AL BIVIO
L'eresia è andata al potere. Al bivio o cristiani o storicisti 2 scelte
antitetiche e perentorie: o cittadini del mondo col modernismo che è
figlio dello storicismo o si sceglie di essere seguaci di Cristo per i
veri cattolicidi Francesco Lamendola
E
così, siamo arrivati al bivio. Le generazioni che ci hanno preceduto ci
hanno lasciato non solo un ricchissimo patrimonio spirituale, ma anche
l'esempio della fedeltà al Vangelo, cioè alla Parola di Dio, che è
Parola di Verità. Essa insegna che ogni cosa è nata da Dio e a Dio fa
ritorno: nel caso dell'uomo, unica creatura dotata d'intelligenza,
volontà e senso morale, si tratta di vedere se tale ritorno sarà
volontario e pienamente consapevole, o se avverrà suo malgrado, con
amarezza o con rabbia, come quello di chi si vede sottrarre una sua
legittima proprietà e restituito alla sua condizione originaria:
totalmente povero, com'era venuto al mondo. La cultura moderna ha coltivato invece lo storicismo:
la salda convinzione che ogni fatto umano è soggetto al divenire della
storia, è creato, plasmato e orientato da essa, e ritorna ad essa, cioè
al nulla, come da essa è venuto. La perfetta espressione della fede
storicista si trova in Omero, nell'Iliade, nel dialogo fra Glauco e Diomede: le
generazioni degli uomini sono come le foglie, si succedono l'una
all'altra e tutte ritornano alla terra, dissolvendosi per sempre.
Perciò, è evidente che o si è cristiani, o si è storicisti. Se si è
cristiani, si pensa che l'uomo vive parzialmente immerso nella storia,
ma non appartiene al mondo della storia: vi appartiene per gli aspetti
materiali ed esteriori della sua vita, non vi appartiene per la
dimensione soprannaturale che è presente in lui.
Essere anfibio, l'uomo si trova al bivio, e vi si trova oggi con tanta più forza ed urgenza, in quanto la cultura moderna, imbevuta di storicismo, pone l'alternativa in maniera ancor più perentoria. Ma anche il cristianesimo la pone, da sempre, in maniera perentoria: o si sceglie di essere cittadini del mondo, oppure si sceglie di essere seguaci di Cristo. Sono due cose diverse e opposte; ce n'eravamo dimenticati, perché ci faceva comodo vivere nell'ambiguità, di compromesso in compromesso.
Essere anfibio, l'uomo si trova al bivio, e vi si trova oggi con tanta più forza ed urgenza, in quanto la cultura moderna, imbevuta di storicismo, pone l'alternativa in maniera ancor più perentoria. Ma anche il cristianesimo la pone, da sempre, in maniera perentoria: o si sceglie di essere cittadini del mondo, oppure si sceglie di essere seguaci di Cristo. Sono due cose diverse e opposte; ce n'eravamo dimenticati, perché ci faceva comodo vivere nell'ambiguità, di compromesso in compromesso.
Non
è certo un caso che la grande eresia del cattolicesimo moderno sia
stata, e sia tuttora (anche se non viene più chiamata con quel nome) il
modernismo. Il modernismo è figlio dello storicismo:
pensa che, se tutto il divenire umano è mutevole, allora anche la
Chiesa, costruzione umana, deve mutare; sosteneva, come sostiene oggi
papa il Francesco e come sostengono i suoi molti seguaci e ammiratori
(perché l'eresia è andata al potere e, quindi, non viene più percepita come eresia, ma come ortodossia, ed eretici appaiono i "vecchi" cattolici), che il cristiano moderno non può che pensare il cristianesimo entro le categorie della modernità, pertanto deve adattare ogni cosa - liturgia, dottrina, teologia - secondo la particolare ottica moderna. A loro giudizio, questa è la sola strategia che consentirà alla Chiesa di non perdere l'aggancio con la realtà dell'uomo di oggi;
a giudizio di chi, da cattolico, la pensa in altro modo, questa è la
strategia più certa per svuotare il cristianesimo dei suoi contenuti
specifici e per lasciarlo disperdere nel gran mare della cultura
profana: immanentista, materialista, edonista, relativista. Il caso del
professor Léonard, licenziato da una scuola cattolica belga per aver
definito l'aborto un omicidio, insieme a tantissime altre vicende
contemporanee, alcune in pieno svolgimento sotto i nostri occhi, dà
ragione a questa seconda interpretazione: se viene a patti con la
mentalità moderna, il cattolicesimo si storicizza e rinuncia ad essere
se stesso, rinnega se stesso e accoglie in sé, o accetta, o tollera,
delle dottrine e delle pratiche che sono in contraddizione totale e
irrevocabile con ciò che il Vangelo insegna. Alla perennità dei valori
subentra la relativizzazione dei valori: i valori sono figli di un dato
tempo storico, e, quando quel tempo è trascorso, devono essere
modificati, rivisti, aggiornati. Un altro esempio clamoroso è quello del
gesuita James Martin, che fa apertamente propaganda a favore della
piena accettazione, da parte della Chiesa, della pratica omosessuale, e,
anzi auspica addirittura il matrimonio religioso omosessuale. Se una
situazione del genere ha potuto determinarsi, è stato perché l'eresia
modernista, attraverso il cavallo di Troia dello storicismo, si è
insediata all'interno della Chiesa: solo qualche anno fa, sarebbe stata
impensabile, appunto perché la Chiesa non aveva ancora alzato bandiera
bianca davanti all'ideologia storicista.
