ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 6 maggio 2018

La nuova Pentecoste?

Condanne della Chiesa all’eresia chiamata «ecumenismo»





La prestigiosa Enciclopedia Cattolica (Vol. V, Vaticano, Imprimatur 8 ottobre 1950, Coll. 63-65) afferma:
La teoria dell'ecumenismo - Parola derivata da «ecumenico», ossia universale, che viene adoperata nei tempi moderni per indicare ogni sorta di attività religiosa che non si limiti ai problemi interni di una Chiesa cristiana. Nel senso proprio ecumenismo è la teoria più recente escogitata dai movimenti interconfessionali, specialmente protestanti, per raggiungere l’unione delle Chiese cristiane. Qui si parla dell’ecumenismo in senso stretto. L'ecumenismo presuppone come sua base l’eguaglianza di tutte le Chiese dinanzi al problema dell’unione.

Ciò sotto il triplice aspetto psicologico, storico ed escatologico:
a) Psicologicamente tutte le Chiese devono riconoscersi ugualmente colpevoli della separazione, cosicché, invece di incolparsi l’una l’altra, ognuna ha da chiedere perdono; 
b) Storicamente nessuna Chiesa, dopo la separazione, può credersi la Chiesa unica e totale di Cristo, ma soltanto parte di quest’unica Chiesa: conseguentemente, nessuna può arrogarsi il diritto di obbligare le altre a ritornare a lei, bensì tutte debbono sentire l’obbligo di riunirsi tra loro, (vaneggiando di) ricostituire la Chiesa Una e Santa fondata dal Salvatore; 
c) Escatologicamente la Chiesa futura, risultante dall’unione, non potrà essere identica a nessuna delle Chiese ora esistenti.


La S. Chiesa ecumenica, che sorgerà in questa nuova Pentecoste, sorpasserà ugualmente tutte le singole confessioni cristiane. Si vede subito che tali teorie sono in contrasto con la fede cattolica. Esse tuttavia offrono un certo (apparente) vantaggio di ordine pratico, togliendo tra le varie Chiese ogni rivalità, e prospettando tutto l’arduo problema dell’unione in un piano senza ortodossi ed eretici, senza vincitori e senza vinti. Perciò si sono moltiplicate le riviste unionistiche con il titolo di Oecumenica, perfino le due più importanti associazioni internazionali unionistiche, Life and Work e Faith and Order, si sono fuse nel 1946 in una sola con il titolo «Concilio ecumenico», il cui primo congresso venne celebrato ad Amsterdam dal 22 agosto al 5 settembre 1948.
Ecumenismo protestante.
Data l’origine dell’ecumenismo, esso trovò larga accoglienza nel campo protestante. Luterani, calvinisti, anglicani e le altre sètte minori costituiscono l’elemento più numeroso dell’ecumenismo, il quale trovò anche nei protestanti i suoi principali autori; e ciò benché non regni tra di loro un accordo perfetto (La prestigiosa Enciclopedia Cattolica dedica un'intera voce all’argomento, ivi. Coll 65-70, che qui non tratteremo, ndR).

Ecumenismo orientale. 

Gli orientali separati logicamente dovrebbero prendere posizione contro l’ecumenismo, giacché essi, al pari dei cattolici, si proclamano l’unica vera Chiesa di Cristo. Nondimeno i principali esponenti delle Chiese orientali e gli autori più rinomati si dimostrano pronti a schierarsi accanto agli ecumenisti protestanti.
Il pensiero degli orientali è stato raccolto nel volume Il problema ecumenico nella coscienza ortodossa, pubblicato dall’YMCA (s. d.) di Parigi. In generale si può dire che gli ecumenisti orientali, principalmente russi, si riallacciano al concetto della «Chiesa universale», tanto frequente tra i pensatori russi del secolo XIX. Alcuni distinguono tra l’essenza o natura e la forma della Chiesa (nel linguaggio della teologia cattolica questi concetti rispondono al corpo ed all’anima, ovvero alla materia ed alla forma della Chiesa), per dire che la Chiesa ecumenica futura conserverà la forma della Chiesa loro, ma in un corpo nuovo, più universale, attraverso il quale essa possa sviluppare tutte le sue pienezze di vita e di santità. Altri più radicali e senza scrupoli teologici, come Nicolao Berdjaev, distinguono lo spirito e la confessione, troppo angusta nelle formole dogmatiche. Tutte queste impalcature della Chiesa orientale, al pari di quelle delle altre Chiese cristiane, sono destinate a scomparire nella Chiesa futura; lo spirito invece (a loro dire) rimarrà intatto nella fusione con le altre Chiese cristiane.

Ecumenismo cattolico. 

Per i cattolici sono precluse le vie dell’ecumenismo nel senso originario del termine, principalmente dopo che il papa Pio XI nella sua enciclica Mortalium animos (6 gennaio 1928) e Pio XII nella Orientalis Ecclesiae (1944) hanno ribadito il genuino concetto dell’unità della Chiesa, ed hanno tracciato il metodo da seguire per promuovere il ritorno dei dissidenti.

Scrive Pio XII (Orientalis Ecclesiae):
«Non conduce al desideratissimo ritorno degli erranti figli alla sincera e giusta unità in Cristo, quella teoria che ponga a fondamento del concorde consenso dei fedeli solo quei capi di dottrina, sui quali o tutte o la maggior parte delle comunità, che si gloriano del nome cristiano, si trovino d’accordo, bensì l’altra che, senza eccettuarne né sminuirne alcuna, integralmente accoglie qualsiasi verità da Dio rivelata».

Si aggiunga che la Congregazione del Sant’Uffizio, in data 5 giugno 1948, nel richiamare le prescrizioni canoniche che vietano le riunioni miste (peggio ancora le preghiere od i riti misti, ndR), dice che esse prescrizioni
«maggiormente si devono osservare, quando si tratta dei cosiddetti convegni ecumenici a cui i cattolici, laici e chierici, non possono prender parte veruna senza previo consenso della Santa Sede». Queste direttive sono state confermate nell’Istruzione del Sant’Uffizio, del 20 dicembre 1949 sul «movimento ecumenico». 
Tuttavia alcuni cattolici fautori del movimento unionista favoreggiano l’ecumenismo, non inteso alla maniera dei protestanti, ma come tattica che cerca i punti di contatto con i cristiani dissidenti, dai quali, secondo alcuni, i cattolici avrebbero diverse lezioni da imparare. Tutto questo sembra per lo meno inopportuno, poiché si presta a confusioni l’uso di un termine che, nel senso corrente, involge teorie anticattoliche.

Nel 1934 lo ieromonaco Alessio van der Menschbrugghe, nell’articolo Danger duformalisme, in Oecumenica, I (1934), pp. 312-28, e Oscar Bauhofer nel libro Einheit u. Glauben, Einsiedeln 1935, mostrano aperta inclinazione in favore dell’ecumenismo.
Ad esso aderiscono l’abate P. Coutourier nei suoi articoli della Revue apologétique (1937) ed il p. M. J. Congar nel libro pubblicato nel 1937 a Parigi: Chrétiens désunis. Principes d’un«oecuménisme» catholique.

Ma questo tentativo è di natura da sollevare delle gravi riserve. Infatti, se per i cattolici ecumenismo significa ciò che i dissidenti intesero nel coniare la parola, esso comporta l’ammissione delle Chiese separate e protestanti come parti della vera Chiesa, nonché l’affermazione che la Chiesa cattolica non possiede in se stessa attualmente la pienezza essenziale. Il p. Congar difficilmente può sottrarsi alla necessità di ammettere almeno in parte questi postulati assegnati all’ecumenismo:
non solo i singoli separati di buona fede (sarebbero) membri della Chiesa vera ed unica; ma anche le loro Chiese (possederebbero) tali e tanti elementi della vera Chiesa, che i dissidenti si (salverebbero) nelle loro Chiese, le quali (potrebbero) per il fatto stesso considerarsi non totalmente distaccate dall’unica Chiesa fondata da Cristo per la salvezza delle anime. 
In quanto alla Chiesa cattolica, ad essa, è chiaro, non manca nulla di essenziale, ma sì un certo grado di perfezione. Così (essi intendono ristabilire) un certo equilibrio ed uguaglianza: benché in maniera ed in grado diverso, tutti senza distinzione andiamo verso l’unione per integrare ciò che ci difetta nelle singole Chiese. (...) Questo ecumenismo si riduce piuttosto ad un complesso artificiale di formule ecumeniste vuote di senso reale. 
Fine della citazione.

