Il cardinale Saraiva Martins: “I messaggi di Fatima diversi da quelli di Medjugorje”
“Fatima, messaggio molto moderno ed attuale. Nessun allegato o quarto mistero.” Lo dice in questa intervista a La Fede Quotidiana, il cardinale portoghese Josè Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione Cause dei Santi su Fatima nell’ anno del centenario delle apparizioni. Il cardinale portoghese si è occupato per il suo ufficio della beatificazione dei tre pastorelli.
Eminenza, lei ha studiato per il suo ufficio le questioni relative alle apparizioni, di cui ricorre il centenario delle apparizioni. Quale la sintesi?
Prego…
” In queste apparizioni, Maria invita alla conversione, tema che è connesso al primo. Ci dice che se vogliamo la vera libertà, dobbiamo rimanere uniti a Dio e ai fratelli. Un altro argomento, non secondario, è l’ invito alla pace. In un momento storico nel quale troviamo tanti pericoli alla pace e nel mondo si combattono guerre, è un richiamo molto vero”.
Mistero di Fatima, da qualche parte si è detto e si dice che vi sarebbe un allegato o quarto mistero ancora non rivelato, che ne pensa?
” Non risponde al vero. Si è detto tutto, si è chiarito e spigato davvero tutto e non ci sono zone di ombra. Penso che non bisogna correre dietro a forme di sensazionalismo”.
Il mistero di Fatima fa paura?
” No, anzi. Maria a Fatima, come del resto in altre apparizioni, ci invita al senso di responsabilità. Lei non intende spaventarci o turbarci, ma solo metterci in guardia, come Madre, dai rischi che corriamo se non viviamo rettamente e con giudizio”.
Fatima- Medjugorje, vi è un filo rosso?
” Non possiamo dire che Medjugorje sia il prolungamento di Fatima o che vi sia un collegamento. Fatima ha avuto l’approvazione della Chiesa, Medjugorje ancora no. I messaggi e i veggenti sono diversi”.
Suor Lucia, come era?
” La ho conosciuta di persona, donna buona, santa veramente. Dovendo fare un bilancio di Fatima dico: messaggio di speranza e invito alla fede”.
Bruno Volpe
“Fatima e il segreto non svelato”, il nuovo libro choc di Marco Tosatti
“L’autorità ecclesiastica non si fida di suor Lucia”, scrive nel suo ultimo libro il celebre vaticanista Marco Tosatti. “Il Vaticano e la gerarchia danno l’impressione di aver subìto Fatima, così come danno l’impressione di avere poca pazienza, in generale, con veggenti e apparizioni che si stanno moltiplicando nel mondo, in un fenomeno che non ha precedenti nella storia, e che dovrebbe suggerire una riflessione profonda, a vario livello, all’interno della Chiesa, in parallelo con l’’esplosione dello spirito’ legata ai movimenti carismatici. Sta accadendo qualche cosa che forse non è gestibile con gli strumenti di sempre. Lourdes, La Salette, Rue du Bac, Fatima e Medjugorje sono eventi che la gerarchia gestisce con un affanno sempre maggiore”.
In “FATIMA E IL SEGRETO NON SVELATO – A cento anni dal futuro della Chiesa” (Chorabooks, Hong Kong aprile 2017) Tosatti affronta il caso Fatima che, scrive, “non si è chiuso con la morte, il 13 febbraio del 2005, di suor Lucia”. In 126 pagine (suddivise in 16 capitoli) l’autore ricorda tutti i silenzi, tutte le proibizioni, tutti i “tentativi da parte dell’autorità ecclesiastica di sciogliere un nodo che col passare degli anni si è fatto sempre più intricato; e di dimostrare che tutto è chiaro e semplice, laddove ogni parola di spiegazione apriva la porta ad altre tre questioni, perché la parola di spiegazione non era mai quella della protagonista”.
Mentre il prossimo 13 maggio Papa Francesco canonizzerà i beati Francesco Marto e Giacinta Marto, i due fratellini che insieme a Suor Lucia Dos Santos, morta nel 2005, ebbero a Fatima le apparizioni della Vergine, per Tosatti “a dispetto della versione ufficiale, la sensazione – e forse qualche cosa di più della sensazione – che non tutto sia stato rivelato è sempre più forte. E due fatti accaduti proprio in questi ultimi mesi ce lo confermano. Il primo riguarda Benedetto XVI” che disse ad un sacerdote e professore di teologia, Ingo Dollinger, “c’è di più di quello che abbiamo pubblicato” sul Terzo Segreto e la parte nascosta accennava a “un cattivo Concilio e a una cattiva messa”.