Tutto questo ha una data d’inizio: il discorso di apertura al Concilio Vaticano II
tenuto da Giovanni XXIII. Il senso di quel discorso si può riassumere
così: fino ad ora è stato fatto in un certo modo; ora, però, la Chiesa
ha deciso di fare in un altro modo. Certo, si è riferito più volte alla
Tradizione e alla necessità di tener fermi, nella sostanza, i principi
del cattolicesimo; ha presentato il cambiamento come un riassestamento
volto a una presa più efficace sulla società, nelle mutate condizioni
storiche: ma è appunto qui, in questa concessione allo spirito dei
tempi, e quindi alla storia, il punto critico di tutta la sua
impostazione. In pratica, la prima cosa che si è voluta fare è stata la
riforma liturgica, come se si fosse trattato di un semplice rinnovamento
della facciata, una specie di riverniciatura di un edificio ormai
vetusto: ma cambiare la liturgia significa cambiare la dottrina, e sia
pure sul medio e lungo periodo. Così è avvenuto. La cosiddetta riforma liturgica ha letteralmente capovolto l’impostazione del rapporto del fedele con Dio:
da un orientamento teocentrico si è passati a un orientamento
antropocentrico; e questo è stato un cambiamento di sostanza, non di
forma. Più o meno consapevolmente, Giovanni XXIII si è posto nella
stessa prospettiva tracciata da Gesù Cristo allorché disse (Matteo, 5, 38-45): Avete udito che fu detto… ma io vi dico;
e come Gesù ha traghettato il popolo di Dio dall’Antica alla Nuova
Alleanza, così il Concilio ha preteso di traghettare la Chiesa ad un
nuovo modo di essere; discorso ora ripreso e ulteriormente sviluppato
dal papa Francesco, il quale, appena eletto, ha affermato a chiare note
di voler cambiare la Chiesa (e non lo ha detto nella sede appropriata,
cioè la Chiesa stessa, ma in una intervista privata al gran papa della
massoneria gnostica italiana, Eugenio Scalfari) e di voler portare a
compimento, sino in fondo, ciò che il Concilio aveva incominciato. In
altre parole: da Giovanni XXIII a Francesco, i papi della “svolta”
conciliare e postconciliare (con le parziali eccezioni di Giovanni Paolo
I, morto troppo presto per poter dire quel che avrebbe fatto, e di
Benedetto XVI, le cui clamorose dimissioni aprono la porta alle ipotesi
più inquietanti) hanno avuto l’inaudita ed eretica pretesa di cambiare
il messaggio evangelico, così come la Chiesa lo aveva custodito e
trasmesso per duemila anni, e di fare quel che aveva fatto Gesù: abolire
la vecchia Legge ed instaurarne una nuova.
