L'accusa dei tradizionalisti Usa: "Così Obama ricattò Ratzinger"
Nella rivista "The Remnant", i tradizionalisti chiedono a Trump un'inchiesta sulle mosse di Barack Obama che avrebbero portato alle dimissioni di Benedetto XVI
Nella rivista "The Remnant", i tradizionalisti chiedono a Trump un'inchiesta sulle mosse di Barack Obama che avrebbero portato alle dimissioni di Benedetto XVI
Donald Trump e papa Francesco. Che non corra buon sangue tra i due non è una novità.
Benedetto XVI saluta Francesco durante il concistoro del 22 febbraio |
Il primo tira dritto sui muri anti-immigrati e i blocchi ai rifugiati, il secondo non nasconde di preferire chi apre le porte al prossimo, secondo le indicazioni del Vangelo. Bene. Eppure nella relazione tra i due potrebbe inserirsi un nuovo capitolo interessante e che dagli Usa arriva diritto nelle segrete stanze del Vaticano: l'accusa mossa da alcuni cattolici sulle mosse di Obama nell'abdicazione di Ratzinger.
"Durante il terzo anno del primo mandato dell'amministrazione Obama - si legge nella lettera aperta - il segretario di Stato Hilllary Clinton, e altri funzionari del governo, hanno proposto una "rivoluzione" cattolica il cui obiettivo era la scomparsa definitiva di ciò che che restava della Chiesa cattolica in America". I sospetti nascono da una e-mail che John Podesta, consigliere della Clinton, inviò a Sandy Newman. Nella e-mail Podestà spiega al suo interlocutore che sta cercando di realizzare una "primavera cattolica" in Vaticano simile alle "primavere" che hanno ribaltato i regimi del Nord Africa.
Secondo i firmatari della missiva, l'elezione di Papa Francesco sarebbe servita a "dare un appoggio spirituale al programma ideologico radicale della sinistra internazionale", tanto che oggi il pontefice sarebbe ormai diventato "il leader della sinistra internazionale". La rivista The Renmant, quindi, chiede a Trump di aprire una inchiesta che spieghi "per quale motivo la NSA ha monitorato il conclave che ha eletto papa Francesco", "quali operazioni segrete sono state effettuate dal governo Usa sulle dimissioni di Benedetto XVI" e renda conto delle "transazioni monetarie con il Vaticano sospese pochi giorni prima delle dimissioni di Ratzinger". In effetti nel dicembre 2013 Deutsche Bank chiude i bancomat all'interno della Santa Sede con la scusa delle indagini sulle norme anti-riciclaggio dello Ior, ma poi il giorno il giorno dopo le dimissioni dell'ex pontefice il Vaticano e la banca trovano subito un accordo. Riaprendo i bancomat.
Infine, i firmatari chiedono al presidente di chiarire il ruolo di Podesta in quella che lui stesso avrebbe definito "primavera cattolica", quale influenza abbia avuto il finanziere George Soros e se l'amministrazione Obama sia entrata in qualche modo in contatto con quella che è stata chiamata la "mafia di San Gallo", ovvero il consesso di cardinali e vescovi (Carlo Maria Martini, Adriaan Van Luyn, Walter Kasper e Karl Lehman, Achille Silvestrini eBasil Hume) che già nel 2005 avrebbe individuato in Bergoglio il papa perfetto per la riforma della Chiesa in senso progressista.
UN COMMISSARIO DELLA POLIZIA DI STATO E UN GENERALE DEI CARABINIERI “QUALCOSA NON TORNA”
Generale, qualcosa non torna. Donald Trump giura il 20 gennaio 2017 fedeltà alla Costituzione e diventa il 45° Presidente degli Stati Uniti d’America. E il 30 gennaio, appena dieci giorni dopo avviene la strage in un moschea di Quebec City, in Canada, dove vengono uccisi sei islamici in preghiera.
“Commissario, ha ragione lei: qualcosa non torna per alcune stranezze, che la stampa e le TV italiane, vendute a questo regime politico di abusivi e alle Multinazionali dell’odio e dello scontro fra religioni e razze, non fanno emergere”.
