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mercoledì 1 marzo 2017

“Prima ero scettico a proposito dell’Inferno,”



ECCO DOVE CAPPATO HA MANDATO FABO – ESPERIENZE DI PRE-MORTE



Oct 18 2016, 6:44am
Normalmente le esperienze di pre-morte iniziano con una luce bianca. Lasci il tuo corpo, sali verso l’alto e rimani a osservare le tue membra inanimate su un letto d’ospedale. Ma cosa succede quando invece della luce vedi l’inferno?
Normalmente inizia tutto con una luce bianca. Lasci il tuo corpo, sali verso l’alto e rimani a osservare le tue membra inanimate su un letto d’ospedale o la barella di un’ambulanza. Dopo, risucchiato a velocità veritiginosa in un tunnel, ti ritrovi in un luogo fiabesco e irrealisticamente calmo. Immerso in uno stato di beatitudine assoluta incontri un essere fatto di luce. Dio, Cristo, il Padre, la guida. “Non è ancora la tua ora, hai una missione sulla terra,” annuncia il corpo luminoso di turno.
In quel momento il ricordo dell’universo materiale si fa più presente. Lasci quell’ambiente caldo e ovattato e riprendi possesso del tuo corpo: chi sostiene di aver vissuto un’esperienza di pre-morte (o NDE, Near Death Experience) afferma che la vita nell’aldilà esiste eccome. Ne abbiamo già parlato qui attraverso i racconti di alcuni testimoni: quando il cuore si ferma, l’anima sopravvive e se sei fortunato hai un assaggio del paradiso.
Chi è sfortunato, invece, può finire—sempre per chi ha avuto esperienze di pre-morte—dalla parte del male, fatta di presenze demoniache, arpie e mostri di ogni sorta.
Tra i testi che affrontano il tema della morte imminente, ce n’è uno che ha fatto scuola: La vita oltre la vita di Raymond Moody, medico e psichiatra. Pubblicato nel 1975, La vita oltre la vita è il primo documento che contenente testimonianze di persone passate attraverso esperienze di pre-morte. Tutti i racconti seguono uno schema di base: allontanamento dal corpo, tunnel, luci, luogo paradisiaco o barriere—un ruscello, un muro, una staccionata—a simboleggiare il passaggio definitivo nell’aldilà. Che però, appunto, non avviene.
Nel libro di Moody, così come nella maggior parte dei testi sul tema, le esperienze negative, terrificanti o infernali vengono a malapena citate. Il primo tipo segue il percorso classico di un’esperienza positiva, dalla quale si differenzia per la sofferenza e l’impossibilità di abbandonare il proprio corpo e il proprio ego. Nella seconda, la persona si ritrova immersa nel nulla. Luce fioca, calma assoluta, a volte qualche forma geometrica indistinta e, successivamente, la sensazione che tutto sia assurdo e privo di senso. Nell’ultimo caso, la persona si ritrova letteralmente tra le fiamme dell’inferno.
Non esistono dati precisi sulle esperienze di pre-morte di tipo negativo. Secondo la Near Death Experiences Research Foundation (NDERF), circa 13 milioni di americani (il cinque percento della popolazione degli Stati Uniti) avrebbero vissuto un’esperienza di pre-morte. Di questi, secondo l’International Association for Near Death Studies (IANDS), dall’uno al 15 percento le avrebbe classificate come negative o infernali.
Secondo Evelyne Elsaesser-Valarino dell’IANDS, “gli studi dicono che tra il quattro e il cinque percento delle esperienze di pre-morte sarebbe di tipo negativo. Ma è possibile che i numeri reali siano ben più alti, dato che non è facile ripercorrere un’esperienza così dolorosa. Da un lato, offrire una testimonianza significa confrontarsi nuovamente con un trauma, e dall’altro, alcuni credono che quest’esperienza negativa sia la conseguenza della condotta tenuta in vita.”
Nella Prima lettera di San Paolo ai Corinzi si legge:
Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale. […] Ecco io vi annunzio un mistero: non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati […]”
Secondo i ricercatori e chi le vive, la particolarità delle esperienze di pre-morte—ciò che le differenzia dalle allucinazioni—è l’aspetto della trasformazione. La trasformazione del rapporto di ognuno col mondo: la volontà di diventare persone migliori, più aperte verso il mondo. E, per alcuni, l’idea di avere una missione da portare a termine.
John W. Price, un pastore americano originario di Houston, studia le esperienze di pre-morte dal 1969. Durante il servizio militare, Price aveva incontrato un reduce del Vietnam che gli aveva raccontato del piacere che provava nello “sparare addosso ai gialli.” Un giorno, intercettato da una pallottola, l’uomo era stato ferito gravemente. Nel suo delirio—o esperienza di pre-morte, Price non è ancora certo—l’uomo era arrivato in un luogo infernale, desolato, dove lo avevano raggiunto i volti di bambini e donne assassinati. Da allora il pastore ha intervistato più di 300 persone, 21 delle quali hanno vissuto esperienze di pre-morte altamente negative. Da queste interviste è nato il suo libro Revealing Heavens : The Christian Case for Near Death Experiences.
