, secondo alcuni, sarebbero una forma di “punizione” riservata agli “infedeli”, che siano occidentali, turchi o arabi di fede diversa rispetto a quella islamica salafita.
In realtà è facile osservare come questa sia una interpretazione riduttiva e deviante di quanto avviene in quanto gli attacchi terroristici rappresentano in effetti soltanto una tattica dietro la quale ci sono precise strategie dei mandanti, che quasi sempre corrispondono a degli Stati ed ai relativi servizi segreti che agiscono per raggiungere determinati obiettivi.
Per comprendere il contesto di azioni come quelle che avvengono in Turchia, bisogna chiedersi innanzi a tutto a chi giova? Chi guadagna da questi eventi?
I massacri che vengono effettuati dai jihadisti radicali devono sempre essere ricondotti alle centrali di arruolamento e di coordinamento di questi gruppi che non sono quasi mai dei “cani sciolti” ma sono miliziani addestrati in modo efficiente e pianificato. Le centrali di formazione dei terroristi si trovano in paesi quali l’Arabia Saudita, il Qatar, la stessa Turchia (salvo aver cambiato campo di recente), e negli USA, sotto lo schermo della CIA.
Questa non è una novità ma un fatto accertato ed ammesso dagli stessi funzionari di alto grado dell’establishment USA. I gruppi terroristi jihadisti sono stati da anni finanziati ed addestrati dalla CIA e dagli altri organismi di intelligence degli USA (e GB) per essere utilizzati come arma tattica nei vari contesti di conflitto, in Siria, in Iraq, in Libano ed adesso in Turchia.


Addestramento terroristi
Addestramento terroristi

L’utilizzo più frequente dei gruppi terroristi jihadisti è stato quello finalizzato al rovesciamento di governi ostili agli interessi USA, questo è avvenuto con Al Qaeda in Libia, ultimamente in Siria con i gruppi di Al Nusra e Jabhat Fatah al-Sham, che sono stati scopertamente armati e pilotati dalla CIA e dalla NATO (come si è reso evidente nella battaglia di Aleppo).
Si può facilmente dedurre come la Turchia sia oggi nel mirino della strategia USA, da quando il presidente turco Recepit Erogan è riuscito a bloccare il tentato golpe, chiaramente istigato da Washington e dalla fazione gulenista ispirata e protetta dagli USA . Risulta evidente che può essere conforme a questa strategia la destabilizzazione del paese, mediante l’attivazione della rete terroristica che opera sotto i simboli dell’ISIS o di AL Nusra e che deve colpire obiettivi indiscriminati in Turchia per seminare il terrore e l’insicurezza. La finalità di questa strategia è quella di indebolire Erdogan e di consentire un rovesciamento del suo Governo, colpevole, agli occhi di Washington, di volersi allontanare dalla stretta alleanza con gli USA e con la NATO per essersi avvicinata all’asse russo-iraniano.
Significativi due fatti:
1) il vertice trilaterale tenutosi il 20 Dicembre a Mosca tra i ministri degli Esteri di Turchia-Russia-Iran ove i tre paesi hanno concordato che i prossimi colloqui di pace sulla Siria verranno tenuti nella capitale del Kazakhstan, Astana, per risolvere la crisi siriana (esclusa la partecipazione USA);
2) Le dicharazioni di Erdogan in cui accusa gli USA di aver sostenuto l’ISIS e di averne le prove documentate.  Vedi: Erdogan accusa: gli USA hanno sostenuto l’ISIS, ho le prove
Questi due fatti hanno fortemente irritato Washington che, come si può facilmente immaginare, ha meditato le sue contromosse contro Erdogan. La Posta in gioco è troppo importante: in sospeso la permanenza nella NATO e nell’orbita occidentale della Turchia (80 milioni di abitanti) paese cerniera tra Europa e Asia, gli statunitensi non potrebbero tollerare una perdita di questo livello.
Questo spiega che le centrali di potere USA debbano ricorrere, per forza di cose, ad una strategia occulta che ha visto, fra i vari episodi, l’omicidio dell’ambasciatore russo ad Ankara, chiaramente pianificato per mettere in difficoltà Erdogan con la Russia ed adesso l’incremento di attentati terroristici in pieno Istambul.
Da non trascurare anche il ruolo e gli interessi dell’Arabia Saudita che è la potenza araba che rimarrebbe maggiormente pregiudicata da un riavvicinamento della Turchia all’Iran (il suo maggiore nemico nella regione) ed alla Russia. Non è raro che il “lavoro sporco”, quello di seminare attentati e terrorismo contro la Turchia possa essere stato affidato anche ai potenti servizi di intelligence sauditi che dispongono di molte entrature in Turchia in quanto, fino a pochi mesi addietro, operavano in alleanza militare con Ankara per rovesciare il Governo di Damasco.
Da tutto questo si capisce che ci sono varie potenze interessate a destabilizzare il Governo di Erdogan e non ci sono esclusioni di mezzi per ottenere questo obiettivo. Non si può dire quindi che manchi del lavoro per gli agenti dei servizi segreti, un settore che, di questi tempi, non conosce crisi.

