Ti diciamo in 5 punti perché la questione di Gerusalemme è così importante… e preoccupante
Ci risiamo. Si ritorna a parlare di Gerusalemme. Gli USA hanno trasferito la loro ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme. Dunque, anche per gli USA ormai Gerusalemme è ufficialmente capitale dello Stato d’Israele. Si temevano disordini e una rinascita dell’intifada… e così è stato.
Vediamo perché la questione di Gerusalemme è così importante e anche preoccupante. Ve lo sintetizziamo in 5 punti.
1
Gerusalemme è una città sacra non solo per gli Ebrei, ma anche per i Palestinesi.
2
Entrambi vogliono che Gerusalemme, l’intera città e non divisa in due parti, sia la capitale del proprio Stato, d’Israele per gli Ebrei e della Palestina per i Palestinesi.
3
Per rivendicare l’ “ebraicità” o la “palestinicità” di Gerusalemme si afferma da parte degli Ebrei che Gerusalemme fu fondata da loro; da parte dei Palestinesi che fosse già una città cananea perché i Cananei stanziavano sulle quelle terre ben prima dell’arrivo degli Ebrei. Infatti, in passato (inizio anni ’90) uno degli episodi che scatenò l’ennesima intifada fu l’apertura dei tunnel archeologici. Questa fu vista dai Palestinesi come una provocazione perché in quei tunnel ci sarebbero le prove che Gerusalemme sia stata fondata dagli Ebrei.
4
Gli Ebrei, inoltre, covano un sogno, che è quello di ricostruire il Tempio andato distrutto definitivamente nel 70 d.C. con la distruzione di Gerusalemme da parte delle truppe dell’imperatore Tito.
5
Per l’Ebraismo solo nel Tempio è possibile compiere il sacrificio; e infatti è dal 70 d.C. che esso non ha più la celebrazione di sacrificio. Dunque, andrebbe ricostruito il Tempio, ma questo deve essere ricostruito lì, dov’era e dove rimangono attualmente le cosiddette mura del pianto. Deve essere ricostruito lì, né un po’ più in là né un po’ più sotto né un po’ più sopra. Ma in quel luogo sorgono anche due moschee (spianata delle moschee). Per cui per ricostruire il Tempio occorrerebbe abbattere le moschee. Si tenga presente che Ebraismo e Islam non sono poi tanto diversi. A differenza del Cristianesimo che è una religione fondata sulla centralità della vita interiore e quindi orientata alla “conquista” delle anime, Ebraismo e Islam sono religioni del “territorio”, della “terra”. Per l’Ebraismo, il Tempio deve essere ricostruito lì. Per l’Islam, una moschea rimane tale per l’eternità e non può esser più spostata o abbattuta.
Conclusione
Dunque, avrete capito che il nocciolo della questione di Gerusalemme è religioso e che non è che una parte ha ragione ed un’altra ha torto, o hanno tutte e due torto; ma paradossalmente hanno entrambe ragione (“ragione”, secondo i loro “credo” ovviamente). Situazione questa che è la più difficile da risolvere.
Fin qui i fatti, ma noi crediamo che ci sia un “senso” oltre i fatti e che la Storia sia sempre orientata dalla Provvidenza.
Tale intricatissima situazione ci fa capire come l’unica soluzione sarebbe la conversione al Cristianesimo tanto degli Ebrei quanto dei Palestinesi.
Noi che crediamo nel valore -e nell’obbligo!- dell’evangelizzazione (proselitismo) ci speriamo… e vedrete che questo avverrà…
…e Gerusalemme sarà davvero un luogo di Verità e di Pace.
Rabbino capo: ai non ebrei non dovrebbe essere permesso di vivere in Israele (siamo già a questo)
Il rabbino capo sefardita di Israele, Yitzhak Yosef, ha detto che i non ebrei non dovrebbero vivere nella terra di Israele se non rispettano una serie di sette leggi imposte dal giudaismo.
“Secondo la legge ebraica, i gentili non dovrebbero vivere nella terra di Israele”, ha detto Yosef sabato in un sermone. “Se un gentile non accetta di assumere le sette leggi di Noè, dovremmo mandarlo in Arabia Saudita. Quando arriverà la vera e completa redenzione, questo è ciò che faremo “.