Ed
ecco spiegato anche il nuovo atteggiamento teologico verso il
giudaismo: l’Antica Alleanza non è mai stata abolita, quindi gli ebrei
non devono convertirsi per conseguire la salvezza, né riconoscere Gesù
Cristo come figlio di Dio: allo stesso modo che i modernisti
sostengono di non aver abolito la “vecchia” Chiesa, ma solo di averla
“aggiornata”. Non hanno il coraggio di dire la verità: che la Chiesa
odierna, così come essi l’hanno costruita, sostituendo, pezzo dopo
pezzo, la vecchia liturgia e la dottrina perenne, si pone in aperta
rottura, in totale discontinuità con la Chiesa dei venti secoli
precedenti. Per non dover confessare di essere degli eretici modernisti,
che abusivamente e slealmente si sono impadroniti dei vertici della
Chiesa, ossia con l’inganno e il sotterfugio, prendendo in giro
centinaia di milioni di fedeli, sono pressoché obbligati a mentire anche
sul fatto che nessun cambiamento sostanziale è stato da loro attuato;
allo stesso modo che stanno tranquillamente sostenendo che l’Antica
Legge, quella del popolo d’Israele, è ancora e sempre valida, con la
speciosa argomentazione che Dio non si rimangia le sue promesse. Ma come
la menzogna sul giudaismo li porta all’affermazione eretica che gli
ebrei sono già nella Verità, pur rifiutando Gesù Cristo e considerandolo
un falso profeta e un impostore, e non certo il Figlio di Dio, così la
menzogna sul “colpo di stato” che essi hanno fatto al vertice della
Chiesa cattolica li imprigiona ora in una ulteriore menzogna,
quella di non aver modificato la dottrina, mentre non solo l‘hanno
modificata, ma l’hanno addirittura capovolta; e, quel che è più
importante, l’hanno inserita in una prospettiva totalmente nuova ed
impropria: quella del mondo e della storia. Non è vero ciò che ha detto
Gesù Cristo, ma è vero ciò che la sensibilità moderna accetta della
Parola di Gesù Cristo. E se quella Parola è molesta, perché smaschera le
ipocrisia e restituisce gli uomini alla loro meschinità e finzione,
allora la si rigira e la si addomestica in modo tale da renderla più
malleabile e gradita. Ad ogni buon conto, padre Sosa ha predisposto il
paracadute: noi non sappiamo, dice, che cosa realmente Gesù abbia
affermato; il che significa che possiamo fargli dire tutto quel che ci
va bene, e fare finta che non abbia mai detto tutto quel che, nella sua
predicazione, ci dà noia. Se, per esempio, Gesù Cristo ha detto: L’uomo non separi ciò che Dio ha unito,
ma noi abbiamo voglia di separarci da nostra moglie o da nostro marito,
ecco che si reinterpreta il Vangelo alla luce della sensibilità
moderna, e con la scusa di aggiornare la forma e di migliorare il
dialogo, si modifica radicalmente la dottrina, in questo caso la
dottrina morale.
In
fondo, è molto semplice: si tratta di piegare il Vangelo alle esigenze
del mondo, e non più, come è sempre stato finora, di viverlo e proporlo
come una radicale alternativa a ciò che piace al mondo. È per questo che il papa si è fatto piacione, e indossa volentieri sombreri e nasi da pagliaccio;
è per questo che i vescovi si sono fatti canterini, intonano canzonette
dal pulpito durante la santa Messa, e altri si sono fatti ciclisti, se
ne vanno a spasso per la loro cattedrale in sella alla loro bicicletta, e
altri ancora si sono fatti danzatori e si son messi a ballare, al suono
di chitarre e tamburelli, tenendo per mano una compagna di spettacolo,
tutto per riuscire simpatici alla folla dei fedeli. Ugualmente ci sono
sacerdoti che dicono la Messa coi burattini, altri che offrono
l’aperitivo e i balli alla fine del rito, altri ancora che spruzzano
l’acqua santa con un fucile giocattolo, e altri che entrano in una
barca, sempre sull’altare, e simulano l’atto di remare, impugnando dei
remi veri, per far capire ai fedeli quanto è grave ed urgente il dramma
dei poveri migranti che giungono davanti alle nostre coste in fuga da guerra e fame,
come recita il mantra ufficiale dei mass media manovrati dal potere
finanziario. Poi ci sono i frati che ballano in chiesa e fuori della
chiesa; le suore che cantano canzoni profane, dal testo equivoco e quasi
blasfemo, prese dal repertorio di una rockstar che si è costruita tutta
la carriera in una implicita blasfemia anticattolica, a cominciare dal
nome che è lo stesso di Maria Vergine, agitandosi e scimmiottando le
contorsioni delle cantanti rock; poi, i giovani preti aitanti che
postano sui social le loro foto in costume da bagno, e altri che si
mettono a criticare spietatamente i loro superiori in diretta radio e
televisiva, sempre atteggiandosi a difensori della buona causa: quella
degli ultimi, dei poveri, e contro le discriminazioni, le ingiustizie e i
privilegi.
Al bivio: o cristiani, o storicisti
di Francesco Lamendola
Del 23 Settembre 2017
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