ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 19 aprile 2017

Esistono due papa Francesco?

«Dio Amore», nuovo scoop di Scalfari. Che risale a 2000 anni fa

A Eugenio Scalfari la religione piace, non c’è dubbio. Diversamente, non si spiegherebbe il suo continuo misurarsi con l’argomento, intensificatosi con l’elezione di papa Francesco, che il fondatore della Repubblica ha intervistato più volte. Tuttavia passione non fa per forza rima con competenza, quindi occuparsi di temi poco conosciuti comporta il rischio di papere. Una considerazione del tutto elementare, ma che a Scalfari non dev’essere molto chiara. Altrimenti non continuerebbe, come fa, a scrivere di cristianesimo collezionando piccoli e grandi errori. L’ultima perla religiosa Barbapapà l’ha regalata ai lettori a Pasqua, quando nel suo intervento domenicale ha scritto che il Papa «recentemente ha addirittura creato una nuova definizione del Dio unico che è la “novella” di sua Santità: lo chiama Dio Amore».

Ora, per quanto papa Bergoglio sia rivoluzionario – e con tutto il rispetto che si deve ad un vate del giornalismo quale è il Nostro -, come si fa ad affermare una cosa simile? Che Dio sia amore lo aveva ricordato ben prima di Francesco papa Raztinger, la cui prima enciclica, alcuni lo ricorderanno, si intitolava proprio così: Deus caritas est. Dio è amore. Una definizione per nulla originale e tramandata da oltre due millenni, essendo scolpita nel Nuovo Testamento: «Noi sappiamo e crediamo che Dio ci ama. Dio è amore, e chi vive nell’amore è unito a Dio, e Dio è presente in lui» (prima lettera di Giovanni, 4,16). Com’è possibile che un maestro di giornalismo come Scalfari non solo ignori una notizia che circola da duemila anni, ma arrivi a rifilarla ai propri lettori sostanzialmente come scoop?

E’ una bella domanda. Anche se il Nostro non è affatto nuovo, come si accennava poc’anzi, a ricostruzioni molto originali, per usare un eufemismo, della storia del cristianesimo. Anni fa per esempio scrisse, non si sa bene poggiandosi a quali basi, che nel presepe vicino al Bambino, accanto all’asino, anziché il canonico bue, vi sarebbe stata «una mucca» (L’Espresso, 10.1.2008). Un’altra chicca che il decano del nostro giornalismo, pochi mesi fa, ha affidato ai lettori del suo quotidiano è stata quella secondo cui gli apostoli «erano tredici» (17.12.2016). Ma se la misteriosa mucca nel presepe e il tredicesimo apostolo possono strappare un sorriso, decisamente più seria è la sottolineatura del fondatore della Repubblica quando scrive che papa Francesco «di fatto ha abolito il peccato» (29.12.2013).

Una considerazione che fa sorgere a tutti un dubbio: esistono due papa Francesco? Forse sì. Uno è quello che Eugenio Scalfari crede di conoscere, l’altro è quello che almeno due volte, nei mesi precedenti all’annunciata abolizione del peccato, ha affermato l’opposto. La prima volta è stato ad ottobre, quando il sommo pontefice in un’omelia ha ammonito: «Alcuni dicono: “Ah, io mi confesso con Dio”. Ma è facile, è come confessarti per e-mail, no? Dio è là lontano, non c’è un faccia a faccia, non c’è un quattrocchi» (25.10.2013). Come se non bastasse, neppure un mese dopo papa Francesco ha rincarato la dose: «Anche i sacerdoti devono confessarsi, anche i Vescovi: tutti siamo peccatori. Anche il papa si confessa ogni quindici giorni, perché anche il Papa è un peccatore» (20.11.2013).E questo sarebbe abolire il peccato? Bah.

Sbaglierebbe tuttavia chi pensasse che le tesi singolari, diciamo così, di Scalfari siano solamente quelle di carattere religioso. Qualche anno fa uscì un libro molto interessante dello studioso Francesco Bucci intitolato Eugenio Scalfari – L’intellettuale dilettante (Dante Alighieri, 2013), che evidenziava parecchie stranezze. Quando per esempio Scalfari indossa le vesti di filosofo ed intellettuale, segnalava Bucci, da una parte colloca Michel de Montaigne, pensatore rinascimentale imbevuto di cultura classica, fra i padri della modernità e del relativismo, e, dall’altra, contraddicendosi, vede Hegel al tempo stesso come simbolo e contrasto alla modernità e fa combaciare, dulcis in fundo, relativismo e Illuminismo, disorientando tutti i lettori provvisti anche solo di un’infarinatura di storia del pensiero filosofico.

