ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 24 dicembre 2017

Il momento della scrematura


DOV'ERA LO SPIRITO SANTO?                


Uno "stranissimo pontificato". Dov’era lo Spirito Santo il 13 marzo 2013 quando il conclave eleggeva al soglio pontificio Jorge Mario Bergoglio? e l’11 febbraio 2013 quando Benedetto XVI a sorpresa annunciava le sue dimissioni? 
di Francesco Lamendola  

 

Dov’era lo Spirito Santo il 13 marzo 2013, quando il conclave dei cardinali eleggeva al soglio pontificio Jorge Mario Bergoglio? E dov’era l’11 febbraio 2013, quando Benedetto XVI, a sorpresa, annunciò le proprie dimissioni, che divennero esecutive il 28 successivo? Notiamo, fra parentesi, che le norme del diritto canonico prevedono un intervallo di almeno 15 giorni fra la dichiarazione della sede vacante e l’elezione di un nuovo pontefice; norme che, in quel caso, non vennero rispettate, senza che nessuno, o quasi, sollevasse la questione e facesse domande scomode: inizio di uno strano, stranissimo pontificato, peraltro contraddistinto, già durante lo scrutinio, da ben altre tre irregolarità: il fatto che un gesuita, per statuto, non può essere eletto papa, e nemmeno vescovo, senza apposita dispensa; il fatto che, durante la votazione, saltò fuori un voto in più degli elettori; e il piccolo dettaglio che Benedetto XVI non era morto, era vivo e vegeto e lo è ancor oggi, a quasi cinque anni di distanza: il che significa che ci sono due papi a Roma, cosa evidentemente più che irregolare. 