L’unica ragione per cui ai non ebrei era ancora permesso di vivere nello stato ebraico era il fatto che il Messia doveva ancora arrivare, disse. “Se la nostra mano fosse ferma, se avessimo il potere di governare, è quello che dovremmo fare. Ma il fatto è che la nostra mano non è ferma e stiamo aspettando il Messia “, ha aggiunto.
Yosef ha aggiunto che i gentili che accettano di accettare le leggi di Noahide – un codice morale di base che include divieti di negare l’esistenza di Dio, bestemmie, omicidi, rapporti sessuali illeciti, furti e mangiare da un animale vivo, nonché un requisito per istituire un sistema legale – sarà permesso di rimanere nella terra e svolgere ruoli riservati ai gentili al servizio degli ebrei.
Come il suo defunto padre, il leggendario rabbino Ovadia Yosef, Yitzhak Yosef ha suscitato polemiche con le sue dichiarazioni. Due settimane fa ha detto che gli israeliani dovrebbero uccidere terroristi armati di coltello che minacciano la vita senza timore della legge.
“Se un terrorista si presenta con un coltello, è comandato [dalla legge ebraica] di ucciderlo”, ha detto Yosef alla sinagoga Yazadim di Gerusalemme.
“Non dovresti avere paura”, ha insistito, citando l’antica esortazione rabbinica, “Colui che viene per ucciderti, si alza per ucciderlo [prima].”
Yosef quindi ammonì gli israeliani a non preoccuparsi di ciò che suggeriva fossero le vicissitudini di giudici o generali. Di fronte a un aggressore armato, “Non iniziare a preoccuparti che qualcuno ti porti all’Alta Corte di Giustizia, o che qualche capo dello staff [dell’IDF] dirà diversamente”.
Ha continuato a mettere in guardia contro l’uccisione di un terrorista che non rappresentava più una minaccia, tuttavia, dicendo che il Messia non ancora arrivato era l’unico arbitro che poteva condannare a morte un nemico non minaccioso.
All’inizio del 2015, il rabbino è uscito con forza contro gli smartphone e ha raccontato un incidente in cui immergeva un tale dispositivo in acqua.
Quando il telefono squillò durante una lezione che stava consegnando, Yosef disse al suo proprietario, uno studente, di portare una ciotola d’acqua, disse. “Andò a portare una ciotola d’acqua e la mise sulla scrivania. L’ho messo dentro, è gorgogliato e sparito. Il telefono era sparito “, ha ricordato.
Il rabbino capo sefardita di Israele, Yitzhak Yosef, ha detto che i non ebrei non dovrebbero vivere nella terra di Israele se non rispettano una serie di sette leggi imposte dal giudaismo.
“Secondo la legge ebraica, i gentili non dovrebbero vivere nella terra di Israele”, ha detto Yosef sabato in un sermone. “Se un gentile non accetta di assumere le sette leggi di Noè, dovremmo mandarlo in Arabia Saudita. Quando arriverà la vera e completa redenzione, questo è ciò che faremo “.
L’unica ragione per cui ai non ebrei era ancora permesso di vivere nello stato ebraico era il fatto che il Messia doveva ancora arrivare, disse. “Se la nostra mano fosse ferma, se avessimo il potere di governare, è quello che dovremmo fare. Ma il fatto è che la nostra mano non è ferma e stiamo aspettando il Messia “, ha aggiunto.
Yosef ha aggiunto che i gentili che accettano di accettare le leggi di Noahide – un codice morale di base che include divieti di negare l’esistenza di Dio, bestemmie, omicidi, rapporti sessuali illeciti, furti e mangiare da un animale vivo, nonché un requisito per istituire un sistema legale – sarà permesso di rimanere nella terra e svolgere ruoli riservati ai gentili al servizio degli ebrei.
Come il suo defunto padre, il leggendario rabbino Ovadia Yosef, Yitzhak Yosef ha suscitato polemiche con le sue dichiarazioni. Due settimane fa ha detto che gli israeliani dovrebbero uccidere terroristi armati di coltello che minacciano la vita senza timore della legge.
“Se un terrorista si presenta con un coltello, è comandato [dalla legge ebraica] di ucciderlo”, ha detto Yosef alla sinagoga Yazadim di Gerusalemme.
“Non dovresti avere paura”, ha insistito, citando l’antica esortazione rabbinica, “Colui che viene per ucciderti, si alza per ucciderlo [prima].”