di Luciano Lago

ISTANBUL E DINTORNI. IL PUNGIGLIONE DELLO SCORPIONE PESTATO - Guerra a Mosca prima che arrivi Trump.


Indipendentemente da quanto ci verrà propinato dalle varie fonti interessate e dai soliti prestigiosi analisti al soldo, materiale o morale, delle note centrali di disinformazione, la mattanza di questa notte a Istanbul (39 morti, 70 feriti, per ora) si inserisce logicamente nello tsunami di russofobia scatenato dai perdenti della contesa elettorale statunitense, i neocon e tutta la consorteria che si fa rappresentare da Obama-Clinton, bloccati nella strategia della guerra alla Russia (che forse verrà sostituita da un'accentuata bellicosità verso la Cina e forse no, ma intanto scompagina tutti i piani del partito antirusso).


Una strage vicaria, per far sanguinare i russi
Non importa chi ci verrà rifilato come esecutore della strage, curdi o jihadisti dell'Isis lo sono di prammatica in Turchia. Come nel caso degli attentati in Occidente, attribuiti a islamisti che però si rivelano tutti sbevazzoni, puttanieri, puttane e spacciatori laicissimi,  si tratta di lanzichenecchi mercenari dell'Occidente e di Israele. per quanto singolarmente questi sicari e pali possano essere convinti (stati convinti) di lavorare per una causa loro. Chi ha inferto questa mazzata all'imperio di Erdogan non può che essere chi dissente dalle sue più recenti mosse di avvicinamento alla Russia e di intesa con Mosca e Tehran sulla Siria. Sulla natura e sul comportamento del velleitario sultano turco restano vaste zone d'ombra e di ambiguità, troppo recente essendo il suo ruolo Nato di ufficiale pagatore, armatore, addestratore e rifornitore del terrorismo jihadista inteso a frantumare Iraq e Siria.Tuttavia un risultato concreto, in forte controtendenza rispetto a questa linea, è il vertice di Mosca tra russi, turchi e iraniani che ha tagliato fuori coloro che si consideravano i più poderosi  e titolati protagonisti del Nuovo Medio Oriente-Grande Israele, Usa, Israele, Arabia Saudita e Qatar e ha imposto una tregua alquanto funzionante e la prospettiva di un negoziato risolutore in Kazakistan che – horribile dictu - non preveda la rimozione di Bashar El Assad. Ma elezioni dalle quali, come al solito, uscirebbe vincitore a mani basse. Poi, ciliegina sulla torta , il Consiglio di sicurezza che approva una risoluzione russa a conferma delle condizioni di tregua stabilite a Mosca. Momentaccio per i criminali di guerra. Stelle che si sbracciano per Putin.

