ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 13 aprile 2017

Agni non dei?

SULLA PERICOLOSITA’ POLITICA E SOCIALE DELLA TENEREZZA

Ivanka è stata determinante. “E’ stata profondamente colpita dalle immagini” dei bambini siriani gasati: “Ha detto: è terribile. Lei è mamma di tre  bambini, ed ha influenza” sul presidente: “Basta una sua lacrima e papà attacca”.  Così Eric Trump, il fratello  minore.
Lo so, non vorreste crederlo. Ma questo conferma  diverse voci interne alla Casa Bianca:  le lacrime di Ivanka hanno mosso il vecchio a rovesciare la sua politica verso la Russia in pochi minuti, e a ordinare l’attacco all’aereoporto siriano, e a pretendere la morte di Assad,    che ancora il giorno prima accettava rimanesse al suo posto.  Donald non resiste alle  lacrime della figlia.  Sono tutti cuori teneri.  Bisogna arrendersi all’evidenza:  sul  comandante in capo della massima potenza bellica mai apparsa nella storia, sono Ivanka e Jared Kushner  ad avere influenza: due figli di papà nati ricchi,  che del mondo conoscono solo i resort di lusso, i cocktail-parties a Manhattan, le piscine della Florida, le sfilate di moda;  due teste vuote  e arroganti, ma molto, molto sentimentali.

Non volevo scrivere su  un simile tema,  ritenendolo   marginale rispetto alla tragedia in corso. Mi hanno deciso due foto:



Poiché  già Berlusconi tutto-tenerezza ha guadagnato qualche punto nei sondaggi, essendo questo un fenomeno di massa  (su Facebook  il 90% delle foto   postate sono di teneri gattini; infuria la campagna   per salvare i teneri agnellini dall’arrosto pasquale) diventa pressante la necessità  di  richiamare il gravissimo pericolo sociale del sentimentalismo, e il danno geopolitico prodotto specialmente  dei buoni sentimenti,  in questa  (in)civiltà delle Immagini e dell’Ignoranza Imperiosa.
Una comincia a postare  gattini su Facebook, e finisce per  ordinare il lancio di missili su un aeroporto siriano, provocandola morte di una dozzina di poveri soldati di guardia.  Di cui Ivanka non ha alcuna pietà, perché  non c’erano gli Elmetti Bianchi a video-riprenderli mentre venivano squarciati in pezzi.




O mio babbino caro…”. Ivanka.

Anzitutto bisogna sfatare il mito per cui  essere sentimentali, pronti a commuoversi,  intenerirsi davanti agli agnellini sia indice di bontà d’animo.  E’ vero il contrario. Tutti sono al corrente di come gli animalisti più   commossi per la sopravvivenza dei selvatici, siano prontissimi – lo dichiarano – ad ammazzare i cacciatori.  Ciò è logico, essendo il sentimentalismo (specie benintenzionato)    suggeritore di giudizi “di  pancia”,  sub-umani,   dove il  confine tra la tenerezza e la ferocia è presto superato; i giudizi di pancia sono sempre giudizi sommari, e quando ne viene attizzata una folla piena di buoni sentimenti, è  storicamente confermato che essa salverà dalla carcerazione Barabba e  farà crocifiggere Gesù. Da   qui s’intravede la forte nocività dei buoni sentimenti, quando vi si fanno guidare i capi  del mondo.  E non parliamo delle masse, sempre col cuore in mano.

Lenin amava gli animali

E’ noto che Lenin, appassionato cacciatore, una volta non riuscì a sparare a una volpe che gli era corsa proprio sotto il naso: “Era così carina!..”, spiegò. Era  lo stesso Lenin che il  15 febbraio 1919 aveva scritto ai Soviet: “Dare incarico a  Dzerdzinskij di arrestare immediatamente alcuni membri dei Comitati Esecutivi nelle  località in cui lo sgombero della neve si svolge in modo non del tutto soddisfacente … Prendere ostaggi fra i contadini, in modo che  siano fucilati  qualora lo sgombero della neve non venga effettuato. Entro una settimana sia fatto un rapporto, dando informazioni sul numero degli arrestati”.
Non so se posso osare dirlo (possono ferire i buoni  sentimenti vostri) ma sono proprio i buoni sentimenti  che inducono volontari col cuore in mano a  noleggiare navi (paga Soros) per accorrere  a salvare  i migranti sotto la costa libica, perché il cuore non regge all’idea che possano soffrire  in mare;  e  così facendo, i sentimentali ottengono questo risultato: di  stimolare, e  farsi complici ,  di un traffico di carne umana, spietato e crudele, che rende miliardi a delinquenti per nulla sentimentali;  che  stuprano   le donne  e i bambini,  usano questi come parti d’organo,  e  li vendono come schiavi sulle piazze, come si è scoperto  a Sahba  in Libia, per 200-500 dollari.
Il punto è che non sono fotografati, i mercati di  carne umane,  gli stupri, i bambini violentati e smembrati. Se lo fossero, i nostri sentimentali sarebbero raccapricciati, chiederebbero di fare qualcosa per fermare lo scempio. Ma gli arrivano  solo le  foto dei bambini spiaggiati – e i buoni invocano,  ed hanno creato di fatto,  tutta un’industria losca  ed anti-umana  per acquietare il loro bisogno di “bontà e solidarietà”. Immediato, imperioso, indiscutibile, perché lo detta il cuore. Chi lo discute, viene naturalmente bollato come privo di cuore, cattivo, egoista.
Qualche sera fa i “migranti”, circa 1500, hanno devastato e incendiato un  campo a Grande-Synthe,  che il governo Hollande aveva aperto con gran grancassa pubblicitaria, come esempio di “apertura e  accoglienza”.    Era pieno di poveri profughi (vietato dire clandestini) che  volevano solo traversare la Manica, andare in Inghilterra … Dopo i primi giorni di grancassa sull’accoglienza, più nulla.  Perché nel campo s’è subito instaurato ciò che avviene sempre in simili convivenze  di individui  incontrollati, quasi tutti giovani maschi: il regno di mafie etniche che terrorizzano i profughi deboli, violentano donne e bambini, e si accoltellano  per il controllo del territorio, del tutto sprezzanti della legge del paese che – del resto –  veruna autorità  ha il coraggio di imporre in quelle terre di nessuno. E’ stata una gigantesca rissa fra iracheni contro afghani a provocare l’incendio che ha distrutto il campo.
E’ notorio – eppure taciutissimo –  che in tutti i campi e le residenze di migranti allestite nella civilissima Europa, i clandestini musulmani minacciano e terrorizzano i profughi cristiani.   Solo da pochi giorni si è saputo che nella Svezia tanto “aperta all’accoglienza”,  i postini si  rifiutano di consegnare la posta in quartieri di  immigrati.  I disordini e le  zone di non diritto esistono, e non vengono represse.
Perché  tutta questa autocensura? Non solo perché gli stati europei non sanno ammettere il  fallimento delle loro politiche di  sostituzione della popolazione nazionale con quella importata; è che  i sentimentali, fanno paura  al potere pubblico.
Infatti,i cultori  sentimentali del Bene sono intolleranti assoluti.  Siccome vogliono solo il Bene, non tollerano chi obietta, perché vuol dire che  egli sta dalla parte del Male. Inoltre, sono convinti che  c’è  un solo modo di  fare il bene: il loro.