Yosef quindi ammonì gli israeliani a non preoccuparsi di ciò che suggeriva fossero le vicissitudini di giudici o generali. Di fronte a un aggressore armato, “Non iniziare a preoccuparti che qualcuno ti porti all’Alta Corte di Giustizia, o che qualche capo dello staff [dell’IDF] dirà diversamente”.
Ha continuato a mettere in guardia contro l’uccisione di un terrorista che non rappresentava più una minaccia, tuttavia, dicendo che il Messia non ancora arrivato era l’unico arbitro che poteva condannare a morte un nemico non minaccioso.
All’inizio del 2015, il rabbino è uscito con forza contro gli smartphone e ha raccontato un incidente in cui immergeva un tale dispositivo in acqua.
Quando il telefono squillò durante una lezione che stava consegnando, Yosef disse al suo proprietario, uno studente, di portare una ciotola d’acqua, disse. “Andò a portare una ciotola d’acqua e la mise sulla scrivania. L’ho messo dentro, è gorgogliato e sparito. Il telefono era sparito “, ha ricordato.
Morte di un eroe nel POGROM DI ISRAELE
Nella loro orgia di massacro, gli assassini israeliani hanno ucciso anche lui – Perse le gambe nel bombardamento dei giudei del 2014, Fai Abu Salah era una figura commovente e caratteristica nella prima linea dei combattimenti a fionda contro i mitragliatori della canaglia più vile del mondo – che si è abbandonata con gioia maligna a questo pogrom verso inermi, 52 assassinati e 2400 feriti in poche ore. Fai Abu Salah non era certo un pericolo per per nessuno. Ma hanno voluto festeggiare così lo spostamento dell’ambasciata Usa in Gerusalemme. Non sanno che per i palestinesi di Gaza, ormai morire è meglio che vivere – a tal punto li hanno ridotti. E cercano la morte: versare il sangue per Al Qudsa è la loro ultima devoozione al glorioso e doloroso titolo, Difensori della Terra Santa, che si sono conquistati e che sarà dall’Altissimo ricompensato. Sono loro i lavoratori dell’ultima ora nella Vigna del Signore.
Nella loro orgia di massacro, gli assassini israeliani hanno ucciso anche lui – Perse le gambe nel bombardamento dei giudei del 2014, Fai Abu Salah era una figura commovente e caratteristica nella prima linea dei combattimenti a fionda contro i mitragliatori della canaglia più vile del mondo – che si è abbandonata con gioia maligna a questo pogrom verso inermi, 52 assassinati e 2400 feriti in poche ore. Fai Abu Salah non era certo un pericolo per per nessuno. Ma hanno voluto festeggiare così lo spostamento dell’ambasciata Usa in Gerusalemme. Non sanno che per i palestinesi di Gaza, ormai morire è meglio che vivere – a tal punto li hanno ridotti. E cercano la morte: versare il sangue per Al Qudsa è la loro ultima devoozione al glorioso e doloroso titolo, Difensori della Terra Santa, che si sono conquistati e che sarà dall’Altissimo ricompensato. Sono loro i lavoratori dell’ultima ora nella Vigna del Signore.
Queste sono le domande che qualunque giornalista dovrebbe chiedere all’esercito israeliano
DI YOSSI GURVITZ
mondoweiss.net
Mentre queste righe vengono scritte i cecchini dell’IDF hanno ucciso più di 40 palestinesi vicino alla barriera di Gaza e ferito altri 2,200, una dozzina è considerata essere stata ferita mortalmente. Nello stesso momento in cui leggete queste parole, i numeri sono probabilmente già saliti. Il portavoce dell’IDF ha l’abitudine di sostenere che i suoi cecchini fossero “in pericolo”. Quando sentite queste parole, pensate all’operazione Speedy Express.
Speedy Express venne effettuata dalla nona divisione di fanteria dell’esercito statunitense nel delta del Mekong nel 1969. L’esercito statunitense sosteneva di avere ucciso 10,899 combattenti avversari. Soffrì soltanto 244 perdite. Stando a Saigon, un giovane genio chiamato Alexander Demitri Shimkin, un veterano delle marce per i diritti civili, lasciava perplessi i suoi colleghi giornalisti con uno strano passatempo: si scomodava a leggere davvero i comunicati ufficiali e tabulava quel che c’era scritto.