P. Maurizio Gordillo, autore della voce Ecumenismo sull’Enciclopedia Cattolica, non era profeta né veggente, tuttavia aveva la fede cattolica, usava la ragione, e facilmente riuscì a prevedere le funeste conseguenze del pericoloso ecumenismo.
Veniamo ad alcune - essendo davvero numerose - principali condanne a quella che, soprattutto dopo gli evidenti sviluppi avutisi dal 1965 ad oggi, può essere definita, almeno giornalisticamente, eresia ecumenica.

Una, Santa, Cattolica ed Apostolica

Papa Leone XIII nella Satis Cognitum afferma:
Gesù Cristo istituì nella Chiesa un “vivo, autentico e perenne magistero”, che egli stesso rafforzò col suo potere, informò dello spirito di verità e autenticò coi miracoli; e volle e comandò che i precetti della sua dottrina fossero ricevuti come suoi. Dunque ogni volta in cui questo magistero dichiara che questo o quel dogma è contenuto nel corpo della dottrina divinamente rivelata, ciascuno lo deve tenere per vero, poiché, se potesse essere falso, ne seguirebbe che Dio stesso sarebbe autore dell’errore dell’uomo, il che ripugna: “O Signore, se vi è errore, siamo stati ingannati da te” [Richardus de S. Victore, De Trin., lib. I, cap. 2]. Quindi, rimossa ogni ragione di dubitare, a chi mai sarà lecito ripudiare una sola di queste verità, senza che egli venga per questo stesso a cadere in eresia e senza che, essendo separato dalla Chiesa, rigetti in complesso tutta la dottrina cristiana? Tale è infatti la natura della fede che nulla tanto le ripugna come ammetterne un dogma e ripudiarne un altro. Infatti la Chiesa dichiara apertamente che la fede è una “virtù soprannaturale, con la quale, ispirati ed aiutati dalla grazia di Dio, crediamo che sono vere le cose da lui rivelate, non già per l’intrinseca verità delle medesime conosciuta con il lume naturale della ragione, ma per l’autorità dello stesso Dio rivelante, che non può ingannare né essere ingannato” [Conc. Vat., sess. III, cap. 3]. Se dunque si conosce che una verità è stata rivelata da Dio, e tuttavia non si crede, ne consegue che nulla affatto si crede per fede divina. Infatti quanto Giacomo Apostolo sentenzia a proposito del delitto in materia di costumi, deve affermarsi circa un’opinione erronea in materia di fede: “Chiunque avrà mancato in un punto solo, si è reso colpevole di tutti”. Anzi, a più forte ragione deve dirsi di questa che di quello. Infatti, meno propriamente si dice violata tutta la legge da colui che la trasgredì in una cosa sola, non potendosi vedere in lui, se non interpretandone la volontà, un disprezzo della maestà di Dio legislatore. Invece colui che, anche in un punto solo, dissente dalle verità rivelate, ha perduto del tutto la fede, in quanto ricusa di venerare Dio come somma verità e proprio motivo di fede; perciò Agostino dice: “In molte cose concordano con me, in alcune poche no; ma per quelle poche cose in cui non convengono con me, a nulla giovano loro le molte in cui convengono con me” [S. Augustinus, In Psal. LIV, n. 19]. E con ragione; perché coloro che prendono della dottrina cristiana quello che a loro piace, si basano non sulla fede, ma sul proprio giudizio: e non “riconducendo tutto il proprio intelletto all’obbedienza a Cristo” (1Cor 10,5), obbediscono più propriamente a loro stessi che a Dio. “Voi, diceva Agostino, che nel Vangelo credete quello che volete, e non credete quello che non volete, credete a voi stessi piuttosto che al Vangelo” [S. Augustinus, lib. XVII, Contra Faustum Manichaeum, cap. 3]. 
Fine della citazione.

Extra Ecclesiam nulla salus

Ci domandiamo: dato che l’ecumenismo, lo abbiamo visto, è una teoria falsa od eretica (dipende dalle condizioni), come si concilia la dottrina cattolica con la salvezza di coloro i quali si trovano, senza propria colpa, fuori dal collettivo umano chiamato Chiesa (Una, Santa, Cattolica ed Apostolica)?
Risponde Papa Pio IX nella Quanto conficiamur ed altrove.
Cito:
Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, ancora dobbiamo ricordare e biasimare il gravissimo errore in cui sono miseramente caduti alcuni cattolici. Credono infatti che, vivendo nell’errore, lontani dalla vera fede e dall’unità cattolica, possano pervenire alla vita eterna. Ciò è radicalmente contrario alla dottrina cattolica. (Tuttavia) a Noi ed a Voi è noto che coloro che versano in una invincibile ignoranza circa la nostra santissima religione, ma che osservano con cura la legge naturale ed i suoi precetti, da Dio scolpiti nei cuori di tutti; che sono disposti ad obbedire a Dio e che conducono una vita onesta e retta, possono, con l’aiuto della luce e della grazia divina, conseguire la vita eterna. Dio infatti vede perfettamente, scruta, conosce gli spiriti, le anime, i pensieri, le abitudini di tutti e nella sua suprema bontà, nella sua infinita clemenza non permette che qualcuno soffra i castighi eterni senza essere colpevole di qualche volontario peccato. Parimenti è notissimo il dogma cattolico secondo il quale fuori dalla Chiesa Cattolica nessuno può salvarsi e chi è ribelle all’autorità e alle decisioni della Chiesa, chi è ostinatamente separato dalla unità della Chiesa stessa e dal Romano Pontefice, Successore di Pietro, cui è stata affidata dal Salvatore la custodia della vigna, non può ottenere la salvezza eterna. Infatti le parole di Cristo Nostro Signore sono perfettamente chiare: “Chi non ascolta la Chiesa, sia per te come un pagano o come un pubblicano (Mt. 18,17). Chi ascolta voi ascolta me; chi disprezza voi disprezza me, e chi disprezza me disprezza Colui che mi ha mandato (Lc. 10,16). Colui che non mi crederà sarà condannato (Mc. 16,16). Colui che non crede è già giudicato(Gv. 3,18). Colui che non è con me è contro di me, e colui che non accumula con me, dissipa” (Lc. 11,23). Allo stesso modo l’Apostolo Paolo dice che questi uomini sono “corrotti e condannati dal loro proprio giudizio” (Tt. 3,11) e il Principe degli Apostoli li dice “maestri mendaci che introducono sette di perdizione, rinnegano il Signore, attirano su di sé una rapida rovina” [Epist. 2, c. 2, v. 1]. Non sia mai che i figli della Chiesa cattolica siano nemici di coloro che non sono uniti a Noi dagli stessi legami di fede e di carità; devono al contrario prodigarsi nel render loro tutti i servizi della carità cristiana, nella loro povertà, nelle loro malattie, in tutte le altre disgrazie da cui sono afflitti; devono fare in modo di aiutarli sempre e soprattutto di trascinarli fuori dalle tenebre di errori in cui miseramente versano, di ricondurli alla verità cattolica ed alla Chiesa, Madre amatissima, che non cessa mai di tender loro affettuosamente le sue mani materne, di aprir loro le braccia, per rafforzarli nella fede, speranza e carità, per farli fruttificare in ogni genere di buone opere e per far loro ottenere la salute eterna.
Fine della citazione.