Altro fatto è quanto scrive José Maria Zavala Gasset, nel suo libro presentato nei giorni scorsi in Spagna (El Secreto mejor guardado. Fatima). Zavala ha ricevuto via mail un messaggio anonimo contenente la riproduzione di un documento manoscritto, redatto in portoghese. Il testo comincia con le sigle JMJ, e la data: “Tuy, 1/4/1944”. E continua così: “Adesso vado a rivelare il terzo frammento del segreto; questa parte è l’apostasia nella Chiesa. Nostra Signora ci mostrò una visione di un individuo che io descrivo come ‘il “Santo Padre’, davanti a una moltitudine che stava lodandolo. Però c’era una differenza con un vero Santo Padre, lo sguardo del demonio, questo aveva gli occhi del male. Poi, alcuni momenti più tardi, vedemmo lo stesso Papa entrare in una Chiesa, però questa Chiesa era la Chiesa dell’inferno, non c’è modo di descrivere la bruttezza di questo luogo, sembrava come una fortezza fatta di cemento grigio, con gli angoli rotti e le finestre come occhi, aveva un picco sul tetto dell’edificio. Subito alzammo lo sguardo verso Nostra Signora che ci disse avete visto l’apostasia nella Chiesa, questa lettera può essere aperta dal Santo Padre, però deve essere annunciata dopo Pio XII e prima del 1960. Nel regno di Giovanni Paolo II la pietra angolare della tomba di Pietro deve essere rimossa e trasportata a Fatima. Poiché il dogma della fede non è conservato a Roma, la sua autorità sarà rimossa e consegnata a Fatima. La cattedrale di Roma deve essere distrutta e una nuova costruita a Fatima. Se 69 settimane dopo che questo ordine sia annunciato, Roma continua la sua abominazione, la città sarà distrutta. Nostra Signora ci disse che questo è scritto, Daniele 9,24-25 e Matteo 21, 42-44”. Così terminava il messaggio. “Veramente Fatima è una fonte apparentemente inesauribile di misteri”, conclude Tosatti.
Matteo Orlando
Sempre più ricca la letteratura su Fatima
(di Cristina Siccardi) Per commemorare i cento anni trascorsi dalla prima apparizione della Vergine Santissima a Fatima, sono recentemente usciti diversi libri. Alcuni di essi, come quello spagnolo di José María Zavala, El secreto mejor guardado de Fatima (Ediciones Temas De Hoy), cerca di portare nuovi elementi di indagine sul terzo segreto, che continua ad essere causa di investigazioni, dibattiti e curiosità.
Altri testi sono, invece, di carattere più di memento che di novità, come Fatima. Tutta la verità. La storia, i segreti, la consacrazione di Saverio Gaeta (San Paolo), autore che ha scritto anche L’ultima profezia. La vera storia di Medjugorie (Rizzoli), dove queste presunte apparizioni vengono definite azzardatamente come «l’evento più clamoroso del cristianesimo dopo la risurrezione di Gesù»; altri libri che vanno segnalati sono Inchiesta su Fatima. Un mistero che dura da cento anni di Vincenzo Sansonetti (Mondadori) con la prefazione di Vittorio Messori e 2017 Fatima. Centro del mondo di Luciano Garibaldi (Mimep-Docete). Fatima dunque continua ad interessare il variegato e piagato mondo cattolico.
Un’attenzione editoriale che denota, soprattutto nei nostri giorni, confusi e affannati, la consapevolezza dell’esistenza di un ampio bacino di lettori che ancora credono nei segni e negli interventi divini. L’ultimo Papa ad essere andato a Fatima, Benedetto XVI, disse: «Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa. (…) Possano questi sette anni che ci separano dal centenario delle Apparizioni affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria a gloria della Santissima Trinità». Ora attendiamo ciò che dirà il 13 maggio a Fatima Papa Francesco.
In questi giorni, inoltre, il ricercatore portoghese Pedro Sinde, dopo la lettura del libro Fatima et la passion de l´Eglise (Éditions Le Drapeau blanc, Roquepine 2017), versione francese di Fatima e la Passione della Chiesa (Sugarco, Milano 2012), tradotto anche in polacco (Wydawnictwo Esprit, Cracovia 2014), si appresta a fare conoscere nella sua terra il sorprendente legame che ha unito per secoli Fatima a Casa Savoia.
Nel XII secolo i lusitani, ovvero i portoghesi, avevano vinto gli islamici che dominavano la penisola iberica. Alfonso I (1109-1185), detto il Conquistatore (Conte del Portogallo dal 1128 al 1139 e poi primo Re del Portogallo dal 1139 fino alla morte), affidò al suo eroico condottiero, Don Gonçalo, il compito di difendere il Paese dai musulmani. Prima della decisiva battaglia di Ourique (26 luglio 1139), Alfonso stava pregando per la protezione del popolo portoghese, quando gli apparve Gesù Cristo sulla croce.
La guerra fu vinta e, in segno di gratitudine, il Re incorporò le cinque ferite di Cristo nella bandiera, inserendo cinque pallini bianchi all’interno dei cinque scudi azzurri, che rappresentano i cinque sovrani moreschi sconfitti proprio ad Ourique: piaghe e scudi sono tuttora presenti sul drappo portoghese. Quale premio per la vittoria ottenuta il Re concesse al fedele Gonçalo il privilegio di scegliersi in sposa la giovane più bella fra le musulmane prigioniere e quest’ultimo elesse Fatima, nome assai noto fra gli islamici, perché appartenuto alla figlia di Maometto. Ma a Fatima venne imposta una condizione, che la giovane accolse benignamente: la conversione alla religione cattolica. Maestra e catechista fu la moglie di Alfonso I, Mafalda di Savoia, prima Regina del Portogallo.
