IL GIOGO DEGLI INFEDELI
«Non ritornate sotto il giogo degli infedeli»: come si è regolato Gesù Cristo il divino Maestro nei confronti delle altre religioni? Ecumenismo, dialogo-interreligioso: quanta confusione si svolgono intorno a queste espressionidi Francesco Lamendola
Ecumenismo,
dialogo-interreligioso: quanta confusione, quanta ambiguità, quante
aberrazioni, talvolta in buona fede, talaltra volute, si svolgono
intorno a queste espressioni; e, diciamolo pure, quanto pericolo per le
anime, almeno se si prendono sul serio le cose di Dio e non le si riduce
a una chiacchierata al bar fra quattro amici, dove ognuno è libero di
dire e di fare tutto quel che gli passa per la testa, senza remore e
senza particolari responsabilità. Per i cristiani nati, o cresciuti,
dopo il Concilio Vaticano II, quelle espressioni hanno un suono
familiare e un significato perfino scontato: perciò appaiono come
perfettamente canoniche, perfettamente cristiane, perfettamente
ragionevoli, giuste e condivisibili. Ma è proprio così?
Dunque, vediamo come stanno in realtà le cose. Il
primo obiettivo da raggiungere, non solo per un cristiano, ma per un
essere umano che sia degno di questo nome, è l’autonomia del giudizio e
la vera libertà della coscienza. L’autonomia del giudizio
consiste nel saper valutare le cose in maniera indipendente, senza
lasciarsi condizionare dall’opinione prevalente; la vera libertà della
coscienza consiste nell’individuare, e nello sforzarsi di praticare, ciò
che si riconoscere come vero, giusto e buono, e non semplicemente ciò
che appare comodo, facile e piacevole. Per un cattolico, poi,
ciò che fa fede è il contenuto della Rivelazione; e le due fonti di
questa, come è noto, sono la Scrittura e la Tradizione. Dunque,
l’autonomia del giudizio consiste nel vedere se ciò che si fa e si
dice, fuori e anche dentro la Chiesa, corrisponde al contenuto della
Rivelazione: perché la Chiesa, per la sua parte visibile (la Chiesa
pellegrinante), è formata da uomini, i quali, in quanto tali, ovviamente
possono sbagliare; e la libertà della coscienza consiste nel regolarsi
in base a tale valutazione, onestamente e coerentemente, sempre cercando
l’aiuto e l’ispirazione di Dio attraverso la preghiera e i Sacramenti
(non solo la preghiera, come fanno i protestanti, perché anche il
cristiano più zelante può sbagliare e può sbagliarsi, perfino nelle cose
di Dio, se non si tiene costantemente unito a Lui, con umiltà e con
fede, attraverso la pratica dei Sacramenti).
Allora:
ecumenismo e dialogo interreligioso, che cosa significano? Se
significano che il cattolico deve dialogare con tutti e che deve cercare
l’unità dei cristiani, allora è una cosa; se invece significano che il
cristiano si sente depositario di una verità relativa, così come sono
relative anche le altre fedi e le altre verità, o se significa che
l’unità dei cristiani va perseguita anche a scapito della verità, allora
è un’altra cosa. Nel primo casso, nella prima accezione del termine, un
cattolico può dirsi senz’altro sia ecumenico che dialogante; nel
secondo caso, no. Valga sempre il modello di Cristo, perché, come Lui stesso ha detto ai suoi discepoli, un servo non è superiore al padrone; e poi, ancora: Non
vi chiamo più servi, perché un servo non sa quel che fa il padrone; vi
ho chiamato amici, perché vi ho fatto conoscere tutto quello che ho
udito dal Padre mio. E allora domandiamoci: come si è regolato Gesù Cristo, il divino Maestro, nei confronti delle altre religioni? Ebbene, è stato molto chiaro: non ha voluto avere nulla a che fare con esse.