Dopo alcuni mesi, Shimkin mise insieme una strana statistica: la nona divisione sosteneva di avere ucciso 10,899 combattenti ma aveva catturato soltanto 748 armi. La conclusione di Shimkin era semplice: la disparità tra i morti e le armi catturate significa che la maggioranza delle persone uccise in Speedy Express non erano combattenti ma civili. Fu problematico per Shimkin trovare un editore disposto a pubblicare questo primo esempio di data journalism e il Newsweek lo pubblicó solo nel 1972. Ció nonostante la pubblicazione causò una tempesta di fuoco politica, con l’esercito statunitense forzato a prendere rifugio nella disperata affermazione che “molte unità della guerriglia non erano armate di armi”.
Speedy Express dovrebbe essere una lezione per tutti i giornalisti che hanno a che fare con informazioni fornite dall’esercito (qualsiasi esercito): guarda bene ai dati e poni domande sgradevoli ma necessarie. Le domande che ogni giornalista dovrebbe fare intervistando il portavoce dell’IDF sarebbero:
- Quante perdite accidentali ha subito l’IDF a Gaza? Se il numero è zero (e lo è mentre queste righe vengono scritte) o quasi zero, allora le forze armate non erano in pericolo e questa non era un’operazione militare ma un massacro.
- Quante armi ha catturato l’IDF, o almeno ha documentato essere state usate dai palestinesi? Se il numero è zero (e attualmente lo è) o meno del numero delle persone uccise o ferite, allora almeno alcuni tra quelli colpiti non presentavano un pericolo per l’IDF.
Oggi gli israeliani di sinistra si chiedevano sui social media perche l’IDF abbia sempre un’attitudine da pistola facile quando si tratta di Gaza. Purtroppo mi sa che la risposta arrivi dagli abissi della psicologia nazionale: con la loro stessa esistenza, gli abitanti di Gaza ricordano gli israeliani della Nakba, sono fantasmi che continuano a perseguitare le ammutolite “grandi notti di orrore” del 1948. Sono fantasmi che ricordano agli israeliani che il loro paese è costruito su di un enorme cimitero; per questo devono essere fatti tacere, in qualsiasi modo possibile.
Quando l’IDF sostiene di fronteggiare “una minaccia” da Gaza, non intende una minaccia terrena, fisica: alcune pistole improvvisate e alcune bombe fatte a mano. Sotto la banalità di “una minaccia” si nasconde la coscienza tormentata di Lady MacBeth: “Ma, queste mani saranno mai pulite?”
Tossi Gurvitz
Fonte: http://mondoweiss.ne
14.05.2018 Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da EP
La spada di Israele
DI GIDEON LEVY
haaretz.com
Sono giorni di grandi successi per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, per la destra e per i nazionalisti. Questi sono giorni di vittoria per il loro percorso, quello della forza, e della loro fede, quella negli eletti che possono fare tutto ciò che vogliono.
L’Iran è stato pubblicamente umiliato, i palestinesi sono stati schiacciati e il 14 maggio sono stati calpestati in pompa magna e con tanto di cerimoniale mentre l’ambasciata statunitense veniva aperta a Gerusalemme. Gaza è assediata e Israele festeggia. Il 14 maggio, giorno del trasferimento dell’ambasciata, molti innocenti sono stati uccisi a Gaza e in Cisgiordania; il giorno dopo, memoria della nakba, la catastrofe palestinese, molti altri moriranno.
Ecco un breve riassunto della vittoria israeliana: cumuli di corpi palestinesi, dei quali il mondo ha smesso di interessarsi, un assedio a Gaza che non importa a nessuno, le basi iraniane bombardate senza alcuna reazione, l’Iran sotto sanzioni e un’ambasciata statunitense a Gerusalemme che è un regalo per l’occupante e uno schiaffo in faccia agli occupati. Ci sono buone ragioni per le gioiose grida di vittoria in Israele.
Profezie a vuoto
Prima i coloni hanno vinto e deciso il destino dello stato e del governo; poi il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha vinto e ha concesso a Israele il permesso di fare qualsiasi cosa volesse; e ora Netanyahu è stato dichiarato il grande vincitore. Questi sono i giorni della vittoria della sua dottrina e del suo Israele.
