"Rifiutare l’invasione è peccato come abortire?". Non è possibile sottacere a certe affermazioni papali illecite e illegittime, è evidente che il signor Bergoglio ha ormai gettato la maschera e pensa, che gli sia concesso tutto
di Francesco Lamendola
Ormai, purtroppo, ci stiamo abituando a tutto; a sentire in bocca al neoclero le cose più assurde e sconvenienti, più eretiche e blasfeme; e ci stiamo abituando tollerare che dalla bocca del signor Bergoglio siano proferite delle distorsioni sempre più gravi del Vangelo; che egli lo pieghi sfacciatamente a una sua personale ideologia, che, con il cristianesimo - non osiamo neanche dire, come si dovrebbe: col cattolicesimo, perché di essere cattolico lui si vergogna, e lo ha dimostrato molte volte – non ha più niente a che fare. Tuttavia c’è un limite, o almeno dovrebbe esserci, non a tale invereconda operazione, ma alla nostra capacità di sopportazione. Non dovremmo sopportare tutto, perché questo imbaldanzisce gli eretici e i falsi pastori e li rende sempre più aggressivi e sfrontati. La dottrina non è cosa di loro proprietà, ma neppure nostra: appartiene solo a Gesù Cristo; pertanto, difenderla nella sua purezza e integrità non è un diritto, ma un preciso dovere di qualsiasi cattolico degno di chiamarsi tale. Se fosse cosa nostra, potremmo anche lasciar correre: dopotutto, lasciarsi prendere il mantello, e anche la tunica, è una raccomandazione del Maestro stesso; ma c’è una cosa che non si può fare, ad alcun patto e per nessuna ragione: consentire che qualcuno attenti alla verità di Colui che ha detto: Io sono la via, la verità e la vita.
Prendiamo l’esortazione apostolica Gaudete et exsultate, del 19 marzo 2018, festa di san Giuseppe, dedicata alla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo (e già dal titolo si razzola male, perché non esiste una “chiamata alla santità nel mondo contemporaneo”, esiste una chiamata alla santità perenne, che non appartiene al mondo di oggi, di ieri o di domani: Gesù chiama sempre, chiama tutti, e non adopera linguaggi diversi quando chiama, non traduce in inglese o in cinese o in russo, non tiene conto delle mode, chiama e basta, chi ha orecchi per udire lo sente, eccome, e chi non ha orecchi non sente, né sentirà mai, neppure se gli si traducesse la chiamata nelle lingue e nei dialetti più impensati, neppure se si adottasse lo stile, il lessico e la sintassi più melliflui e più adatti alla sua psicologia. Gesù non corre dietro al mondo, non studia le tecniche della persuasione, non è un imbonitore da fiera: è un maestro, èil Maestro; e le sue parole sono sempre le stesse, da duemila anni, e sempre saranno quelle: Vieni e seguimi. Nient’altro. Né fronzoli, né contesti, né situazioni, né storicismi, né psicologismi: chi c’è, c’è; e chi non c’è, non c’è. Come accadde con l’apostolo Matteo: Gesù gli disse una sola parola: Segumi; e quello, alzatosi, lo seguì. Chi lo vuol seguire, lo segue senza far domande, senza porre condizioni; e chi non lo vuol seguire, ma vuol fare finta di seguirlo, comincia a parlare di contesti, di situazioni, comincia a dire che la chiamata di Gesù deve essere storicizzata, deve essere calata nel linguaggio dell’uomo contemporaneo, tenendo conto delle caratteristiche del mondo moderno, della psicologia moderna; che l’uomo di oggi non può essere chiamato col linguaggio e con la psicologia dei primi apostoli, o dei cristiani di mille o di cento anni fa. Ma sono tutte balle, solamente balle, maledettissime balle: sono i frutti velenosi della cosiddetta “svolta antropologica” in teologia, varata da Karl Rahner e portata avanti, a legioni, dagli esponenti del neoclero, con uno zelo assai maggiore di quanto il tomismo, per secoli, sia stato preso a modello dalla Chiesa cattolica. È solo un mare di chiacchiere per nascondere il fatto che l’uomo moderno non vuol più saperne di Dio, è sazio di discorsi sul suo destino eterno, si è annoiato di tutto ciò che ha a che fare con il soprannaturale; e questi neoteologi e neopreti vorrebbero rendergli accettabili quei discorsi, cospargendogli le labbra di zucchero, come si fa coi bambini viziati per indurli a bere la medicina amara. Ma questo è già in partenza un tradimento del Vangelo di Gesù: perché Gesù non ha mai addolcito la pillola, non è mai sceso a patti col mondo, non ha mai detto:Seguitemi, per favore, perché io vi capisco, sono aggiornato sui vostri problemi, sono moderno come lo siete voi, di me potete fidarvi; ma ha detto: Chi vuol venire dietro a me, prenda la sua croce e mi segua. Ha parlato della croce: cosa che il neoclero non fa mai; o, se lo fa, lo fa per cercare di togliere lo scandalo che essa rappresenta agli occhi dell’uomo moderno. Appunto.