E tuttavia, non ha escluso i non giudei dal suo piano di salvezza; al
contrario: ha detto ai suoi discepoli di andare a predicare in tutto il
mondo e a tutte le genti. E qui, crediamo, viene la prima sorpresa, per
quei giovai cattolici che considerano come cosa ovvia il dialogo con le
altre religioni e con le chiese cristiane separate (le quali, a rigor di
termini, e sempre se le parole non esprimono opinioni, ma designano dei
contenuti oggettivi, non sono affatto chiese, ma sette scismatiche,
perché di Chiesa ve n’è una sola, non due, non tre, non venti: la Chiesa
fondata da Gesù Cristo, cattolica, apostolica e romana). Gesù
non ha mai dialogato con le altre religioni o con i loro sacerdoti, né
ha mai insegnato o raccomandato ai suoi seguaci di dialogare con essi. Questo,
almeno, se vogliamo stare a quel che dicono i Vangeli e gli altri libri
del Nuovo Testamento, e non inventarci un Gesù che non esiste e un
redentore che non può redimere nessuno, perché sarebbe una
contraddizione in termini credere in un redentore che viene ad
annunciare una verità relativa, una verità provvisoria e con riserva.
Niente affatto: Gesù parlava con autorità,
questa è l’espressione che adoperano gli evangelisti; e parla con
autorità colui che sa quel che dice e sa di non essere venuto a rendere
testimonianza a se stesso, ma a rendere testimonianza alla Verità, che è
Dio. Gesù insiste su questo concetto, vi ritorna più volte: tutto ciò
che ha insegnato ai suoi discepoli, lo ha trasmesso fedelmente dal Padre
suo; la sua parola è verità, perché è la Parola di Dio; anzi, è Lui
stesso Parola di Dio, il Verbo fattosi carne per amore degli uomini.
Nell’imminenza
dell’estremo commiato prima della Passione, pochi istanti prima di
uscire dal cenacolo, Gesù, la notte di venerdì santo, alla presenza dei
discepoli – undici, perché Giuda era già uscito per andare a tradirlo -
ha levato al Padre suo quella stupenda preghiera, nella quale, fra le
altre cose, dice (Giov. 17, 6-24):
Ho
manifestato il tuo nome agli uomini, che mi hai dato, scelti di mezzo
al mondo: erano tuoi e li hai donati a me, ed essi hanno osservato la
tua parola. Ora hanno conosciuto che tutto quello che mi hai dato viene
da te, perché le parole che desti a me le ho date a loro; essi le hanno
accolte e veramente hanno riconosciuto che io sono uscito da te, e hanno
creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non pregio per il
mondo, ma per quelli che mi hai donato, perché sono tuoi. Ogni cosa mia è
tua ed ogni cosa tua è mia. In essi io sono stato glorificato. Ormai io
non sono più nel mondo, ma essi restano nel mondo, mentre io vengo a
te. Padre santo, custodiscili nel nome tuo che mi hai dato, affinché
siano una cosa sola come noi. Finché ero con essi, li conservavo nel tuo
nome che tu m’hai dato, li ho custoditi e nessuno di loro è perito,
tranne il figlio della perdizione, affinché si adempisse la Scrittura.
Ma ora io vengo a te, e questo dico mentre sono ancora nel mondo,
affinché abbiano la pienezza della mia gioia in se stessi. Io ho
comunicato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché non sono
del mondo, come neanch’io sono del mondo. Non chiedo che tu li tolga dal
mondo, ma che tu li guardi dal maligno. Essi non sono del mondo, come
neppur io sono del mondo. Santificali per la verità. La tua parola è
verità. Come tu hai mandato nel mondo me, anch’io ho mandato nel mondo
essi. E per loro io santifico me stesso, affinché essi pure siano
santificati per la verità.