L’unione fra il condottiero, conosciuto come Matamoros, e la bella Fatima durò poco: la sposa morì prematuramente e Gonçalo decise di ritirarsi a vita di preghiera e di penitenza nell’abbazia cistercense di Alcobaça, tra i figli di San Bernardo, abbazia fondata e donata a San Bernard de Clairvaux (1090-1153) dallo stesso Alfonso I. Don Gonçalo, al fine di avere un più vivo ricordo dell’amata sposa, ne fece trasferire la salma in una località vicina e che da lei prese il nome: Fatima.
Fra le antiche carte dell’archivio del monastero delle Domenicane di Alba (Cuneo), fondato dalla Beata Margherita di Savoia, è custodita una straordinaria documentazione: scritti rivelanti che nel XV secolo Casa Savoia venne informata delle future apparizioni di Fatima e degli annunci mariani circa i castighi che si sarebbero abbattuti sull’umanità. Era il 16 ottobre 1454 quando, in questo monastero di Santa Maria Maddalena, una certa suor Filippina de’ Storgi (?-1454), prima di spirare, lasciò una profezia: la Madonna sarebbe apparsa a Fatima. Suor Filippina era la figlia di Filippo II di Savoia-Acaia (1340-1368), vittima di una congiura familiare che lo condusse ad essere legato e gettato ancora vivo nelle gelide acque del lago di Avigliana (Torino).
Tuttavia, avendo chiesto l’intercessione del Beato Umberto di Savoia (1136-1189), si salvò miracolosamente. Fu così che decise di fuggire e di vivere da pellegrino penitente e orante per essere perdonato dei propri peccati, prendendo il nome di Frate Guglielmo. Visitò così i santuari della Francia, della Svizzera, della Spagna, del Portogallo e giunse fino a Fatima, dove era stata edificata una chiesa per volere di Mafalda di Savoia, figlia di Amedeo III di Savoia (1087-1148), detto il Crociato, poiché aveva partecipato, richiamato alle armi da Papa Callisto II, alle guerre in Terrasanta.
Filippo di Savoia-Acaia entrò nella modesta chiesetta di Fatima e scorse, davanti all’altare, sul nudo pavimento, una pietra tombale con una scritta latina che recitava: «Qui giace Mafalda ovvero Matilde figlia di Amedeo III Conte di Savoia e sorella di Umberto III Conte di Savoia, consorte di Alfonso Eriquez I Re del Portogallo insieme alla sua figlia spirituale Oureana già chiamata Fatima. Questa chiesa e l’attiguo convento li fece erigere quella Regina per onorare la Gran Madre di Dio nell’anno 1154».
Fatima e Mafalda erano, dunque, state sepolte insieme. La Regina, morta a Coimbra il 4 novembre del 1157, lasciò scritto nel suo testamento che aver «portato Oureana alla fede cristiana è stata la mia grande gioia. Lascio a lei il compito di continuare il culto della Vergine nella chiesetta che feci costruire alla Sierra de Aire che tanto somiglia alla mia Savoia e dove desidero essere seppellita io stessa per riposare nella quiete eterna ai piedi della Vergine Maria, lontano dall’eco della città». Gli auspici di Mafalda di Savoia si realizzarono e la chiesetta del borgo di Fatima divenne centro universale di spiritualità mariana.
In punto di morte la veggente Suor Filippina de’ Storgi «parlava de’ futuri eventi, prosperi e funesti della Casata Sabauda, fino a un tempo non preciso di terribili guerre, dell’hesilio di Umberto di Savoia [Re Umberto II] in Lusitania, di un certo mostro d’Horiente, tribulatione dell’Humanità, ma che sarebbe ucciso dalla Madonna del S. Rosario de Phatima, se tutti li huomini l’havessero invocata con penitentia grande» (In C. Siccardi, Fatima e la passione della Chiesa, Sugarco, Milano 2012, p. 53).
Inoltre il 16 settembre 1454 la mistica sabauda rivelò che «là nella Lusitania c’è una chiesa in un paese che si chiama Fatima, edificata da una antenata della nostra Santa Fondatrice Margherita di Savoia, Mafalda e che una statua della Vergine SS.ma ha detto degli avvenimenti futuri molto gravi perché Satanasso farà una guerra terribile ma perderà perché la Vergine SS.ma Madre di Dio e del SS.mo Rosario di Fatima “più forte di ogni esercito schierato a battaglia” lo vincerà per sempre» (Ibidem).
Questa cronaca storica offre un’idea dell’immensità del progetto che la Divina Provvidenza ha riservato a Fatima, un progetto che ebbe inizio con la fondazione del Regno del Portogallo e si è poi sviluppato attraverso i secoli, coinvolgendo anime prescelte: dai primi sovrani della nazione lusitana, che liberarono la loro terra dalla presenza dei violenti seguaci di Maometto ai tre pastorelli di Fatima, portavoci delle esortazioni e dei richiami della Madonna, che, nella comunione dei Santi, li lega alla monaca Suor Filippina, morta in odore di santità. (Cristina Siccardi)