“Generale, sono davvero stranezze: un tale Alexandre Bissonette, canadese dalla settima generazione, che nel suo profilo Facebook apprezza Trump, Marine Le Pen e le forze israeliane, specializzato in terrorismo jihadista, si unisce nella strage a Mohamed Khadir, di origini marocchine, che subito dopo l’orrendo crimine telefona alla polizia canadese, dichiarandosi pentito e si costituisce. Una bella sceneggiata!”.
“Commissario, una vera sceneggiata organizzata da taluni poteri forti, economico-finanziari, per distruggere in poco tempo il nascente astro nella politica mondiale Trump, che non si collega ad alcun partito tradizionale, nemmeno ai repubblicani. E per questo il potere mondiale trema”.
“Generale, ci faccia caso: il multimiliardario Soros, si è subito schierato contro Trump e alcune Multinazionali, dopo il decreto del Presidente di non accogliere negli USA cittadini di alcuni Stati arabi (Iran, Yemen, Libia, Siria, Somalia e Siria), hanno diffuso la notizia che daranno posti di lavoro ad oltre 10.000 persone di quei paesi arabi nei loro fast-food”.
“Commissario, una macchina ben organizzata. Coloro che hanno l’effettivo potere nel mondo si stanno scagliando contro il ribelle impenitente, Donald Trump per annientarlo. Il Bissonette, estremista di destra si allea con un arabo per fare una strage in una moschea. Fatto mai accaduto prima. E la strage non viene rivendicata dall’ISIS, che negli atti terroristici almeno sanno il loro fatto e nelle porcherie internazionali non entrano”.
“Generale, lei ha scritto un libro “L’Utopia dell’Ummita”, in cui parla che un alieno le ha fatto presente che a livello mondiale esiste un’organizzazione criminale, del tipo “La Spectre” dei racconti di James Bond, che organizza omicidi eccellenti per i propri profitti internazionali”.
“Commissario, ne sono più che convinto. C’è una organizzazione mondiale che tiene in pugno gli attuali partiti, che li manovra, che elegge i propri uomini in tutti i governi del mondo, per conseguire i suoi fini criminali: riduzione della popolazione mondiale, scontro fra religioni e razze, annientamento dell’economia dei popoli, da assoggettare in ogni modo.
Trump avverte questo pericolo e cerca di correre ai ripari. Ha dato un avvertimento ai nostri politici, tutti abusivi da arrestare: se non fate elezioni in Italia entro il mese di marzo, interverranno gli USA per ripristinare nel nostro Paese libertà, democrazia e legalità”.
“Generale, lei è stato di recente a Washington e si è incontrato con i massimi esponenti della nuova amministrazione americana. Che cosa vi siete detti”.
“Commissario, siamo andati in delegazione negli USA per comprendere meglio come reagire a queste lobby di potere che stanno affamando tutti i popoli della terra. La delegazione era composta da persone capaci e incorruttibili che hanno preso il coraggio di avviare la costruzione di un Movimento politico che mandi a casa tutti questi cialtroni in Italia.
Gli Americani ci hanno detto che sta partendo un piano per annientare l’ISIS in tutti i paesi arabi, ad iniziare dalla Libia. Ci hanno detto che questa classe dirigente politica italiana è inaffidabile e che deve essere messa da parte.
Il Movimento 9 Dicembre – Forconi ha avviato una lotta per il ripristino della legalità nel nostro Paese, presentando un Ordine di Cattura Popolare nei confronti del Capo dello Stato, Capo del Governo, Ministri e Sottosegretari e 945 parlamentari. L’Ordine è stato già consegnato ad oltre 100 comandi dei Carabinieri e Uffici di polizia. Stiamo aspettando che si muova la magistratura. Se non lo farà, sarà anch’essa sottoposta a processo dal Popolo sovrano”.
“Generale, vi aspettate un aiuto dagli Americani?”.
“Commissario, ce lo hanno promesso, se ovviamente rispetteremo le regole della democrazia e della legalità. E noi lo faremo. Niente colpi di testa, né golpe. Non ce n’è bisogno. Li manderemo via con la legge, che deve essere uguale per tutti”.