Dovremmo ammetterlo. Le profezie di sventura – che un giorno tutto questo ci esploderà in faccia; gli ammonimenti sul fatto che l’occupazione non durerà per sempre; e gli avvertimenti che Israele non può vivere solo con la sua spada e che l’Iran è molto pericoloso – finora hanno dimostrato di essere false. Niente è esploso, la vita con la spada in mano ha dato i suoi frutti, la fine dell’occupazione è sempre più lontana e la stessa cosa per il governo di destra.
Questa previsione deprimente è la più ottimistica. L’alternativa è la guerra con l’Iran, Hezbollah e Hamas e chissà chi altro. È così quando non ci sono alternative, idee e leadership. Sparare ai manifestanti a Gaza e assedio perpetuo? Tutti d’accordo. Annullare l’accordo con l’Iran e bombardare in Siria? Tutti applaudono. E quasi tutti festeggiano il trasferimento dell’ambasciata a Gerusalemme. Oggi gli Stati Uniti dicono ai palestinesi che non gli importa più del loro destino, che ai loro occhi non hanno diritti, che la soluzione dei due stati è morta. All’Iran, Washington ha detto: Netanyahu aveva ragione. L’accordo è pessimo e dovrebbe essere abolito. Due regali gratis per Israele.
Sono risultati terribili. Dimostrano a Israele che la forza paga, che non c’è bisogno di considerare l’altro, che qui il diritto internazionale non si applica. Il 13 maggio Israele ha celebrato il giorno in cui Gerusalemme Est è stata conquistata e il 14 maggio celebrerà la sua continuazione. Due parate si svolgeranno l’una dopo l’altra, la prima israeliana e la seconda statunitense, e sono entrambe arroganti e aggressive. Spostare l’ambasciata schiacciando ciò che resta della dignità dei palestinesi è un chiaro segnale degli Stati Uniti per Israele: continuate a uccidere, a schiacciare e ignorare i loro diritti. L’America non solo permette, arma e finanzia tutto questo, ma perfino lo incoraggia.
Lo spostamento dell’ambasciata è un motivo di festa solo per la destra. Tutti gli altri, una minoranza trascurabile, dovrebbero piangere questo passo unilaterale. Lo stesso vale per i bombardamenti in Siria, che un tweet ha definito con entusiasmo un “concerto”. Una linea diretta collega la mossa dell’ambasciata, l’uscita dall’accordo con l’Iran e gli attentati in Siria: prima Israele. Solo Israele.
E qual è l’alternativa? Non è stata nemmeno discussa. Invece di aprire un’ambasciata statunitense a Gerusalemme, che è in parte occupata, si potrebbero stabilire due ambasciate nella città. Invece di massacrare i manifestanti a Gaza, si potrebbe rispondere ai segnali di Hamas e raggiungere un accordo per rimuovere il blocco; invece di abbandonare l’accordo con l’Iran, si potrebbe mantenerlo con l’incoraggiamento di Israele; e invece di bombardare le basi iraniane, si potrebbe cercare di dialogare con l’Iran, direttamente o indirettamente. Non è così eccitante come bombardare né come esibire un mucchio di fascicoli sull’Iran. Ma queste potevano essere le vere vittorie di Israele.
Gideon Levy
Fonte: www.internazionale.it
Link: https://www.internazionale.it/opinione/gideon-levy/2018/05/14/israele-gaza-scontri-ambasciata
14-.05.2018
(Traduzione di Stefania Mascetti)
Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano israeliano Haaretz.
postille
15 maggio
Gli attentati in Indonesia e la Madonna di Fatima
Ci sembra importante fare un’integrazione alla nota sugli attentati in Indonesiaavvenuti domenica scorsa, che abbiamo analizzato nell’articolo dal titolo: “Attentato a Parigi (e in Indonesia): tutto scritto“.
Gli attentatori, un’intera famiglia collegata all’Isis (padre, madre e due figli), hanno colpito tre diverse chiese cristiane di Surabaya, la seconda città del Paese: una chiesa cattolica e due protestanti; nello specifico un luogo di culto calvinista e uno pentacostale. Ecumenismo del sangue (versato).
La chiesa cattolica colpita è dedicata a Santa Maria Immacolata. Domenica scorsa, giorno degli attentati, la Chiesa cattolica celebrava la festa della Madonna di Fatima(anche se in subordine, essendo una domenica del tempo pasquale).