Né
soltanto per questi prego, ma prego anche per quelli che crederanno in
me per la loro parola; affinché siano tutti una cosa sola come tu sei in
me, o Padre, ed io in te; che siano anch’essi una sola cosa in noi,
affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. La gloria che mi desti io
l’ho data loro, affinché siano una sola cosa, come noi siamo una cosa
sola, io in essi e tu in me, affinché siano perfetti nell’unità e il
mondo conosca che tu mi hai mandato e li hai amati, come hai amato me…
Una
cosa, almeno, emerge con estrema chiarezza da questo discorso
conclusivo di Gesù: che egli non è venuto nel mondo per annunciare una
verità qualsiasi, ma la Verità; e che, per essere suoi seguaci,
bisogna accettare sia quella verità, sia la persona di colui che l’ha
annunciata. Ma Gesù, nello stesso tempo, non considera come sua la
dottrina che ha trasmesso ai discepoli, bensì considera se stesso come
il perfetto e obbediente esecutore della volontà di Dio Padre. Pertanto,
essere cristiani vuol dire accettare integralmente il Dio di Gesù
Cristo e il Vangelo da lui annunziato. Non ci sono altre maniere di essere cristiani. E non ci sono altre religioni che possano rappresentare delle vie verso al verità: perché la verità e una, anche la via per giungere ad essa è una: Io sono la via, la verità e la vita, dice Gesù; e ancora: Chi ha visto me, ha visto il Padre; e ancora: Io e il Padre siamo una cosa sola.
Ma
c’è di più. Gesù si rivolge a tutti gli uomini e il suo Vangelo è
universale; però non si rivolge a tutte le religioni, perché le altre religioni sono portatrici di un annuncio che non è veritiero.
Non solo Gesù non si perde a discutere con i sacerdoti degli dei
pagani, ma non dice mai, nemmeno una sola volta, ai suoi discepoli, che
il dialogo con i seguaci delle altre religioni può essere utile.
A Lui non interessa “dialogare”, ma salvare le anime; non è venuto nel
mondo per confrontare il suo messaggio con quello delle altre fedi, ma
per condurre gli uomini verso la verità, che è Dio. Lo ribadisce fino all’ultimo, durante il suo processo e poco prima della crocifissione, quando dice a Pilato: Per
questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo, a rendere
testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce (Gv. 18, 37).
E non basta. San Paolo, nella Seconda lettera ai Corinzi, mette in guardia quella comunità cristiana dal riavvicinarsi al paganesimo (6, 14-18):
Non
ritornate sotto il giogo degl’infedeli. Quale relazione ci può essere
fra la giustizia e l’iniquità? O quale unione tra la luce e le tenebre? E
quale accordo tra Cristo e Belial? O quale parte ha il fedele con
l’infedele? Qual rapporto tra il tempio di Dio e gli idoli? Perché il
tempio di Dio vivente siamo noi stessi, come disse Dio: “Abiterò con
loro e fra di loro camminerò; io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio
popolo”. Per questo: “Uscite di mezzo a quelli e separatevene, dice il
Signore, non toccate ciò che è immondo ed io vi accoglierò, vi sarò
Padre e voi mi sarete figli e figlie, dice il Signore Onnipotente.
Ed
ecco che l’idea che sia ovvio e naturale, per un cristiano, mettersi a
dialogare con i non cristiani, con i giudei, con gli islamici, con i
buddisti, con gli atei, comincia a scricchiolare, a vacillare; ecco che
essa appare già assai meno logica, assai meno naturale. Gesù non dice: non abbiate niente a che fare con le persone; bensì: non abbiate niente a che fare con i loro dei, che sono idoli.
La cosa è doverosa. Gli uomini, tutti gli uomini, sono figli di Dio, e a
tutti è preparata la salvezza; tuttavia, in quanto seguaci di Belial, i
pagani non possono accedere alla verità, e dunque neanche alla
salvezza; e i cristiani non devono mescolarsi con loro, per non ricadere
sotto la schiavitù della menzogna. I cristiani devono separarsi dai pagani: Uscite di mezzo a quelli e separatevene;
altro che marce comuni per la pace, altro che baci e abbracci in
sinagoga e nelle moschee; altro che scambi di convenevoli con i
rappresentanti delle altre religioni.