Angelismo, ossia intolleranza

Basti ricordare l’immane sequenza di disordini   per la TAV; o  di recente per la proposta di espiantare e di rempiantare 200 olivi in Puglia, messa in scena da individui  di delicati sentimenti vegetali, che impedisce l’approdo di un gasdotto.  E peggio: notoriamente,  le campagne italiane  sono infestate da cinghiali in soprannumero che distruggono le coltivazioni e rappresentano  vero pericolo per l’uomo; ma quale politico osa proporre, per la loro riduzione, di lasciarli cacciare? Gli animalisti come un sol uomo urlano, pretendono che ogni animale venga addormentato  con iniezioni  e trasferito, e mai ammazzato a fucilate. Ciò  infatti è crudele.
Allo stesso modo,  i cultori del Bene sentimentale impediscono  una sistemazione disciplinata dei migranti; dalla cernita fra aventi e non  diritto d’asilo, fino alla separazione, magari,  dei cristiani dai musulmani  (“E’ discriminazione in base alla religione!”) perché gli uni non ammazzino gli altri . Palesemente, nella  visione dei sentimentalmente buoni,   tutti questi stranieri fuggiaschi non hanno tra loro feroci divisioni etniche, non praticano la sopraffazione reciproca, non parlano lingue diverse fra loro, né hanno livelli diversi  di civiltà e  di onestà; non ci sono fra loro   delinquenti  o  guerriglieri o pregiudicati latitanti; sono tutti bisognosi di accoglienza, e tutti egualmente grati di quel che diamo loro, e che accettano beneducati.  Il sentimentale guarda ad essi come la massa indistinta, e degna di uguale compassione, degli agnellini pasquali. Vanno tutti accolti senza distinzione, perché fa’ male al cuore vederli arrivare; si presume che siano tutti buoni, come i caprettini così teneri in braccio al Berlusca.
Per questo  atteggiamento, la lingua francese ha un termine,  da noi non usato: Angélisme.  E’ l’atteggiamento  di chi, per  adesione ad un alto e puro ideale, ignora, o rifiuta di ammettere, certe realtà umane (carnali, morali, sociali, materiali,  razziali) che potrebbero condizionare l’altezza del loro ideale.
Per  esempio, è l’angelismo che indusse quella signora svedese, madre  separata di tre figlie ragazzine, ad accogliere in casa un “minorenne” afghano, ignorando  il fatto che  spesso i mascalzoni si dichiarano minorenni proprio per essere affidati a una famiglia,  e infatti finì come doveva finire  tra  la figlia tredicenne e il profugo almeno 24 enne.  E’ tipico  dell’angelismo generale verso i “migranti” chiamarli “profughi”  anche quando sono pregiudicati in fuga dalle polizie del  loro paese;  mettere insieme curdi con  siriani e pakistani e afghani, come se essi parlassero la stessa lingua e condividessero la stessa cultura e volontà  di convivenza – ancorché arrivino da paesi devastati dalla loro  non-volontà di convivere, ma piuttosto  desiderosa   di sbudellarsi. Angelismo è ignorare che quei giovani maschi, magari,  sono  disertori; imperdonabile angelismo sorvolare sul fatto che essi sono pieni di testosterone, e vengono da civiltà dove se una donna “si occupa di te” (come fanno le giovani assistenti sociali) è perché vuole essere violentata.
Nel 1993, comprai a Parigi un saggio dal titolo “L’Angélisme Exterminateur“,  che preconizzava i mali mortali che portava il buonismo in politica. Testo profetico.  Guardiamoci attorno, e vediamo angelismo dappertutto.  Il “politicamente corretto” è angelismo, in quanto vieta di dire le “crude verità” che possono urtare i sentimentali; angelismo  sono il salutismo e l’ecologismo, l’animalismo; angelismo è l’estensione indefinita del controllo sociale, richiesta parimenti dal potere e dai cittadini, magari per ragioni che sono sanitarie e insieme moralistiche –  sorveglianza pubblica sul cibo non adulterato,  oppure securitarie (telecamere dappertutto, per strade sicure) intercettazioni  senza limiti perché la  vita deve essere “trasparente”, e  tutta  la vita deve essere sanitizzata da tutti i rischi. Nel sistema giudiziario, è angelismo l’ideologia giuridica  che  dichiara di  preferire  la “prevenzione” anziché  la “sanzione”, che sarebbe “crudele”  – mentre è solo il prendere sul serio l’essere umano che commette il  delitto, punirlo in quanto essere libero e responsabile, non cane di Pavlov da condizionare a non mordere.  Ovviamente, è angelismo l’iper-legislazione che  super-regola i comportamenti  col dichiarato intento di imporre le virtù e impedire le disonestà e le malversazioni – dimenticando l’aforisma del giurista Filangeri: “La forza  produttrice della virtù non sono le leggi, è la libertà”.
Angelismo supremo è una politica mondiale che pretenda di  incarnare l’indiscutibile  l’Ordine Morale. E con ciò siamo tornati  a parlare degli Usa,  luogo per eccellenza dei sentimentalismi,   la  “nazione necessaria” (l’ha detto Obama),   che s’è data il nobile compito di diffondere la democrazia e il mercato (le due forme del Bene); la “città luminosa sulla collina” (disse Reagan), esemplare –   mentre nel  resto del  mondo governano “animali”  che fanno cose brutte ai bambini, tali che non si possono vedere in tv.  Ivanka   ha pianto,   a vedere il video degli Elmetti Bianchi: “Papà devi fare qualcosa,  subito”; e il papà non ha mai resistito alle lacrime della sua prediletta.  Come negarle una guerra? Mondiale, magari?   Il  livello psichico e intellettuale è bassino. Ma il cuore è grande così, ed è questo il rischio.
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Elmetti Bianchi: macabro vilipendio di piccoli cadaveri. Niente lacrime per questi bambini?


L’organizzazione non governativa  Dottori Svedesi per  i Diritti Umani ha analizzato alcuni video  diffusi dagli Elmetti Bianchi che mostrano quelli che i detto Elmetti vogliono  far credere siano i primi soccorsi sui bambini gasati dal  malvagio Assad.
Orbene: secondo questa  Swedish Doctors For Human Rights (swedhr.org), i video sono contraffatti, e  i “soccorsi” avvengono su  corpicini di bambini già morti – o se non sono morti, questo tipo di “terapie” li avrebbe  uccisi.