“Generale, e che faranno i carabinieri, poliziotti e militari?”.
“Commissario, al momento opportuno il loro dovere. Arrestare questi delinquenti abusivi. Già un sindaco, quello di Cingoli, Saltamartini, già poliziotto, uomo coraggioso che da anni lotta contro questo regime, non ha voluto stringere la mano a Mattarella, che non è il Presidente della Repubblica, essendo un abusivo”.
“Generale, allora tempi duri per questi delinquenti abusivi!”.
“Commissario, è venuta le resa dei conti, soprattutto nei confronti di Sergio Mattarella che nel 2000, da Ministro della Difesa, si eclissò lasciando l’Arma dei Carabinieri nelle mani del governo D’Alema che la stava spazzando via. Duecento anni di storia gloriosa, con tanti Caduti, fra cui Salvo D’Acquisto e il Generale Dalla Chiesa, chiedono giustizia nei confronti di quest’uomo, che ha abdicato alle sue funzioni”.
“Generale, Dio non paga il sabato!”.
“Commissario, la punizione di Dio, anche se tarda, giungerà immancabile e inevitabile!”.
Il Commissario e il Generale
MOGHERINI E TUSK TRACOTANTI CONTRO TRUMP. PERCHE’, SE LO POSSONO PERMETTERE?
C’è qualcosa di intollerabile, oltre che inquietante e comico, nelle dichiarazioni tracotanti “di guerra” a Trump da parte dei nostri burattini “europei” che nessuno ha eletto. Dichiarazioni di guerra vera e propria fatte a nostro nome. La Mogherini ha convocato il parlamento europeo per dichiarare: “L’Europa ha il dovere di essere chiara in caso di disaccordo soprattutto se questo riguarda i nostri valori fondamentali. E certamente siamo in disaccordo con l’ordine esecutivo emanato dal presidente degli Stati Uniti il 27 gennaio. Anche molti in America sembrano non essere d’accordo”.
Donald Tusk, il polacco presidente del Consiglio europeo che sta per lasciare il posto a un maltese, ha proclamato da Tallin che “gli Stati Uniti sotto la presidenza Trump” sono “una minaccia esterna all’Unione Europea come Cina, Russia, terrorismo islamico”.
Dopo un ventennio di complicità con tutti i delitti dell’amministrazione Bush jr. e Obama, gli eurocrati si ergono a nemici del terzo presidente appena insediato. Gente non eletta gli dà lezioni, sporgendo il petto, in nome “dei nostri valori”. E’ abbastanza chiaro che delirano per la paura di perdere il loro potere e l’ordine oligarchico in cui si sono accomodati: Tusk ha incolpato noi, i sudditi europei, “tanti stanno diventando apertamente anti-europei o euroscettici”, cosa che ha imputato ai dubbi crescenti, in questi sudditi ingrati, “sui valori fondamentali della democrazia liberale” (il non-eletto da nessuno chiama democrazia liberale l’oligarchia burocratica che ci opprime).
E poiché “la nuova amministrazione è sul punto di mettere in discussione 70 anni di politica estera americana” (ossia di volonterosa soggezione europea), Donald Tusk ci avverte, noi sudditi “egoisti”, che “la disintegrazione dell’Unione Europea non porterà alla restaurazione della mitica sovranità degli stati membri, ma alla loro dipendenza concreta da Stati Uniti, Russia, Cina. Solo insieme possiamo essere indipendenti”. Sì, è proprio paura folle, sragionano. Hanno paura che Trump diventi il liberatore di noi europei.
Ridicolo ma anche arrogante in modo insopportabile Francois Hollande – che nessuno voterà mai più – il quale ha voluto lasciare agli atti che “l’amministrazione Trump è una sfida per l’Europa” – naturalmente uscendo da un colloquio con la Merkel. Comico e tracotante il ministro degli esteri Steinmeier: “Con l’elezione di Donald Trump il mondo del ventesimo secolo è finito per sempre”. Il capo della CSU bavarese, Seehofer: “Non sono d’accordo con nessuna delle decisioni di Trump”. Nessuna.
