Medjugorie e Stepinac: la versione di Parolin
Medjugorie, la
collina delle apparizioni
Per quanto riguarda le presunte apparizioni mariane di
Medjugorie è «volontà della Santa Sede aiutare a regolare il fenomeno in modo
che i fedeli che vengono qui possano ascoltare la Parola di Dio, celebrare i
sacramenti e vivere un’autentica esperienza di fede». Sono parole del cardinale
Pietro Parolin, Segretario di stato vaticano, durante una conferenza stampa che
ha tenuto a margine della sua lectio magistralis tenuta in questi giorni presso
l’Università Cattolica croata a Zagabria.
«Tutto fa credere che le apparizioni saranno riconosciute,
forse entro la fine di quest’anno», aveva detto il delegato papale, il polacco
monsignor Henryk Hoser, a fine agosto. Non tutto il fenomeno in quanto tale, ma
le primissime apparizioni, quelle dei primi giorni nel giugno del 1981, in
accordo anche con il lavoro svolto dalla cosiddetta Commissione Ruini, un
gruppo vescovi e teologi incaricato di istruire la pratica già da Benedetto XVI
nel 2010.
Hoser era stato mandato in quel di Medjugorie da Francesco
per vederci chiaro da un punto di vista pastorale, senza alcun compito circa la
verifica della soprannaturalità degli eventi. Ma Hoser si è appunto spinto un
po’ oltre, dichiarando che «sarebbe difficile prendere una decisione diversa
perché è impossibile per sei veggente mentire per trentasei anni. Quanto essi
dicono è significativo».
Parolin nel suo intervento a Zagabria torna, invece, a
sottolineare la questione pastorale, più che quella sulla verifica della
soprannaturalità. Per questo ha parlato di «volontà della Santa sede di
regolare il fenomeno». Questa linea è di gran lunga la più diffusa in Vaticano,
una linea tutto sommato attendista e che si guarda bene dal prendere una
posizione assolutamente negativa di fronte a una realtà popolare e di enormi
proporzioni.
«I documenti della commissione» Ruini, ha detto Parolin sono
nelle mani del Papa, come quelle che riguardano i lavori di un’altra
commissione che è stata voluta da Francesco per affrontare un altro caso
spinoso, quello della canonizzazione del beato vescovo Alojzije Stepinac. Il
vescovo, paladino della libertà religiosa nella Jugoslavia di Tito, è stato
beatificato da san Giovanni Paolo II nell'ottobre 1998 e da tempo attende la
definitiva canonizzazione, visto che, tra l'altro, c'è già il miracolo canonico.
Ma siccome i serbi ortodossi lo
considerano una specie di collaboratore del regime nazifascista ustascia
durante la Seconda guerra mondiale, il tutto ha subito una brusca frenata per
salvaguardare aspetti ecumenici.
«La canonizzazione del beato Alojzije Stepinac è una
questione interna della Chiesa cattolica e ci sembra importante sottolinearlo»,
ha detto Parolin durante la conferenza stampa, quasi a rivendicare un
sacrosanto diritto della Chiesa cattolica di stabilire senza nessuna
limitazione quali sono i suoi santi. Ma, subito dopo, ha detto che «il
desiderio del Santo Padre tuttavia è che questa questione non crei tensioni tra
i due popoli, ma che aiuti nel cammino comune. Credo che il lavoro della
Commissione sia stato utile e che questo processo abbia aiutato il dialogo e la
comprensione comune». «Le ferite che lasciano i fatti storici non possono
essere superate dall’oggi al domani. È importante tenere ferma la direzione
verso cui andare e lavorare per la comunione e la pace. Il dialogo interreligioso
ed ecumenico è strumento fondamentale per raggiungere quest’obiettivo».
Insomma, come si era compreso nello scorso luglio, al termine dei lavori della
commissione su Stepinac, il tutto si è concluso con un nulla di fatto.
Nonostante le amichevoli dichiarazioni presenti nel comunicato finale, i serbi
restano sostanzialmente fermi sulle stesse posizioni di chiusura che portano
avanti da settant'anni. E le dichiarazioni di Parolin non aggiungono molto, se
non dire che la canonizzazione di Stepinac è una questione interna della
Chiesa, ma nello stesso tempo bisogna rispettare il lavoro ecumenico. Una
specie di quadratura del cerchio che di fatto blocca solo la canonizzazione del
beato Stepinac, nonostante tutti i passaggi canonici già lo permetterebbero.
Lorenzo Bertocchi
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