Da qui la scelta, niente affatto casuale, di colpire una chiesa dedicata alla Madonna proprio nel giorno della sua festa.
Il terrorismo vive di simboli e sfide esoteriche, ché gli oscuri burattinai del Terrore sono consegnati a un Credo esoterico che contempla la necessità salvifica dei sacrifici umani: per questo programmano adepti votati all’auto-immolazione e spargono sangue innocente in giro per il mondo.
Nulla di strano in questo: le derive sataniche del loro cupo esoterismo sono più che evidenti per chi voglia vederle. E senza tenerne conto poco o nulla si comprende del loro oscuro operare.
Nella foto: la grotta della Madonna Immacolata che si trova nella chiesa a lei dedicata.
I media atlantisti minimizzano il massacro dei palestinesi e parlano di “scontri a Gaza”
Qualunque persona assennata sa bene che, quando cecchini super armati sparano sulle persone disarmate che manifestano a 100 metri di distanza, questo non può essere uno “scontro” ma un massacro. Esattamente quello che sta accadendo a Gaza che peraltro è confermato dal bilancio delle vittime: oltre 100 vittime, di cui 60 in un solo giorno, 2.600 feriti da una parte e nuessuna vittima e nessun ferito dall’altra parte, quella dei soldati di Israele.
Palestinesi assassinati a Gaza |
di Luciano Lago
Lascia di stucco il modo in cui i giornali e le Tv forniscono le notizie realtive ai drammatici avvenimenti di Gaza. Si nota lo sforzo di minimizzare le responsabilità di Israele e di stabilire una sorta di “equidistanza” tra le ragioni dei palestinesi che manifestano per l’anniversario della Nabka e il comportamento dei soldati israeliani che sparano sulla folla disarmata.
Il fatto di riferire di “scontri a Gaza” è già un modo per depistare il pubblico ed è come giornali e TV filo atlantisti presentano gli avvenimenti.
Qualunque persona assennata sa bene che, quando cecchini super armati sparano sulle persone disarmate che manifestano a 100 metri di distanza, questo non può essere uno “scontro” ma un massacro. Esattamente quello che sta accadendo a Gaza che peraltro è confermato dal bilancio delle vittime: oltre 100 vittime, di cui 60 in un solo giorno, 2.600 feriti da una parte e nuessuna vittima e nessun ferito dall’altra parte, quella dei soldati di Israele.
Come già notato in precedenza , il termine “scontro” è quasi sempre usato per riciclare l’asimmetria di potenza e dare allo spettatore l’impressione di due parti uguali in conflitto. Questo modo di deformare i fatti oscura le dinamiche di potere e la natura del conflitto stesso, ad esempio, chi l’ha istigato e quali armi sono state usate. Questo sistema viene adottato quando si vuole descrivere la violenza senza offendere nessuno al potere, con le parole di George Orwell, “per nominare le cose senza richiamare immagini mentali di quelle”.
È prevedibile, quindi, che nella copertura delle recenti sparatorie di massa a Gaza da parte di Israele – che hanno ucciso oltre 100 palestinesi e ferito più di 2.600 – la parola “scontri” è usata per eufemizzare il ruolo dei cecchini che, da posizioni fortificate, sparano su manifestanti disarmati a 100 metri di distanza: una sorta di “tiro al piccione”.
Questo è il modo in cui riferiscono ad esempio da Repubblica : “Gerusalemme Capitale, scontri a Gaza tra palestinesi e esercito israeliano”. Simile il modo della Stampa di Torino di presentare i fatti : ” Apre l’Ambasciata Usa a Gerusalemme. Scontri al confine con Gaza …” Idem tutti i TG dei principali canali, tutti allineati sulle posizioni di Israele e degli USA, senza quasi eccezioni. Unica eccezione riscontrata, quella del Manifesto che intitola: “Amnesty: «A Gaza commessi crimini di guerra» .
Per quello che riguarda la Stampa internazionale, la CNN apre scrivendo: “Giornalista tra i 9 morti negli ultimi scontri a Gaza, dicono i funzionari palestinesi della Mezza Luna”.
“Gomme bruciate , gas lacrimogeni e fuoco vivo: gli scontri a Gaza diventano mortali” ( Washington Post , 4/6/18 )
“Scontri in Israele: Sette palestinesi uccisi nelle proteste di confine a Gaza” ( Independent ).