È delirio, certo.
Questa è gente che nel maggio 2015, al vertice della NATO in Turchia, cantava in coro, come ubriaca di potere”, “We are the World”, noi siamo il mondo.
Questi ridicoli parlano a nome di un’Europa punteggiata di centinaia di basi Usa (contro cui non hanno mai obiettato), e d’improvviso minacciano, fanno la voce grossa, si ribellano in nome dei “valori”, dichiarano l’America “una minaccia”. Siccome sono dei vili, questa improbabile e improvvisa manifestazione di coraggio deve avere qualche motivo. Si vede che credono di potersi permettere l’insubordinazione. Puntano su un ritorno rapido allo status quo, per qualche motivo?
E per cosa poi la discesa in guerra degli eurocrati: per il “bando” decretato da Trump da 7 paesi musulmani, sul modello di bandi temporanei già decretati da Obama dall’Irak, per esempio, e accolti senza una critica dalle Mogherini e dai Tusk. La cosa è così strana, e così ben coordinata con l’artificiosa protesta delle masse pagate in città americane, che a The Saker è venuto un sospetto: che tutti questi “siriani” e “famiglie iraniane” muniti di visti rilasciati dalle ambasciate USA sotto Obama come “rifugiati politici”, siano in realtà collaborazionisti degli USA contro Assad, o persone coinvolte nel golpe filo-americano in Turchia, o in atti di terrorismo contro il regime in Iran, e che devono essere fatti esfiltrare prima che si consolidi la pacificazione in Siria.
“Sono apparentemente persone che hanno mezzi, e parenti qui. Per ricevere il visto di rifugiato, hanno dovuto recitare la lista delle accuse occidentali contro Assad o contro il governo dell’Iran..”. In almeno un caso, il sospetto è comprovato. Due membri degli Elmetti Bianchi, la nota organizzazione “umanitaria” pro-terrorista ad Aleppo, produttrice di video diffusi in tutti i grandi media sui feroci bombardamenti e i bambini trumatizzati, erano diretti in Usa per partecipare ad una serata degli Oscar per i documentari, e sono stati bloccati dal decreto Trump. Guarda caso, gli Elmetti Bianchi sono stati formati e addestrati da un contractor britannico, ex dei corpi speciali, chiamato James Le Mesurier; e certo di questi tempi non è più igienico per loro restare in Siria nella Aleppo liberata – quindi eccoli forniti di visto Usa onde farsi festeggiare a Hollywood.
Il clamore mediatico e politico contro il bando di Trump ricorda al Saker “l’isterismo che fu orchestrato prima della liberazione di Aleppo. Ricordate le lacrime mediatiche sulla povera gente massacrata dalle forze russe e di Assad?” e (aggiungiamo noi) i video dei bambini impolverati, i pianti sui poveri civili assediati di Aleppo senza aiuti umanitari, per i quali occorreva assolutamente una tregua? “Poi è risultato che stavano cercando di far esfiltrare dal Aleppo i loro ufficiali da operazioni speciali che coordinavano la guerra dell’ISIS e delle altre milizie contro il governo siriano. Dopo l’arresto del personale occidentale nella centrale di comando ISIS, l’interesse nostrano per le sofferenze del popolo siriano è scomparsa. Nemmeno un grammo di aiuto umanitario è arrivato, se non dai russi”.
Anche la coincidenza temporale con la ripresa improvvisa di bombardamenti d’artiglieria della giunta di Kiev contro il Donbass potrebbe essere stata orchestrata per mettere in difficoltà Trump nel suo tentato ravvicinamento a Mosca. A tutta prima, Poroshenko – in visita in Germania – ha mentito ai parlamentari tedeschi (che controllano più o meno la tregua Minsk 2) sostenendo che erano stati “i russi” a cominciare. Poi, messo alle strette, ha dovuto confessare “che era stato il SBU (che è diretto dalla Cia) e le forze speciali ucraine (guidate dalla NATO) erano penetrate oltre i confini del Donetsk , e avevano cominciato a spararare sulle truppe ucraine (le loro) da un edificio civile nel Donetsk, così da avere la scusa di bombardare le zone abitate da civili. Suddeutsche Zeitung: “La Germania sta pensando di imputare l’Ucraina per la escalation del conflitto”.