Libertà di coscienza

Ci domandiamo: dato che l’ecumenismo, lo abbiamo visto, è una teoria falsa od eretica, come si concilia la dottrina cattolica con la pretesa libertà di coscienza?
Risponde, per esempio, Papa Gregorio XVI nella Mirari Vos.
Cito:
Veniamo ora ad un’altra sorgente trabocchevole dei mali, da cui piangiamo afflitta presentemente la Chiesa: vogliamo dire l’indifferentismo, ossia quella perversa opinione che per fraudolenta opera degl’increduli si dilatò in ogni parte, e secondo la quale si possa in qualunque professione di Fede conseguire l’eterna salvezza dell’anima se i costumi si conformano alla norma del retto e dell’onesto. Ma a voi non sarà malagevole cosa allontanare dai popoli affidati alla vostra cura un errore così pestilenziale intorno ad una cosa chiara ed evidentissima, senza contrasto. Poiché è affermato dall’Apostolo che esiste “un solo Iddio, una sola Fede, un solo Battesimo” (Ef. 4,5), temano coloro i quali sognano che veleggiando sotto bandiera di qualunque Religione possa egualmente approdarsi al porto dell’eterna felicità, e considerino che per testimonianza dello stesso Salvatore “essi sono contro Cristo, perché non sono con Cristo” (Lc. 11,23), e che sventuratamente disperdono solo perché con lui non raccolgono; quindi “senza dubbio periranno in eterno se non tengono la Fede cattolica, e questa non conservino intera ed inviolata” (Symbol. S. Athanasii). Ascoltino San Girolamo il quale - trovandosi la Chiesa divisa in tre parti a causa dello scisma - racconta che, tenace come egli era del santo proposito, quando qualcuno cercava di attirarlo al suo partito, egli rispondeva costantemente ad alta voce: “Chi sta unito alla Cattedra di Pietro, quegli è mio” (S. Girolamo, Ep. 58). A torto poi qualcuno, fra coloro che alla Chiesa non sono congiunti, oserebbe trarre ragione di tranquillizzante lusinga per essere anche lui rigenerato nell’acqua di salute; poiché gli risponderebbe opportunamente Sant’Agostino: “Anche il ramoscello reciso dalla vite ha la stessa forma, ma che gli giova la forma se non vive della radice?” (S. Agostino, Salmo contro part. Donat.). Da questa corrottissima sorgente dell’indifferentismoscaturisce quell’assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che si debba ammettere e garantire a ciascuno la libertà di coscienza: errore velenosissimo, a cui apre il sentiero quella piena e smodata libertà di opinione che va sempre aumentando a danno della Chiesa e dello Stato, non mancando chi osa vantare con impudenza sfrontata provenire da siffatta licenza qualche vantaggio alla Religione. “Ma qual morte peggiore può darsi all’anima della libertà dell’errore?” esclamava Sant’Agostino (Ep. 166). Tolto infatti ogni freno che tenga nelle vie della verità gli uomini già diretti al precipizio per la natura inclinata al male, potremmo dire con verità essersi aperto il “pozzo d’abisso” (Ap. 9,3), dal quale San Giovanni vide salire tal fumo che il sole ne rimase oscurato, uscendone locuste innumerabili a devastare la terra. Conseguentemente si determina il cambiamento degli spiriti, la depravazione della gioventù, il disprezzo nel popolo delle cose sacre e delle leggi più sante: in una parola, la peste della società più di ogni altra esiziale, mentre l’esperienza di tutti i secoli, fin dalla più remota antichità, dimostra luminosamente che città fiorentissime per opulenza, potere e gloria per questo solo disordine, cioè per una eccessiva libertà di opinioni, per la licenza delle conventicole, per la smania di novità andarono infelicemente in rovina.

Fine della citazione.


Libertà religiosa

Ci domandiamo: dato che l’ecumenismo, lo abbiamo visto, è una teoria falsa od eretica, come si concilia la dottrina cattolica con la supposta legislazione degli Stati che intendono favorire, o addirittura servire, la pretesa libertà di culto?
Risponde Papa Pio XII nel Discorso ai giuristi cattolici del 6 dicembre 1953, meglio noto come Allocuzione Ci riesce.
Cito:
Per il giurista, l’uomo politico e lo Stato cattolico sorge qui il quesito: possono essi dare il consenso ad un simile regolamento, quando si tratta di entrare nella Comunità dei popoli e di rimanervi? Ora relativamente agl’interessi religiosi e morali si pone una duplice questione: 1) La prima concerne la verità oggettiva e l’obbligo della coscienza verso ciò che è oggettivamente vero e buono; 2) la seconda riguarda l’effettivo contegno della Comunità dei popoli verso il singolo Stato sovrano e di questo verso la Comunità dei popoli nelle cose della religione e della moralità. La prima può difficilmente essere l’oggetto di una discussione e di un regolamento fra i singoli Stati e la loro Comunità, specialmente nel caso di una pluralità di confessioni religiose nella Comunità medesima. La seconda invece può essere della massima importanza ed urgenza. Or ecco la via per rispondere rettamente alla seconda questione. Innanzi tutto occorre affermare chiaramente: che nessuna autorità umana, nessuno Stato, nessuna Comunità di Stati, qualunque sia il loro carattere religioso, possono dare un mandato positivo o una positiva autorizzazione d’insegnare o di fare ciò che sarebbe contrario alla verità religiosa o al bene morale. Un mandato o una autorizzazione di questo genere non avrebbero forza obbligatoria e resterebbero inefficaci. Nessuna autorità potrebbe darli, perché è contro natura di obbligare lo spirito e la volontà dell’uomo all’errore ed al male o a considerare l’uno e l’altro come indifferenti. Neppure Dio potrebbe dare un tale positivo mandato o una tale positiva autorizzazione, perché sarebbero in contraddizione con la Sua assoluta veridicità e santità. Un’altra questione essenzialmente diversa è: se in una comunità di Stati possa, almeno in determinate circostanze, essere stabilita la norma che il libero esercizio di una credenza e di una prassi religiosa o morale, le quali hanno valore in uno degli Stati-membri, non sia impedito nell’intero territorio della Comunità per mezzo di leggi o provvedimenti coercitivi statali. In altri termini, si chiede se il «non impedire», ossia il tollerare, sia in quelle circostanze permesso, e perciò la positiva repressione non sia sempre un dovere. Noi abbiamo or ora addotta l’autorità di Dio. Può Dio, sebbene sarebbe a Lui possibile e facile di reprimere l’errore e la deviazione morale, in alcuni casi scegliere il «non impedire», senza venire in contraddizione con la Sua infinita perfezione? Può darsi che in determinate circostanze Egli non dia agli uomini nessun mandato, non imponga nessun dovere, non dia perfino nessun diritto d’impedire e di reprimere ciò che è erroneo e falso? Uno sguardo alla realtà dà una risposta affermativa. Essa mostra che l’errore e il peccato si trovano nel mondo in ampia misura. Iddio li riprova; eppure li lascia esistere. Quindi l’affermazione: Il traviamento religioso e morale deve essere sempre impedito, quando è possibile, perché la sua tolleranza è in sè stessa immorale - non può valere nella sua incondizionata assolutezza. D’altra parte, Dio non ha dato nemmeno all’autorità umana un siffatto precetto assoluto e universale, né nel campo della fede né in quello della morale. Non conoscono un tale precetto né la comune convinzione degli uomini, né la coscienza cristiana, né le fonti della rivelazione, né la prassi della Chiesa. Per omettere qui altri testi della Sacra Scrittura che si riferiscono a questo argomento, Cristo nella parabola della zizzania diede il seguente ammonimento: Lasciate che nel campo del mondo la zizzania cresca insieme al buon seme a causa del frumento (cfr. Matth. 13, 24-30). Il dovere di reprimere le deviazioni morali e religiose non può quindi essere una ultima norma di azione. Esso deve essere subordinato a più alte e più generali norme, le quali in alcune circostanze permettono, ed anzi fanno forse apparire come il partito migliore il non impedire l’errore, per promuovere un bene maggiore. Con questo sono chiariti i due principii, dai quali bisogna ricavare nei casi concreti la risposta alla gravissima questione circa l’atteggiamento del giurista, dell’uomo politico e dello Stato sovrano cattolico riguardo ad una formula di tolleranza religiosa e morale del contenuto sopra indicato, da prendersi in considerazione per la Comunità degli Stati. Primo: ciò che non risponde alla verità e alla norma morale, non ha oggettivamente alcun diritto né all'esistenza, né alla propaganda, né all'azione. Secondo: il non impedirlo per mezzo di leggi statali e di disposizioni coercitive può nondimeno essere giustificato nell’interesse di un bene superiore e più vasto.
Fine della citazione.


