L’ABATE FARIA E LA PERSECUZIONE DELLA FAMILIA CHRISTI A FERRARA. QUANTA MISERICORDIA, QUESTI NUOVI VESCOVI.
I vescovi misericordiosi sembrano tutti eguali, dall’Argentina al Belgio a Ferrara. A Bruxelles il neo-cardinale De Kesel con la complicità del cardinale Stella e la connivenza del Pontefice ha deciso la soppressione della Fraternità dei Santi Apostoli (creatura di mons. Léonard, ricca di vocazioni; e poi si lamentano che non ci sono preti). A Ferrara il neo-arcivescovo, il filo-migrantista Perego, ha deciso di disfare il lavoro compiuto dal predecessore, mons. Negri, avendo come bersaglio un gruppo, quello di Familia Christi, e sfuggendo alle domande dei laici vicini alla Familia Christi, come potete vedere qui.
Il problema è giunto anche alle orecchie dell’abate Faria.
“Sembra non ci sia pace per Familia Christi, la fraternità sacerdotale nata sulla scia della spiritualità di don Giuseppe Canovai e che celebra la Messa nella forma straordinaria del rito romano (non rifiutando la forma ordinaria, comunque).
Dopo essere stati a Roma, dove celebravano (ma forse lo fanno ancora) a Palazzo Altemps, ecco che la benevolenza di Monsignor Luigi Negri li fece approdare a Ferrara, nella parrocchia di Santa Maria in Vado. In effetti il segretario di Mons. Negri è anche membro di questa fraternità sacerdotale.
Ma ecco ora il loro allontanamento da quella parrocchia dal primo luglio.
Il Vescovo Gian Carlo Perego sostituirà la fraternità sacerdotale con qualcosa chiamato “unità pastorale”.
Ecco come La Nuova Ferrara, in questa occasione, descrive Familia Christi: “’Familia Christi’ è stata eletta circa tre anni fa e solo recentemente è stata trasformata in società di vita apostolica. Si ispira ad un modello di vita patriarcale, retto da un ordine ben preciso che tende sia a raggiungere il bene cristiano dei sacerdoti, sia quello della comunità nella quale operano attraverso la carità fraterna. Vestono il tradizionale abito lungo, hanno una papalina nera in testa e desiderano sentirsi ‘in famiglia’. I sacerdoti si ispirano alla chiesa tradizionale”.
Ora, è stata eretta, non eletta. Mi piace il punto dove si dice che si ispira d uno stile di vita patriarcale. E dove lo hanno letto? Ma soprattutto: che significa? Che è retto da un ordine ben preciso? Perché si conoscono ordini religiosi retti dal caos? Beh, forse oggi…L’abito lungo sarebbe la talare, non sono miss. Ma il meglio è alla fine: i sacerdoti si ispirano alla chiesa tradizionale. E gli altri a che si ispirano? Meglio non rispondere.
Abate Faria”.
Ma perché Familia Christi è nel mirino? Non si capisce. Pare che forse in passato abbiano accolto,in una casa fuori Roma un gruppo di ex novizj dei FFI, usciti prima del commissariamento dell’Ordine; e dopo che il Commissario avesse (secondo alcuni abusivamente) ingiunto agli Ordinarj diocesani di non accogliere in alcun modo, anche se giuridicamente erano usciti dai FFI prima del commissariamento. E poi il fatto che i membri della Familia Christi siano vagamente conservatori. “Non si può certo dire che siano lefebvriani, nemmeno alla lontana, – ci spiegano -al massimo mettono solo la berretta e le fibbie, e qualcuno celebra saltuariamente la Messa antica avvalendosi del Motu Proprio”. Ma sappiamo che bastano poche cose a far storcere il naso ai vescovi iper-moderni creati dalla nuova gestione Cei-Vaticano. Da Santa Maria in Vado sono stati spediti a un’altra chiesina periferica, non parrocchiale. Infischiandosene, come sono soliti fare i vescovi, dei sentimenti e dell’apprezzamento dei fedeli. Poi ci stupiamo se la gente non va più in chiesa…C’è chi racconta che prima che mons. Negri affidasse la parrocchia a Familia Christi in alcuni locali di pertinenza della Chiesa si tenevano le riunioni del Circolo Gramsci. Abitudine cessata con l’arrivo della Fraternità. Ma evidentemente con mons. Perego qualcuno ne ha approfittato per saldare i conti. Con misericordia, però…
Marco Tosatti
http://www.marcotosatti.com/2018/05/25/labate-faria-e-la-persecuzione-della-familia-christi-a-ferrara-quanta-misericordia-questi-nuovi-vescovi/
Immagine: Screenshot, ARD (broadcaster tedesco)
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Un ballerino davanti all’altare?
Il balletto (che si può vedere qui: https://onepeterfive.com/the-growing-german-schism-warnings-personal-attacks-and-a-liturgical-dance/) è avvenuto davanti a numerosi fedeli e ai vescovi tedeschi riuniti per l’annuale appuntamento che chiama a raccolta i cattolici tedeschi, intitolato quest’anno Cerca la pace.
Alla vigilia, invitando i cattolici a contribuire anche economicamente, i vescovi della Germania avevano spiegato che il Katholikentag 2018 sarebbe stato «un riflesso della vitalità e della forza della nostra Chiesa, colorato e multiforme, riflessivo e allegro, devoto e politico al tempo stesso». Qualunque sia il significato di queste parole, non immaginavo che la «vitalità» della Chiesa tedesca si potesse esprimere anche con la danza di un giovane uomo, piuttosto muscoloso, davanti all’altare nel bel mezzo della messa. Invece è successo.