Forse. Perché intanto la Germania ha dispiegato i suoi tank in Lituania; i suoi soldati saranno presto raggiunti da soldati di Belgio, Norvegia e Olanda; si uniranno agli 87 carri armati US, i 144 portatruppe Bradley, l’artiglieria e i 3500 soldati che Obama ha mandato in Europa – In Polonia – poco prima di decadere che sono parte del riarmo e provocazione NATO contro la Russia, deciso nel vertice di Varsavia del luglio 2016. Mogherini, Tusk, Merkel, Stoltenberg stanno provando a farci entrare in guerra contro Putin, in odio a Trump? Questi mestatori sono pericolosissimi.
Muslim ban: le bugie contro Donald Trump
(di Lupo Glori) A meno di due settimane dal suo insediamento ufficiale come 44esimo presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump sta mantenendo le promesse firmando, uno dietro l’altro, gli ordini esecutivi annunciati in campagna elettorale. Per comprendere il senso e l’effetto di questi decreti è utile spiegare come con il termine “ordine esecutivo”, nell’ordinamento statunitense, s’intendano i provvedimenti firmati di proprio pugno dal presidente al fine di dettare, in maniera diretta e perentoria, le politiche esecutive alle agenzie del Governo.
Nei soli primi sette giorni della sua amministrazione, Trump si è largamente avvalso di tale efficace strumento presidenziale apponendo la sua firma su ben 17 decreti esecutivi riguardanti aspetti di politica interna ed estera: dalla sanità all’immigrazione, dal petrolio all’aborto, fino al commercio ed altro ancora. Tra questi, quello che ha suscitato e continua a suscitare le maggiori polemiche è stato l’ordine esecutivo sul tema dell’immigrazione, scorrettamente subito “bollato” dai detrattori del neo presidente come il “muslim ban”. Tale provvedimento ha infatti scatenato una vera e propria campagna intimidatoria contro il “razzista” Trump, abilmente alimentata dal mainstream mediatico internazionale, fortemente ostile al nuovo inquilino, “politicamente scorretto”, della Casa Bianca, considerato nemico numero uno dell’establishment globale.
Tra gli stizziti più illustri vi è stato lo stesso Barack Obama che ha affidato le sue prime parole ufficiali da ex presidente al proprio portavoce Kevin Lewis facendo sapere che «i valori americani sono a rischio» e di essere «in fondamentale disaccordo con il concetto di discriminare gli individui a causa della loro fede o religione».
Ma cosa prevede, in concreto, l’ordine esecutivo Protecting The Nation From Foreign Terrorist Entry Into The United States, (Proteggere la Nazione dall’ingresso del terrorismo straniero negli Stati Uniti) firmato da Trump lo scorso 27 gennaio?
- L’ordine sospende per 120 giorni l’intero sistema di ammissione dei rifugiati nel paese, lo S. Refugee Admissions Program (Usrap).
- L’ordine “congela” per 90 giorni l’ingresso di cittadini provenienti dai paesi classificati come “a rischio terrorismo”: Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen
- L’ordine infine sospende il programma di accoglienza dei profughi siriani a tempo indeterminato. Il divieto si applica a tutti gli immigrati, tranne ai possessori di green card.
Per placare il fiume di proteste scatenatosi negli Stati Uniti e nel mondo all’indomani della firma dell’executive order, Trump ha fatto diramare un comunicato per sottolineare come l’ordine “incriminato” non abbia affatto di mira le persone musulmane in quanto tali, quanto piuttosto i paesi ad oggi “schedati” come potenzialmente a rischio terrorismo, ricordando come gli Usa rilasceranno nuovamente i visti dopo aver riesaminato e rafforzato il sistema di controlli:
«Ci sono altri 40 Paesi nel mondo a maggioranza islamica che non sono interessati dal provvedimento. Per essere chiari, questo non è un bando nei confronti dei musulmani, come i media hanno falsamente riportato. Non ha a che fare con la religione, ma con il terrore e il mantenimento della sicurezza del nostro Paese. Rilasceremo nuovamente i visti a tutti i Paesi una volta che avremo rivisto e completato le politiche più sicure nei prossimi 90 giorni. L’America è una nazione orgogliosa dei suoi immigrati e continuerà a mostrare compassione nei confronti delle vittime dell’oppressione. Ma lo farà proteggendo al momento stesso i propri cittadini ed i propri confini».