“Dopo gli scontri a Gaza , Israele e palestinesi combattono con video e parole ( New York Times, ).
“Gomme bruciate , gas lacrimogeni e fuoco vivo: gli scontri a Gaza diventano mortali” ( Washington Post , 4/6/18 )
“Scontri in Israele: Sette palestinesi uccisi nelle proteste di confine a Gaza” ( Independent ).
“Dopo gli scontri a Gaza , Israele e palestinesi combattono con video e parole ( New York Times, ).
La foglia di fico degli “scontri” è necessaria per riferire sui nemici di Israele e degli statunitensi che si sono radunati per manifestare contro lo spostamento della capitale a Gerusalemme.
“Scontri” è un concetto che implica un certo grado di simmetria. Quando da una parte stanno morendo a dozzine come mosche e l’altra parte si trova trincerata dietro una postazione fortificata , sparando a volontà su persone disarmate da centinaia di metri di distanza (alcune delle quali indossano giubbotti con la scritta “PRESS” ), questo non è uno “scontro”. “E ‘più precisamente descritto come un” massacro “, o almeno,” militari che sparano sui manifestanti “. (Nessun israeliano è stato ferito, ci sono anche 6 bambini fra le vittime, il che sarebbe una cosa sorprendente se due parti nella realtà” si stessero scontrando “).
“Scontri” è un concetto che implica un certo grado di simmetria. Quando da una parte stanno morendo a dozzine come mosche e l’altra parte si trova trincerata dietro una postazione fortificata , sparando a volontà su persone disarmate da centinaia di metri di distanza (alcune delle quali indossano giubbotti con la scritta “PRESS” ), questo non è uno “scontro”. “E ‘più precisamente descritto come un” massacro “, o almeno,” militari che sparano sui manifestanti “. (Nessun israeliano è stato ferito, ci sono anche 6 bambini fra le vittime, il che sarebbe una cosa sorprendente se due parti nella realtà” si stessero scontrando “).
I fatti vengono abitualmente distorti quando si tratta di descrivere il comportamento degli alleati degli Stati Uniti, la descrizione che richiama ad una falsa parità fra le parti richiede eufemismi sempre più assurdi per mascherare ciò che sta realmente accadendo – in questo caso, la lunga distanza della realtà del massacro di esseri umani disarmati.
D’altra parte perchè meravigliarsi: per Israele i palestinesi sono considerati sub umani, il Talmud li descrive come “animali parlanti” e come tali vengono trattati. I fatti di Gaza anche questa volta confermano il disprezzo che Israele nutre per i palestinesi. L’unica “Democrazia del Medio Oriente” ancora una volta si distingue per i suoi “valori umanitari”.
Clamoroso: Israele sta progettando l’assassinio di Erdogan (con il placet USA)
Erdogan fra le sue guardie del corpo |
Di Gordon Duff, Senior Editor da Istanbul
Ieri, il presidente turco Erdogan, con una mossa a sorpresa, ha espulso gli ambasciatori americano e israeliano, apparentemente per il loro ruolo negli attacchi contro i manifestanti di Gaza che hanno lasciato fino a 3.000 fra morti e feriti sul terreno.
C’è un retroscena in questo, di un presunto complotto tra Trump, i suoi consiglieri neocon e il loro maestro, Netanyahu. Erdogan ha individuato un’altra trama e identificato gli Stati Uniti e Israele come mandanti. Descriviamo quanto è di nostra conoscenza….
Un colpo di stato sarebbe in programma e questo dovrebbe iniziare con l’uccisione di Erdogan. Israele lo sta progettando, ci viene peraltro confermato da ogni parte, in particolare dai nostri contatti nell’esercito turco.
Questo è iniziato molto prima che Erdogan espellesse gli ambasciatori americano e israeliano.
Erdogan ne ha semplicemente avuto abbastanza, quando ha visto sorridere Kushner e Ivanka proprio mentre 3000 persone, palestinesi, anche donne e bambini, sono state uccise dall’IDF (Esercito israeliano), allora lui è esploso nella collera. Da “RussiaToday”:
“Israele ha comunicato al console della Turchia di lasciare lo stato ebraico, secondo il ministero degli Esteri israeliano. L’allontanamento arriva dopo che Ankara ha espulso l’ambasciatore di Israele dalla Turchia per causa delle violenze a Gaza.