“Prima ero scettico a proposito dell’Inferno,” spiega. Ma col tempo si è convinto della sua esistenza e dell’impatto del nostro comportamento sulla terra sul luogo in cui finiremo una volta morti.
“Le voglio raccontare una storia, la più recente tra le testimonianze negative che ho raccolto,” mi ha detto. “Era uno spacciatore, uno spacciatore di buon livello, qui a Houston. Uno che aveva distrutto molte vite. È stato arrestato e messo in prigione, dove ha rimediato un coltello. Voleva suicidarsi. Quando l’ho incontrato era traumatizzato, mi ha detto di essere finito in un luogo demoniaco. C’era una creatura, un mostro simile a un tirannosauro. Gli aveva squarciato il ventre finché un’altra creatura non l’aveva richiuso e il primo aveva ricominciato. Era stato dolorosissimo,” mi ha raccontato Price.
Dopodiché le creature erano scomparse ed erano state rimpiazzate da una terza che gli aveva spiegato la sua punizione: “In vita hai fatto del male, quindi io ti trapasserò per l’eternità.” Secondo lo spacciatore si trattava di Dio, ma John W. Price è convinto che quello fosse il Diavolo. “Tanto che quando si è messo a urlare, ‘Dio, aiutami!’ è stato soccorso. Era un trabocchetto del demonio.”
La storia fa pensare al mito di Sisifo, quella della sofferenza eterna e ripetitiva. Per Evelyne Elsaesser-Valarino, un aspetto degno di nota in questi racconti di esperienze negative è la dimensione temporale: “Contrariamente alle esperienze positive, nel corso delle quali il tempo sembra non esistere (con una grande mole di informazioni veicolata nei pochi minuti di un arresto cardiaco, per esempio), le esperienze negative implicano una sofferenza per un tempo infinito.” A sostegno di questa ipotesi, cita la testimonianza raccolta da una collega:
“Era tutto buio, c’erano delle persone che urlavano, c’erano delle fiamme […] Non era una galleria, era uno spazio molto più grande, enorme. Sono scesa fluttuando, e dall’alto ho visto moltissima gente, tutti che urlavano e gridavano… Saranno state.. non so, un milione di persone. Erano piede di odio. Volevano da bere, ma non c’era acqua. E poi, all’improvviso, l’ho notato. Aveva delle piccole corna… e l’ho riconosciuto. Era il diavolo!”
Fanny*, una trentenne americana con una figlia piccola, è cristiana. L’ho contattata attraverso una pagina cattolica su Facebook; la sua testimonianza è da prendere con le pinze, ma secondo Fanny tutto si lega indissolubilmente ai suoi comportamenti. Dapprima mi ha raccontato di quello che immagina essere il purgatorio:
“C’erano uomini e donne di tutte le età, non bambini, in piedi, accovacciati, in movimento. Alcuni si sussurravano a vicenda cose incomprensibili. Le tenebre squarciavano lo spazio, riuscivo ad avvertirne la presenza. Ognuno era completamente assorbito da se stesso, troppo concentrato sulla propria misteria per stabilire una connessione mentale o emotiva con l’altro. Riuscivano a percepire gli altri, ma erano bloccati da queste tenebre.”
Quella che emerge da queste testimonianze è la rappresentazione occidentale dell’aldilà. La più nota in tal senso è quella di Howard Storm, che ha vissuto un’esperienza di pre-morte infernale dopo la quale ha scritto diversi resoconti e tenuto conferenze, alcune delle quali sono disponibili su YouTube. Tra le altre testimonianze disponibili online ma non verificabili c’è quella di una certa “Meg,” raccolta dal dottor Jeffrey Long e pubblicata sul sito della NDERF:
“Ho un ricordo fortissimo dell’odore, che era disgustoso. Ricordava quello della carne andata a male o dei capelli bruciati. Le risate e gli improperi a me rivolti erano quasi sovrastati dal fragore delle fiamme che mi circondavano. Dopodiché ho visto delle persone che correvano e urlavano, un gruppo di ragazzini sui 12 anni che gridavano terrorizzati da questi esseri mostruosi. Ho subito riconosciuto Gareth, il ragazzo che era in macchina con me [al momento dell’incidente]. Era appeso a testa in giù, con le mani e i piedi inchiodati come Cristo in croce. Quellle creature mostruose hanno iniziato a frustarlo, il tutto mentre cantavano in una lingua incomprensibile […]”
Per Evelyne Elsaesser-Valarino, che ha una visione opposta rispetto a John W. Price, non c’è correlazione tra la propria condotta terrena e l’esperienza vissuta in caso di pre-morte. La maggior parte dei ricercatori è della stessa opinione. La prova sarebbe data dal fatto che alcune persone avrebbero vissuto esperienze sia positive che negative. “Penso dipenda piuttosto dal modo in cui ognuno vede la propria vita. Quella che conta è l’immagine che si ha di sé,” aggiunge, spiegando che l’esperienza di pre-morte si inquadra sempre in un contesto ben preciso, “quello di chi la vive, che ha una storia personale, una certa visione del mondo e un suo sistema di credenze.”