Quanti dopo aver letto Scalfari non sanno spiegarsi il perché della presenza di tredici apostoli, di una mucca nel presepe e della “nuova” definizione di Dio come amore, insomma, possono stare tranquilli: non è colpa loro. E’ il fondare della Repubblica ad essere fatto così. Troppo superiore per studiare gli argomenti su cui pontifica e su cui, evidentemente, siamo noi comuni mortali ad aver capito poco. Non c’altra spiegazione.

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Giuliano Guzzo19 aprile 2017


http://www.libertaepersona.org/wordpress/2017/04/dio-amore-nuovo-scoop-di-scalfari-che-risale-a-2000-anni-fa/

Lo scandalo dei nostri tempi


(di Roberto de Mattei) Il mondo è pieno di scandali e Gesù dice: «Guai al mondo per causa degli scandali» (Mt 18, 6-7). Lo scandalo, secondo la morale cattolica, è il comportamento di chi causa il peccato o la rovina spirituale del proprio prossimo (CCC 2284).
Non basta non fare ciò che è per sé stesso peccato, ma bisogna evitare ciò che pur non essendo peccato mette altri in pericolo di peccare; e ciò, insegna il Dizionario di teologia morale dei cardinali Roberti e Palazzini, vale specialmente quando si ha nel mondo (o nella Chiesa) un posto elevato (Editrice Studium, Roma 1968, p. 1479).
Le forme più gravi di scandalo sono oggi la pubblicità,la moda, l’apologia dell’immoralità e della perversione da parte dei media, le leggi che approvano la violazione dei comandamenti divini come quelle che hanno introdotto l’aborto e le convivenze di fatto, omo ed eterosessuali.
La Chiesa ha sempre considerato scandalo anche il matrimonio civile dei risposati. Giovanni Paolo II, nella Familiarisconsortio, indica nello scandalo una delle ragioni per cui i divorziati risposati non possono ricevere la Santa Comunione. Infatti, «se si ammettessero queste persone all’Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio» (n. 84).
Il can. 915 del Codice di Diritto Canonico recita: «Non siano ammessi alla sacra comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l’irrogazione o la dichiarazione della pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto».
Una dichiarazione del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi ha ribadito il divieto contenuto in questo canone, contro quanti pretendono che tale norma non si applichi al caso dei divorziati risposati. La dichiarazione afferma: «Nel caso concreto dell’ammissione alla sacra Comunione dei fedeli divorziati risposati, lo scandalo, inteso quale azione che muove gli altri verso il male, riguarda nel contempo il sacramento dell’Eucaristia e l’indissolubilità del matrimonio. Tale scandalo sussiste anche se, purtroppo, siffatto comportamento non destasse più meraviglia: anzi è appunto dinanzi alla deformazione delle coscienze, che si rende più necessaria nei Pastori un’azione, paziente quanto ferma, a tutela della santità dei sacramenti, a difesa della moralità cristiana e per la retta formazione dei fedeli» (Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, Dichiarazione circa L’ammissibilità alla Santa Comunione dei divorziati risposati, 24/06/2000, in Communicationes, 32 [2000], pp. 159-162).
Dopo la promulgazione della Esortazione postsinodale Amoris laetitia, ciò che per il Magistero della Chiesa ha sempre rappresentato uno scandalo, viene considerato un comportamento accettabile, da accompagnare con comprensione e misericordia. Monsignor Pietro Maria Fragnelli, vescovo di Trapani e presidente della Commissione della Conferenza Episcopale Italiana per la famiglia, i giovani e la vita, in un’intervista alla agenzia dei vescovi SIR del 10 aprile, dedicata al documento di papa Francesco, ha detto che «la ricezione dell’esortazione apostolica nelle diocesi sta crescendo, nel senso che sempre di più si cerca di entrare nell’animo profondo di Amoris laetitia, che chiede una mentalità nuova nei confronti in generale dell’amore, collegato alla famiglia e alla vita di famiglia».
