ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 12 gennaio 2017

La verità è scappata fuori...

IL CANCRO DELLA NEOCHIESA

Se la rivista dei preti intona le lodi Lutero. Ormai il cancro della neochiesa o meglio della contro-chiesa modernista e progressista è talmente avanzato talmente in metastasi che difficilmente si può immaginare di arginarlo 
di Francesco Lamendola  





Ormai il cancro della neochiesa, o meglio della contro-chiesa, modernista e progressista, è talmente avanzato, talmente in metastasi, che difficilmente si può immaginare di arginarlo, di bonificarlo, di farlo retrocedere. È penetrato ovunque, dalle parrocchie alle curie vescovili, dalle facoltà teologiche ai seminari, dalle conferenze episcopali alle riviste cattoliche di maggiore tiratura, diocesane, missionarie e perfino quelle specificamente pastorali. La relativizzazione, la protestantizzazione e la giudaizzazione del cattolicesimo guadagnano posizioni ogni giorno, a passi da gigante. Son bastati pochi anni, e ormai si naviga nell’assurdo quotidiano: può capitar di tutto, sentire preti che, dal pulpito, scoraggiano il culto della Madonna, altri che lodano l’islam e bacchettano i fedeli, altri ancora che seminano dubbi di fede, mettono in forse la vita eterna, l’anima immortale, la divinità di Cristo, la redenzione dai peccati, anzi, il concetto stesso di peccato. Siamo arrivati allo sfascio pressoché totale; siamo arrivati alla frutta.