Un portavoce del ministero ha detto che il console è stato convocato e gli è stato detto di tornare in Turchia “per consultazioni per un periodo di tempo”, ha riferito la Reuters.
La notizia è arrivata subito dopo che la Turchia ha detto all’ambasciatore israeliano di lasciare il paese. ” All’ambasciatore israeliano è stato detto che il nostro inviato in Israele è stato richiamato per le consultazioni, ed è stato informato che sarebbe stato opportuno per lui tornare nel suo paese per qualche tempo”, ha detto una fonte del ministero degli esteri turco.
Un portavoce del ministero ha detto che il console è stato convocato e gli è stato detto di tornare in Turchia “per consultazioni per un periodo di tempo”, ha riferito la Reuters.
La notizia è arrivata subito dopo che la Turchia ha detto all’ambasciatore israeliano di lasciare il paese. ” All’ambasciatore israeliano è stato detto che il nostro inviato in Israele è stato richiamato per le consultazioni, ed è stato informato che sarebbe stato opportuno per lui tornare nel suo paese per qualche tempo”, ha detto una fonte del ministero degli esteri turco.
L’ambasciatore israeliano Eitan Naeh è stato convocato ieri al ministero degli Esteri ad Ankara, secondo Haaretz. Il diplomatico ha servito nella posizione dall’ ottobre del 2015.
Questo accade dopo che la Turchia ha richiamato i suoi stessi ambasciatori in Israele e negli Stati Uniti “per le consultazioni” per causa delle violenze di lunedì a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha fatto riferimento alla repressione delle forze israeliane come “genocidio” e ha definito Israele uno “stato terrorista” , ribadendo nel contempo l’impegno del suo paese a rimanere solidale con il popolo palestinese.
Le sue dichiarazioni hanno suscitato una risposta dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha accusato il presidente turco di essere “tra i più grandi sostenitori di Hamas … non c’è dubbio che capisca bene il terrorismo e il massacro … Suggerisco che non predichi la moralità a noi”.
Erdogan ha poi twittato che Netanyahu è il capo di uno “Stato dell’apartheid che ha occupato le terre di un popolo indifeso per oltre 60 anni in violazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite”.
Solo gli inglesi stanno con Erdogan, allontanandolo dagli Stati Uniti. Dall’altra parte della Turchia, il sentimento della popolazione turca nei confronti degli Stati Uniti è molto rabbioso, si sente per la strada, nel governo e dappertutto.
Prevediamo anche che Erdogan si riavvicini al presidente Assad, si tratta di una voce, che la Turchia e la Russia si uniranno per aiutare la liberazione della provincia di Idlib in Siria.
Alla fine, Israele sarà preso di mira, più che semplicemente da Hezbollah, ma spinto verso una guerra di terra che metterà alla prova la risoluzione degli alleati militari israeliani nel Golfo Persico insieme al suo principale sostenitore, l’Arabia Saudita.
Quello che ha sconvolto la regione è stato vedere Netanyahu sul palco con Putin in V Day a Mosca, Netanyahu con la mano insultante sulle spalle di Putin, come se il presidente Putin fosse un bambino piccolo.
O forse questo significa che Putin stava mostrando a Israele il suo destino per mano del risorto potere militare russo, ma noi aspettiamo e vediamo.
Erdogan è stata una delle personalità più enigmatiche del nostro tempo. La Turchia, una potenza economica della NATO, altamente industrializzata e posizionata strategicamente, è stata trattata come una “puttana da strada” dagli Stati Uniti. C’è poco dubbio che gli Stati Uniti fossero dietro al colpo di stato del 2016 contro Erdogan.
Quello che ora è diventato chiaro è che Erdogan ora è consapevole che gli Stati Uniti hanno costruito segretamente un’organizzazione terroristica curda in Turchia, armandola con armi americane.
Gli Stati Uniti ora credono di non poter muovere l’attacco contro l’Iran senza prima uccidere Erdogan e ritengono che Putin, senza Erdogan al suo fianco, si tirerà indietro dal sostenere Assad o offrirà ulteriori vendite di armi all’Iran, in particolare aerei da caccia della 4a e 5a generazione in grado di operare contro e persino all’interno dello spazio aereo saudita.
Fonte: Veterans Today
Traduzione: Luciano Lago
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