Prendiamo nota di queste quattro circostanze irregolari e andiamo avanti; non ne vogliamo fare una questione dirimente, non riteniamo, cioè, che esse siano sufficienti a dichiarare invalida e nulla l’elezione del papa (per quel che può valere il nostro parere, dato che non siamo per nulla esperti in diritto canonico); altri lo credono, e forse hanno ragione. Quel che ci preme sottolineare, è che fin dal primo istante del suo pontificato, anzi, fin dalle circostanze, anomale, questo sì, della sua elezione, a Bergoglio venne concesso tutto, tutti gli fecero il massimo credito di fiducia, nessuno fiatò, nessuno fece questioni di legittimità: sostenuto dal coro unanime dei mass media internazionali, e da un bella fetta del clero, specialmente dell’episcopato, egli ha avuto fin da subito la sensazione che avrebbe potuto dire e fare quasi qualsiasi cosa: una situazione che era l’esatto contrario di quella cui era andato incontro, al momento dell’elezione, il suo predecessore. A Benedetto XVI nulla venne concesso, nulla venne perdonato, tutto venne guardato e giudicato con sospetto, con diffidenza e con malanimo: lo si attendeva al varco. Ogni sua parola, ogni suo gesto veniva interpretato nella maniera peggiore possibile, stampa e televisioni facevano a gara nel dipingerlo come un oscurantista e un reazionario; Obama dagli Stati Uniti, e la sua connazionale Merkel in Europa, gli fecero capire a chiare note che il suo pontificato sarebbe stato tutto in salita. Aveva contro l’intero apparato mediatico mondiale, e, dietro di esso, quello politico-finanziario; aveva contro, dunque, l’opinione pubblica, proclive a mandar giù quel che dicevano i media: che era un islamofobo, un antisemita o quasi, un conservatore, un nemico del Vaticano II, un nostalgico della Messa tridentina, un restauratore della vecchia liturgia preconciliare. Dentro la Chiesa l’opposizione era ancor più feroce che all’esterno: la “mafia di San Gallo”, con la regia di Carlo Maria Martini, si stava organizzando per mettere a punto la strategia che lo facesse cadere, dopo aver fallito nel primo tentativo di sbarrargli la strada al pontificato, facendo eleggere al suo posto un certo Bergoglio, sconosciuto arcivescovo di Buenos Aires, del quale si sapeva solo che era stato, a suo tempo ostile alla teologia della liberazione, ma anche che la sua ambizione era più grande di qualsiasi altra cosa, il che lo rendeva il candidato ideale del partito massonico. I dossier su Benedetto erano già pronti, dentro e fuori la Chiesa; giacevano nei cassetti, negli archivi riservati: come l’intervista a monsignor Williamson della televisione svedese, dopo che il papa ebbe tolto la scomunica a lui e ad altri tre vescovi lefebvriani, o come le notizie riservate che il suo stesso maggiordomo (tutto da solo?) si apprestava a diffondere alla stampa, procurandogli un immenso danno d’immagine. Per Bergoglio, al contrario, strada in discesa, anzi, autostrada in discesa, fin dal primo giorno: del resto, aveva scelto di chiamarsi Francesco; e come poteva non essere eccellente, santo e umile, il primo papa della storia di nome Francesco? Se Obama aveva ricevuto il Nobel per la Pace poco dopo esser stato eletto, così, per simpatia, senza aver fatto nulla che lo giustificasse, ora il suo amico Bergoglio era già santo, il migliore dei papi, prima d’aver fatto alcunché.
E di quel che ha fatto dopo, in questi quasi cinque anni di pontificato; di come ha speso la cambiale in bianco che la Chiesa e il mondo gli hanno concessa; di quale uso ha fatto della fiducia illimitata, quasi adorante, di centinaia di milioni di fedeli cattolici, non è il caso di dire nulla, qui, oltre a quel che abbiamo detto già tante, tante volte. Resta perciò la domanda, che è la domanda che fanno, ormai, parecchi cattolici, quelli che, un poco alla volta, si son resi conto che Bergoglio non era il papa che avevano creduto, che qualcosa non va e che molte cose, anzi, non procedono affatto come tutti avevano sperato: dov’era lo Spirito Santo il 13 marzo 2013? Una domanda che può sembrare irriverente, quasi sacrilega; pure, una domanda che ora moltissimi cattolici si fanno, anche se, per la maggior parte, nel silenzio della loro coscienza, mentre solo un numero relativamente ristretto di essi la pone ad alta voce. La domanda completa, in verità, sarebbe ancor più esplicita e suonerebbe, press’a poco, così: Visto che costui sta demolendo, un pezzo dopo l’altro, sistematicamente, spietatamente, inesorabilmente, la Chiesa cattolica - dottrina, pastorale, liturgia, tutto - e visto che sembra deciso ad andare avanti senza alcuna remora, fino a che non abbia portato a termine la sua opera, come è possibile che lo Spirito Santo fosse presente nel conclave che, il 13 marzo 2013, lo elesse successore di san Pietro? Ovvero: come è possibile che lo Spirito Santo abbia ispirato i cardinali ad eleggere un uomo che sta agendo come un nemico della Chiesa e non come il suo capo, il suo pastore e il suo custode, pronto a dare la vita per difendere le pecorelle?