Prendiamo il caso, dunque, della esortazione Gaudete et exsultate. Fra le altre cose il signor Bergoglio, non senza aver lasciato trapelare in abbondanza il rancore e il fastidio nei confronti di quanti non sono incondizionatamente persuasi delle “novità” da lui introdotte, nonché mostrato una dose colossale d’ipocrisia, come quando deplora i maligni che si annidano negli stessi media cattolici e tradiscono la verità (§ 115), proprio lui che ha coperto e premiato monsignor Viganò, autore di una vergognosa mistificazione mediatica, a un certo punto, nei §§ dal 101 al 103, dice:
101. Nocivo e ideologico è anche l’errore di quanti vivono diffidando dell’impegno sociale degli altri, considerandolo qualcosa di superficiale, mondano, secolarizzato, immanentista, comunista, populista. O lo relativizzano come se ci fossero altre cose più importanti o come se interessasse solo una determinata etica o una ragione che essi difendono. La difesa dell’innocente che non è nato, per esempio, deve essere chiara, ferma e appassionata, perché lì è in gioco la dignità della vita umana, sempre sacra, e lo esige l’amore per ogni persona al di là del suo sviluppo. Ma ugualmente sacra è la vita dei poveri che sono già nati, che si dibattono nella miseria, nell’abbandono, nell’esclusione, nella tratta di persone, nell’eutanasia nascosta dei malati e degli anziani privati di cura, nelle nuove forme di schiavitù, e in ogni forma di scarto. Non possiamo proporci un ideale di santità che ignori l’ingiustizia di questo mondo, dove alcuni festeggiano, spendono allegramente e riducono la propria vita alle novità del consumo, mentre altri guardano solo da fuori e intanto la loro vita passa e finisce miseramente.
102. Spesso si sente dire che, di fronte al relativismo e ai limiti del mondo attuale, sarebbe un tema marginale, per esempio, la situazione dei migranti. Alcuni cattolici affermano che è un tema secondario rispetto ai temi “seri” della bioetica. Che dica cose simili un politico preoccupato per i suoi successi si può comprendere, ma non un cristiano, a cui si addice solo l’atteggiamento di mettersi nei panni di quel fratello che rischia la vita per dare un futuro ai suoi figli. Possiamo riconoscere che è precisamente quello che ci chiede Gesù quando ci dice che accogliamo Lui stesso in ogni forestiero (cfrMt25,35)? San Benedetto lo aveva accettato senza riserve e, anche se ciò avrebbe potuto “complicare” la vita dei monaci, stabilì che tutti gli ospiti che si presentassero al monastero li si accogliesse «come Cristo», esprimendolo perfino con gesti di adorazione, e che i poveri pellegrini li si trattasse «con la massima cura e sollecitudine»
103. Qualcosa di simile prospetta l’Antico Testamento quando dice: «Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Es22,20). «Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Lv19,33-34). Pertanto, non si tratta dell’invenzione di un Papa o di un delirio passeggero. Anche noi, nel contesto attuale, siamo chiamati a vivere il cammino di illuminazione spirituale che ci presentava il profeta Isaia quando si domandava che cosa è gradito a Dio: «Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora» (58,7-8).
Il signor Bergoglio dice apertamente che non accogliere i cosiddetti migranti, ossia i falsi profughi che stanno invadendo l’Italia e l’Europa, al fine di africanizzarle e islamizzarle, è un peccato tanto grave quanto l’aborto. Ora, a parte il fatto che dell’aborto egli non parla mai, né vuole che se ne parli, ma anzi, lui e i suoi più stretti collaboratori, come Paglia e Galantino, si sprecano addirittura in elogi e complimenti verso quei personaggi, vivi e defunti, i quali si sono tanto adoperati affinché la legge sull’aborto venisse approvata nel nostro Paese, col risultato che, da allora, sono stati sei milioni gli aborti praticati nelle strutture della sanità pubblica; a parte questo, l’equiparazione di un peccato reale, e gravissimo, con una cosa che non è peccato, per il semplice fatto che non è quella che dice il signor Bergoglio – non è rifiuto di accogliere e sfamare il misero, è rifiuto di lasciarsi invadere da gente che, alla partenza ha pagato due o tremila dollari per il viaggio, e dunque non è povera, né affamata - è di una gravità quasi inconcepibile. In pratica, il signor Bergoglio si sta inventando una dottrina tutta sua, cattolica solo di nome, anzi, forse nemmeno quello, e pensata e costruita apposta per piacere ai grandi poteri della finanza, a quelli che stessi che stanno pilotando l’invasione in atto, mascherandola da migrazione e da emergenza umanitaria: tanto è vero che quei concetti e quelle frasi piacerebbero a George Soros e, il quale, se fosse cattolico, le sottoscriverebbe al cento per cento, e, non essendolo, come non lo è, perché è solo un adoratore del dio denaro (e quindi, in ultima analisi, del diavolo), ugualmente le sottoscriverebbe, più ancora, se possibile, che se fossero state pensate e scritte di suo stesso pugno.
Rifiutare l’invasione è peccato come abortire?
di Francesco Lamendola
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