Volete sapere come san Giovanni, l’evangelista, chiama le sinagoghe? Le chiama sinagoghe del diavolo (in Apocalisse,
8, 9). Questo perché, per san Paolo – il quale, è bene ricordarlo, è
giudeo – i veri Giudei sono quelli che accolgono il Vangelo di Gesù; gli
altri, no: Conosco… le calunnie da parte di coloro che si vantano Giudei e non lo sono, ma sono piuttosto una sinagoga di satana. Concetto che san Paolo non si è affatto inventato, ma che era già adombrato nelle parole di Gesù: Vi cacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi uccide crederà di rendere un culto a Dio (Gv.,
16, 2). E prima ancora, aveva detto, parlando non ai suoi discepoli, ma
ai Giudei, i quali, nel Tempio, cercavano di mettergli le mani addosso
per ucciderlo: Perché non comprendete il mio linguaggio? Perché non
potete dare ascolto alle mie parole, voi che avete per padre il
diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato
omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non
vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è
menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché
dico la verità(Gv., 8, 43-45).
Voi che avete per padre il diavolo:
avrebbe potuto essere più chiaro di così? Chi rifiuta la parola di
Cristo, e, pur avendola conosciuta, preferisce ad essa un’altra
“verità”, diventa un servitore del diavolo e un membri della sinagoga di
Satana. Questo, ai giovani cattolici non è stato insegnato? E non è stato insegnato, nei seminari, agli aspiranti sacerdoti cattolici? Evidentemente no. E allora viene da chiedersi che
razza di cattolicesimo sia quello dei cattolici dei nostri giorni, così
supremamente ignoranti circa la loro stessa religione; e anche, bisogna
pur dirlo, così illogici da poter pensare che vi siano diverse
religioni ugualmente vere, e che i cristiani possano accettare
tranquillamente le menzogne altrui. Un cattolicesimo
svirilizzato, edulcorato, riveduto e corretto per poter piacere al
mondo; affinché monsignori come Vincenzo Paglia possano tessere le lodi
di Marco Pannella, e affinché teologi come Walter Kasper possano
magnificare l’unità d’intenti e di cuori con i luterani, che, più
pericolosi ancora dei nemici esterni, hanno cercato di avvelenare
dall’interno le fonti stesse della fede cristiana. Codesti cattolici
ecumenici e dialoganti si preoccupano di ciò che piace al mondo e temono
di offendere gli uomini, ma non si danno altrettanto pensiero se, per
caso, stiano offendendo Dio e dispiacendo a Lui.
Scrive san Giovanni nella seconda epistola che porta il suo nome (7-10):
Molti,
infatti, sono i seduttori appari nel mondo, i quali non confessano che
Gesù Cristo si è incarnato. Ecco chi è il seduttore e l’Anticristo.
Vegliate su voi stessi, per non perdere il frutto delle nostre fatiche,
ma per riceverne una piena ricompensa. Chiunque va oltre e non rimane
nella dottrina di Cristo, non possiede Dio; chi invece rimane saldo in
tale dottrina, egli possiede il Padre e il Figlio. Se uno viene da voi e
non porta questa dottrina, non lo ricevete in casa, e non salutatelo!
Perché chi lo saluta, partecipa delle sue opere malvagie.
Se
Gesù si fosse messo a discutere con i sacerdoti di Dioniso, o di
Cibele, o di Zoroastro, i Vangeli ce ne avrebbero conservato la memoria,
perché il fatto avrebbe avuto una certa rilevanza; non è forse vero?
Invece, niente di niente. Ma allora, come mai vescovi e cardinali
cattolici, e perfino pontefici, da un po’ di anni in qua, si regolano in
tutt’altro modo, si recano nelle sinagoghe e nelle moschee, invitano
gli islamici a pregare nelle chiese cattoliche, durante la santa Messa:
come mai tutte queste cose? Il servo crede infine d’essere divenuto
superiore al Padrone, più intelligente, più generoso di Lui? La
neochiesa modernista crede ormai di poter capovolgere la dottrina della
vera Chiesa, quella fondata da Gesù Cristo, e affidata a san Pietro?
«Non ritornate sotto il giogo degli infedeli»
di
Francesco Lamendola
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