Che sia deciso a proseguire spedito sulla strada tracciata, Donald Trump lo ha fatto capire licenziando in tronco il ministro della Giustizia ad interim, Sally Yates, rea di essersi opposta all’ordine esecutivo, rimpiazzandola temporaneamente con l’attorney general Dana Boente, nominato da Obama nel 2015, in attesa della ratifica da parte del Senato della nomina di Jeff Sessions a procuratore generale.
Sull’ordine esecutivo Protecting The Nation From Foreign Terrorist Entry Into The United States, come detto, è stata montata una vera e propria campagna di disinformazione. Di seguito elenchiamo alcuni dei principali luoghi comuni circolati a riguardo sulla stampa internazionale.
1) Non è un divieto anti musulmano ma contro il terrorismo islamico
Il termine “musulmani”, come si legge sul sito Breitbart News riconducibile a Steve Bannon, chief strategist e consigliere di punta di Trump, non appare nell’ordine esecutivo. La parola è stata abilmente adoperata dai principali media per accusare il neo presidente statunitense di discriminazione religiosa.
L’ordine esecutivo si applica infatti a tutti i cittadini di Iraq, Iran, Siria, Libia, Somalia, Sudan e Yemen, senza specificare la loro appartenenza religiosa. Allo stesso modo, l’attesa a tempo indeterminato nei confronti dei rifugiati siriani riguarderà sia i cristiani che i musulmani. Ad ulteriore conferma che esso non sia un decreto contro i musulmani in generale, come riportato da Tim Carney del Washington Examiner, vi è il fatto che i più grandi paesi a maggioranza musulmana nel mondo, come Turchia e Pakistan, non sono citati nell’ordine esecutivo.
Il provvedimento approvato, si legge sempre su Breitbart News, non si applicherà inoltre «ai cittadini stranieri che viaggiano con visti diplomatici, visti della North Atlantic Treaty Organization, visti C-2 per i viaggi alle Nazioni Unite, e gli speciali visti G-1, G-2, G-3, e G-4». Inoltre i Dipartimenti di Stato e la Homeland Security avranno la libertà di concedere deroghe «caso per caso», e «quando reputeranno esserci i requisiti per l’interesse nazionale, per rilascio di visti o altri benefici in materia di immigrazione per i cittadini di paesi per i quali i visti ed i benefici sono altrimenti bloccati».
2) I paesi sono stati scelti da una “lista nera” stilata da Obama
Come dichiarato dal consigliere della Casa Bianca Kellyanne Conway al programma televisivo Fox News Sunday, le sette nazioni indicate nell’ordine esecutivo di Trump non sono state scelte in quanto paesi musulmani, ma perché incluse nel Terrorist Prevention Act emanato da Barack Obama nel 2015. Al Visa Waiver Program Improvement and Terrorist Travel Prevention Act del 2015 che aveva messo all’indice Iraq, Iran, Sudan e Siria, ha poi fatto seguito nel 2016 un aggiornamento che ha aggiunto alla lista nera la Libia, la Somalia e lo Yemen. La Conway ha spiegato dunque come i paesi in questione abbiano un pedigree inequivocabile in materia di terrorismo islamico: «Si tratta di paesi che hanno una storia di formazione, ospitalità ed esportazione di terroristi. Non possiamo continuare a far finta di nulla e guardare dall’altra parte».
3) La moratoria è temporanea
Un terzo punto da sottolineare è cha la moratoria è del tutto temporanea. I cittadini dei sette paesi a rischio sicurezza hanno il divieto di entrare negli Stati Uniti unicamente per i prossimi 90 giorni, che diventano 120 per i rifugiati siriani.