Ho esitato molto prima di postare questi video – attenti, sono immagini terribili per chiunque non sia abituato alle atrocità dei jihadisti; mi mi sono deciso dopo aver saputo che una soubrette,  Elena Santarelli, ha lanciato un hashtag “ogni bambino è il mio bambino”   –  #EveryChildisMyChild –   per  invocare il rovesciamento di Assad e l’intervento occidentale in Siria: “”Basta con la guerra in Siria. Adesso non si può più tacere perché ogni bambino è il nostro bambino”. E alla campagna hanno aderito persone dello spettacolo, “da Alessia Marcuzzi a Vanessa Incontrada, da Emma ad Alessandra Amoroso, da Fabio Volo a Pierfrancesco Favino. E ancora Miriam Leone, Elena Santarelli, Giuliano dei Negramaro, Martina Colombari, Luciana Littizzetto, Niccolò Fabi, Luca Argentero, Edoardo Leo, Anna Foglietta”.
Se “ogni  bambino è il vostro bambino”, o spettacoliere tv, guardate quello  che fanno i noti ausiliari mediatici dei jihadisti ai bambini.  Anche quello è vostro?


Il video è uno di quelli che gli Elmetti Bianchi hanno diffuso riguardo ad un altro attacco chimico  che avrebbe perpetrato Assad,  quello sul villaggio di Sarmin nell’aprile 2015.  Per video come questi i “soccorritori jihadisti” sono stati premiati nella serata degli Oscar, e prima hanno anche ricevuto un “Premio Nobel  alternativo” in Svezia.  Qui sotto potete informarvi su chi sono davvero:

In questi mesi si fa un gran parlare degli elmetti bianchi. Sono stati loro, lo scorso agosto, a salvare il piccolo Omran Daqneesh dalle macerie di Aleppo. Un’azione senza dubbio nobile che ha giustamente fatto il giro del mondo. Anche perché gli elmetti bianchi si trovano ogni giorno in prima linea per cercare di salvare vite … Leggi tuttoChi sono (davvero) gli elmetti bianchi

All’esordio  del video, due individui che dicono di essere abitanti di Sarmin, raccontano che hanno sentito “elicotteri sorvolare” il villaggio, e “nessuna esplosione”: era il periodo in cui si diceva  che le forze armate siriane, non avendo vere bombe chimiche, lanciavano dagli elicotteri barili di cloro o altra sostanza del genere. Uno dei due testimoni è un elmetto bianco di nome Leith Fares.  Il video non mostra alcuna scena di esterno  che renda visibili i danni del presunto attacco coi barili; ciò che mostrano  è un interno che è o sembra un pronto soccorso d’emergenza. 
Qui i  “soccorritori” Elmetti Bianchi manipolano senza riguardo i corpi flaccidi e senza vita di tre  piccini.   I piccoli corpi sono nudi e non hanno alcun segno esterno di danni o ferite; e non rispondono alle “terapie  salva-vita” che i soccorritori e i loro  “medici” eseguono, con la pretesa di rianimarli
Visto il video,  il dottor  Leif Elinder,  noto pediatra in Svezia, dichiara: “Ritengo che le misure inflitte a  quei bambini, alcuni  morti, siano bizzarre, non-mediche, non salva-vita, anzi contro produttive allo scopo di rianimazione”.
Sull’iniezione di adrenalina  direttamente nel cuore, che  i “medici” jihadisti  fanno nel piccolo cadavere, la dottoressa Lena Oske, medico generico, spiega: “Certo,  l’iniezione di adrenalina può essere usata se ogni  altra misura di rianimazione non riesce, specie in condizioni di  guerra.
“La tecnica è semplice.  Ago lungo,   siringa con un milligrammo di adrenalina; trovare il  quarto o quinto spazio intercostale, e  inserire l’ago molto vicino alla sterno a sinistra; premere dentro il farmaco dopo essersi assicurati che l’avete infilato nella posizione giusta (la siringa  aspira sangue, e non c’è resistenza) , tira fuori l’ago e cominciare immediatamente la CPR (rianimazione cardio-polmonare)!


Quando altre vie più sicure di somministrazione non sono possibili (endo-tracheale, intravenoso, intra –osseo)    sono difficili o non praticabili, si  può; ma non nel modo mostrato nel video…
“Per fare l’iniezione, bisogna prima interrompere la rianimazione cardio-polmonare, e poi riprendere questa rianimazione immediatamente dopo: ciò che non viene  fatto  in questo video.  La pratica che si mostra qui  avrebbe ucciso il bambino, se non fosse stato già morto”.
Oltretutto, al rallentatore, si vede bene che il cosiddetto medico non sta iniettando nulla, infatti non  preme sul pistone col dito. E se si guarda meglio, nella siringa non c’è  alcun liquido.

Questo video  è importante per un motivo: è quello che fu mostrato dagli elmetti  bianchi all’intero Consiglio di Sicurezza ONU in seduta  a porte chiuse.  Secondo Samantha Power, allora ambasciatrice Usa alle Nazioni  Unite,   queste scene   l’hanno fatta piangere (risultato  notevole, trattandosi di  una delle Arpie di Hillary).  Anzi, ha detto: “Non ho visto nessuno nella sala chhe non avesse le lacrime agli occhi. Se  c’era, non l’ho visto”.
( Nick Logan, “UN officials in tears watching video from alleged chlorine attack in Syria”. Global News, 17 April 2017).
Gli astanti erano così commossi e sconvolti, che non hanno chiesto una traduzione dell’audio che accompagna il macabro video. Sennò avrebbero sentito quel che hanno sentito i Medici Svedesi : al minuto 1:16, un  “medico”  in camice verde dice all’operatore  video: “Dentro il film, facci stare anche la madre… La madre deve  star sotto e i  bambini sopra  di lei! Ehi, assicuratevi che la madre stia sotto!”. Strano che un medico in piena  emergenza   da aggressivo chimico, abbia tempo e modo di impartire consigli da regista  su come posizionare i cadaverini.

Magari i membri del Consiglio Onu avrebbero intuito di trovarsi non davanti a una scena sconvolgente, ma a una macabra messinscena con vilipendio di cadaveri di infanti, giusto per offrire all’Onu  un teatro macabro, con il solito scopo: ottenere una No-Fly Zone sulla Siria, contro l’aviazione siriana e russa, per dare mano libera ai tagliatori di teste wahabiti a cui l’America, anzi l’Occidente intero,  vuol  dare il  martoriato paese.  Invece la Samantha Power   ha   commentato:
“Questo documento che depositiamo agli atti un giorno sarà usato  in un tribunale come prova d’accusa; i perpetratori del crimine lo tengano a mente!”.
Per intanto il video  è servito ad aggravare le sanzioni contro la Siria, che “provocano gravi sofferenze ai siriani ordinari”, fra cui milioni di bambini,  a cui non possono giungere il più basilare aiuto umanitario, fra cui i medicinali veramente salva-vita.  Lo dice il fondatore dello Swedish  Doctors for Human Rights, Marcello Ferrada de Noli:  un  medico cileno riparato in Svezia ai tempi della dittatura Pinochet, celebre epidemiologo ed esperto di medicina sociale al Karolinska Institutet.