Ci sono ancora dei veri cattolici, forse più di quanti non si creda; ci sono ancora vere suore e veri frati, veri preti e veri vescovi; ma intanto il danno che stanno facendo quegli altri, i progressisti, i modernisti, gli ecumenisti a senso unico, gli islamofili e i giudeofili, è incalcolabile. I fedeli non ci capiscono più niente; nel giro di meno d’una generazione tutte le certezze sono state intaccate, messe in crisi, sovvertite; tutte le verità sono state aggredite, smantellate, con metodo e protervia: e ciò proprio da coloro che avrebbero dovuto aiutare, custodire e proteggere la fede: i teologi, i cardinali, infine lo stesso pontefice – intendiamo papa Francesco. La stessa morale cattolica è stata presa d’assalto, ridicolizzata, svuotata di senso e di contenuti, banalizzata: ci sono vescovi che auspicano il matrimonio omosessuale in chiesa, altri che propendono per l’assoluzione facile per chi ha commesso il peccato di aborto, altri ancora che non danno alcuna importanza alla fedeltà, alla castità, alla purezza, e chiamano queste cose retaggi del passato, cui riservano sorrisetti d’ironia. E intanto non si parla più di spiritualità, non si dà più importanza alla vita dell’anima, la preghiera sembra anch’essa un attrezzo della preistoria: ci sono sempre più preti, vescovi e cardinali che parlano sempre e solo dell’azione sociale, della giustizia sociale, delle lotte sociali, della politica; che distribuiscono pagelle a destra e a sinistra, e lanciano anatemi e maledizioni contro certi uomini politici, fino ad augurare loro, pubblicamente, la morte (e si sa bene di chi stiamo parlando: di don Giorgio De Capitani, che prega così: Signore, fai venire l’ictus a Berlusconi…), mentre non si vergognano affatto di sfilare sotto certe altre bandiere, d’inneggiare a certi altri slogan, di solidarizzare con certi altri partiti politici, s’intende con la scusante di essere dalla parte del “popolo”: come se loro soltanto sapessero cosa sia il “popolo”, come se loro soltanto lo capissero e sapessero interpretarne i bisogni e le necessità; e come se quelli che hanno opinioni diverse dalle loro non facessero parte del “popolo”, ma di qualche oscura tribù malvagia e destinata all’estinzione, non meritevole d’altro che del loro sovrano disprezzo.
Come se tutto ciò non bastasse, questi preti, vescovi e cardinali della contro-chiesa non si stancano di ripetere il ritornello dell’accoglienza, il dovere dell’accoglienza, di asserire, mentendo, che l’unica maniera di amare il prossimo bisognoso è accoglierlo in casa nostra: come se la soluzione dei problemi dell’Africa fosse quella di travasare un miliardo di africani in Europa, con il suicidio scientemente deliberato della nostra civiltà, della nostra identità e della religione cristiana; e come se non vi fossero altre maniere, più giuste e sensate, per mostrare alle popolazioni bisognose la nostra solidarietà e la nostra fratellanza, che non siano quelle che conducono direttamente alla scomparsa dei popoli d’Europa sotto il peso di masse strabocchevoli d’immigrati, quasi tutti islamici.
E quale sarà il destino dei cristiani fra qualche anno, lo si può arguire da come i pochi immigrati cristiani vengono trattati dai loro stessi compagni d’avventura di fede islamica, persino sui barconi che traversano precariamente le acque del Mediterraneo, e poi anche nei centri di accoglienza: sono discriminati, insultati, minacciati di morte (e talvolta uccisi, ad esempio gettandoli in mare), picchiati, derubati del cibo, caricati di maledizioni e disprezzati come se fossero dei cani rognosi e non degli esseri umani.
Intanto, i preti progressisti e di sinistra hanno ben altre cose di cui occuparsi, che non simili quisquilie. C’è don Paolo Farinelli, un vero campione di modestia e sobrietà (si veda il suo profilo su internet, scritto da lui medesimo), il quale, fra le molte, moltissime altre sparate, ha dichiarato il suo obbrobrio per Matteo Salvini che va in giro col presepio, e per Mariastella Gelmini che canta Tu scendi dalle stelle; di quest’ultima, per la precisione, ha detto che “gli fa schifo il vederla” e che la signora in questione, invece di cantare canzoni natalizie, dovrebbe “andare a farsi infibulare”: meraviglioso linguaggio evangelico, veramente degno di un sacerdote cattolico e di un annunciatore dell’amore di Cristo per tutti i suoi fratelli – anche per quelli che politicamente non la pensano come lui. E non si creda che costui sia un’eccezione. Ce ne sono parecchi, ce n’è una legione, di preti assatanati ed energumeni, i quali, se pure non arrivano a questi estremi di volgarità e blasfemia (sfruttare l’abito del’Ordine sacro per lanciare maledizioni e insulti atroci contro il prossimo, reo di rappresentare ideologie diverse dalle proprie, è, crediamo, l’ultimo gradino nella profanazione della missione sacerdotale), ci si avvicinano parecchio, e adoperano non solo i social network, ma anche le omelie domenicali, per veicolare la loro particolare Weltanschauung, carica di aggressività e risentimento e, soprattutto, totalmente priva di carità, di spiritualità, di amorevolezza, del tutto spoglia di spirito cristiano, del tutto secolarizzata e politicizzata.
Poi ci sono i preti che usano il pulpito, e le riviste cattoliche, per diffondere la loro visone post-cattolica, intrisa di protestantesimo, anzi, perfino apertamente inneggiante al protestantesimo; naturalmente con la motivazione del “dialogo” e dell’ecumenismo, naturalmente all’insegna del politically correct del pontificato bergogliano, dove vanno bene tutti, sono bravi e belli e buoni tutti, tranne i cattolici autentici: vedi il trattamento riservato ai Francescani dell’Immacolata. Uno di questi preti di sinistra è Maurilio Guasco, docente emerito dell’università Avogadro di Alessandria, uno che fin dal 1968 si ribellava alla Chiesa “gerarchica” perché sfilava alle manifestazioni comuniste contro la guerra nel Vietnam, per poi fondare la comunità San Paolo, stile Isolotto di Firenze (frattanto i comunisti erano stati scomunicati da Pio XII; ma questo, evidentemente, era per lui un dettaglio irrilevante): insomma, un prete che sin da giovane faceva politica - ovviamente di sinistra - a più non posso; oh, ma si capisce, sempre col vangelo in mano, sempre con la pretesa – come tutti gli eretici di ogni tempo e paese – di essere il vero interprete del vangelo: del vangelo secondo me, in effetti, e non del Vangelo di Gesù Cristo. Docente di Storia della Chiesa e Storia del movimento ecumenico, possiamo farci un’idea di che cosa, e come, egli insegni ai suoi studenti, sfogliando la rivista Vita pastorale, il mensile degli operatori pastorali (n. 10, novembre 2016), nell’articolo su Le 95 tesi di Lutero,  di cui riportiamo il passaggio-chiave:

Un grande teologo del XX secolo, Karl Barth, avrebbe scritto: “Si giunge senz’altro più vicino al nocciolo della questione quando, nel corso dei secoli passati, si individuarono la grandezza e i frutti dei riformatori semplicemente nel fatto che essi hanno riaffermato certe verità cristiane, del tutto o quasi dimenticate nella Chiesa, e che in tal modo hanno rimesso in sesto la Chiesa: la sovranità e l’autorità della parola di Dio, la maestà sovrana del Dio creatore, Gesù Cristo quale riconciliatore dell’uomo peccatore, la forza della fede in questo Cristo, la libertà del cristiano nel mondo, l’esigenza che la vera Chiesa sia debitamente ardimentosa”.
Nel parco centrale di Worms si torva uno di più significativi monumenti a Lutero: questi vi è rappresentato con il viso rivolto al cielo e con nelle mani la Bibbia, quasi a indicare che quel libro contiene l’essenziale della fede cristiana.
Lutero non può essere considerato un teologo cattolico: ma è il cristiano che ha fatto della libertà una delle sue battaglie; ed è l’uomo della “theologia crucis”. Inoltre, ha avuto il merito di spiegare e far leggere la Bibbia, in un tempo in cui tale lettura era ancora del tutto sconosciuta non solo ai laici. Forse basterebbe tale merito perché si capisca che lo stesso Lutero, se non può essere considerato un teologo cattolico,  ha comunque anticipato di vari secoli il concilio Vaticano II.