Indifferentismo ed ateismo

Ecumenismo, come è stato dimostrato, è il sofisma utilizzato per nascondere l’indifferentismoche, a sua volta, è ateismo.
Leggiamo brevemente alcune sentenze della Chiesa a riguardo.
Cito Papa Leone XII nella Ubi primum:
(...) Esiste una setta, a voi certamente nota, la quale, arrogandosi a torto l’appellativo di filosofica, ha riesumato dalle ceneri disperse falangi di quasi tutti gli errori. Questa setta, presentandosi sotto la carezzevole apparenza della pietà e della liberalità, professa il tollerantismo (così lo chiama), o indifferentismo, e lo estende non solo agli affari civili, sulla qual cosa non esprimiamo parola alcuna, ma anche alla materia religiosa, insegnando che Dio ha dato a tutti gli uomini un’ampia libertà, in modo che ognuno, senza alcun pericolo, può abbracciare e professare la setta e l’opinione che preferisce, secondo il proprio personale giudizio. Contro tale empietà di uomini deliranti, l’Apostolo Paolo ci mette in guardia: “Io vi esorto, fratelli, a controllare coloro che alimentano divisioni e scandali contro la dottrina che avete appresa, e ad allontanarvi da loro. In questo modo, essi non servono nostro Signore Gesù Cristo, ma il proprio ventre, e attraverso dolci parole e benedizioni seducono le anime semplici” (Rm. 16,17-18). È vero che tale errore non è nuovo, ma in questi tempi esso infierisce contro la stabilità e l’integrità della fede cattolica. Infatti Eusebio, citando Rodone, riferisce che questa follia era già stata propagata da certo Apelle, eretico del secondo secolo, il quale asseriva che non occorreva approfondire la fede, ma che ciascuno doveva arroccarsi nell’opinione che si era formata. Apelle sosteneva che coloro i quali avevano riposto la propria speranza nel Crocifisso si sarebbero salvati, purché la morte li avesse raggiunti nel corso di buone opere. Anche Retorio, come attesta Agostino, blaterava che tutti gli eretici camminavano nella retta via e predicavano delle verità. “Ma ciò è così assurdo, osserva il santo Padre, che mi sembra incredibile”. In seguito, questo indifferentismo si è talmente diffuso e accresciuto, che i suoi seguaci riconoscono non solo tutte le sette che, fuori della Chiesa cattolica, ammettono oralmente la rivelazione come base e fondamento, ma affermano spudoratamente che sono nella retta via anche quelle società che, respingendo la divina rivelazione, professano il semplice deismo ed anche il semplice naturalismo. L’indifferentismodeismo ed al naturalismo - L’indifferentismo di Retorio fu giudicato da Sant’Agostino cosa assurda in diritto e nel merito, anche se veniva circoscritto in determinati limiti. Ma una tolleranza che si estenda fino al deismo ed al naturalismo - teorie che furono respinte perfino dagli antichi eretici - potrebbe mai essere ammessa da una persona che usi la ragione? Tuttavia (Oh tempi! Oh filosofia menzognera!) una siffatta pseudo-filosofia è approvata, difesa e sostenuta.

Cito Papa Pio IX nella Apostolicae nostrae:
(...) sapete benissimo come i popoli cristiani siano afflitti e sconvolti o da cruentissime guerre, o da dissidi intestini; o da morbi pestiferi, o da violenti terremoti o da altri gravissimi mali. Questo soprattutto riempie di dolore: che fra tanti lutti e danni mai abbastanza pianti, i figli delle tenebre, che nella loro generazione sono più cauti dei figli della luce, di giorno in giorno si sforzano sempre più, con ogni inganno, arte e preparazione, di condurre una guerra durissima contro la Chiesa cattolica e la sua dottrina salvifica; di stravolgere e distruggere l’autorità d’ogni potere legittimo; di indurre al male e corrompere le menti e gli animi di tutti; di propagare dovunque il veleno mortale dell’indifferentismo e dell’incredulità; di sconvolgere tutti i diritti divini e umani; di eccitare ed alimentare i dissensi, le discordie e i moti di empie ribellioni; di consentire qualunque malvagia scelleratezza e crudelissima azione; di non lasciare nulla d’intentato affinché – se potesse mai accadere – la nostra santissima religione sia tolta di mezzo e la stessa società umana sconvolta dalle fondamenta.

 Cito ancora Pio XI nella Exultavit cor nostrum:
Di qui dobbiamo deplorare una caligine di errori diffusa nelle menti di molti; una guerra aspra contro tutta la cattolicità e contro questa Sede Apostolica; l’odio terribile contro la virtù e l’onestà; i peggiori vizi considerati onesti con nome menzognero; una sfrenata licenza di tutto opinare, di vivere e di tutto osare; l’insofferente intolleranza di qualsiasi autorità, potere o comando; il disprezzo e il ludibrio per tutte le cose sacre, per le leggi più sante e per le migliori istituzioni; una miseranda corruzione dell’improvvida gioventù; una colluvie pestifera di cattivi libri, di libelli volanti, di giornali e riviste che insegnano a peccare; il mortifero veleno dell’incredulità e dell’indifferentismo; i moti di empie cospirazioni e ogni diritto, sia umano, sia divino, disprezzato e deriso. E non Vi è ignoto, Venerabili Fratelli, quali ansietà, quali dubbi, quali esitazioni e quali timori sollecitino e angustino per conseguenza gli animi di tutti, specialmente dei benpensanti, poiché sono da temere i peggiori mali per il costume pubblico e privato allorché gli uomini, allontanandosi miseramente dalle norme della giustizia, della verità e della religione, e servendo alle malvagie e indomite passioni, tramano nel loro cuore qualsiasi nefandezza.

Sempre Pio IX nella Singulari quidem:
E neppure ignorate, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, che tra i tanti e mai abbastanza deplorati mali che turbano e sconvolgono la società ecclesiastica e civile, ora ne emergono in particolare due, che si possono considerare a buon diritto come l’origine di tutti gli altri. A Voi infatti sono anzitutto noti gli innumerevoli e funestissimi danni che sulla società cristiana e civile si riversano dal fetido errore dell’indifferentismo. Da qui la grave negligenza in tutti i doveri verso Dio in cui viviamo, ci muoviamo e siamo; da qui trascurata la santissima religione; da qui scosse e quasi sconvolte le fondamenta di ogni diritto, della giustizia e della virtù. Da questa ignobile forma d’indifferentismo non molto si scosta la teoria, eruttata dalle tenebre, dell’indifferenza delle religioni per cui uomini estranei alla verità, avversari del vero credo religioso e immemori della loro salute, docenti di principi contraddittori e sprovvisti di solido convincimento, non ammettono alcuna differenza tra le professioni di fede più divergenti, vivono in pace con tutti, e pretendono che a tutti, a qualunque religione appartengano, sia aperto l’ingresso alla vita eterna. Infatti nulla importa loro, sebbene di diverse tendenze, pur di cospirare alla rovina dell’unica verità. Voi vedete, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, di quale vigilanza occorre dar prova per impedire che il contagio di una peste tanto funesta infetti e distrugga miseramente le vostre pecore. Pertanto non rinunciate a premunire con zelo da questi esiziali errori i popoli a Voi affidati; a istruirli ogni giorno più intimamente nella dottrina della verità cattolica; a insegnare loro che, come vi è un solo Dio Padre, un solo Cristo Figlio di Lui, un solo Spirito Santo, così vi è una sola verità divinamente rivelata, una sola fede divina, principio d’umana salvezza, fondamento di ogni normativa per la quale il giusto vive, e senza la quale è impossibile piacere a Dio e pervenire alla comunione dei suoi figli (cf. Rm. 1,16-17; Eb. 11,5); non vi è che una vera, santa, cattolica, Apostolica, Romana Chiesa e una sola Cattedra fondata dalla voce del Signore su Pietro, e all’infuori di essa non si trova né la vera fede né la salute eterna, in quanto non può avere Dio come Padre chi non ha la Chiesa come madre e assurdamente confida di appartenere alla Chiesa colui che abbandona la Cattedra di Pietro sulla quale è fondata la Chiesa. Infatti non vi può essere maggior delitto e nessuna macchia più ripugnante che essersi posto contro Cristo; aver operato per la distruzione della Chiesa, generata e assicurata dal Suo sangue divino; aver lottato con il furore di ostile discordia contro l’unanime e concorde popolo di Dio, avendo dimenticato l’amore evangelico. Invero, il culto divino si compone di questi due elementi: di pie dottrine e di buone azioni; né la dottrina senza opere buone è gradita a Dio, né Dio accoglie le opere distinte dai dogmi religiosi; non nella sola pratica delle virtù o nella sola osservanza dei precetti, ma anche nel cammino della fede si trova l’angusta e ardua via che conduce alla vita. Quindi non desistete di ammonire e incitare continuamente i vostri popoli fedeli, in modo che non solo persistano irremovibili, ogni giorno di più, nella professione della religione cattolica, ma si adoperino anche di rendere salda la loro vocazione e la loro scelta attraverso le buone opere. Mentre poi Vi impegnate ad assicurare la salvezza del vostro gregge, non trascurate di richiamare con tanta bontà, tanta pazienza, tanta dottrina, i poveri erranti all’unico ovile di Cristo e di ricondurli all’unità cattolica soprattutto con queste parole di Agostino: “Venite, Fratelli, se volete essere innestati sulla vite. È doloroso vedervi giacere in terra così recisi; contate soltanto sui sacerdoti provenienti dalla Sede di Pietro e considerate come su quel soglio dei nostri padri l’uno successe all’altro; quella è la pietra che non può esser vinta dalle superbe porte degl’inferi. Chiunque mangerà l’agnello fuori di questa casa, è un empio; se qualcuno non sarà nell’arca di Noè, perirà nel momento del diluvio”.

Fine delle citazioni.