Sempre secondo Evelyne Elsaesser-Valarino, in quei momenti il soggetto si sente “abbandonato, isolato, scaraventato in un luogo privo di senso e che non ha relazione con il suo passato” né con la sua volontà.
Nel 2012, il cardiologo olandese Pim van Lommel ha pubblicato il libro Consciousness Beyond Life: The Science of the Near-Death Experience, in cui ripercorre vent’anni di casi di morti clinche seguite dal risveglio del paziente anche attraverso gli articoli da lui pubblicati sulla rivista di settore Lancet.
Stando alle sue indagini, su 344 pazienti rianimati con successo dopo un arresto cardiaco, 41 (12 percento) hanno riferito di una classica esperienza pre-morte con l’uscita dal proprio corpo. Secondo van Lommel la coscienza non sarebbe collocata nel corpo. Intervistato da Paris Match, ha spiegato che “la conservazione delle funzioni cognitive—memoria, persistenza della coscienza, percezione e sensazione di una certa vivacità—non si può spiegare se non attraverso una trasformazione radicale della nostra concezione del cervello. Quest’ultimo non sarebbe il supporto o il luogo in cui si produce la coscienza, ma il recettore di una coscienza non locale, che ha un funzionamento paragonabile a quello di una radio o un televisore.” In pratica, secondo van Lommel, l’anima, la coscienza, sarebbe collocata all’esterno del cervello, dotata di un’esistenza reale al di fuori del corpo.
Ma che si creda o meno alle esperienze di pre-morte, positive o infernali, tutti sembrano d’accordo su un punto: la trasformazione radicale e assoluta della vita delle persone che affermano di averla vissuta.
*Il nome è stato modificato.

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