Il Nuovo Medio Oriente sbucciato
Anatema per gli esclusi, che si vedono sconvolto un assetto della regione, e quindi degli equilibri geopolitici, preparato con grande cura ed enorme impegno di mezzi. Aggiungiamo a questa sberlona, il rapido sciogliersi di un tessuto di alleanze, clientele e dominio nell’area in questione e non solo: l’Egitto, perno storico, demografico, economico, strategico e geopolitico dell’intera regione, che si schiera con Putin e Assad e orienta la gestione della Libia a scapito delle brighe neocoloniali occidentali travestite da ONU; la stessa Libia dove il filo-egiziano e filo-russo generale Haftar ha appena costretto il pagliaccetto di polistirolo Serraj a subordinare le sue istanze a quelle ormai consolidate della coalizione Egitto-gheddafiani-Tobruk (unico organismo eletto dai libici) su rotte e terminali petroliferi e l’intero sud del Fezzan. Poi l’Algeria che se ne esce dal riserbo e trova l’aria che circola favorevole a espressioni di indipendenza, difende la sovranità di Damasco e, mediando tra Serraj e Haftar, rafforza la credibilità del generale nazionalista come interlocutore imprescindibile. Del piccolo, povero, marginale, disarmato e bloccato Yemen  e della sua resistenza popolare non si riesce ad avere ragione né con le bombe italo-saudite, né con i droni Usa, né con il logoro strumento Al Qaida, né con un embargo genocida. Mezzo mondo arabo sunnita forma un fronte comune con l’arco scita. Satrapi del Golfo isolati e, come sembrerebbe, ridotti al silenzio. La Turchia pare aver raccolto la ciambella di salvataggio lanciata da Putin. Roba da far impazzire il più velenoso degli scorpioni.

Dagli “hacker russi” a noi tutti
A livello di comunicazione si è reagito con la forsennata campagna antirussa, fondata sulla del tutto indimostrata, anche un po’ cretinetta, fola della Cia che Putin in persona avrebbe hackerato i contenuti dei siti del Partito Democratico, evidenziandone le porcate a detrimento di Sanders e favorendo così la vittoria di Trump. Come effetto collaterale della psicosi suscitata circa la manipolazione che un potere esterno avrebbe effettuato sulla conoscenza, coscienza e scelta degli americani, sono stati collocati in simbiosi con i manipolatori russi tutti coloro che diffondono "fake news", cioè notizie e valutazioni   difformi dalle vulgate "ufficiali" e agli autori di queste  sgradite. E, colossale bue che dà del cornuto al ciucciarello, il menzognificio del sistema si è lanciato in una campagna di criminalizzazione della rete e dei suoi siti indipendenti tesa a sopprimere qualsiasi comunicazione non approvata dal finalmente costituito orwelliano "Ministero della Verità". Caccia maccartista alle streghe della controinformazione partita dal Congresso Usa, e subito rilanciata da clienti e vassalli: parlamento europeo, Bundestag tedesco e, da noi, dal grottesco Pitruzzella, capo dell'Autorità Antitrust (che con l'informazione non c'entrerebbe una mazza), il quale vaticina la cattura e messa a silenzio di tutti noi che violiamo le regole di una buona informazione diventata monopolio di Stato e fonte obbligatoria di abbeveramento. Caccia alle streghe alla vaccinara, ma non per questo meno pericolosa.

Dall’assassinio dell’ambasciatore alla mattanza del Reina Club: bersaglio Mosca
All'interna di una siffatta atmosfera di isterismo collettivo, si colloca come logica successione l'assassinio dell'ambasciatore russo ad Ankara, avvertimento al "rinnegato" e ai suoi nuovi partner in procinto di incontrarsi a Mosca per risolvere la questione siriana in modo da recidere gli artigli degli avvoltoi. Il fatto che la pesantissima mossa non abbia tuttavia distolto gli intimidendi dai loro propositi, ha suscitato nell'agonizzante e putribondo grumo bellicista nella Casa Bianca una tale esplosione di collera e frustrazione da fargli ordinare l'espulsione, all'evidenza del tutto dissennata e puramente strumentale, di quasi 40 funzionari diplomatici russi. Mossa meravigliosamente controproducente e che ha offerto alla raffinata saggezza di Putin l'occasione per una figurona mondiale di eleganza e superiorità: niente espulsioni di statunitensi per rappresaglia, anzi inviti e doni natalizi agli ambasciatori occidentali e alle loro famiglie. Dio acceca coloro che vuol perdere.