Irenismo

Sebbene la maggior parte degli ecumenisti di “casa nostra” lo neghino, ecumenismo è finalmente - nella dottrina o nella prassi a noi poco importa - irenismo.
Nella prassi ecumenismo equivale ad irenismo; nella dottrina tale equivalenza può essere più o meno evidente, dipende dai sofismi utilizzati dai vari autori, ragion per cui, per smascherarli, noi dobbiamo focalizzare tutte le attenzioni sulla conclusione pratica alla quale conducono: ossia l’equivalenza, più o meno rivendicata, delle varie credenze, filosofie di vita o religioni.
Equivalenza di fatto che le pretende, per conseguenza, tutte vere, pertanto tutte false: se Dio mente a qualcuno, non è Dio, quindi le varie credenze, filosofie di vita o religioni sarebbero tutte verosimilmente false e rappresenterebbero, quale meglio e quale peggio, solo l’esternazione di un sentimento soggettivo, di un’esperienza.
Papa Pio XII, condannando ancora il modernismo (la nuova-teologia) nella Humani Generis, afferma:
(...) Noi sappiamo bene che gli insegnanti e i dotti cattolici in genere si guardano da tali errori, è noto però che non mancano nemmeno oggi, come ai tempi apostolici, coloro che, amanti più del conveniente delle novità e timorosi di essere ritenuti ignoranti delle scoperte fatte dalla scienza in quest'epoca di progresso, cercano di sottrarsi alla direzione del sacro Magistero e perciò sono nel pericolo di allontanarsi insensibilmente dalle verità Rivelate e di trarre in errore anche gli altri. Si nota poi un altro pericolo, e tanto più grave, perché si copre maggiormente con l’apparenza della virtù. Molti, deplorando la discordia e la confusione che regna nelle menti umane, mossi da uno zelo imprudente e spinti da uno slancio e da un grande desiderio di rompere i confini con cui sono fra loro divisi i buoni e gli onesti; essi abbracciano perciò una specie di “irenismo” che, omesse le questioni che dividono gli uomini, non cerca solamente di ricacciare, con unità di forze, l’irrompente ateismo, ma anche di conciliare le opposte posizioni nel campo stesso dogmatico. E come un tempo vi furono coloro che si domandavano se l’apologetica tradizionale della Chiesa costituisse più un ostacolo che un aiuto per guadagnare le anime a Cristo, cosi oggi non mancano coloro che osano arrivare fino al punto di proporre seriamente la questione, se la teologia e il suo metodo, come sono in uso nelle scuole con l’approvazione dell’autorità ecclesiastica, non solo debbano essere perfezionate, ma anche completamente riformate, affinché si possa propagare con più efficacia il regno di Cristo in tutto il mondo, fra gli uomini di qualsiasi cultura o di qualsiasi opinione religiosa. (...) Infuocati da un imprudente “irenismo”, sembrano ritenere un ostacolo al ristabilimento dell’unità fraterna, quanto si fonda sulle leggi e sui principî stessi dati da Cristo e sulle istituzioni da Lui fondate, o quanto costituisce la difesa e il sostegno dell’integrità della fede, crollate le quali, tutto viene sì unificato, ma soltanto nella comune rovina. Queste opinioni, provenienti da deplorevole desiderio di novità o anche da lodevoli motivi, non sempre vengono proposte con la medesima gradazione, con la medesima chiarezza o con i medesimi termini, né sempre i sostenitori di esse sono pienamente d’accordo fra loro; ciò che viene oggi insegnato da qualcuno più copertamente con alcune cautele e distinzioni, domani da altri, più audaci, viene proposto pubblicamente e senza limitazioni, con scandalo di molti, specialmente del giovane clero, e con detrimento dell’autorità ecclesiastica. Se di solito si usa più cautela nelle pubblicazioni stampate, di questi argomenti si tratta con maggiore libertà negli opuscoli distribuiti in privato, nelle lezioni dattilografate e nelle adunanze. Queste opinioni non vengono divulgate solo fra i membri del clero secolare e regolare, nei seminari e negli istituti religiosi, ma anche fra i laici, specialmente fra quelli che si dedicano all’educazione e all’istruzione della gioventù. 
Fine della citazione.


Pace universale

Ci domandiamo: dato che l’ecumenismo, lo abbiamo visto, è una teoria falsa od eretica, come si concilia la dottrina cattolica con la ricerca di pace fra i popoli?
Subito diciamo che l’ecumenismo, al contrario di quanto sostengono gli ecumenisti, evidentemente si contrappone alla pace universale. Adduciamo immediatamente la prova più sensibile: negli ultimi 31 anni, ossia dalla prima apostasia della cosiddetta “giornata di Assisi” del 1986 (si legge comunicazione nelle cose sacre, significa apostasia - lo impareremo nel penultimo paragrafo), reiterata poi tutti gli anni, nonché replicata anche altrove ed in varie date e contesti, benché l’ecumenismo sia stato imposto quale religione ufficiale a molti cattolici nominali, il numero delle guerre e dei conflitti è aumentato a dismisura. Dunque, pur non avendone bisogno, anche alla prova dei fatti l’ecumenismo per la pace ha decretato il suo fallimento universale.

Adesso veniamo alla motivazione dottrinale e soprannaturale di questo fallimento annunciato.
Risponde, fra gli altri, Papa San Pio X nella sua Notre charge apostolique, condannando il movimento del Sillon francese di Marc Sangnier.
Cito:
Vogliamo attirare la vostra attenzione, Venerabili Fratelli, su questa deformazione del Vangelo e del carattere sacro di Nostro Signore Gesù Cristo, Dio e Uomo, praticata nel Sillon ed altrove. In altri ambienti è di moda, quando si tocca la questione sociale, mettere anzitutto da parte la Divinità di Gesù Cristo, e poi parlare soltanto della sua sovrana mansuetudine, della sua compassione per tutte le miserie umane, delle sue pressanti esortazioni all’amore del prossimo e alla fraternità. Certo, Gesù ci ha amati di un amore immenso, infinito, ed è venuto sulla terra a soffrire e a morire affinché, riuniti attorno a Lui nella giustizia e nell’amore, animati dai medesimi sentimenti di carità reciproca, tutti gli uomini vivano nella pace e nella felicità. Ma, per la realizzazione di questa felicità temporale ed eterna, Egli ha posto, con un’autorità sovrana, la condizione che si faccia parte del suo gregge, che si accetti la sua dottrina, che si pratichi la virtù e che ci si lasci ammaestrare e guidare da Pietro e dai suoi successori. Inoltre, se Gesù è stato buono con gli smarriti e con i peccatori, non ha rispettato le loro convinzioni erronee, per quanto sincere sembrassero; li ha tutti amati per istruirli, per convertirli e per salvarli. Se ha chiamato a Sé, per consolarli, quanti piangono e soffrono, non è stato per predicare loro l’invidia di un’uguaglianza chimerica. Se ha sollevato gli umili, non è stato per ispirare loro il sentimento di una dignità indipendente e ribelle all’ubbidienza. Se il suo Cuore traboccava di mansuetudine per le anime di buona volontà, ha saputo ugualmente armarsi di una santa indignazione contro i profanatori della casa di Dio, contro i miserabili che scandalizzano i piccoli, contro le autorità che opprimono il popolo sotto il carico di pesanti fardelli, senza muovere un dito per sollevarli. Egli è stato tanto forte quanto dolce; ha rimproverato, minacciato, castigato, sapendo e insegnandoci che spesso il timore è l’inizio della saggezza e che a volte conviene tagliare un membro per salvare il corpo. Infine, non ha annunciato per la società futura il regno di una felicità ideale, da cui sarebbe bandita la sofferenza; ma, con le sue lezioni e i suoi esempi, ha tracciato il cammino della felicità possibile sulla terra e della felicità perfetta in Cielo: la via regale della Croce. Sono insegnamenti che si avrebbe torto ad applicare soltanto alla vita individuale in vista della salvezza eterna; sono insegnamenti eminentemente sociali e ci mostrano in Nostro Signore Gesù Cristo una realtà ben diversa da un umanitarismo senza consistenza e senz’autorità. [Per concludere:] Venerabili Fratelli - bisogna ricordarlo energicamente in questi tempi di anarchia sociale e intellettuale, in cui ciascuno si atteggia a dottore e legislatore -, non si costruirà la città diversamente da come Dio l’ha costruita; non si edificherà la società, se la Chiesa non ne getta le basi e non ne dirige i lavori; no, la civiltà non è più da inventare, né la città nuova da costruire sulle nuvole. Essa è esistita, essa esiste; è la civiltà cristiana, è la civiltà cattolica. Si tratta unicamente d’instaurarla e di restaurarla senza sosta sui suoi fondamenti naturali e divini contro gli attacchi sempre rinascenti della malsana utopia, della rivolta e dell’empietà: “omnia instaurare in Christo” [(Ef. 1, 10) - l’espressione paolina fu assunta da Papa San Pio X come divisa del suo pontificato, ndR].