Intendiamoci; noi non ci poniamo quella domanda, per la semplice ragione che sarebbe come chieder conto a Dio delle vie che sceglie di seguire nei confronti degli uomini. Dio non deve render conto a noi di quel che fa e del perché lo fa; come sa chi ha letto il Libro di Giobbe, Dio può anche lasciar mano libera al diavolo, in certe circostanze: ma sempre per un fine buono, perché Dio non è altro che Bene, senza alcuna ombra di male, e nel suo infinito Amore nulla esiste che non sia finalizzato al bene, giustizia compresa. Ma Dio è anche verità: e questa, forse, è l’ora della verità; forse Dio ha scelto questo momento per mettere alla prova la sua Chiesa, per vedere quanta fede, quanto amore alla verità c’è ancora in essa: non alla verità profana, non alla verità relativa, un poco a te e un poco a me, ma alla Verità di cui parla il Vangelo, quella di Gesù Cristo e quella che è Gesù Cristo, secondo le sue stesse parole: Io sono la Via, la Verità e la Vita. Non è Dio che manda la tentazione; è il diavolo che ci tenta, e Dio, talvolta, lo permette; il perché lo sa Lui, e ciò a noi deve bastare. Nondimeno, possiamo fare delle ipotesi: forse ci eravamo un po’ troppo adagiati, un po’ troppo rammolliti; forse i cattolici, e la Chiesa come struttura gerarchica, avevano bisogno di un robusto scossone. Per svegliarsi e per contarsi. Si trattava, e si tratta, di vedere quanti sono ancora cattolici; quanti son diventati protestanti; e quanti erano già da un pezzo atei, ma facevano ancora finta di credere in qualcosa. Per gli atei pratici, il protestantesimo è una tappa, una tappa verso l’irreligiosità completa. Chi conosce la Germania e chi ha dimestichezza con le cose della Chiesa tedesca, lo sa: il protestantesimo è stato solo l’anticamera dell’ateismo – altro che ispirazione dello Spirito Santo. Perciò, protestantizzandosi, come sta facendo sotto l’impulso di Bergoglio, la Chiesa cattolica si è messa pienamente sulla strada dell’irreligiosità e dell’ateismo. Che altro si deve dire di una chiesa che elogia Bonino, che elogia Pannella, che elogia Scalfari, se non che è una neochiesa atea e irreligiosa? Conserva il nome e alcune forme, minime invero, del cattolicesimo; ma, di fatto, è la creatura della massoneria, una cosa ibrida, né carne né pesce, l’anticamera dell’ateismo totale. Per arrivare al quale non manca più molto.
E cosa vuol dire, questo: che lo Spirito Santo, in Vaticano, il 13 marzo 2013, non c’era? Niente affatto. Lo Spirito Santo soffia dove vuole e quando vuole; lo Spirito Santo, ad ogni modo, è sempre presente dove ci sono due o tre fedeli riuniti nel nome di Cristo. È la promessa di Gesù, quindi è una certezza assoluta, una verità di fede. Ma bisogna vedere se quei due o tre sono davvero animati dalla fede in Gesù, o se stanno recitando una discutibile commedia. In quel caso, lo Spirito Santo potrebbe anche essersene andato; non perché li ha abbandonati, ma perché essi hanno scelto di allontanarsi da Dio. Si allontana da Dio chi sceglie di seguire le strade del mondo; chi mette sempre al centro il suo ego, lasciandosi dominare dalle passioni disordinate, anche se nascoste sotto un velo d’ipocrisia; chi non riesce a pensare e a fare nulla, se non in funzione della propria ambizione, della smania di primeggiare, di essere ammirato, di essere gratificato, di vedersi applaudito. Tutte cose che caratterizzano il pontificato di questo papa e del suo “cerchio magico”. Così come lo caratterizza il fatto di aver perseguitato e disperso i migliori figli di Gesù e di Maria Vergine, i Francescani e le Francescane dell’Immacolata; di aver gettato nel turbamento e nella confusione milioni di fedeli, su questiono cruciali di teologia, di morale e di vita pratica; di non aver risposto alle legittime e doverose richieste di chiarimento dottrinale di alcuni suoi cardinali; di aver ignorato la correzione filiale di oltre sessanta teologi e sacerdoti al suo erroneo documento Amoris laetitia; e anche il suo continuo ringhiare, inveire, minacciare, coloro i quali non gli vanno dietro ciecamente, come dei cagnolini ammaestrati: e ciò perfino sotto Natale. Non è lo stile del buon pastore, non è sicuramente lo stile del divino Maestro, che andava in cerca della pecorella smarrita. No, non è il suo stile; è un altro stile, totalmente diverso: è lo stile del mondo, di ciò che piace al mondo, di ciò che vuole affermare il proprio ego.
Dunque, il 13 marzo 2013 lo Spirito Santo c’era, nel conclave che elesse Bergoglio, così come c’è dappertutto, del resto; ma non per ispirare quella elezione, bensì per consentirla, al fine di mettere alla prova i veri cattolici, separare il grano del loglio e strappare finalmente la zizzania dal campo di grano. Sì: questo è il momento della scrematura, della divisione; questo è il tempo in cui ci si deve esporre, ci si deve mettere in gioco, ci si deve anche battere, perché la posta in gioco è molto, molto grossa: forse non è mai stata così alta, come lo è in questo momento. 

Dov’era lo Spirito Santo il 13 marzo 2013?

di Francesco Lamendola

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