White Helmets Movie: Updated Evidence From Swedish Doctors Confirm Fake ‘Lifesaving’ and Malpractices on Children

Il medico è ricercato in Gran Bretagna per terrorismo
















Il medico   che ha testimoniato sull’attacco chimico del 4 aprile scorso,   quello che ha provocato la punizione di Trump  e la ricacciata di Assad nella schiera dei  mostri da eliminare, si chiama Shaul Islam –è ricercato nel Regno Unito per atti di terrrorismo. Di fatto è uno dei jihadisti di Al Qaeda, oggi Al Nusra, domani chissà. Ma per i media e i politici è un eroe  umanitario, ed è Assad che è un mostro. 

Qui Le Parisien che posta  il messaggino del terrorista come prova del delitto di Assad:












Menzogna, come sempre Libé il giornale della gauche.



Ecco le prove Usa contro Damasco e Mosca per l’attacco chimico: i resoconti dei siti anti-Assad


Ricorderete tutti come dopo l’attacco chimico in Siria del 4 aprile scorso, USA e Israele dissero chiaramente di essere in possesso di prove incontrovertibili della responsabilità di Bashar al-Assad e della copertura che la Russia avrebbe fornito ai piani siriani per quel massacro. Washington e Tel Aviv furono ultimativi nei confronti di Mosca e alquanto minacciosi: lasciavano di fatto intendere che se il Cremlino non avesse abbandonato Damasco alle sue responsabilità e al suo destino, avrebbero reso note le prove. Vladimir Putin, ovviamente, non fece un plissè e continuò sulla sua linea di cooperazione con il governo di Assad, annunciando anzi il rafforzamento delle difese aeree e aumentando l’operatività dell’aeronautica in supporto delle truppe lealiste in marcia verso Idlib.

E le prove? Cosa aspettano USA e Israele a incastrare la Russia alle sue atroci corresponsabilità? Ora, al netto delle evidenze sempre più clamorose di utilizzo strumentale di quell’attacco e di fortissimi dubbi rispetto addirittura alla sua natura, mi è toccato scoprire da un amico che gli Stati Uniti avevano finalmente reso note quelle prove. E nemmeno oggi, ieri nel corso di una conferenza stampa alla Casa Bianca (non si sa se prima o dopo che Sean Spicer aveva riabilitato Hitler e declassificato lo Zyclon B a deodorante con azione anti-traspirante, tipo quello di “altolà al sudore”, pur di attaccare Assad). Ma come? Con il lavoro che faccio sto incollato ai siti di informazione 16 ore al giorno e non mi sono accorto di una notizia simile? E con me, la gran parte dei mezzi di comunicazione, mainstream e indipendenti?
Colto da sconforto, ancorché speranzoso che nell’incontro stampa di oggi Spicer ripulisse finalmente anche la reputazione di Gengis Khan e Bokassa dall’onta di una storiografia infame, digito su un motore di ricerca le parole chiave in italiano ma l’unico risultato è di un articolo di oggi della versione on-line de “La Stampa”, ovvero l’house organ italiano del Dipartimento di Stato. Per il resto, né “Corriere”, né “Repubblica”, né altri avevano resoconti di quella che, nelle attese, era una notizia bomba, capace di far cambiare il corso della crisi siriana.

Aperto l’articolo de “La Stampa” e notata la sua brevità, un dubbio mi assaliva: vuoi vedere che trattasi di copia-incolla dai siti vicini ai cosiddetti ribelli anti-Assad e che persino il buon Maurizio Molinari non ha avuto cuore di sputtanarsi, lanciando la notizia in prima pagina? In effetti, prologo ed epilogo dell’articolo del quotidiano di casa Agnelli erano dedicati alla messa in prospettiva cronachistica dell’accaduto, solo il capoverso centrale era dedicato alle cosiddette prove: di fatto, quattro righe. A questo punto è guerra: devo trovare l’originale. Non l’ho trovato. O meglio, non ho trovato il documento di 4 pagine distribuito ai giornalisti presenti ieri in sala stampa alla Casa Bianca ma ho trovato la trascrizione integrale della conferenza stampa di presentazione, ben più lunga. Bingo!
Come vedete,

la presentazione è molto ufficiale e solenne, a parlare con i giornalisti, ragguagliandoli sull’accaduto, è un funzionario senior dell’amministrazione e il gergo delle sue risposte fa molto film di Hollywood. Poi, però, non appena accendi la sigaretta nervosamente e avido di particolari sconvolgenti contro zio Vladimir e il suo socio di Damasco, incappi in questo:

ovvero, conscio di essere in procinto di sparare la più colossale sequela di stronzate della sua vita, roba da far impallidire le scuse più patetiche dopo una sbronza molesta, il nostro anonimo funzionario cita subito le fonti principali su cui si basa il report e, quindi, l’accusa statunitense contro Damasco e Mosca: “Pro-opposition social media reporting”! Cazzo ma siete meravigliosi, altro che “Una pallottola spuntata” e “Hot shots”, qui siamo alla poesia pura! Per capirci, dopo aver millantato il possesso di prove incontrovertibili, basate si diceva su tracciati satellitari, la Casa Bianca convoca i giornalisti e li intrattiene con le stronzate scritte dai blog e dagli attivisti anti-Assad, gli stessi che hanno garantito premi e riconoscimenti internazionali a quel Circle du Soleil della messinscena bellica che sono gli “Elmetti bianchi”!

Ora, capisco che l’arrivo di un personaggio pittoresco come Donald Trump a Pennsylvania Avenue abbia fatto scadere un po’ tutta la struttura, riducendola a una trasposizione solo un po’ più formale del “Bagaglino” ma a tutto c’è un limite: almeno Colin Powell aveva avuto l’intuizione della fialetta con il Gaviscon e Hillary Clinton si era direttamente inguattata un computer con mail top secret, portandoselo a casa e gestendolo da un server privato. Questi ti fanno la rassegna stampa dei profili anti-Assad su Facebook! Signori, trattasi della Casa Bianca, ovvero del governo statunitense. Capite ora perché non avevo trovato la notizia e tranne “La Stampa”, fedele alla causa atlantica come la benemerita a quella della Patria, nessun quotidiano degno anche solo formalmente di questo nome aveva avuto il coraggio di rilanciare la notizia? Anzi, no, a dire il vero il sito del “Corriere” dava conto della notizia, all’interno di un più corposo blocco dedicato alla visita di Tillerson a Mosca: volete vedere cosa ha scritto al riguardo? Eccolo,

il niente assoluto! Prove? Riscontri? Tabulati? Tracciati radar? Filmati da droni, visto che viviamo in un mondo dove ti fotografano anche mentre fumi sul cesso? ZERO. Direte voi, però dentro il documento della Casa Bianca ci sarà qualcosa, ancorché elaborato da quel simposio di osservatori indipendenti ed equidistanti che sono i blog filo-ribelli (i nostri governanti pare che, deliziati dall’intuizione statunitense, abbiano intenzione di offrire la presidenza della Commissione d’inchiesta sulle banche al padre di Maria Elena Boschi)?
Ecco la parte più interessante e circostanziata (per usare un garbato eufemismo):