E meno male che alla fine scivola giù la maschera: se Lutero ha anticipato il Vaticano II, vuol dire che aveva ragione; ma Lutero non è un teologo cattolico (bontà sua, di Maurilio Guasco; per quanto sia evidente il suo rammarico davanti a tale constatazione: avrebbe preferito “arruolarlo”, armi e bagagli): ergo, il concilio Vaticano II ha proclamato una serie di cose che non sono cattoliche. Senza volerlo, la verità è scappata fuori. Non si sa se ammirare di più la tronfia ingenuità o la sottile perfidia: difficile pensare che si possa essere così ingenui, quando si dicono certe cose. I cattolici progressisti e modernisti non sono mai così franchi: non hanno il fegato di dire apertamente - non ancora, almeno -: Sì, vogliamo essere protestanti anche noi; Lutero aveva tutte le ragioni e il Concilio di Trento aveva torto marcio! No, non è decisamente questo il loro modo di procedere. Preferiscono fare un passettino alla volta: e così, piano, piano, surrettiziamente, gesuiticamente, cambiando un po’ qua, un po’ là, prima la liturgia, poi anche la dottrina, sono quasi arrivati alla meta: quasi a dichiarare Lutero… il vero e autentico campione della Chiesa cattolica! E simili colossali spropositi, simili eresie, gliele passano per buone; e nessuno si alza in piedi, nessuno chiede a voce alta: Ma che diavolo state dicendo? Si vede che i teologi, i cardinali e i vescovi della Chiesa odierna hanno altre priorità, altre urgenze: per esempio, tuonare – come fa ormai continuamente papa Francesco – contro quell’orribile mostro, mai sazio di sangue umano, che è… il clericalismo. Sissignori: nel terzo millennio, in piena secolarizzazione, con la Chiesa che cade a pezzi e i nemici esterni e interni che se ne stanno disputando ormai le spoglie, questo è il grande nemico, questa è la grande minaccia: il clericalismo!
Per il resto, si stenta a credere che nella rivista degli operatori pastorali cattolici si possano scrivere impunemente simili enormità. Ma dove ha studiato la storia del cristianesimo, questo signore? Tanto per cominciare, il metodo: prendere l’interpretazione di Lutero fatta da Karl Barth, anzi, la glorificazione di Lutero fatta da Karl Barth, pastore e teologo protestante, e riportarla pari, pari, come se fosse la bocca stessa della verità: un bel metodo di lavoro, specialmente per uno studioso cattolico; complimento al senso critico e alla critica delle fonti. Non entriamo nel merito delle affermazioni di Karl Barth: quanta verità vi sia in esse, lo giudichi il lettore che conosce appena un minimo la vera posizione di Lutero nei confronti della Chiesa cattolica: non certo quella di un riformatore, ma di un distruttore e di un odiatore implacabile; la posizione di chi vedeva nel papato il covo di Satana, e nella Chiesa la peggiore perversione del Vangelo mai compiuta nella storia. Opinioni legittime di un pastore e di un teologo riformato svizzero, quale era Karl Barth; ma che dire di un professore cattolico, che scrive su una importante rivista cattolica?
Quel che ci preme osservare, è che, per don Guasco, il maggior merito di Lutero - di cui si può ammirare a Worms una bellissima statua che guarda verso il cielo, ma che cosa commovente - sarebbe stata quella di aver fatto della libertà una delle sue battaglie. Ma di quale libertà stiamo vaneggiando, professore? Lutero negava fermamente il libero arbitrio; scrisse anche il trattato De servo arbitrio, proprio per ribattere alla opposta tesi, che poi è la tesi cattolica di sempre, del libero arbitrio, sostenuta da Erasmo da Rotterdam. Quale sarebbe, dunque, la libertà di cui stiamo parlando? Lutero non crede affatto nella libertà dell’uomo; crede, piuttosto, nella predestinazione: l’umanità, per lui, non è che una massa dannata: se qualcuno si salva, non è certo per merito suo. Inoltre, Lutero fa leggere, sì, la Bibbia al popolo, ma nega la Tradizione: logico, perché nega la salvezza per la fede e per le opere, e dichiara la salvezza per mezzo della sola fede. Ora, se le opere buone non contano nulla, ne deriva che la Tradizione è inutile, perché la tradizione è fatta dalle opere dei cristiani, ispirati dallo Spirito Santo per vivificare la Chiesa di Cristo. Non c’è solo la Bibbia, per i cattolici: c’è anche la sacra Tradizione; anche se la Tradizione, si sa, non piace molto ai cattolici modernisti, che si nascondono dietro un non meglio identificato “spirito” (con la lettera minuscola) del Concilio Vaticano II. Per loro, c’è soltanto la Bibbia: esattamene come per i luterani e i calvinisti.
Per Lutero, inoltre, non ci sono i sacramenti; di sette, ne lascia sussistere un paio; quanto all’Eucarestia, il più importante di tutti, non si capisce bene che cosa sia per lui, se una vera transustanziazione o una semplice commemorazione simbolica dell’Ultima Cena. Alla fine, arriva al concetto strampalato di “consustanziazione”, cioè della presenza di Cristo accanto alle specie del pane e del vino: che cosa ciò volesse dire, forse non lo sapeva neanche lui. Preti, frati e suore non ne vuole, e infatti si toglie la tonaca e si sposa con una ex suora: per lui, tutti i fedeli i sono sacerdoti. Nega obbedienza al Papa quale capo della Chiesa e lo ricopre d’orribili insulti: i lanzichenecchi, appena dieci anni dopo l’affissione delle 95 tesi, prendono Roma d’assalto in nome di Lutero, e la mettono a ferro e fuoco, saccheggiano le chiese e i conventi, uccidono i preti, stuprano le suore, insozzano gli altari, spargono nel letame le Ostie consacrate. Eccolo il grande riformatore, il “restauratore della Chiesa”.
Se, poi, il professor Guasco esalta la “libertà” di Lutero in senso terreno, andiamo peggio che peggio: i contadini tedeschi vollero crederci, nel 1525, e il risultato fu che, quando già i signori feudali li stavano sterminando a migliaia, Lutero non esitò a scagliarsi contro di loro, a maledirli, a chiamarli figli del demonio, a incitare i signori affinché non ne risparmiassero uno solo. Su questi orrori sanguinosi, su queste pile di cadaveri Lutero si è conquistato la solidarietà dei principi tedeschi, dopo che questi si erano arricchiti saccheggiando e incamerando i beni della Chiesa, con la scusa di aderire alla sua “riforma”.
Eco: queste sono le cose che si possono leggere sulle riviste cattoliche, oggi. Sono posizioni e affermazioni che non hanno niente di cattolico. Neanche una parola sul Concilio di Trento, che condannò punto per punto le dottrine di Lutero e che fissò il dogma cattolico una volta per tutte, contro errori ed eresie: non una parola, cioè, su quel che uno studioso cattolico, nonché prete cattolico, dovrebbe insegnare e difendere per prima cosa. In compenso, troviamo l’equivalenza fra le tesi di Lutero e il Concilio Vaticano II: una falsità storica clamorosa, e in perfetta mala fede. E allora lo dicano, questi preti di sinistra semi-protestanti: lo dicano che se ne fregano della dottrina cattolica, e che preferiscono mille volte Lutero e… Bergoglio. Almeno i giochi saranno chiari, senza tante ipocrisie. Almeno i fedeli sapranno che cosa scegliere, invece di essere raggirati con dottrine che vengono contrabbandate per cattoliche, ma non lo sono affatto. 

Se la rivista dei preti intona le lodi Lutero

di Francesco Lamendola

1 commento:

  1. Però! Se pure il Lamendola inizia ad accorgersi che papa imbroglio è tale, non si può non pensare che ora le truppe nemiche, sconfitte e senza speranza, risaliranno con la coda tra le gambe, le valli che avean disceso con orgogliosa sicurezza!

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