Fine della citazione.

Pax Christi in Regno Christi

Se la risposta di San Pio X non soddisfa, citiamo Papa Pio XI con il suo motto Pax Christi in Regno Christi. 
Ecumenismo, come abbiamo imparato, è il contraddittorio di cattolicesimo, e poiché quest’ultimo è l’unica via per raggiungere la vera pace, l’ecumenismo diventa una delle vie certamente non percorribili, la storia stessa lo attesta.
Insegna Papa Pio XI nella Ubi arcano
Abbiamo visto e considerato che causa precipua dello scompiglio, delle inquietezze e dei pericoli che accompagnano la falsa pace è l’essere venuto meno l’impero della legge, il rispetto dell’autorità, dopo che era venuta meno all’una ed all’altra la stessa ragion d’essere, una volta negata la loro origine da Dio, creatore e ordinatore universale. Orbene il rimedio è nella pace di Cristo, giacché pace di Cristo è pace di Dio, né questa può essere senza il rispetto dell’ordine, della legge e dell’autorità. Nel Libro di Dio infatti sta scritto: “Conservate la pace nell’ordine” (“Disciplinam in pace conservate”, Ecclesiaste, 41, 17) , “gran pace avrà chi amerà la tua legge, o Signore” (“Pax multa diligentibus legem tuam Domine” Salmi, 118, 155) ; “chi osserva il precetto si troverà in pace” (“Qui timet praeceptum in pace versabitur” Libro dei Proverbi, 13, 13) . E Gesù stesso più espressamente insegna: “rendete a Cesare quel ch’è di Cesare” (“Reddite quae sunt Caesaris Caesari”, Matteo, 22, 21), e perfino in Pilato. Egli riconosce l’autorità sociale che viene dall’alto (Gv. 19, 11), come aveva riconosciuta l’autorità finanche nei degeneri successori di Mosè (Mt. 23,2), e riconosciuta in Maria e Giuseppe l’autorità domestica, loro soggettandosi per tanta parte della sua vita (Lc. 2, 51). E dagli Apostoli suoi faceva proclamare quella solenne dottrina che, come insegna “doversi da tutti riverenza ed ossequio ad ogni potestà legittima”, così proclama pure “potestà legittima non esserci se non da Dio” (Rm. 13, 1-7) (1Pt. 2, 13-18). Se si riflette che i pensieri e gli insegnamenti di Gesù Cristo, sui valori interni e spirituali, sulla dignità e santità della vita, sul dovere dell’ubbidienza, sull’ordinamento divino della società, sulla santità sacramentale del matrimonio e la conseguente santità vera e propria della famiglia; se si riflette, diciamo, che questi pensieri ed insegnamenti di Cristo (insieme con tutto quel tesoro di verità da lui arrecato all’umanità), furono da Lui stesso unicamente affidati alla sua Chiesa, con solenne promessa di indefettibile assistenza, affinché in tutti i secoli ed in tutte le genti ne fosse maestra infallibile, non si può non vedere quale e quanta parte può e deve avere la Chiesa Cattolica nel portare rimedio ai mali del mondo e nel condurre alla sincera pacificazione. (...) Per questo, per essere cioè la Chiesa, ed essa sola, formatrice sicura e perfetta di coscienze, mercé gli insegnamenti e gli aiuti a lei sola da Gesù Cristo affidati, non soltanto essa può conferire nel presente alla pace tutto ciò che le manca per essere la vera pace di Cristo, ma può ancora, più di ogni altro fattore, contribuire ad assicurare questa pace anche per l’avvenire, allontanando il pericolo di nuove guerre. Insegna infatti la Chiesa (ed essa sola ha da Dio il mandato, e col mandato il diritto di autorevolmente insegnarlo) che non soltanto gli atti umani privati e personali, ma anche i pubblici e collettivi devono conformarsi alla legge eterna di Dio; anzi assai più dei primi i secondi, come quelli sui quali incombono le responsabilità più gravi e terribili. Quando governi e popoli seguiranno negli atti loro collettivi, sia all’interno sia nei rapporti internazionali, quelle norme di coscienza che gli insegnamenti, i precetti, gli esempi di Gesù Cristo propongono ed impongono ad ogni uomo; allora soltanto potranno fidarsi gli uni degli altri, ed aver anche fede nella pacifica risoluzione delle difficoltà e controversie che, per differenza di vedute e opposizione d'interessi, possono insorgere. (...) Appare, da quanto siamo venuti considerando, che la vera pace, la pace di Cristo, non può esistere se non sono ammessi i princìpi, osservate le leggi, ubbiditi i precetti di Cristo nella vita pubblica e nella privata; sicché bene ordinata la società umana, vi possa la Chiesa esercitare il suo magistero, al quale appunto fu affidato l’insegnamento di quei precetti. Ora tutto questo si esprime con una sola parola: “il regno di Cristo”. Poiché regna Gesù Cristo nella mente degli individui con la sua dottrina, nel cuore con la sua carità, nella vita di ciascuno con l’osservanza della sua legge e l’imitazione dei suoi esempi. Regna Gesù Cristo nella famiglia quando, formatasi nella santità del vero e proprio Sacramento del matrimonio da Gesù Cristo istituito, conserva inviolato il carattere di santuario, dove l’autorità dei parenti si modella sulla paternità divina, dalla quale discende e si denomina (Ef. 3,15): l’ubbidienza dei figli su quella del fanciullo Gesù in Nazareth; la vita tutta quanta s’ispira alla santità della Sacra Famiglia. Regna finalmente Gesù Cristo nella società civile quando vi è riconosciuta e riverita la suprema ed universale sovranità di Dio, con la divina origine ed ordinazione dei poteri sociali, donde in alto la norma del comandare, in basso il dovere e la nobiltà dell’ubbidire. Regna quando è riconosciuto alla Chiesa di Gesù Cristo il posto che Egli stesso le assegnava nella società umana, dandole forma e costituzione di società, e, in ragione del suo fine, perfetta, suprema nell’ordine suo; costituendola depositaria ed interprete del suo pensiero divino, e perciò stesso maestra e guida delle altre società tutte quante; non per menomare l’autorità loro, nel proprio ordine competente, ma per perfezionarle, come la grazia perfeziona la natura, e per farne valido aiuto agli uomini nel conseguimento del fine ultimo, ossia della eterna felicità, e con ciò renderle anche più benemerite e più sicure promotrici della stessa prosperità temporale. (...) È dunque evidente che la vera pace di Cristo non può essere che nel regno di Cristo: Pax Christi in regno Christi; ed è del pari evidente che, procurando la restaurazione del regno di Cristo, faremo il lavoro più necessario insieme e più efficace per una stabile pacificazione. Così Pio X, proponendosi di instaurare omnia in Christo, quasi per un divino istinto preparava la prima e più necessaria base a quella “opera di pacificazione”, che doveva essere il programma e l’occupazione di Benedetto XV. E questi due programmi dei Nostri antecessori, Noi congiungiamo in uno solo: la restaurazione del regno di Cristo per la pacificazione in Cristopax Christi in regno Christi; e con ogni sforzo Ci studieremo di attuarlo, unicamente confidando in quel Dio, che nell’affidarCi questo sommo potere, Ci prometteva la sua indefettibile assistenza.

Fine della citazione.