dunque, in primis aerei siriani sarebbero stati in volo sull’area di Khan Sheikhun venti minuti prima dell’attacco chimico e se ne sarebbero andati subito dopo. Al netto che si basa sul sentito dire di uno che vorrebbe fucilare Assad alle spalle, i siriani non hanno negato di aver attaccato con i jet, hanno detto di non aver utilizzato armi chimiche nel bombardamento e che l’accaduto potrebbe essere stato dovuto all’esplosione di un deposito di armi chimiche dei ribelli. Tesi avvalorata su SkyTg24 l’altro giorno dal generale Vincenzo Camporini, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Militare e della difesa, uno che di certe cose ne capisce più di molti sedicenti esperti ospitati in questi giorni h24 negli studi televisivi. Ecco le sue parole, dopo aver ricordato come anche la strage di Racak fu utilizzata come casus belli per scatenare l’offensiva contro la Serbia nel 1999: “Da tecnico ci sono elementi che mi lasciano perplesso. Il numero delle vittime, molto basso per un attacco chimico. L’ipotesi alternativa che si trattava di materiale chimico colpito da una bomba convenzionale e che ha diffuso un po’ del suo potenziale nell’intorno della sua localizzazione non è da escludere”. Dopo aver cambiato colore in volto, la conduttrice, Maria Latella, gli ha tolto frettolosamente la parola.

C’è poi il secondo capoverso, quello che preferisco. Un’incontrovertibile prova sarebbe la presenza nella base aerea di Shayrat, quella poi colpita dai Tomahawk non finiti in Groenlandia, di persone storicamente associate al programma chimico siriano, presenti anche nei giorni precedenti e in quello dell’attacco. Fotografie? Nominativi? Prove che fossero davvero lì e per offrire collaborazione all’attacco? Zero, gli amici dei blog dall’enorme credibilità come Assadboia.com e Ilovealnusra.org lo confermano, quindi non rompete i coglioni e scrivetelo. Qualcuno avanza il dubbio che fosse presente anche Igor il russo, quello che mezzo Stato maggiore sta cercando nel ferrarese da quattro giorni ma nemmeno i blogger anti-regime se la sentono di confermare. Infine, il capoverso della sintomatologia, il quale al limite proverebbe solo l’utilizzo di sarin: peccato che dal 4 aprile in poi, questa tesi sia stata smentita da esperti di ogni provenienza e nazionalità, basta che vi fate un giro in Rete.
Altro? Dopo aver negato che i ribelli e l’Isis abbiano mai avuto il sarin, certezza che viene smontata in questo videoUN: 'Strong suspicions' that Syrian rebels have used sarin nerve gas
addirittura dall’ONU, organismo non certamente molto amorevole verso il regime di Assad, un giornalista chiede prove sul coinvolgimento russo e il funzionario che fa? Di fatto ammette di non essere in possesso di prove che riguardino personale o armamento russo coinvolto nell’accaduto. Tutt’al più, se si vuole credere a tutta la narrativa messa in campo, la tesi è che Mosca sapeva e ha fornito la versione del magazzino colpito da un missile. Ritenuta credibile anche da un ex Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Militare italiana.

Ecco la risposta testuale: “Non abbiamo informazioni al riguardo. Penso che sia chiaro che i russi stiano cercando di coprire l’accaduto”. Signore e signori, ecco a voi le incontrovertibili prove degli Stati Uniti contro Assad e la Russia per l’attacco chimico del 4 aprile. Non so a voi ma a me un operato simile ricorda molto, anche nell’epilogo finale, il disperato tentativo di Fantozzi e Filini di evitare la gara di ciclismo del visconte Cobram, fingendosi malati e puntando tutto sull’accento svedese. Provaci ancora, Zio Sam!
Di Mauro Bottarelli , il 67 Comment

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Provenivano dalla Siria i terroristi che hanno attaccato le Chiese copte in Egitto



I terroristi suicidi dello Stato Islamico (ISIS) che la scorsa Domenica hanno attaccato la Chiesa di San Jorge, nella città egiziana di Tanta e nalla Cattedrale di Alessandria, avevano combattuto in Siria dove avevano ricevuto addestramento, come “ribelli anti Assad”, da istruttori statunitensi e britannici negli appositi campi costituiti in Giordania. In seguito, con le armi e gli equipaggiamenti ricevuti, forniti dai servizi di intelligence USA e dell’Arabia Saudita, come molti altri di questi elementi, erano passati nelle file dell’ISIS.
Questo è quanto emerge dalle indagini svolte dalle autorità egiziane che hanno indentificato il primo terrorista come Abu al-Bara’a al-Masri, egiziano, che si era trasferito in Siria passando dal Libano per essere reclutato ed unirsi a uno dei gruppi “ribelli” che combattono contro l’Esercito siriano. Era rientrato successivamente in Egitto, nella penisola del Sinai, come ha informato il Ministero della Difesa egiziano.
Il secondo terrorista, Abu al-Bara’a al-Masri, anche lui cittadino egiziano, si era trasferito in Siria (anche lui transitando dal Libano) per unirsi ad uno di questi gruppi “ribelli” ed era rimasto a combattere per un tempo indefinito. Era poi ritornato successivamente in Egitto, probabilmente con una “missione” da compiere.
Gli attentati che hanno colpito le Chiese cristiane copte ad Alessandria ed a Tanta, sono stati realizzati nel momento in cui i fedeli cristiani assistevano alla celebrazione della Messa per la Domenica delle Palme, producento in entrambe le Chiese esplosioni che hanno lasciato a terra 44 vittime ed altri 110 feriti.
Questi attentati sono stati effettuati in vista della visita del Papa Francesco nel paese, che è prevista per il 28 e 29 di Aprile. L’ISIS ha immediatamente rivendicato la responsanbilità degli attacchi, come avvenuto per altri attentati in passato, in particolare quello contro la Chiesa di San Marco al Cairo, nello scorso Dicembre, che aveva prodotto 29 vittime.