Per trasformare la mentalità del mondo cattolico,la Conferenza Episcopale Italiana è impegnata in un’assidua opera di promozione di convegni, seminari, percorsi per fidanzati o per coppie in crisi, ma, soprattutto, come scrive l’agenzia dei vescovi, per «un cambio di stile per sintonizzare la pastorale familiare al modello di Bergoglio». Secondo mons. Fragnelli, «si può sicuramente dire che si è avviato un cambio di mentalità sia dell’episcopato, sia delle nostre diocesi, come qualcosa che però è ancora da fare, da vivere e da cercare insieme. Potremmo dire: lavori in corso».
I “lavori in corso” consistono in quella che, fino a pochi anni fa, il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi definiva “deformazione delle coscienze”, ossia fare propria una mentalità che nega, sul piano della prassi,la santità dei sacramenti e la moralità cristiana.
Lo scorso 25 febbraio, parlando a un corso di formazione per i parroci, papa Bergoglio li ha invitati a «farsi prossimi, con lo stile proprio del Vangelo, nell’incontro e nell’accoglienza di quei giovani che preferiscono convivere senza sposarsi. Essi, sul piano spirituale e morale, sono tra i poveri e i piccoli, verso i quali la Chiesa, sulle orme del suo Maestro e Signore, vuole essere madre che non abbandona ma che si avvicina e si prende cura».
Secondo la SIR, i conviventi – con o senza figli – rappresentano ormai l’80% delle coppie che hanno partecipato ai percorsi di preparazione al matrimonio nel 2016. A questi conviventi nessuno ricorda più che vivono in una situazione di peccato grave. La stessa parola di coppie “irregolari” va bandita. Il 14 gennaio, l’Osservatore Romano ha pubblicato le linee guida pastorali dei due vescovi maltesi, Charles Scicluna (arcivescovo di Malta, già promotore di giustizia della Congregazione per la dottrina della fede) e Mario Grech (Gozo). «Nel discernimento – essi dicono – dobbiamo valutare la responsabilità morale nelle situazioni particolari, considerando i condizionamenti e le circostanze attenuanti». A causa di questi «condizionamenti e circostanze, il Papa insegna che non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante».
La conseguenza è che «qualora come esito del processo di discernimento, compiuto con umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento, nella ricerca sincera della volontà di Dio e nel desiderio di giungere ad una risposta più perfetta ad essa, una persona separata o divorziata che vive una nuova unione arriva — con una coscienza formata e illuminata — a riconoscere e credere di essere in pace con Dio, non le potrà essere impedito di accostarsi ai sacramenti della riconciliazione e dell’eucaristia».
Un anno dopo la promulgazione della Amoris laetitia, il “modello di Bergoglio” che si impone è l’accesso dei divorziati risposati a tutti i sacramenti. La convivenza non costituisce scandalo. Scandalo, anzi il principale scandalo del nostro tempo, per papa Francesco, è la disuguaglianza economica e sociale.
In una lettera indirizzata il giorno di Pasqua al vescovo di Assisi-Nocera Umbra, mons. Domenico Sorrentino, papa Bergoglio ha detto che i poveri sono «testimonianza della scandalosa realtà di un mondo ancora tanto segnato dal divario tra lo sterminato numero di indigenti, spesso privi dello stretto necessario, e la minuscola porzione di possidenti che detengono la massima parte della ricchezza e pretendono di determinare i destini dell’umanità. Purtroppo, a duemila anni dall’annuncio del vangelo e dopo otto secoli dalla testimonianza di Francesco, siamo di fronte a un fenomeno di ‘iniquità globale’ e di ‘economia che uccide’».
L’opposizione morale tra il bene e il male è sostituita da quella sociologica tra ricchezza e povertà. L’ineguaglianza sociale è un male peggiore dell’uccisione di milioni di bambini non nati e dell’oceano di impurità che sommerge l’Occidente. Come non condividere quanto ha scritto il cardinale Gerhard L. Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, nel libro-intervista Informe sobre la esperanza (Rapporto sulla speranza). «Il più grande scandalo che può dare la Chiesa non è che in essa ci siano dei peccatori, ma smettere di chiamare per nome la differenza tra il bene e il male e relativizzarla; smettere di spiegare che cosa è il peccato o pretendere di giustificarlo per una presunta maggior vicinanza e misericordia verso il peccatore». (Roberto de Mattei)