Religione unica ed universale

L’ecumenismo è anche il maldestro tentativo, più o meno esplicitato, ciò dipende dalla furbizia degli autori che lo divulgano, di instaurare quell’unica religione universale: una sorta di parlamento simbolico delle religioni con a capo o il “Papa” (nella sua sola materiale occupazione delle Sede), oppure gli altri leaders in democratica rotazione.
Insegna Papa San Pio X sempre nella Notre charge apostolique:
(...) Cosa bisogna pensare della promiscuità in cui si troveranno coinvolti i giovani cattolici con eterodossi e con non credenti di ogni genere, in un’opera di questa natura? Per loro, non è mille volte più pericolosa di un’associazione neutrale? Che cosa dobbiamo pensare di questo appello a tutti gli eterodossi e a tutti i non credenti a provare l’eccellenza delle loro convinzioni sul terreno sociale, in uno speciale concorso apologetico, come se questo concorso non durasse da diciannove secoli, in condizioni meno pericolose per la fede dei fedeli e del tutto onorevoli per la Chiesa cattolica? Che cosa dobbiamo pensare di questo rispetto per tutti gli errori e della strana esortazione, fatta da un cattolico a tutti i dissidenti, a fortificare le loro convinzioni con lo studio e a farne sorgenti sempre più abbondanti di forze nuove? Che cosa dobbiamo pensare di un’associazione in cui tutte le religioni e perfino il “libero pensiero” possono manifestarsi apertamente, a loro piacimento? (...) Che cosa produrranno? Che cosa sta per uscire da questa collaborazione? Una costruzione puramente verbale e chimerica, in cui si vedranno luccicare alla rinfusa e in una confusione seducente le parole di libertà, di giustizia, di fraternità e di amore, di uguaglianza e di umana esaltazione, il tutto basato su una dignità umana male intesa. Si tratterà di un’agitazione tumultuosa, sterile per il fine proposto e che avvantaggerà gli agitatori di masse meno utopisti. Sì, davvero si può dire che (questa pseudo-dottrina, ndR) scorta il socialismo, con l’occhio fisso su una chimera. Temiamo che vi sia ancora di peggio. Il risultato di questa promiscuità nel lavoro, il beneficiario di quest’azione sociale cosmopolitica, può essere soltanto una democrazia che non sarà né cattolica, né protestante, né ebraica; una religione (...) più universale della Chiesa cattolica, che riunirà tutti gli uomini divenuti finalmente fratelli e compagni, nel “regno di Dio”. (Dicono:) “Non si lavora per la Chiesa ma per l’umanità”. (...) Ahimé!, (queste fantasie, ndR) sono solo un misero affluente del grande movimento di apostasia, organizzato, in tutti i paesi, per l’instaurazione di una chiesa universale, che non avrà né dogmi, né gerarchia, né regole per lo spirito, né freno per le passioni, e che, con il pretesto della libertà e della dignità umana, ristabilirebbe nel mondo, qualora potesse trionfare, il regno legale dell’astuzia e della forza, e l’oppressione dei deboli, di quelli che soffrono e che lavorano.

Fine della citazione.


Mortalium animos

L’ecumenismo è stato infallibilmente condannato, in tempi abbastanza recenti, anche da Papa Pio XI nella Mortalium animos. Per chi non ne fosse a conoscenza, una sentenza infallibile della Chiesa è, per conseguenza, anche inappellabile (Cliccare qui per studiare l’infallibilità della Chiesa e del Papa). Ovverosia, nella fattispecie, non è possibile relativizzarla o storicizzarla, quasi come se si possano attribuire senso e significato differenti – “più progrediti” come taluni blaterano - alle definizioni dottrinali (cf. Concilio Vaticano, Dei Filius, IV – “Se qualcuno dirà che può accadere che ai dogmi della Chiesa si possa un giorno - nel continuo progresso della scienza - attribuire un senso diverso da quello che ha inteso e intende dare la Chiesa: sia anatema”).
Cito la condanna:
Un obiettivo non dissimile cercano di ottenere alcuni per quanto riguarda l’ordinamento della Nuova Legge, promulgata da Cristo Signore. Persuasi che rarissimamente si trovano uomini privi di qualsiasi sentimento religioso, sembrano trarne motivo a sperare che i popoli, per quanto dissenzienti gli uni dagli altri in materia di religione, pure siano per convenire senza difficoltà nella professione di alcune dottrine, come su un comune fondamento di vita spirituale. Perciò sono soliti indire congressi, riunioni, conferenze, con largo intervento di pubblico, ai quali sono invitati promiscuamente tutti a discutere: infedeli di ogni gradazione, cristiani, e persino coloro che miseramente apostatarono da Cristo o che con ostinata pertinacia negano la divinità della sua Persona e della sua missione. Non possono certo ottenere l’approvazione dei cattolici tali tentativi fondati sulla falsa teoria che suppone buone e lodevoli tutte le religioni, in quanto tutte, sebbene in maniera diversa, manifestano e significano egualmente quel sentimento a tutti congenito per il quale ci sentiamo portati a Dio e all’ossequente riconoscimento del suo dominio. Orbene, i seguaci di siffatta teoria, non soltanto sono nell’inganno e nell’errore, ma ripudiano la vera religione depravandone il concetto e svoltano passo passo verso il naturalismo e l’ateismo; donde chiaramente consegue che quanti aderiscono ai fautori di tali teorie e tentativi si allontanano del tutto dalla religione rivelata da Dio. Ma dove, sotto l’apparenza di bene, si cela più facilmente l’inganno, è quando si tratta di promuovere l’unità fra tutti i cristiani. Non è forse giusto - si va ripetendo - anzi non è forse conforme al dovere che quanti invocano il nome di Cristo si astengano dalle reciproche recriminazioni e si stringano una buona volta con i vincoli della vicendevole carità? E chi oserebbe dire che ama Cristo se non si adopera con tutte le forze ad eseguire il desiderio di Lui, che pregò il Padre perché i suoi discepoli «fossero una cosa sola»? [Ioann., XVII, 21]. E lo stesso Gesù Cristo non volle forse che i suoi discepoli si contrassegnassero e si distinguessero dagli altri per questa nota dell’amore vicendevole: « In ciò conosceranno tutti che siete miei discepoli se vi amerete l’un l’altro»? [Ioann., XIII, 35]. E volesse il Cielo, soggiungono, che tutti quanti i cristiani fossero «una cosa sola»; sarebbero assai più forti nell’allontanare la peste dell’empietà, la quale, serpeggiando e diffondendosi ogni giorno più, minaccia di travolgere il Vangelo. Questi ed altri simili argomenti esaltano ed eccitano coloro che si chiamano pancristiani, i quali, anziché restringersi in piccoli e rari gruppi, sono invece cresciuti, per così dire, a schiere compatte, riunendosi in società largamente diffuse, per lo più sotto la direzione di uomini acattolici, pur fra di loro dissenzienti in materia di fede. E intanto si promuove l’impresa con tale operosità, da conciliarsi qua e là numerose adesioni e da cattivarsi perfino l’animo di molti cattolici con l’allettante speranza di riuscire ad un’unione che sembra rispondere ai desideri di Santa Madre Chiesa, alla quale certo nulla sta maggiormente a cuore che il richiamo e il ritorno dei figli erranti al suo grembo. Ma sotto queste insinuanti blandizie di parole si nasconde un errore assai grave che varrebbe a scalzare totalmente i fondamenti della fede cattolica. Pertanto, poiché la coscienza del Nostro Apostolico ufficio ci impone di non permettere che il gregge del Signore venga sedotto da dannose illusioni, richiamiamo, Venerabili Fratelli, il vostro zelo contro così grave pericolo, sicuri come siamo che per mezzo dei vostri scritti e della vostra parola giungeranno più facilmente al popolo (e dal popolo saranno meglio intesi) i princìpi e gli argomenti che siamo per esporre. Così i cattolici sapranno come giudicare e regolarsi di fronte ad iniziative intese a procurare in qualsivoglia maniera l’unione in un corpo solo di quanti si dicono cristiani. (...) La Sede Apostolica non può in nessun modo partecipare alle loro riunioni e che in nessun modo i cattolici possono aderire o prestare aiuto a siffatti tentativi; se ciò facessero, darebbero autorità ad una falsa religione cristiana, assai lontana dall’unica Chiesa di Cristo. Ma potremo Noi tollerare l’iniquissimo tentativo di vedere trascinata a patteggiamenti la verità, la verità divinamente rivelata? Ché qui appunto si tratta di difendere la verità rivelata. Gesù Cristo inviò per l’intero mondo gli Apostoli a predicare il Vangelo a tutte le nazioni; e perché in nulla avessero ad errare volle che anzitutto essi fossero ammaestrati in ogni verità, dallo Spirito Santo [Ioann., XVI, 13. 1]; forse che questa dottrina degli Apostoli venne del tutto a meno o si offuscò talvolta nella Chiesa, diretta e custodita da Dio stesso? E se il nostro Redentore apertamente disse che il suo Vangelo riguardava non solo il periodo apostolico, ma anche le future età, poté forse l’oggetto della fede, col trascorrere del tempo, divenire tanto oscuro e incerto da doversi tollerare oggi opinioni fra loro contrarie? Se ciò fosse vero, si dovrebbe parimenti dire che la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli e la perpetua permanenza nella Chiesa dello stesso Spirito e persino la predicazione di Gesù Cristo da molti secoli hanno perduto ogni efficacia e utilità: affermare ciò sarebbe bestemmia. Inoltre, l’Unigenito Figlio di Dio non solo comandò ai suoi inviati di ammaestrare tutti i popoli, ma anche obbligò tutti gli uomini a prestar fede alle verità che loro fossero annunziate «dai testimoni preordinati da Dio» [Act., X, 41], e al suo precetto aggiunse la sanzione « Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; ma chi non crederà, sarà condannato » [Marc., XVI, 16]. Ma questo doppio comando di Cristo, da osservarsi necessariamente, d’insegnare cioè e di credere per avere l’eterna salvezza, neppure si potrebbe comprendere se la Chiesa non proponesse intera e chiara la dottrina evangelica e non fosse immune da ogni pericolo di errore nell’insegnarla. Perciò è lontano dal vero chi ammette sì l’esistenza in terra di un deposito di verità, ma pensa poi che sia da cercarsi con tanto faticoso lavoro, con tanto diuturno studio e dispute, che a mala pena possa bastare la vita di un uomo per trovarlo e goderne; quasi che il benignissimo Iddio avesse parlato per mezzo dei Profeti e del suo Unigenito perché pochi soltanto, e già molto avanzati negli anni, imparassero le verità rivelate, e non per imporre una dottrina morale che dovesse reggere l’uomo in tutto il corso della sua vita. Potrà sembrare che questi pancristiani, tutti occupati nell’unire le chiese, tendano al fine nobilissimo di fomentare la carità fra tutti i cristiani; ma come mai potrebbe la carità riuscire in danno della fede? Nessuno certamente ignora che lo stesso apostolo della carità, San Giovanni (il quale nel suo Vangelo pare abbia svelato i segreti del Cuore sacratissimo di Gesù che sempre soleva inculcare ai discepoli il nuovo comandamento: «Amatevi l’un l’altro»), ha vietato assolutamente di avere rapporti con coloro i quali non professano intera ed incorrotta la dottrina di Cristo: «Se qualcuno viene da voi e non porta questa dottrina, non ricevetelo in casa e non salutatelo nemmeno» [II Ioann., 10]. Quindi, appoggiandosi la carità, come su fondamento, sulla fede integra e sincera, è necessario che i discepoli di Cristo siano principalmente uniti dal vincolo dell’unità della fede.