Attacco alle Chiese in Egitto

Come risposta a questi attacchi, il Presidente egiziano, Al Sisi, ha decretato uno Stato di Emergenza per tre mesi ed ha ordinato lo schieramento dell’Esercito nelle strade ed a presidio dei luoghi sensibili, come gli uffici pubblici ed i punti vitali del paese.
Sembra che le Chiese cristiane siano l’obiettivo preferito dei terroristi e questo ha obbligato la comunità cristiana a prendere provvedimenti di autodifesa.
La presenza della minoranza cristiana che rappresenta circa il 10 % della popolazione, risale ad epoche remote ed i primi gruppi cristiani furono stabiliti in Egitto nel 42 D.C.
Hezbollah condanna gli attacchi alle Chiese in Egitto
Il partito libanese Hezbollah ha diffuso una dichiarazione di condanna degli attacchi terroristici ed ha offerto le sue condoglianze al popolo egiziano ed in particolare alle famiglie dei cristiani uccisi.
“Questa escalation di assassinii realizzati da bande criminali nel nome della religione è una delle maggiori catastrofi che la nostra Nazione abbia mai visto”, ha sostenuto il documento.
L’Organizzazione libanese, che attualmente combatte in Siria assieme alle forze del governo dio Damasco, ha accusato i paesi regionali (l’Arabia Saudita e il Qatar) ed i grandi poteri mondiali di appoggiare i terroristi che cercano di rompere la pace e la pacifica convivenza tra le diverse comunità religiose del Medio Oriente, ed ha assicurato che, attaccare i cristiani, e più ancora nei luoghi di culto, è una azione selvaggia che allontana dagli insegnamentio del Corano.
Hezbollah combatte per difendere il Libano delle infiltrazioni ed aggressione dei gruppi islamici radicali, appoggiati da Arabia Saudita ed altre potenze regionali. Fondata come organizzazione sciita, successivamente ha visto entrare molti volontari cristiani e drusi al suo interno, tanto da costituire la Brigata Crisitana di Hezbollah.
Traduzione e sintesi: J. Manuel De Silva



È una guerra di religione

(di Roberto de Mattei) La strage di Tanta e di Alessandria è un brusco richiamo alla realtà per papa Francesco, alla vigilia del suo viaggio in Egitto. Gli attentati in Medio Oriente, come in Europa, non sono sciagure naturali, evitabili con incontri ecumenici, come quello che papa Bergoglio avrà il 28 aprile con il Grande Imam di Al-Azhar, ma sono episodi che ci ricordano l’esistenza sulla terra di profonde divisioni ideologiche e religiose che possono essere sanate solo dal ritorno alla verità.


E la prima verità da ricordare, se non si vuole mentire a sé stessi e al mondo, è che gli attentatori di Alessandra e di Tanta, come quelli di Stoccolma e di Londra, non sono squilibrati o psicolabili, ma portatori di una visione religiosa che dal VII secolo combatte il Cristianesimo. Non solo l’Europa, ma l’Occidente e l’Oriente cristiano, hanno definito nei secoli la propria identità difendendosi dagli attacchi dell’Islam, che non ha mai rinunciato alla sua egemonia universale.
Diversa è l’analisi di papa Francesco che, nell’Omelia della Domenica delle Palme ha ribadito la sua vicinanza a coloro che «soffrono per un lavoro da schiavi, soffrono per i drammi familiari, per le malattie. Soffrono a causa delle guerre e del terrorismo, a causa degli interessi che muovono le armi e le fanno colpire».
Alzando quindi gli occhi dal foglio, il Papa ha aggiunto: preghiamo anche per la conversione del cuore «di quelli che fanno e trafficano le armi». Papa Bergoglio ribadisce quanto ha spesso dichiarato: non è né l’Islam in sé stesso, e neppure una sua deviazione a minacciare la pace nel mondo, ma gli “interessi economici” dei trafficanti di armi.
Nell’intervista con il giornalista Henrique Cymerman, pubblicata sul quotidiano catalano La Vanguardia il 12 giugno 2014, Francesco aveva affermato: «Scartiamo un’intera generazione per mantenere un sistema economico che non regge più, un sistema che per sopravvivere deve fare la guerra, come hanno fatto sempre i grandi imperi. Ma, visto che non si può fare la terza guerra mondiale, allora si fanno guerre locali. E questo cosa significa? Che si fabbricano e si vendono armi, e così facendo i bilanci delle economie idolatriche, le grandi economie mondiali che sacrificano l’uomo ai piedi dell’idolo del denaro, ovviamente si sanano».
Il Papa non sembra credere che si possa scegliere di vivere e di morire per inseguire un sogno politico o religioso. Ciò che muove la storia sono gli interessi economici che un tempo erano quelli della classe borghese contro la classe proletaria, oggi sono quelli delle multinazionali e dei paesi capitalisti contro “i poveri della terra”. A questa visione degli eventi, che discende direttamente dall’economicismo marxista, si contrappone oggi quella geopolitica del presidente degli Stati Uniti Donald Trump e del presidente della Federazione Russa Vladimir Putin.
Trump e Putin, hanno riscoperto gli interessi nazionali dei rispettivi paesi e sullo scacchiere del Medio Oriente combattono una dura partita sul piano diplomatico e su quello mediatico, non escludendo di trasporla sul piano militare. L’Islam agita a sua volta lo spettro della guerra religiosa nel mondo.
Quali sono le parole che, alla vigilia della Santa Pasqua, i fedeli attendono dal Capo della Chiesa cattolica? Aspettiamo di sentirci dire che le vere cause delle guerre non sono né di ordine economico, né di ordine politico, ma innanzitutto di ordine religioso e morale. Esse hanno le loro origini più profonde nel cuore degli uomini e la loro radice ultima nel peccato. È per redimere il mondo dal peccato che Gesù Cristo ha sofferto la sua Passione, che oggi è anche la Passione di una Chiesa perseguitata in tutto il mondo.
Nella preghiera per la pace che compose l’8 settembre 1914, non appena esplose il primo conflitto mondiale, Benedetto XV esortò a implorare privatamente e pubblicamente «Dio, arbitro e dominatore di tutte le cose, affinché, memore della sua misericordia, allontani questo flagello dell’ira con il quale fa giustizia dei peccati dei popoli. Imploriamo che nei nostri voti comuni ci assista e favorisca la Vergine Madre di Dio, la cui faustissima nascita, che celebriamo in questo stesso giorno, rifulse al travagliato genere umano come aurora di pace, dovendo ella dare alla luce Colui nel quale l’eterno Padre volle riconciliare tutte le cose, “rappacificando con il sangue della sua croce sia le cose che sono sulla terra, sia quelle che sono nei cieli” (1 Col. 1, 20)».
È un sogno immaginare che un Papa possa rivolgere all’umanità parole di questo genere in una situazione internazionale tempestosa come quella che oggi viviamo? (Roberto de Mattei, Il Tempo, 10 aprile 2017)
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TERRORISMO ISLAMICO NON ESISTE

    Santità se il terrorismo islamico non esiste chi ha decapitato questa donna? La ragazza della foto si chiamava Rehana (nome di battaglia) aveva 28 anni ed era un simbolo del coraggio e della volontà di lotta del popolo curdo 

di Francesco Lamendola  



Nel suo tipico stile approssimativo e pasticciato, sgrammaticato e presuntuoso, papa Francesco, in un messaggio ai Movimenti Mondiali Popolari, il 5 novembre 2016, ha testualmente affermato, senza arrossire:

Nessun popolo è criminale e nessuna religione è terrorista. Non esiste il terrorismo cristiano, non esiste il terrorismo ebraico, e non esiste il terrorismo islamico. Non esistono.… Nessun popolo è criminale o narcotrafficante o violento… Ci sono persone fondamentaliste e violente in tutti i popoli e in tutte le religioni, che si rafforzano anche con le generalizzazioni intolleranti, e si nutrono dall’odio [sic] e dalla [sic] xenofobia. I ragazzi che hanno fatto la strage a Zaventem erano belgi: nati in Belgio, immigrati di seconda generazione, ghettizzati, non integrati.