C’è da dire che non è la prima volta che qualcuno cerca di introdurre la danza nella liturgia. In passato ci sono state suore che, anche con una certa disinvoltura, si sono proposte come ballerine. Che io sappia è però la prima volta che una danza viene introdotta così, in modo molto deciso, nel cuore della celebrazione eucaristica.
Il teologo Markus Büning, interpellato da OnePeterFive, si è detto indignato da questa danza «sensuale e del tutto sconveniente». «Manca il rispetto dovuto al santo sacrificio sulla croce che è presente nella santa eucaristia: assistiamo qui a una presa in giro di questo profondo mistero della nostra fede. Di fronte al Santissimo Sacramento noi non balliamo, ma cadiamo in ginocchio e lo adoriamo. Come posso insegnare ai miei figli un profondo rispetto verso il sacrificio nella santa messa quando i vescovi lo trasformano in un evento all’insegna della danza e dell’intrattenimento?».
Sappiamo che la Chiesa cattolica tedesca, per svariati motivi, non se la passa bene. Le polemiche sull’intercomunione, la divisione tra i pastori, la devastante crisi di vocazioni, le chiese che si svuotano: questi alcuni dei problemi con i quali deve fare i conti. La Conferenza episcopale tedesca avrà forse pensato che con una bella messa ballata, oltre che cantata, si può dare un contributo alla soluzione di nodi tanto complicati? Avranno forse pensato che «balla che ti passa» è più efficace del «canta che ti passa»?
Andando a scartabellare tra i documenti vaticani ho scoperto che nel settembre 2012, in risposta a una domanda sulla liceità delle cosiddette «danze liturgiche» nel contesto del culto cattolico nelle Filippine, la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti affermava con decisione che ballare, durante la messa, non si può. Ecco il testo: «La legge liturgica del rito romano non prevede l’uso di danza o di drammatizzazioni all’interno della sacra liturgia, a meno che una legislazione particolare sia stata posta in essere dalla Conferenza episcopale e confermata dalla Santa Sede. Qualunque altra pratica è da considerarsi un abuso. Queste attività, comunque, potrebbero essere utili al di fuori della sacra liturgia, nell’opera di catechesi ed evangelizzazione, se opportunamente dirette dal vescovo e dal suo clero. Dovessero persistere pratiche illecite, la questione dovrebbe essere sottoposta al vescovo diocesano».
Qualcuno dirà: ma perché se durante la messa cantiamo non possiamo anche ballare? La danza non è forse un’espressione dell’interiorità? In quanto tale, non può essere al servizio del culto?
Qui la parola dovrebbe passare a teologi e liturgisti. Da povero ignorante, mi limito a osservare che la danza del ballerino, davanti all’altare, mi ha disturbato. Non tanto per le movenze, che ho comunque trovato fuori luogo, ma perché una danza inevitabilmente distoglie l’attenzione da ciò che sta avvenendo sull’altare. La grande differenza rispetto al canto credo sia questa: mentre il canto è in grado di accompagnare la preghiera e l’adorazione, la danza, con la forza dell’immagine in movimento, si sovrappone ad esse e le mette in secondo piano.
Nella Sacrosanctum Concilium, la costituzione del Concilio Vaticano II sulla sacra liturgia, leggiamo: «Nella liturgia terrena noi partecipiamo per anticipazione alla liturgia celeste che viene celebrata nella santa città di Gerusalemme, verso la quale tendiamo come pellegrini, dove il Cristo siede alla destra di Dio quale ministro del santuario e del vero tabernacolo; insieme con tutte le schiere delle milizie celesti cantiamo al Signore l’inno di gloria; ricordando con venerazione i santi, speriamo di aver parte con essi; aspettiamo come Salvatore il Signore nostro Gesù Cristo, fino a quando egli comparirà, egli che è la nostra vita, e noi saremo manifestati con lui nella gloria».
In paradiso quindi si canta. Ma si balla? Ripeto: non ho competenze in proposito. So soltanto che quel ballerino l’ho trovato fuori posto. E mi è tornata alla mente la famosa questione dell’animazione liturgica, una sorta di mito che in realtà non ha fondamento teologico, perché nella liturgia non c’è nulla che vada «animato»: la liturgia va solo rispettata, amata e servita.
Mi giungono già alle orecchie le obiezioni. Formalista! Tradizionalista! Oscurantista! Retrogrado!
Sentite, pensatela un po’ come volete, ma io a una messa con ballerino incorporato non andrei. E, se proprio mi obbligassero, al momento del balletto chiuderei gli occhi. A messa voglio stare in compagnia del mio Signore, non di un epigono di Nureyev, per quanto bravo. Che poi si sa come vanno queste cose: incominci con la danza classica e finisci con il tip tap. Che è poi il motivo per cui, in generale, cerco di evitare le messe nelle quali è l’uomo (danzante o meno) che prevale su Dio, è l’uomo al centro, e non Dio, è l’uomo che vuole farsi Dio.
Poi magari in paradiso si balla. Ma, insomma, mi sembra un altro discorso.
Aldo Maria Valli
TeleMaria 004 - Che cosa sta accadendo oggi nella Chiesa? - Conferenza Aldo Valli e Mons. Nicola …
CHE COSA STA ACCADENDO OGGI NELLA CHIESA? - Conferenza di ALDO MARIA VALLI e Mons. NICOLA BUX organizzata dall'Associazione ORIENTE OCCIDENTE di ANCONA.
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