Fine della citazione.


Orientalis Ecclesiae

L’ecumenismo è stato condannato molte volte dalla Chiesa. Anche Papa Pio XII lo ha riprovato in più occasioni.
Cito dalla Orientalis Ecclesiae:
(...) Non è lecito, neppure sotto il pretesto di rendere più agevole la concordia, dissimulare neanche un dogma solo; giacché, come ammonisce il patriarca alessandrino: «Desiderare la pace è certamente il più grande e il primo dei beni, ma però non si deve per siffatto motivo permettere che ne vada di mezzo la virtù della pietà in Cristo» (Ep. 61: PG 77, 325.). Perciò non conduce al desideratissimo ritorno dei figli erranti alla sincera e giusta unità in Cristo, quella teoria, che ponga a fondamento del concorde consenso dei fedeli solo quei capi di dottrina, sui quali o tutte o almeno la maggior parte delle comunità, che si gloriano del nome cristiano, si trovino d’accordo, ma bensì l’altra che, senza eccettuarne né sminuirne alcuna, integralmente accoglie qualsiasi verità da Dio rivelata.

Fine della citazione. 

La Orientalis Ecclesiae fornisce chiare istruzioni anche sulla vera pastorale cattolica – sull’esempio di San Cirillo - che si deve tenere con gli erranti, affinché essi riprovino i loro errori e tornino, uniti alla vera ed unica Chiesa, alla professione della fede di Gesù Cristo.


Comunicazione nelle cose sacre

L’ecumenismo si manifesta soprattutto nella pretesa preghiera comune, che abbiamo già appurato avere effetti controproducenti per la pace, talvolta anche negli scabrosi e patetici rituali interconfessionali. Oggi si è arrivati alla fantasia, sdoganata dalle settarie società bibliche (cf. Pio IX - Qui pluribus), di favorire ed usare le cosiddette Bibbieinterconfessionali.
La prestigiosa Enciclopedia Cattolica (Vol. IV, Vaticano, Imprimatur 8 aprile 1950, Coll. 117-119) alla voce Comunicazione nelle cose sacre ci dice: 
Per comunicazione nelle cose sacre o comumnicatio in sacris si intende la partecipazione dei cattolici alle cerimonie sacre (preghiere, funzioni, pre­diche, riti) compiuti dagli acattolici (eretici, scismatici, infedeli) dentro o fuori della loro chiese o templi. Questa partecipazione può essere: attiva, quando, cioè, si prende parte al culto religioso positivamente, compiendo qualche atto, che con esso abbia relazione; passiva, quando vi si prende parte solo negativamente, astenendosi da ogni azione, che dica relazione con la cerimonia religiosa; formale, quando vi sia l’adesione della mente e del cuore; materiale, quando quest’adesione manca e tutto si riduce ad un atto di presenza esteriore e fisica. La comunicazione nelle cose sacre si suole designare con il nome di comunicazione in divinis, per distinguerla dalla comunicazione in profaniscioè nelle relazioni private e pubbliche che riguardano la vita domestica e civile, e dalla comunicazione in rebus mixtis, cioè nelle relazioni, le quali importano atti che si possono considerare o hanno un lato anche religioso, come i matrimoni, i funerali e cerimonie simili. La condotta dei cattolici a questo riguardo è regolata in linea di massima dal CIC (Codex Iuris Canonici, beninteso del 1917), e nelle varie sue applicazioni dalle norme emanate dalle Sacre Congregazioni romane. (...) 
La comunicazione in divinis. Non è mai lecito ai fedeli di assistere attivamente o prendere parte, in qualsiasi modo, ai riti sacri degli acattolici (CIC, can. 1258 § 1). Ciò vale non soltanto quando si tratta di riti falsi o empi in se stessi, ma anche quando si tratta di quei riti che sono propri di questa o quella setta o gruppo eretico, scismatico, pagano. Perché simile partecipazione equivale alla professione di una falsa religione e per conseguenza al rinnegamento della fede cattolica. E anche nel caso che ogni idea di rinnegamento potesse escludersi, rimangono sempre tre danni assai gravi: 1) il pericolo di perversione nel cattolico che vi partecipa; 2) lo scandalo, sia dei fedeli, che prendono motivo di giudicar male della persona che tratta con gli avversari della fede e forse anche di dubitare della verità di essa, sia degli acattolici stessi, che così si confermano nel loro errore; 3) l’indifferentismo in materia di religione, cioè l’approvazione esteriore di credenze erronee e l’idea che l’espressione esterna della propria fede sia una cosa trascurabile.

Fine della citazione.


Breve conclusione

Nulla posso aggiungere, posso solo imparare dai Sommi Pontefici ed a loro ossequiamente obbedire. Auspico di avere fatto, alla maggior gloria di Dio, un decoroso lavoro di ricerca. La Vergine Maria ed i santi Martiri della fede ci sostengano nella battaglia contro l’ecumenismo, contro gli ecumenisti, contro i «falsi maestri» che introducono eresie perniciose.
Con discorsi gonfiati e vani adescano coloro che si erano appena allontanati da quelli che vivono nell’errore. Promettono libertà, ma essi stessi sono schiavi della corruzione. Si è verificato per essi il proverbio: Il cane è tornato al suo vomito e la scrofa lavata è tornata ad avvoltolarsi nel brago» (II Pt. 2, 1. 18-19. 22).
Il mio commento critico - benché esiguo poiché ho lasciato devotamente parlare i Pontefici - può sembrare severo, tuttavia è la verità (cf. Gv. VIII, 32). Ammonisce altresì l'Apostolo: Quae autem conventio Christi cum Beliar! (II Cor. 6, 15). Ed ancora: Sed licet nos aut angelus de caelo evangelizet vobis praeterquam quod evangelizavimus vobis, anathema sit!(Gal. I, 8 segg.).

San Giuseppe, San Michele, San Tommaso d'Aquino, San Pietro Canisio, San Carlo Borromeo, San Pio V, San Francesco di Sales, Sant’Alfonso, San Pio X e San Giovanni di Dio (nostro speciale protettore) ci preservino dal vomito e dal brago degli ecumenisti, ci facciano altresì portatori di vera carità (cf. I Cor. 13, 6) e di pace nel Santo Nome di Gesù (Atti IV, 12).




a cura di Carlo Di Pietro

Pubblicato sul sito Sursum corda
La seconda immagine è nostra




http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2470_Di-Pietro_Candanne_della_Chiesa_all-ecumenismo.html

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