Diceva queste cose alcuni mesi dopo il fatto di Saint Etienne du Rouvray, in Francia, dove due giovani islamici hanno sgozzato il sacerdote cattolico nella sua chiesa, mentre stava celebrando la santa Messa. Anche quei due ragazzi erano “francesi”, nati a Rouen: dunque, secondo la logica di Bergoglio, il loro gesto è il gesto di due cittadini europei e non c’entra con l’islam. Peccato che, mentre facevano quel che facevano, gridassero: Daesh! (acronimo arabo per indicare lo Stato islamico), e Allah Akbar! (“Dio è il più grande”). Non gridavano le parole della Marsigliese e nemmeno frasi sconnesse; inneggiavano al loro Dio, al Dio del Corano, in maniera assolutamente esplicita.
Ora, vorremmo sapere se il papa è in grado di citare un caso, uno solo, in tutto il mondo, negli ultimi 100 anni, in cui un cristiano abbia ammazzato qualcuno mentre gridava, inneggiando al nome di Gesù Cristo. No, non può farlo, né lui né alcun altro: perché non c’è mai stato. Sì, ci sono dei “cristiani”, dei “cattolici”, che commettono dei delitti; che, come dice il papa, ammazzano la moglie, o la suocera: ma per piacere, cosa c’entrano simili atti con la religione? Uccidendo mogli e suocere, nessuno ha mai gridato: In nome di Dio! I due ragazzi della chiesa di Saint Etienne de Rouvray, invece, hanno gridato: Akllah Akbar!, cioè Dio è il più grande!. E, come loro, lo hanno fatto innumerevoli altri combattenti o terroristi islamici. Hanno ucciso in nome di Dio. Hanno ritenuto di fare cosa gradita a Dio, al loro Dio. I quatro kosovari che, a Venezia, fantasticavano di far saltare il Ponte di Rialto, si eccitavano a vicenda, dicendo: Pensa quanti miscredenti uccideremmo, e come avremmo aperta la via del Paraiso! Dunque, nella loro cultura, uccidere il maggior numero possibile di “miscredenti”, non importa se a tradimento, non importa se si tratta di donne e bambini, è una cosa meritoria davanti a Dio, una cosa buona, una cosa altamente lodevole, e chi la compie non è un criminale della peggiore specie, meritevole solo di disprezzo, ma un eroe, o meglio un “martire”, cioè un testimone della fede.
Ci sono anche quelli che mandano a farsi saltare in aria, indossando un corpetto esplosivo, bambini e bambine di dieci anni, di otto anni, di sette anni. Sono gli uomini di Boko Haram, in Nigeria; gli stessi che attaccano le chiese e le bruciano con tutti i cristiani dentro, riuniti per la santa Messa; gli stessi che rapiscono decine di ragazze cristiane per farne le schiave sessuali dei valorosi combattenti islamici. E non lo fanno in nome di passioni private, ma in nome di un ideale religioso: il loro. Mandano una bambina di sette anni al mercato, a farsi saltare in aria, oppure la fanno saltare in aria con un telecomando, mentre si trova in mezzo alla folla, in modo che muoia quanta più gente è possibile: trenta, cinquanta, ottanta persone alla volta. Tanto, non sono persone: nella cultura di chi agisce così, non esiste il concetto di “persona”, o, se esiste, esiste solo per gli islamici. Agli studenti dell’università di Garissa, in Kenya, i carnefici ordinavano di leggere qualche verso del Corano, in lingua araba naturalmente: i ragazzi islamici lo sapevano fare ed erano salvi, i ragazzi cristiani non lo sapevano fare e venivano trucidati sul posto. In pochi minuti ne hanno ammazzati cento e cinquanta, in parte decapitandoli.
Il papa ha ritenuto di dover precisare che i ragazzi “belgi” della strage di Zaventem erano “ghettizzati” e “non integrati”; come dire che la colpa delle loro azioni ricade anche sulle vittime. Nel suo buonismo ideologico, non lo ha mai sfiorato l’idea che, per integrarsi, la prima cosa necessaria è la volontà dell’immigrato. Chi non si integra, in Europa, non è solo perché viene ghettizzato, ma, specie nel caso degli immigrati islamici, e specie per quelli provenienti da certe culture, non vuol saperne d’integrarsi. Non ama né rispetta l’Europa, le sue tradizioni, la sua civiltà; al contrario, le detesta e le disprezza, e considera gli europei dei miscredenti boriosi e moralmente spregevoli, dei pagani molli e depravati, condannati all’estinzione e meritevoli solamente di essere distrutti e sostituti dai nuovi arrivati, i veri “credenti”. Non solo: il papa ha specificato che l’intolleranza, le semplificazioni, la xenofobia, alimentano l’odio e favoriscono la strategia del terrorismo; ma la parola “terrorismo islamico” lui non l’ha pronunciata; non ha potuto farlo, visto che aveva premesso che “il terrorismo islamico non esiste”. Incredibile: è riuscito a parlare del terrorismo islamico, a indicare i rimedi per prevenirlo, ma senza nominarlo e, addirittura, negando esplicitamente che esista. Dunque, si vede che ha parlato di un sogno, di un’allucinazione; ha parlato di qualcosa che, effettivamente, non c’è. Complimenti.
A questo punto, visto che né i fatti, né il semplice buon senso sono sufficienti a scalfire la durissima scorza ideologica del papa, buonista e relativista, non resta che un estremo sistema: quello di guardare. Guardare e non chiudere gli occhi, non girare la testa dall’altra parte: anche se si tratta di una esperienza dura, sconvolgente. Guardare le foto, che parlano da sole, senza tanti arzigogoli e sofismi buonisti: per esempio, le foto dei combattenti e delle combattenti curde che sono stati decapitati dagli uomini dell’Isis, al tempo della battaglia di Kobane, alla fine di ottobre del 2014. Le foto giravano in rete da un pezzo, e anche i giornali le hanno mostrate, quando papa Francesco diceva, a più di due anni di distanza, che “il terrorismo islamico non esiste”, offendendo tutte le sue vittime, offendendo i bambini fatti saltare in aria, offendendo le ragazze stuprate e decapitate, e offendendo, da ultimo, il puro e semplice buon senso, la pura e semplice decenza. E allora ci piacerebbe che le guardasse, ma che le guardasse bene, sua santità, quelle foto, quelle immagini, nonostante la loro crudezza, nonostante la loro disumanità: che se le imprimesse nella mente e che ciò le servisse a riflettere, a ponderare bene le parole, prima d’improvvisare discorsi sconclusionati e deliranti, addirittura folli, irresponsabili e vergognosi, che equiparano tutte le religioni e tutti i popoli, che negano il male, che fanno di tutta l’erba un fascio, che mettono Gesù Cristo e la Chiesa da lui fondata sullo stesso piano dei predicatori di odio, di crudeltà e sopraffazione. Gesù, mentre veniva inchiodato sulla croce, pregava con queste parole: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno. Con quali parole pregano, i signori dell’Isis, o di Boko Haram? E con quali parole pregavano i fondatori delle religioni non cristiane, ben poco somiglianti al profeta disarmato dei cristiani, ben poco disposti a farsi crocifiggere per amore degli uomini?