E' da qui che parte l'ultima reazione di una banda di scorpioni pronta a giocarsi il tutto per tutto con un attentato stragista come quello di Istanbul. Il tutto per il tutto perchè o Erdogan, terrorizzato da chi ha dimostrato di poter far saltare per aria ogni cosa, dalle Torri Gemelle alle discoteche e redazioni parigine ai mercatini di Natale berlinesi e al 14 luglio sul lungomare di Nizza, si ravvede e torna all'ovile, con tanto di rinnovato vigore turco-jihadista anti-Assad, o per lui sarà armageddon. Ma come? Bombardandolo da Incirlik? Quanto a rimuoverlo con un putsch, che lui diceva attribuibile agli Usa (io non ci credevo,ma forse mi ricredo), s’è già visto che non è andata. Un assassinio? Ci vorrebbe lo specialista Mossad. Chi la durerà? Di Erdogan non c'è troppo da fidarsi, se non che, opportunista rotto a qualsiasi cambio di casacca, si pieghi ai nuovi, inediti rapporti di forza geopolitici che, come s’è visto, sfavoriscono i suoi vecchi soci e padrini Nato-Saudi-Israele. Per loro la partita pare mezza persa e, comunque, ancora una volta non vinta (come in Afghanistan, in Somalia, in Libia, in Iran…). Erdogan, che è pazzo, ma non scemo, lo sa.

Terrorismo? E’ la globalizzazione, bellezza!
Aggiungo qualche considerazione sulla strategia dei nuclei terroristi facenti capo all’élite mondialista, detti negli Usa anche “Stato profondo”. Si possono individuare due fasi del terrorismo che ha accompagnato il processo della globalizzazione. Il terrorismo che doveva spianare la strada alla globalizzazione neoliberista e militarista all’offensiva e dunque doveva sostituire nella consapevolezza del 99% dell’umanità massacrata da quel processo il nemico artificiale islamista al nemico vero mondialista. E siamo nella fase dei grandi attentati di New York, Londra, Madrid, Bali, Amman, Mumbai. Con le stragi di Parigi, Boston, Bruxelles, Monaco, Berlino, ieri Istanbul, gli operatori di tutte queste False Flag, pur mantenendo in piedi il golem islamico  che colpisce prevalentemente comunità occidentali e cristiane (ma non solo, vedi il terrorismo di vendetta alla sconfitte militari che imperversa a Baghdad e Damasco), ora sulla difensiva, puntano a riattaccare i cocci di una globalizzazione che si va sfaldando.


Il nuovo baubau: Putin cum populisti
La chiave inglese gettata negli ingranaggi del progetto di schiavizzazione mondiale è russa, ma molta sabbia vi è finita anche per mano dei popoli resistenti in Medioriente e, per quanto riguarda l’Occidente l’emergere dei grandi movimenti che i globalisti e i loro utili idioti e amici del giaguaro di una pseudosinistra pseudumanitaria ed effettiva quinta colonna infiltrata tra chi la globalizzazione l’ha sgamata e vi resiste, chiamano “populisti”, “ultradestra”, “razzisti”, “xenofobi”. Epiteti, comodamente applicabili a settori decerebrati dalla paura per il collasso delle proprie prospettive di vita decente e indotti alla guerra tra poveri. Ma che, con molta maggiore ragione, andrebbero indirizzati a chi, alla ricerca del dominio e dell’omologazione mondiali, nel nome della retorica dei diritti umani e della democrazia già annientati a casa propria, perpetua la sua eterna vocazione al colonialismo e rade al suolo stati nazione, sovranità, identità, vuoi con le guerre che spopolano, cancellano culture e civiltà, provocano destabilizzanti e alienanti  migrazioni di massa, vuoi con frantumazione della coesione sociale mediante armi culturali e tecnologiche. Chi più populista e razzista dei superkiller Obama, Blair, Hollande, Juncker, Merkel, del Bergoglio che agita il dito ad Assad e mai a qualcuno delle nostre parti e, nel nostro piccolo, dei quaquaraquà Renzi, Napolitano, Mattarella?

Oggi alla minaccia islamica si è sovrapposta quella russa che, non a torto, è vista come innesco delle esplosioni anti-sistema, “populiste”, che serpeggiano da un lato all’altro dell’Atlantico con la vittoria di Trump (prescindendo da chi sia e cosa farà), la Brexit, la rivendicazione di altre liberazioni dalla garrota UE, una sempre più percepibile tensione di massa verso l’Eurexit e la propria liberazione nazionale. Ne è stata espressione sicuramente, a livello istintivo, perlopiù, anche il No al referendum che ci voleva togliere., con la Costituzione, un residuo di sovranità.