4) I predecessori di Trump hanno adottato provvedimenti analoghi
Breitbart News riporta inoltre come l’ordine di Trump non si differenzi in nulla da quelli messi precedentemente in atto da Obama nei confronti dell’immigrazione proveniente dall’Iraq e, anni prima, da Jimmy Carter nei confronti dell’Iran. Nel 1980 Jimmy Carter vietò infatti l’immigrazione iraniana a meno che i candidati fossero in grado di dimostrare che erano nemici della teocrazia imposta dall’Ayatollah Khomeini. In questo senso, così come Carter agì contro i cittadini iraniani sostenitori di Khomeini e non contro l’Islam, allo stesso modo, l’ordine esecutivo di Trump non è da considerare contro l’intera comunità musulmana ma contro i paesi che, ad oggi, sono identificati come “sotto osservazione” terroristica.
5) L’ordine esecutivo è pienamente legale
Un’altra delle accuse principali mosse contro il decreto immigrazione di Trump è la sua presunta incostituzionalità. Tuttavia, nota sempre Breitbart News, il presidente ha la piena autorità legale di intraprendere tali azioni, così come hanno fatto i suoi predecessori senza polemica alcuna. La maggior parte delle argomentazioni legali contro l’ordine di Trump sono del tutto pretestuose e montate ad arte per colpire ed abbattere con ogni mezzo il proprio nemico politico.
L’ultimo punto messo in evidenza è che tale ordine esecutivo è una misura di sicurezza e non è un’espressione arbitraria di presunta xenofobia. A questo proposito il network di news statunitense cita un passaggio di un articolo sul tema dell’avvocato e scrittore David French dove si legge: «Quando sappiamo che il nostro nemico sta cercando di colpire l’America e i suoi alleati attraverso la popolazione di rifugiati, quando sappiamo che ci sono riusciti in Europa, e quando l’amministrazione ha dubbi sulla nostra capacità di controllare adeguatamente i profughi che ammettiamo in questa nazione, fare una pausa è non solo prudente, ma forse necessaria».
Parole equilibrate e di buon senso, che riflettano il pensiero della maggioranza silenziosa della popolazione americana che ha votato per Donald Trump, oggi minacciosamente sovrastate dalla asfissiante campagna mediatica internazionale. (Lupo Glori)
http://www.corrispondenzaromana.it URL to article: http://www.corrispondenzaromana.it/muslim-ban-le-bugie-contro-donald-trump/
E' la Russia il terreno d'incontro tra Donald Trump e Papa
Francesco
La nuova Ostpolitik vaticana (diversa da quella di Casaroli)
guarda a Mosca e i punti di contatto tra la Santa Sede e Washington sono molti.
Nonostante i muri e il caos negli aeroporti
Roma. Ha scritto il vaticanista americano John Allen che se è facile individuare i terreni di possibile scontro tra Donald Trump e Papa Francesco – dalla continuazione della politica sull’innalzamento di muri lungo i confini meridionali degli Stati Uniti alle recenti misure riguardanti l’immigrazione – un punto invece su cui potranno incontrarsi è rappresentato dalla “loro politica riguardo la Russia”. Politica che, per inciso, non trova le rispettive basi troppo entusiaste, con il presidente americano accusato di essere fin troppo accomodante con il Cremlino e il Pontefice che da variegati settori ecclesiastici è considerato il propiziatore di un “eccessivo ecumenismo” (Allen parla di “ecumenical correctness”).
Eppure, ben prima dell’arrivo di The Donald alla Casa Bianca con le conseguenti polemiche su dossieraggi, infiltrazioni e hackeraggi, era stato il Vaticano a sdoganare Vladimir Putin, riconoscendogli un ruolo internazionale positivo che superava ogni resistenza (tattica o convinta) occidentale, fino al punto di dar luogo implicitamente a una serie di frizioni con la chiesa greco-cattolica ucraina, che da anni denuncia lo spirito conquistatore di Mosca (Crimea e Ucraina orientale sono gli esempi più eclatanti). Sotto il profilo politico, è sufficiente tornare al 2013, quando la Santa Sede guardò proprio al Cremlino per fermare l’offensiva anglo-franco-americana su Damasco, che sembrava imminente. Prima ci fu l’Angelus del 25 agosto con l’invocazione della pace in Siria, quindi la veglia in piazza San Pietro, infine la lunga lettera (accompagnata da benedizione) a Putin in qualità di presidente di turno del G20. Da lì, ci sono stati incontri e contatti continui.