Papa Francesco, gli oppositori continuano la guerra sotterranea. Ma Bergoglio rimane impassibile

La lunga marcia dell’opposizione a papa Francesco segna un’altra tappa. Per sabato 22 aprile è in agenda a Roma (in un salone dell’Hotel Columbus a pochi passi dal Vaticano) un’adunata dei difensori del matrimonio indissolubile. Meglio, un raduno di coloro che attaccano la linea di Francesco espressa nel documento Amoris Laetitia: il documento postsinodale che apre la strada – a certe condizioni – alla comunione dei divorziati risposati.
Se qualcuno nell’entourage papale si illude ancora che fare finta di niente possa smorzare la guerra sotterranea, condotta dall’opposizione anti-Bergoglio contro la linea riformatrice dell’attuale pontificato, è meglio che abbandoni l’idea. Gli Anti-Bergoglio, come a suo tempo il Tea Party Movement contro Obama, non deporranno le armi finché sul trono papale non siederà un nuovo pontefice. L’obiettivo è di delegittimare sistematicamente Francesco.
“Fare chiarezza” è il titolo del convegno. E’ lo stesso slogan, che quattro Cardinali (Brandmueller, Burke, Caffarra e Meisner) hanno brandito in una lettera inviata settembre scorso al Papa e resa pubblica nel novembre successivo, con la quale lo invitavano a chiarire una serie di “dubbi” teologici. “Abbiamo constatato un grave smarrimento di molti fedeli e una grande confusione, in merito a questioni assai importanti per la vita della Chiesa, anche tra vescovi, legati al capitolo ottavo di Amoris Laetitia”, scrissero i quattro porporati dissidenti. Per questo, aggiunsero, “è stato necessario rivolgersi al Papa. Egli non ha risposto … ”. E su questa base , invocando la proclamata contrapposizione tra le aperture di Francesco e la tradizione dottrinale per cui mai e poi mai si può dare la comunione a chi divorzia e si risposa una seconda volta (perché, dicono, sarebbe come sanzionare l’adulterio), l’opposizione continuerà a martellareE’ una guerra di religione in cui non si prevedono compromessi.
D’altronde non c’è dubbio che tra la posizione di Giovanni Paolo II, totalmente intransigente su questo punto, e l’atteggiamento pastorale di Francesco la differenza sia netta. Papa Ratzinger, che pure avrebbe voluto da teologo affrontare l’argomento conoscendone la necessità, non riuscì a decidersi pur avendo nel cassetto varie bozze per risolvere la questione della validità dei matrimoni. Troppo forte era il richiamo a non toccare il tema dell’indissolubilità del matrimonio cattolico.
Tra il passato di condanna irremovibile e il presente di comprensione pastorale la contraddizione c’è. E’ inutile negarlo.
Già subito dopo l’emanazione dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia il conflitto era scoppiato. 45 sacerdoti e docenti di teologia (prudentemente anonimi) avevano pubblicato nel luglio 2016 una lettera indirizzata al decano del Collegio cardinalizio, cardinale Sodano, per sollecitare un intervento del Sacro Collegio affinché papa Francesco “correggesse gli errori” del suo documento. Era seguita l’escalation della Lettera dei 4 Cardinali. Il porporato americano Burke, ex presidente del Tribunale della Segnatura Apostolica (la Corte di Cassazione vaticana), aveva prospettato in una intervista persino la possibilità per la Chiesa di “correggere il Romano Pontefice”.
Il convegno “Fare chiarezza” del 22 aprile, serve per mantenere Francesco sotto pressione. L’ufficio stampa del convegno nega recisamente che la riunione voglia essere un gesto di “rivolta o un atto di slealtà” contro Francesco. Si tratta invece, per gli organizzatori, di manifestare “fedeltà a una dottrina sociale bimillenaria, che taluni vorrebbero stravolgere con l’intenzione di ‘modernizzare’ l’approccio della Chiesa al mondo”. Parole chiarissime. “Sarebbe questa – aggiungono – una resa che condannerebbe il cattolicesimo all’irrilevanza. Noi non ci stiamo”. Con il che la strategia dei ribelli anti-Bergoglio appare evidente. Sacra Tradizione contro perniciosa Modernizzazione.
Organizzatori dell’iniziativa sono due media dell’area tradizionalista: il giornale online La nuova bussola quotidiana e il mensile apologetico Il Timone. Gli stessi, che nell’immediata vigilia del Sinodo sulla Famiglia dell’ottobre 2015 convocarono a Roma un simposio internazionale “in difesa del perenne Magistero della Chiesa” con la partecipazione attiva dei cardinali Burke e Caffarra.
Questa volta si punta su una presenza di esponenti laici di varie nazioni. Tra gli italiani l’ex presidente del Senato Marcello Pera, secondo cui nella Chiesa cattolica odierna “si avvertono scricchiolii notevoli, derivati dal volersi conciliare con la marea laicista montante. Un atto di accusa nemmeno tanto velato.
Dinanzi al montare della marea di opposizione, Francesco continua a rimanere impassibile. Durane la sua visita a Carpi il 2 aprile, ha abbracciato ostentatamente il cardinale Caffarra, uno degli autori della Lettera con i “dubbi” indirizzati al Papa. Tempo prima, in un’intervista molto articolata al Foglio, il cardinale già arcivescovo di Bologna aveva scandito: “Solo un cieco può negare … che nella Chiesa esiste una grande confusione, incertezza, insicurezza causate da alcuni paragrafi di Amoris Laetitia.

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