Terrorismo, arma suprema del capitalismo
Un marxista di razza come Diego Fusaro, rivendicatore contro UE, euro e globalizzazione della nostra sovranità nazionale e demistificatore dell’arma imperialista che sono le migrazioni, parafrasa Lenin affermando, a mio avviso con ragione, che l’arma suprema del capitalismo è il terrorismo. Nota giustamente che gli attentati “si abbattono sempre e solo sulle masse subalterne, precarizzate, supersfruttate … e mai suoi luoghi reali del potere occidentale, banche , centri della finanza ecc.”. Aggiunge che il terrorismo dinamitardo vuole spostare lo sguardo dalla contraddizione principale, dal terrorismo quotidiano del capitalismo finanziario, a quello fabbricato islamico. E’ evidente che a questo obiettivo si affianca quello del paradigma securitario, come lo vediamo in questi giorni elevato a livelli parossistici nelle capitali europee con il pretesto del povero tunisino Amri. Agnello sacrificale, come tanti altri prima di lui,  miracolosamente scampato a tutte le telecamere berlinesi, miracolosamente identificato due giorni dopo grazie al solito documento ritrovato, miracolosamente passante inconsapevole abbattuto da due poliziotti nazisti senza tentare di arrestarlo, giacchè, come in tutti gli attentati, “uomo morto non parla”.  Grazie all’ennesimo Amri, alle vittime incazzate della globalizzazione, ai “populisti”, paura, controlli, manette. E i pernacchi del “manifesto”.

Va però detto che il terrorismo dello “Stato Profondo”, le innumerevoli False Flag tutte uguali, oltre a fornire ai complici governanti di paesi subordinati gli strumenti per la repressione delle opposizioni, possono avere anche lo scopo di destabilizzare governi e gruppi dirigenti che si vedano tentati da giri di valzer fuori dall’orbita imperialista. O che, semplicemente, vadano messi sull’avviso a prescindere. Se è dubbio che questo aspetto possa valere per la Francia e, ancor meno, per l’indispensabile pilastro atlantista tedesco (ma chissà cosa succede nell’ombra delle cancellerie e dei rapporti economici), mi pare che invece possa valere per gli ultimi episodi terroristici in Turchia, l’ambasciatore russo e la carneficina nella discoteca di Istanbul. Erdogan, avendo spazzato via circa 100mila potenziali critici, di suo ha già sufficienti strumenti per imbrigliare eventuali opposizioni di massa (che peraltro non appaiono all’orizzonte, anzi). Questi episodi sanguinosi non gli fanno bene, non rafforzano il ruolo autoassegnato di restauratore ottomano e, forse, e qui mi ricredo circa quanto ho pensato prima, vanno messi nella stessa categoria del tentato colpo di Stato.

Informare, contraddire, rivelare. Finchè si può.
“Arma suprema del capitalismo”. Arma finale contro la quale non s’è ancora trovato alcun antidoto, alcuna difesa. Ma sul campo uno c’è. E’ l’informazione non di regime, e il coraggio di chi sa, ha scoperto le coordinate, ma non ha ancora parlato, documentato, provato. E’ la crescita di uno schieramento che studia ed esce allo scoperto. Rendendosi conto che rischia. E’ contro di lui che è partita la guerra alla verità, quella parallela alle bombe sulle centrali della comunicazione nei paesi da obliterare, la guerra alle “fake news”, partita ancora una volta, come tutte le aberrazioni, dagli Usa, e subito scimmiottata dagli sguatteri. Una volta che l’ondata delle contestazioni inoppugnabili al falso dell’11 settembre avrà raggiunto la massa critica per farne il punto di non ritorno, si potrà vedere la luce in fondo al tunnel. Hic  rhodus, hic salta. Per questo, cari amici che mi invitate alla moderazione e alla riconciliazione, ritengo inaccettabile tra noi chi cade nelle trappole – o le fa sue -  che il “Deep State” appronta lungo il cammino della rivelazione. Tipo chi  confonde le acque con le società civili, i diritti umani, le accoglienze indistinte, le “dittature”. Tipo quelli che ad abbattere le torri sono stati piloti dirottatori. E perlopiù sauditi.

Follia russofobica, ambasciatore ucciso, strage a Berlino, diplomatici espulsi, ambasciatore ucciso, strage a Istanbul… da qui al 20 gennaio, insediamento di Trump, la vedo brutta. E anche dopo non è che ci sarà tanto da divertirsi.

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