La linea riguardo il medio oriente è la medesima: difesa delle comunità cristiane, grande diffidenza per i cosiddetti ribelli moderati, sostegno (seppure più sfumato nella visione della Santa Sede) di Bashar el Assad. Anche perché questa è la posizione mantenuta negli anni della guerra civile siriana dalle più alte gerarchie cristiane locali, cattoliche e ortodosse, fieramente antiamericane e portate a guardare con fiducia al ruolo della Russia. “Il nuovo assetto geopolitico, con Trump alla Casa Bianca, va bene a tutti”, dice al Foglio don Stefano Caprio, docente di Cultura russa al Pontificio istituto orientale di Roma. “Magari non lo si può dire, ma è così”, prosegue. “E’ interesse di tutti che la situazione nel vicino e medio oriente si stabilizzi, a Mosca come a Washington. E la Santa Sede non può che vedere di buon occhio tale sistemazione”. Anche perché “lasciare alla Russia il controllo del medio oriente è sempre interessato alla chiesa cattolica, soprattutto per ragioni spirituali. Insomma, quella regione è ortodossa”.
Certo, comprendere a fondo l’attuale linea della Casa Bianca non appare impresa facile: “Trump è imprevedibile, e nessuno può dire come si metteranno le cose. Io però – dice don Caprio – ho l’impressione che Trump, alla fine, sia una manna per il Vaticano. La sua politica internazionale, per come è stata abbozzata, ha molti punti di contatto con quella della Santa Sede, molti in più rispetto a quelli che avrebbe prospettato una presidenza Clinton e non solo sul piano etico”. Le divergenze ci sono, e i recenti ordini esecutivi hanno mostrato che la strada è tutt’altro che spianata. Basti considerare le affermazioni del Patriarca caldeo di Baghdad, mar Sako, che ha criticato le restrizioni all’ingresso in territorio americano, parlando di un enorme danno ai cristiani d’oriente, che si troverebbero ancora più esposti alle vessazioni nemiche in patria.
Il disegno diplomatico vaticano guarda a est e, in particolare, all’intesa con Mosca anche a costo di “sacrificare i cattolici in Russia, che però sono pochissimi e non hanno una gran voce in campitolo”, osserva Caprio. “Diciamo che con Papa Francesco si è sviluppata una sorta di Ostpolitik 2.0, i cui segni erano già presenti prima della sua ascesa al Soglio petrino, ma che ora ha mostrato i suoi effetti. Una Ostpolitik che, a ogni modo, non ha nulla a che fare con quella casaroliana portata avanti nella prima parte del pontificato di Giovanni Paolo II”.
Il triangolo, o quantomeno i suoi contorni, inizia così a definirsi. Se Washington è ben disposta nei confronti dell’uomo forte del Cremlino, da oltretevere si rilancia con un’apertura sul fronte etico e spirituale. L’incontro di un anno fa in terra cubana tra il Papa e Kirill va in questa direzione (basti ricordare i numerosi accenni alla difesa della famiglia naturale contenuti nella Dichiarazione congiunta), e il fine ecumenico è così fondamentale per Francesco al punto d’aver parlato – ricorda Allen – di “guerra fratricida” in Ucraina e non di aggressione russa, sconcertando la chiesa greco-cattolica locale, come ammise davanti alla stampa l’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, quando parlò di “ferita” alla “sensibilità degli ucraini”. Il fatto è che, scriveva il vaticanista americano, “il Papa non vuole fare nulla che possa riportare indietro le lancette dell’orologio” nei rapporti con il Patriarcato. E per farlo è necessario “non essere percepiti come ostili agli interessi nazionali della Russia”.
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