La ragazza della foto si chiamava Rehana (nome di battaglia), aveva ventotto anni ed era un simbolo del coraggio e della volontà di lotta del popolo curdo: rappresentava la fierezza di tutte le donne curde che preferiscono combattere al fianco dei loro uomini piuttosto che fuggire dalla loro terra o lasciarsi sgozzare come capretti inermi. La sua testa mozzata parla da sola; così come parla da sola l’espressione del criminale che la mostra al fotografo, sghignazzante ed esultante. Questi sono i fatti, queste sono le cose; il resto è solamente chiacchiera. Santità, che ne dice di questa foto, e di tante altre simili a questa? Che cosa ci verrà a dire: che è un fotomontaggio? Magari lo fosse: i fatti sono stati confermati, risalgono agli ultimi giorni di ottobre del 2014, ne ha parlato la stampa di tutto il mondo; dunque, anche lei non poteva non esserne a conoscenza. Eppure, a due anni da quei fatti, lei ha ritenuto giusto e opportuno dichiarare pubblicamente che il terrorismo islamico non esiste. E allora le vorremmo domandare, santo padre, se la cosa non le sembra troppo impertinente: di che cosa è morta, la giovane Rehana? È morta di raffreddore? Oppure qualcuno le ha tagliato la testa? A lei risulta che i mariti italiani, quando litigano con le mogli o con le suocere, e poi le uccidono (come lei ha tanto amabilmente, e opportunamente, ricordato), taglino anche loro la testa? Oppure le risulta che la mostrino come un trofeo, e si facciano fotografare tenendole per i capelli? Oppure, ancora, le risulta che essi sogliano gridare: Gesù Cristo è il più grande!, mentre lo fanno? A lei risulta questo, santo padre? A noi - vede - no, non risulta.
E come Rehana ce ne sono tante, e tanti. I Curdi, peraltro, sono in maggioranza musulmani sunniti; e questo, forse, le darebbe il pretesto per aggrapparsi alla sua idea cardine, che non esiste un terrorismo islamico, visto che dei musulmani fanno tali cose ad altri musulmani. Il punto è che essi le fanno in nome di Allah: ci corregga se sbagliamo, ci smentisca se questo non è vero. Uccidono e decapitano in nome di Allah; e in nome di Allah hanno scacciato e costretto all’esodo centinaia di migliaia di cristiani. In Egitto, i copti sono oggetto di continui attentati, vivono nel terrore. Lei queste cose le sa benissimo, santo padre; dunque, se non vuole ammettere che, nel mondo, è in atto una guerra del terrorismo islamico contro i cristiani e le altre minoranze religiose, e anche contro alcuni gruppi islamici considerati eretici, ma sempre in nome di Allah, è solo per la sua testardaggine ideologica, per il buonismo e progressismo che le impediscono di chiamar le cose con il loro nome, le vietano di dire che il cristianesimo è una religione di pace, mentre altre sono religioni di odio. Lei questo non lo dirà mai: ha deciso di votarsi alla causa del relativismo, ha deciso di sostenere a oltranza che tutte le religioni sono buone, che tutte portano a Dio, tanto Dio è Dio, non è mica cattolico, come lei si è premurato di precisare a scanso di malintesi; dunque è anche il Dio di Daesh. Con il che non stiamo affatto dicendo che tutti i musulmani sono dei terroristi, ci mancherebbe; ma semplicemente che i terroristi islamici esistono, eccome. Anche se lei non sarà mai disposto ad ammetterlo, a rimangiarsi le sue frasi assurde.
Il fatto è che lei, santità, non è degno di essere papa. Lei non si è mai comportato da papa, cioè da capo della Chiesa cattolica: mai, fin dal primo istante. Fin dal primo istante, lei ha voluto salutare la folla che l’acclamava, in Piazza San Pietro, a Roma, con un laicissimo: Buonasera, come poteva fare un Mike Bongiorno, o un Pippo Baudo; tanto per far vede come la pensa, che lei è laico e moderno, che lei non è clericale, anzi, che detesta il clericalismo. E infatti, giammai l’abbiamo sentita dire: Sia lodato Gesù Cristo; e nemmeno l’abbiamo vista inginocchiarsi davanti al Corpo di Nostro Signore Gesù Cristo. Diremo di più: lei non vuole, non ha mai voluto, fare il papa, comportarsi da papa; e dunque, perché ha accettata di essere eletto? Se fare il papa non le va, perché non ha declinato la nomina? Perché ha voluto occupare il seggio di san Pietro, subito dopo che il suo predecessore, Benedetto XVI, l’aveva lasciato vuoto in maniera così repentina e traumatica, così misteriosa e inquietante? Se le piace tanto l’applauso dei massoni, se si vanta dell’amicizia di Pannella e Bonino, perché non si iscrive al Partito Radicale? Lei ha gettato lo scompiglio fra le pecorelle del gregge di Cristo: la cosa non la turba? Non è un suo problema, se ci sono di quelli che se ne vanno, che si fanno ortodossi, o che perdono la fede, proprio a causa dello stile ecclesiale che lei ha promosso e incentivato? Ah, sì, a lei interessa cercare la pecorella smarrita. Benissimo: cioè è nello spirito del Vangelo. Tranne per un piccolo particolare: cioè che il Buon Pastore va a cercare la pecorella smarrita solo dopo essersi assicurato che le altre novantanove siano al sicuro, nel recinto, ben protette dai lupi e dai briganti. Lei fa esattamente il contrario: non si cura dei cattolici, preferisce correr dietro ai luterani, ai giudei, ai musulmani, ai buddisti, a tutti, e specialmente ai massoni, ai radicali e agli atei che odiano Cristo e la sua Chiesa. E non li va a cercare per convertirli, ma per godere dei loro applausi, delle loro parole di apprezzamento. Lei gode di essere la star dei nemici di Cristo. No, lei non è degno di essere il papa.
E, a proposito di terrorismo che non esiste, un’ultima cosa. Lei dov’era e cosa faceva, mentre la giunta militare argentina attuava il sequestro, la tortura, l’assassinio e l’occultamento dei cadaveri di circa trentamila persone? Era il superiore provinciale dei gesuiti dell’Argentina, vero? Sì, certo. Ed era anche un avversario dichiarato della teologia della liberazione, che ora le piace tanto. E che cosa ha fatto, all’epoca, oltre a lasciare che venissero arrestati due sacerdoti, poi torturati dalla polizia?

Santità, se il terrorismo islamico non esiste, chi ha decapitato questa donna?

di

Francesco Lamendola


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